(1978-05-31)
Assistiamo oggi ad un fatto molto interessante e confortante: la riscoperta della Parola di Dio.
Molti gruppi sono ritornati alla Bibbia. Altri, che mai l'avevano abbandonata, vivono l'incontro e il confronto con la Parola di Dio come un profondo avvenimento di salvezza, come il momento centrale della loro vita. Le modalità sono molto varie; i modelli e gli approcci diversissimi. Questa costatazione si intreccia con la precedente: viviamo in un tempo privilegiato di ritorno alla Bibbia; ma anche in questo incontro si realizza quel grosso pluralismo culturale che è uno dei tratti tipici della nostra epoca. I due fatti sono prima di tutto da costatare. E poi da valutare, se non vogliamo far coincidere emotivamente il dover-essere con quello che capita. La prima valutazione è generalmente molto positiva.
Il ritorno alla Bibbia sottolinea la riscoperta di una dimensione costitutiva dell'esperienza cristiana, perché noi siamo «il popolo del Libro».
Anche il pluralismo di letture è un dato positivo, perché esprime la ricchezza di doni dello Spirito e la novità della sua presenza animatrice nella Chiesa. Sempre e a tutti i costi?
Qui nascono i problemi. L'operatore pastorale, quando affronta la realtà con senso critico, si fa attento interprete dei fatti per non decidere troppo frettolosamente che tutto va bene purché si faccia qualcosa...
Non tutti gli approcci alla Bibbia rispettano il suo statuto e quindi non tutti sono corretti.
Come leggere la Bibbia nel gruppo? Quali dimensioni privilegiare?
Quali attenzioni vanno rispettate per fare una lettura cristiana della Bibbia?
FATTI
La nostra ricerca è sul positivo. In questo dossier non vogliamo arrogarci il diritto di giudicare quello che gli altri fanno, ma suggerire stimoli per interventi corretti.
Ci interessa, in altre parole, ritagliare un modello proponibile di incontro con la Bibbia e non, invece, giudicare quello degli altri.
Non possiamo però partire da zero, come se tutto incominciasse dopo lo studio del nostro dossier. Nella Chiesa di Dio (come nella storia degli uomini) non si inventa nulla. La pretesa illuministica di partire sempre da capo è una grave alienazione. Il «nuovo» si costruisce riflettendo sulla prassi: recensendo, analizzando, interpretando quello che gli altri vivono e fanno. In questo spirito apriamo il dossier con alcuni «fatti».
Presentiamo tre modelli di lettura biblica, raccogliendoli tra i più diffusi e i più significativi. Ciascuno di essi è una proposta stimolante, anche se, come ogni avventura umana, possiede limiti da superare e prospettive ulteriori da accogliere.
La nostra presentazione ha due obiettivi.
In primo luogo stabiliamo una prassi concreta su cui riflettere, del materiali di lavoro, già esperimentato, su cui costruire. Questi tre modelli contengono suggerimenti molto ricchi. Se potessimo integrarli uno con l'altro, potrebbe rappresentare la proposta più completa di incontro con la Bibbia. In secondo luogo sottolineiamo alcuni problemi.
Questi fatti ci interpellano. Perché una scelta e non l'altra? Perché non possiamo dimenticarci di queste precise attenzioni, per fare una lettura corri della Bibbia? Colui che ha recensito questi modelli, si è già preoccupato di suggerire i problemi e di iniziare la revisione critica. Il lettore è invitato a continuare il suo lavoro, nel gruppo in cui opera, per dare a tutti la consapevolezza riflessa delle scelte e delle alternative.
Le pagine seguenti del dossier offrono la nostra risposta ai problemi aperti.
PROSPETTIVE
Ogni esperienza umana coinvolge il piano d'amore del Padre.
Non è possibile capirci adeguatamente, se non grazie al dono della sua Parola di rivelazione. Le esperienze di Israele, di Gesù di Nazareth, della comunità ecclesiale apostolica, che formano i contenuti della Bibbia, per il loro intrinseco valore di rivelazione del progetto salvifico di Dio sulla storia, sono state stabilite nella Chiesa come fonte luminosa del cammino di ogni uomo verso la realizzazione piena della sua vita.
Da qui una doppia fondamentale esigenza: l'indispensabilità dell'incontro con la Bibbia per capire la dimensione di fede della nostra vita e la normatività che compete alla Bibbia per definire il suo uso. O, in altre parole, «perché» e «come» leggere la Bibbia.
Questo dossier affronta soprattutto il secondo interrogativo. Per il primo, consigliamo la rilettura di un articolo già apparso sulla rivista: C. Bissoli, «La Bibbia nella comunità giovanile» (197419-10).
Come leggere la Bibbia?
La comunità ecclesiale suggerisce quattro esigenze da salvare contemporaneamente, per fare una lettura «cristiana» della Bibbia.
Le indichiamo velocemente, perché formano il quadro di riferimento dei tre interventi di questa parte del dossier.
Prima esigenza: va tenuto presente il ruolo della Bibbia nella pastorale.
Sono le esigenze di ordine teologico, che nascono dalla considerazione del posto che spetta alla Bibbia nell'ambito della rivelazione cristiana.
La Bibbia è, con la Tradizione (Dei Verbum), il segno normativo e sorgivo dell'esperienza di salvezza.
Leggere la Bibbia non è tanto analizzare un libro, un passo o un tema; è invece chinarsi sul mistero di salvezza all'opera qui-ora nella storia e nella nostra vita. Ed è illuminare la nostra storia e vita da questa prospettiva definitiva.
Seconda esigenza: proprio in forza del suo altissimo ruolo, la Bibbia deve poter esprimere se stessa con tutta genuinità.
Sono le esigenze di ordine esegetico. Esse si articolano su due aspetti. Prima di tutto si deve cogliere il «che cosa» dice veramente la Bibbia.
E, in secondo luogo, si deve cogliere «come» la Bibbia esprime il suo messaggio, dato che questo è incarnato in un mondo culturale diverso dal nostro, di difficile lettura.
Terza esigenza: il messaggio biblico va presentato su misura d'uomo.
Sono le esigenze di ordine ermeneutico o antropologico, oggi fortemente messe in primo piano per superare la grave lacerazione di una Bibbia colta nella sua verità letterale, ma non sufficientemente come «parola di Dio per me come salvezza-qui-ora.
Le esigenze ermeneutiche spingono a tener conto contemporaneamente delle analogie tra il messaggio biblico e le situazioni esistenziali dell'uomo di oggi.
Quarta esigenza: tutto ciò porta ad una rinnovata impostazione metodologica.
È il momento in cui le riflessioni sulle esigenze precedenti si traducono in proposte concrete e unitarie: l'uso di certe tecniche e sussidi, l'attenzione alle condizioni speciali del gruppo, la preferenza di un itinerario (o antropologie o kerigmatico), la scelta di determinati testi, perché più illuminanti o più accessibili o più vicini alla situazione concreta dei destinatari... Le tre esigenze precedenti non possono restare teoriche, ma vanno tradotte in una sintesi operativa concreta; solo così esse si integrano e si sostengono reciprocamente Nel caso contrario, c'è sempre il rischio che una voglia prevalere sulle altre.
I tre articoli che seguono si collocano nel fuoco unitario di queste quattro esigenze. Ciascuno, però, con una attenzione particolare. Il primo intervento analizza soprattutto le prime due esigenze; il secondo una dimensione della terza; il terzo affronta decisamente il problema posto dalla terza esigenza. L'intervento più operativo di R. Fabris nella rubrica «per l'azione» sviluppa prevalentemente la quarta esigenza.
PER L'AZIONE
La Parola di Dio è indispensabile per capire fino in fondo la propria esperienza, ma è comprensione piena della propria esperienza solo quando essa esperienza è stata capita attraverso le categorie umane che la rendono inizialmente comprensibile.
Se ogni storia è storia di salvezza, nessuna analisi tecnica è in grado di rivelare il mistero dell'amore di Dio in azione, che fa di questa storia una storia di salvezza. Ma se la storia della salvezza è la nostra storia quotidiana, possiamo capire qualcosa della salvezza solo se comprendiamo il senso della nostra storia. La Parola di Dio illumina la storia compresa nelle categorie umane, per rivelare il suo senso più pieno.
Per molti giovani, la Parola di Dio non dice nulla propria per queste ragioni. Vivono esperienze umane così povere che per loro la Parola di Dio è estremamente povera. Oppure, più frequentemente, hanno capito umanamente così poco delle proprie esperienze che il dono della Parola di Dio provoca in essi una istanza di rifiuto.
Come restituire alla Parola di Dio la sua forza rivelatrice?
Questo obiettivo può essere raggiunto mediante due itinerari: o partendo dalla Bibbia per giungere alle esperienze; o partendo dalla esperienza per giungere alla Bibbia. Il primo metodo ha il pregio irrinunciabile di mettere
ad immediato contatto con la proposta che è la Parola di Dio. Ha il rischio della astrattezza e della disincarnazione.
Il secondo procedimento ha normalmente una presa più stimolante tra i giovani meno sensibili. Non manca però il rischio di strumentalizzare la Bibbia, riducendola ad una raccolta di dati, a conferma delle proprie scelte. Una pastorale giovanile matura sa efficacemente alternare i due procedimenti, per raggiungere una comprensione vera del rapporto tra fede e vita. Non disincarna la Parola di Dio, riducendola ad una vuota elucubrazione, ma le permette di scarnificare la vita. Nello stesso tempo afferma la priorità della proposta di Dio, che giudica ogni esperienza storica.
Le pagine che seguono riprendono questi discorsi con accenti molto concreti. Esse offrono un itinerario metodologico preciso ai gruppi che vogliono incontrare, nella fede e nella autenticità, la Parola di Dio.
Le continue sottolineature che hanno percorso questo dossier (una Parola per l'esperienza di vita), ci permettono di concludere con un suggerimento globale. Pensiamo all'incontro con la Bibbia come esperienza totale di un gruppo: una Parola che si fa prassi e che viene celebrata. Perciò non pensiamo ad un gruppo soltanto biblico (che faccia «soltanto» lettura della Parola di Dio), ma ad un gruppo di credenti che viva e si impegni nella storia, confrontandosi con la Parola di Dio e celebrandola nell'esperienza liturgica della comunità di fede.