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    Nostra Pasqua a Bolzaneto



    (NPG 1978-03-21)


    Nata come iniziativa dei giovani la comunità di Bolzaneto (Genova) ha oggi una esperienza ecclesiale che va ben oltre il classico gruppo giovanile, di cui tuttavia ha mantenuto la carica vitale e lo stile. Proprio per il suo cammino in questi anni si pone come esigenza di saldare insieme la Pasqua di tutta la comunità ecclesiale. Con tutto quel che comporta la presenza dei giovani in una parrocchia.

    Pasqua a Bolzaneto è difficile da descrivere. Sia perché siamo una comunità complessa, articolata in decine di gruppi per fasce di età, sia perché ogni anno sentiamo il bisogno di fare qualcosa di nuovo. Più che un'esperienza è un insieme di esperienze, legate tuttavia da un filo logico sotterraneo. Al di là della varietà c'è uno schema tipo, collaudato ormai da diversi anni. Ed è questo schema tipo, con l'aggiunta di iniziative della Pasqua '77, che ora presentiamo.

    I «CAMPI DI PASQUA» E L'ESODO DEI PIÙ GRANDI

    La Settimana santa ha un ruolo decisivo nella vita della nostra comunità. Chi ne fa parte viene impegnato, dal più al meno, a tempo pieno, specialmente nei giorni dal mercoledì alla domenica. Per tutti sono giorni di intensa vita comunitaria, segnata da momenti di preghiera e di revisione dí vita, gesti di servizio e celebrazioni liturgiche.
    Proprio per lo stile con cui vogliamo vengano vissuti questi giorni preferiamo parlare più che di Pasqua, di «campi di Pasqua», anche se si rimane quasi sempre in città.
    Ma non tutti rimangono a Bolzaneto. Soprattutto i più grandi, tra i giovani, vengono invitati ad «uscire», a fare «esodo», per cercare di dare alla loro Pasqua e a quella di tutta la comunità il significato di una più intensa e vissuta universalità. Alcuni, quelli che ancora non hanno terminato il loro iter formativo, si recano nei posti ormai tradizionali per noi: Taizé, Spello, Bose... A chi ci va raccomandiamo di perdersi in quelle esperienze per tornarne arricchiti e in grado di arricchire tutti.
    Per altri la scelta è diversa e nasce da un bisogno di confronto con altri gruppi ecclesiali sia a livello cittadino che oltre. Si passano i giorni di Pasqua ospiti di comunità cristiane di città, di montagna, dei paesini dell'entroterra. In genere non siamo soli. Ci ritroviamo, ospiti anche loro, con amici provenienti da altri gruppi, tutti sotto lo slogan «In cammino verso la Pasqua». Nei paesi ci si mette a servizio dei parroci per la animazione della liturgia e per la catechesi ai bambini e ragazzi. Alle volte prendiamo parte a convegni, incontri a livello regionale e nazionale. Spesso siamo stati a Roma, ospiti della comunità di Sant'Egidio.

    MERCOLEDÌ: IL SIT-IN E LA MARCIA DI PARTENZA

    Per quelli che rimangono a Bolzaneto il primo grosso appuntamento è il sit-in con i ragazzi e i bambini, nella piazzetta che fa da giardinetto per il quartiere. Ci interessa attirare l'attenzione, scuoter la gente per ricordarsi delle feste ormai vicine. Un pomeriggio di animazione sui temi della settimana santa, condotta con canti, slogan ripetuti, cartelloni, drammatizzazioni... L'invito è rivolto soprattutto ai bambini, ma non mancano adolescenti, giovani e adulti.
    Per la comunità parrocchiale il primo incontro è invece, sul far della sera, uno spettacolo-recital sul tema della croce oggi.
    Il sit-in è stato qualche volta sostituito da un cammino di riconciliazione e riflessione lungo le strade delle colline attorno a Bolzaneto, come lancio del tema che unificherà tutta la settimana santa.
    Quest'anno, ad esempio, per i più giovani, dai 13 ai 15 anni, il cammino è stato chiamato «vivere la speranza». Organizziamo questa marcia sulle colline e non «dentro» la città per sottolineare che ogni tanto è necessario «uscire fuori» per interrogarsi su quello che si vive giorno per giorno nel quartiere, per vedere in un'ottica nuova il proprio quotidiano.

    GIOVEDÌ: CELEBRARE IL SENSO PROFONDO DELLA EUCARISTIA

    L'eucaristia: il senso della vita di ogni uomo non è forse soprattutto quello di essere amato? Dio stesso si offre in Cristo, corpo e sangue, cioè tutto per noi, affinché noi attingiamo da questo gesto, la speranza che il nostro darci corpo e sangue per i fratelli, non è dopo di lui, un gesto votato allo scacco, ma in cammino verso il compimento.
    Di fatto invece, quali sono le ragioni, le speranze per cui l'uomo d'oggi, ignaro di essere amato da Cristo, trova «un perché vivere e un perché non morire»? È stato interessante e anche grottesco per noi, andarlo a chiedere, quelli che se la sentivano portando magari in mano le pastiglie di un sonnifero come per suicidarsi, al medico condotto, al prete, all'assistente sociale, al funzionario del partito, alla prostituta, al becchino, al consumatore del bar, alla gente in attesa del dentista... Ci siamo ritrovati, qualche ora più tardi, con un materiale umano di prim'ordine e abbiamo cercato di capire l'uomo d'oggi e le sue speranze.
    L'inchiesta sul perché vivere si fa al mattino. Il pomeriggio è ancora più denso di attività: la cena dell'agnello sul tardi, la eucaristia, la lavanda dei piedi al quartiere, l'animazione della preghiera all'altare della riposizione, che noi, per i ragazzi, abbiamo battezzato «il giardino della presenza».
    Anzitutto la lavanda dei piedi al quartiere. Vuol essere un gesto che riprende e incarna nel vissuto la decisione di servizio che ognuno fa sua, illuminato dall'esempio di Gesù con i suoi amici, nella eucaristia. Ogni anno scegliamo un gesto simbolico. Qualche volta abbiamo animato una zona del quartiere che in genere è tagliata fuori dal giro delle attività. Quest'anno, specialmente i ragazzi e le ragazze tra i 13 e i 16 anni, ma non solo loro, ci siamo muniti di scope, pale e carriole e abbiamo tentato di spazzare certe zone del quartiere, le più bisognose, quelle a cui gli spazzini non fanno attenzione.
    Alla sera i giovani della comunità possono prendere parte alla cena dell'agnello, sul tipo della cena che si fa a Bose per la Pasqua. Anche se ciò che vogliamo far risaltare maggiormente in questa giornata è la eucaristia celebrata con tutta la comunità parrocchiale e animata da noi giovani, il mangiare insieme l'agnello è un momento suggestivo, di forte emozione specialmente per gli adolescenti.
    La cena è un gesto della comunità giovanile, ma vi prendono parte tutti quelli che desiderano da 13 anni in sù. Anche anziani.
    Il rito con cui si celebra richiama quello di Bose: agnello, erbe amare, cerimoniale ebraico sullo stile di quello usato da Gesù, lettura di lettere di altre comunità cristiane, diapositive di commento dei gesti, momenti di silenzio, cena in piedi a piccoli gruppi (qualche anno tutti insieme), lettura e attualizzazione del libro dell'Esodo, revisione personale e di gruppo, correzione fraterna.
    Alla cena si prende parte dopo i 15 anni perché vuol essere un momento di grossa decisione e impegno personale, sul cammino della propria identità cristiana: è un'autentica partenza per l'Esodo. A ognuno è richiesto di interrogarsi a fondo su cosa vuole e deve lasciare indietro e su cosa vuole e deve portare con sé nel viaggio attraverso il deserto.
    Ancora una parola sulla cena dell'agnello. Non vuol essere un gesto alternativo o di recupero rispetto alla eucaristia, anche se così potrebbe sembrare, ma solo un gesto attraverso cui riappropriarci della stessa eucaristia.

    VENERDÌ: DOVE CRISTO MUORE OGGI

    Le iniziative del Venerdì santo sono unificate dal tema della Croce e della morte. Al mattino, dopo la preghiera comunitaria, andiamo a incontrare Cristo «dove muore oggi», per ritrovare a fianco di chi soffre il senso cristiano della vita. Alcuni, ormai da anni, si recano al Cottolengo di Camaldoli nel reparto degli incurabili. Stanno con loro tutta la mattinata per prolungare un'amicizia nata quando, una volta, per Pasqua, alcuni di noi chiesero di rimanere con i malati per tre interi giorni. Quella esperienza, indelebile per tutti, segna ancor oggi, il Venerdì santo della nostra comunità.
    Alcuni quest'anno hanno invece scelto di trascorrere la mattinata con i lavoratori di una fabbrica occupata, la Torrington. Altri si sono dedicati, sull'esempio di san Francesco e per condividere «la morte di Cristo nei poveri», all'accattonaggio. Non è facile andare su e giù per i quartieri, verso mezzogiorno, e chiedere: «Signora, potrebbe darmi qualcosa da mangiare?».
    Animazione dei bambini con la filmina «La mia croce è qui», sulla sofferenza. Al pomeriggio incontro per comunicarci le esperienze e revisione comune. Animazione liturgica della celebrazione della Croce in chiesa.
    Alla sera: Via Crucis con altre parrocchie per le vie più povere e malfamate della città, nel quartiere di Pré. Oppure Via Crucis per le vie del nostro quartiere, al chiaro delle fiaccole, con commento da parte dei laici ad ogni stazione, attualizzando i brani evangelici.
    Alla sera del Venerdì si parte per il bivacco, in qualche paese dell'entroterra dove ci sia comodità di una chiesa e posto per gli incontri di gruppo e per dormire. E il tempo di ciò che noi chiamiamo «lo spogliarello dell'anima», cioè la celebrazione della Riconciliazione.
    La serata e la veglia notturna diventano un'unica celebrazione. Al centro il confronto con la Parola di Dio. Attorno stanno l'esame di coscienza, la revisione personale e a gruppi, il canto commentato magari dalle diapositive. La prima immagine che esprime ciò che si fa è quella della festa. Il «c'è speranza» (titolo del nostro esame di coscienza) è ciò che anima la riconciliazione comunitaria e la confessione personale al sacerdote: più che sul passato ci concentriamo sul futuro; più che il passato di peccato ci interessa l'appello che dal futuro viene a noi peccatori. Anche la celebrazione della penitenza è così legata alla dinamica del cammino pasquale. È un gesto del nostro esodo.
    Con i ragazzi più giovani abbiamo inventato una celebrazione molto precisa e stimolante:
    – momento di revisione personale di ciascun educatore
    – momento di correzione fraterna fra gli educatori mettendo in risalto i peccati che più vengono sottolineati dai ragazzi
    – revisione a piccoli gruppi su un brano della scrittura
    – mandare i ragazzi a casa a prendere un oggetto che ricorda un momento della loro vita da dimenticare, un qualcosa che ricordi loro l'«uomo vecchio» e gli faccia desiderare quello nuovo
    – riconciliazione personale con il prete scrivendo su un fogliettino il peccato più grande scoperto personalmente ed in gruppo
    – grande falò in cui il fogliettino di ognuno e l'oggetto portato da casa vengono bruciati, mentre si fa cerchio attorno al falò cantando
    – viene regalato ad ognuno un piccolo tizzone da tenere come ricordo. Durante la notte, alla spicciolata, turni di adorazione continuata alla eucaristia, con un quaderno davanti all'altare in cui ogni gruppetto possa scrivere «ciò che Dio gli dice» durante la notte, o con grandi fogli bianchi in cui lasciare un messaggio al mondo, quasi fossero le ultime parole della propria vita.

    IL SABATO: L'ANNUNCIO DELLA RISURREZIONE

    Dal bivacco si torna al sabato mattina.
    Al pomeriggio, e anche prima, un nuovo impegno: in giro per Bolzaneto e i paesini circostanti, per le strade e i negozi, a cantare canti di risurrezione, su e giù per le scale, rifiutando eventuali doni, porgendo gli auguri di «vera Pasqua» con dedica personale a quelli incontrati. Anche questo gesto rientra nello stile di fondo dei nostri campi di Pasqua: far vivere la Pasqua «rompendo» gli schemi usuali della vita e compiendo una serie di gesti che per la loro stessa novità segnano l'inizio di un nuovo cammino.
    Sabato sera, la grande veglia pasquale. Da parte di noi giovani una sobria animazione con canti e commenti alle letture e alle diverse parti della celebrazione. Anche in questo caso, e a maggior ragione, celebriamo con tutta la comunità parrocchiale. Non sempre queste celebrazioni ci soddisfano. Crediamo tuttavia più importante con-celebrare che farci la nostra liturgia. Alla fine, siamo alla mezzanotte, in mezzo alle strade del quartiere a cantare.
    Alla Domenica di Pasqua ci ritroviamo con altre comunità di Genova per uno scambio fraterno della propria gioia pasquale. Giochi, canti, preghiere, balli.

    DALLA PASQUA DEL '68 ALLA PASQUA DEL '77

    Uno sguardo all'indietro sul cammino fatto in oltre dieci anni di vita della comunità giovanile e sulle celebrazioni della Pasqua che l'hanno contrassegnato ci permette di ritrovarvi alcune costanti:
    – la Pasqua come tempo di scelta personale e comunitaria del Cristo
    – il confronto con la Parola di Dio
    – la ricerca di una sintesi esperienziale fra fede e vita
    – riconoscimento della propria appartenenza alla comunità giovanile e alla chiesa
    – atteggiamento diffuso di servizio
    – attenzione agli ultimi
    – silenzio come interiorizzazione
    – la dimensione festa
    – il cristiano come anima universale
    – essere «sacramento» nel mondo.
    La nostra comunità giovanile è figlia del '68. È in quegli anni che è nata e ha mosso i primi passi. Da allora, ogni anno abbiamo celebrato la Pasqua: una Pasqua sempre nuova. Forse perché, di anno in anno, ci siamo sforzati di agganciarla ai problemi sempre diversi che la nostra comunità, la chiesa e la società tutta dovevano affrontare.
    La Pasqua del '77 è stata così profondamente diversa dalla Pasqua del '68. Questa innestata sulle speranze della contestazione giovanile; l'altra più vicina alla crisi della società e alla crisi dei modelli di vita dello stesso mondo giovanile. In tutto questo crediamo di essere stati fedeli ad un principio: ciò che si fa nella vita deve avere conseguenze nel modo di celebrare la liturgia. Non per questo abbiamo fatto carico alla sola liturgia delle nostre ansie e di quelle del mondo. Oltre che celebrare ci sembra decisivo, durante la Pasqua, riflettere in comunità, compiere dei gesti alternativi, fare vita comune. Forse è anche questo contorno – ma per noi è più che un contorno – che ci spinge a vivere la liturgia nella storia. Forse è proprio questo contorno, oggi più che in passato, che ci spinge poi ad interrogarci su cosa è effettivamente la liturgia, sul suo ruolo e significato nella vita della comunità. E qui abbiamo ancora molto da capire. Per questo ci siamo già messi al lavoro, per un approfondimento teologico e culturale.


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