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    La valle del giochetto



    U.S. Montelice - Perugia

    (NPG 1978-10-28)

    Monteluce, popoloso quartiere della zona alta di Perugia, da sempre ha segnato il limite della città; anni addietro ha accolto l'intenso esodo dalle campagne e oggi è zona dai molteplici volti: di parcheggio per alcuni, per altri di lavoro (Policlinico Regionale); per la maggioranza è il quartiere proprio perché dei propri aví, da abbandonare se possibile mai.
    Gli abitanti, circa diecimila, per questa inveterata permanenza e per il senso spiccato di campanile, qui fanno gruppo a sé, quasi un grosso paese nella città. In questo contesto, 10 anni fa prendeva vita una Società Polisportiva frutto della passione di qualcuno, ma soprattutto frutto di un quartiere che per i propri figli non aveva alternative tra il bar e la strada.
    La parrocchia, sentita ancora adesso come coagulo di molteplici realtà, ha giocato un ruolo determinante per sensibilità verso i ragazzi e per creare le basi di un futuro più organizzato; l'entusiasmo ha fatto il resto.
    «L'Associazione Polisportiva Monteluce» è partita dal nulla. Nel quartiere non c'era ombra di impianti sportivi, nemmeno uno spiazzo per tirar due calci a un pallone. I pochi spazi liberi della zona vecchia erano stati interamente divorati dai nuovi palazzi. Così che i ragazzi della «Polisportiva» per vari anni hanno fatto il giro delle poche palestre della città e dei pochi campi all'aperto in orari talvolta impossibili o in evidenti disagi di distanza, di tempo, ecc.
    I ragazzi che oggi hanno 20 anni ricordano però che quei momenti furono momenti forti e costruttivi sotto ogni aspetto e che l'entusiasmo e la volontà erano sorprendenti.
    Una costante ha accompagnato sempre l'Associazione: la polisportività: atletica, pallavolo, pallacanestro, tennis tavolo, calcio; l'attenzione a ragazzi e ragazze e lo spirito che fin dai primi tempi ha animato l'ambiente: fare sport come servizio al ragazzo al di là di risultati, di belle figure o di divismi precoci: uno sport-gioco, occasione d'incontro e di amicizia. Una trasferta il più delle volte si è trasformata in gita e mai si è voluto drammatizzare sconfitte o esaltare vittorie.
    Erano momenti importanti quelli. L'associazione intanto si era affiliata al Centro Sportivo Italiano e aumentava a dismisura il numero degli atleti iscritti. L'impegno dei ragazzi era suffragato da varie iniziative sportive e di gioco. Era curioso per un quartiere, nuovo a queste cose, vedere questi ragazzi con scarpette logore e magliette pendenti da ogni parte. Si sprecavano i campi di lavoro (raccolta di roba vecchia) per raccimolare qualche soldo per finire in pareggio il bilancio.
    Fu a questo punto che qualcuno, nella Comunità, cominciò a pensare ad attrezzature più convenienti che venissero a confortare il logoraste lavoro dei craigenri e le «marcelonghe» degli atleti (i ragazzi del caldo per gare e alleraeri brevano sei chilometri e due cambi di tram).
    Si mosse la parrocchia sempre sensibile alle esigenze dei rawaieadhea~ tipo di educazione sportiva.
    Si pensò fin dall'inizio ad una zona «sportiva» idealmente aperta al ~me e che consentisse soprattutto degli spazi per i giovani. Questo luogo era allata valle di scarico a poca distanza dalla parrocchia, più simile alla valle della Gelami che a luogo potenziale per campi di gioco.
    Fu acquistato il terreno, si pensò alla bonifica dello stesso e a costruirvi campi di pallacanestro e pallavolo.
    Dopo peripezie, corse per ogni dove e debiti da capogiro, dopo qualche tempo è sorta anche una palestra e sale annesse per varie attività educative. Grazie alla parrocchia (che si è sobbarcata tutte le spese senza interventi di nessun Ente pubblico) attualmente l'A.P. Monteluce (e il quartiere) ha il campo di pallavolo e pallacanestro appena fuori casa e tanto spazio che aspetta di essere sistemato per il calcio. Una sforzo enorme, temerario per alcuni aspetti, ma necessario. Questo l'ambiente in cui ci si muove.
    Col tempo son cresciuti i problemi. Era da aspettarselo.
    Ad uno spirito sportivo e ad una visione «umana» dello sport mai venuti meno, pian piano è venuto a mancare l'interessamento dei genitori che, trovando fatica a frequentare riunioni scolastiche o di altro tipo, trovano egualmente fatica a seguire i figli nello sport e se lo fanno, anche loro contagiati dal male nazionale, chiedono risultati e più dei figli sembrano loro i «divetti».
    Le previsioni per un coinvolgimento generale del quartiere (obiettivo dell'A.P. Monteluce e della parrocchia – le due entità pur autonome nei propri campi, lavorano in stretta collaborazione) sono ancora rimaste tali e si trova difficoltà a costruire momenti «comunitari» con tutti e non solo sportivi; e per un inveterato quanto sciocco senso di «timore» per la «roba dei preti», e per mancanza di persone che stimolino tali incontri e forse per la difficoltà che la gente trova oggi per inserirsi in un ambiente nuovo; c'è poi da dire che gli impianti della Valle del Giochetto (così si chiama) sono in funzione da pochi mesi. Attualmente stiamo ripensando al passato, vediamo come vanno le cose e vorremmo già tracciare una linea per il futuro. Notiamo da più parti l'esigenza di aprirci e di allargarci come società sportiva non solo promotrice di sport.
    Attualmente ci viene rimproverato, ma noi stessi riconosciamo tale limite, di chiuderci tro, se e di creare poche iniziative e spazi per la gente del quartiere, di collaborare st:rsamente con il Consiglio di Circoscrizione e perfino di vivere troppo «distaccati» dalla Comunità parrocchiale.
    Riconosciamo la validità di tali critiche e ne individuiamo le cause.
    Non sempre riusciamo ad avere le idee chiare in fatto di sport; gli allenatori (ragazzi che si impegnano gratuitamente) non sempre riescono ad essere anche educatori; in più si lavora con dei ragazzi la cui fascia di età (5-18 anni circa) è sempre la stessa ma chiaramente i soggetti ogni 3-4 anni cambiano.
    Non intimoriti dai problemi, tentiamo adesso di ritrovare la spinta necessaria per il futuro. .È nel cuore di tutti far sì che la gente si ritrovi in momenti «insieme» usando degli stessi impianti sportivi per una festa o per qualcosa di «diverso» dalla vita solita.
    È vero, talvolta la comunità cresce anche attorno ad un tavolo o su un campo di gioco o in un momento di festa... A queste cose nella nostra associazione vorremmo crederci di più.


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