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    LE CORRENTI UMANISTA E SCIENTISTA

    Si può stimare che ci sono in questa fine del XX secolo, due grandi correnti ideologico-culturali predominanti. Queste correnti formano molteplici canali che irrigano l'inconscio collettivo e si esprimono in tutti i comportamenti: emozionali, intellettuali, pratici. Queste due correnti coesistono in ogni individuo, nell'insieme del popolo e della nazione, nell'istintivo e nel razionale personale o sociale; e non si può mai trovare l'una o l'altra di queste correnti allo stato puro. Ogni corrente però dà un'accentuazione propria che la fa riconoscere, ed ogni gruppo come ogni individuo è segnato di più dall'una o dall'altra di queste due correnti. Distinguerle, esprimerle qui in poche righe somiglia ad una caricatura. Ma noi dobbiamo tentare di farlo, se vogliamo cercare di esprimere, in controparte, se c'è una terza cultura e quello che è, in tal caso.

    La corrente umanista

    La prima di queste due correnti può essere chiamata la corrente umanista. Bisogna prendere questa parola «umanista» con molte precauzioni. Non si tratta qui dell'umanesimo del XVI e XVII secolo che era una maniera di interessarsi alle antichità greco-latine e di rivalorizzare l'uomo come il paganesimo di Atene o di Roma l'avevano espresso. Ma dell'umanesimo secondo la fisionomia assunta nel XIX secolo, sia tra i cristiani che in quelli che avevano convinzioni diverse dalla fede cristiana. Un secolo fa, infatti, i principi messi in valore dalla morale laica insegnata nelle scuole furono princìpi umanisti che possono riassumersi in questo: rispetto dell'altro nella sua persona e nei suoi beni. Questa morale centrata sulla persona e la proprietà privata aveva trovato il suo slancio particolarmente attraverso l'individualismo, espresso così bene in tutte le emulazioni introdotte dalla società. Dal liberalismo economico sono nati valori come lo sforzo personale e lo spirito di concorrenza, la temperanza ed il risparmio, la mistica del lavoro ed una reale austerità.
    Questi valori erano quelli del mondo contadino, un mondo dove era duro vivere, dove bisognava accumulare sforzo su sforzo per sopravvivere, per farsi strada. Questi valori furono anche quelli di tutti coloro che dalla campagna salirono alla città e si applicarono a riuscire. I valori umanisti esaltati nel villaggio dal parroco e dall'istitutore laico, hanno formato una certa corrente che si incontra oggi attraverso tutti i gruppi, ma particolarmente nel mondo rurale, presso i notabili, tra i quadri intermedi ed i membri dei corpi costituiti. Uno dei punti chiave in cui si esprime questa corrente è una certa concezione della „famiglia.
    Durante il XIX secolo, c'era stato un cambiamento di mentalità per quanto riguarda la famiglia: questa era in precedenza un insieme assai vasto, un po' tribale; diviene un cerchio composto dal padre, dalla madre e da due o tre figli; per lungo tempo aperta sulla strada e ad ogni vento, la casa si chiude su se stessa; si inventa, nelle case, il corridoio centrale che permette ad ognuno di ritirarsi nella sua camera: è il segno preciso della comparsa, nei costumi, dell'intimità, familiare e individuale; contemporaneamente il bambino diventa il centro della gerarchia familiare, diventa un bene prezioso, un valore di cui ci si occupa da vicino e
    si limitano le nascite per dare tante più cure a-i bambini che si decide di avere. Una società di risparmio organizza così i suoi investimenti per quanto riguarda i propri figli. L'insieme dei cristiani partecipa globalmente a questa corrente umanista ed ai suoi valori.
    Non è facile indicare la consistenza quantitativa di questa corrente. Essa caratterizza la grande maggioranza dei cristiani praticanti ed almeno il 50% delle persone, in genere.

    La corrente scientista

    Nell'altra metà predomina la corrente scientista; i cristiani praticanti vi partecipano molto meno. Quando nasce, infatti, verso la metà del XIX secolo, la prima grande esplosione della scienza, quando ci si mette a sperare che le scoperte scientifiche, procedendo di vittoria in vittoria, porterebbero la soluzione a tutti i problemi, compresi quelli morali, dell'umanità e porterebbero il benessere e la pace, i cristiani, che erano in maggioranza segnati da un certo pessimismo agostiniano nella loro spiritualità e nella loro vita e che non erano affatto portati a magnificare l'avvenire dell'uomo e della creazione, restarono al di qua, spesso, della corrente scientista e delle sue speranze.
    La scuola ha sviluppato sempre più la moda della conoscenza scientifica e questa ha impregnato poco a poco tutti i campi, al punto stesso che si è venuto a parlare di «scienze umane».
    Con la pratica scientifica, l'uomo, a poco a poco, ha scoperto la natura come una realtà, che non lo avrebbe più superato, ma che può invece sottomettere, una realtà che deve fare di tutto per dominare. Attraverso questo lavoro e questa lotta per raggiungere sempre meglio il cuore della materia, l'uomo prende l'abitudine di pensare che l'essenziale non è ammettere una verità a lui esterna e insormontabile, ma trasformare il mondo. Da allora, le affermazioni che erano prima riconosciute come evidenze sono messe in questione. Al «cos'è» si sostituisce il «come funziona»; quelli che partecipano alle correnti scientiste sono attenti a ricercare per qual processo si arriva a tale o tal altra affermazione; non si tratta, nel loro spirito, di sospettare per sospettare, ma molto naturalmente di scoprire il meccanismo nascosto che regge questa o quella proposizione. La corrente scientista si è sviluppata contemporaneamente all'industrializzazione e all'urbanizzazione; la scienza applicata è apparsa come la chiave del progresso e del benessere. Campi come quello dell'architettura e della medicina, che erano considerati dapprima come arti, sono stati sempre più segnati dalla scienza.
    In questa corrente, il punto di riferimento non è più l'uomo considerato nella propria intimità e come un in sé, che abita esattamente se stesso, come la sua casa, in limiti precisi: il punto di riferimento è diventato l'interrelazione tra mille punti di riferimento esistenti soltanto gli uni per gli altri.
    La corrente scientista cerca di individuare i rapporti tra i diversi elementi, ben più di quanto non cerchi di sapere ciò che questi elementi sono in se stessi; essa guarda il mondo come una rete di relazioni e di comunicazioni che dipendono le une dalle altre e che non si possono conoscere che insieme.

    LA CRISI DELLE DUE CORRENTI

    La corrente umanista e la corrente scientista hanno conosciuto da dieci anni un certo regresso, la prima più ancora della seconda, d'altronde. Le grandi dichiarazioni sulla persona umana sono sembrate derisorie dopo la seconda guerra mondiale ed i valori umanisti sono apparsi falliti. Progressivamente ci si è accorti che i princìpi umanisti, che avevano trovato un tempo la loro giustificazione nell'esperienza, non si radicavano più nella vita quotidiana. I giovani hanno allora cominciato a vedere con acutezza che la saggezza ereditata dal passato e professata dai loro genitori era combattuta energicamente in ogni momento, mentre la lettura dei giornali e le informazioni della radio facevano da cassa di risonanza. Questo divario tra ciò che era annunciato: una morale umanista e il suo rispetto per gli altri, e la realtà pratica: questi comportamenti barbari dettati dal profitto, il disimpegno individuale («ciascuno per sé e Dio per tutti»), la ricerca di provvedere a se stessi a dispetto degli altri, questo divario è stato particolarmente risentito con forza dai giovani che si accorgono con la loro capacità di osservazione e di lucidità, quanto le idee umaniste siano smentite dai fatti. Alcuni umanisti, difendono più che mai i valori in cui sono nati e in cui sono vissuti; alcuni lo fanno talvolta con grande dignità, ma senza un vero aggancio con la realtà; altri realizzano, in modo più efficace, un aggiornamento simpatico, dei comportamenti possibili oggi; altri, condotti dalla paura, induriscono le loro posizioni e le rendono tanto più inamissibili. Ma l'insieme degli umanisti – e ciò mostra l'estensione del problema – hanno già abbandonato, in fondo, i princìpi della loro cultura; non li praticano più che superficialmente e non vi credono più; sono diventati scettici. Questi cambiamenti manifestano quanto la corrente umanista conosca una profonda disaffezione, fino a spingere molti ad affermare che i valori umanisti sono valori sorpassati.
    Per realizzare questi cambiamenti si ostentano spesso colori scientifici: si parte da dati, verifiche, statistiche. Questo non è spesso, veramente, scienza, ma un sottoprodotto di questa: una certa tecnologia. Ora questa porta sovente una tecnocrazia. Ci si accorge sempre più che la scienza non è necessariamente fattore di progresso dell'umanità, che essa può essere anche – Hiroshima l'ha mostrato – la peggiore delle cose, che la scienza non è un assoluto a cui si possa credere ciecamente. I giovani soprattutto mettono sempre più in questione non la scienza in se stessa, ma le dichiarazioni totali-tare sul carattere in sé progressista della scienza e dello sviluppo scientifico; sono molto sensibili al rischio di usare le scoperte scientifiche per la guerra, contro la natura e contro l'uomo. È sintomatico vedere molti giovani, che lavorano come tecnici o ricercatori in istituzioni scientifiche, reagire davanti alle manipolazioni ed alle produzioni derivate dalle loro ricerche.
    I giovani presentiscono che la scienza può aprire ad una sorta di barbarie, che essa giunge spesso, essendo mal servita, a creare robot tecnici ciechi, che essa impone talvolta, al di là di se stessa, una metodologia imperialista che impedisce ogni lavoro di ricerca e di approfondimento congelando modelli e separando i concetti dall'azione. La scienza dichiara che essa opera sempre nei suoi limiti e che rivede senza sosta i propri formulari; ma un certo dogmatismo impregna spesso la cultura scientista. Molti giovani sono dunque molto sensibili alla possibile degradazione della scienza in imperativi assoluti ed in tecnologie abusive. Essi temono che essa possa facilmente servire sistemi e strutture che alienerebbero, di più ancora, l'uomo ed i popoli di domani.
    Si è vista nascere così, particolarmente da dieci anni, una protesta istintiva presso un certo numero di uomini e donne, e soprattutto una gran parte di giovani, da un lato contro ciò che è risentito come belle idee e un idealismo fuori della realtà e, dall'altro, contro ciò che è percepito come una cultura razionalizzata all'estremo, fino all'uniformizzazione ed alla robotizzazione. Questo rifiuto basta ad affermare che c'è una terza corrente? Si può parlare di un'altra cultura?

    LA FRAGILE NASCITA DI UNA NUOVA CULTURA

    Per noi questa terza corrente esiste; e non è solo una contestazione, una contro-cultura: quando queste, di fatto, prendono una certa proporzione raccogliendo l'adesione di un numero importante di elementi, ma soprattutto si esprimono attraverso gli elementi più dinamici di una nazione, non si può più parlare di «margine» e di «anormalità». Questa terza corrente fa certo fatica talvolta a trovare uno sbocco per vivere le sue aspirazioni e per dirle: le due grandi correnti la combattono per impedirle di trovare esistenza.
    Questa lotta delle due grandi contro la terza viene d'altronde a portare acqua al mulino: i giovani vedono le due grandi come pericolosi aggressori. Una maniera sottile di negare questa terza corrente consiste nel recuperarla, sottolineando ciò che viene, in questa terza corrente, dalla cultura alla quale ci si sostiene; è facile infatti vedere che ci sono nella terza corrente elementi della corrente umanista ed altri della corrente scientista: e dire, che questa terza corrente non è che l'una o l'altra delle prime due, ma migliorata, sminuita, rinnovata.
    Compiendo questo genere di lavoro, la prima e la seconda corrente non fanno che mostrare un aspetto primordiale del loro modo di agire, proprio all'una e all'altra, e, su di questo, la terza corrente si differenzia da esse.
    La corrente umanista e la corrente scientista sono infatti profondamente desiderose di comunicare la loro verità, di cui esse hanno entrambe un'estrema certezza.
    Le due grandi correnti hanno, per se stesse, un grande appetito di conquistare e di convincere. Vogliono ridurre tutto ad «uno», ricondurre tutto al simile e al medesimo.

    Chi è l'uomo?

    La terza corrente ha per caratteristica essenziale, una volontà di liberazione di ogni essere umano e una ricerca continua della differenza. Ha ripreso, ma trasformandoli, dalla corrente umanista, il senso dell'altro come interiorità, e dalla corrente scientista, il senso della relazione tra gli elementi. In questa corrente, in questa cultura, l'uomo non è più perduto in uno splendido isolamento individualista e gli oggetti non hanno più forza di legge. Ciò che conta, per questa corrente, sono le interazioni e gli interscambi. Perciò bisogna dare qui due proposizioni che sembrano, a prima vista, contraddittorie: esse esprimono, in modo succinto ma significativo, questa terza corrente:
    – ogni essere umano riceve la sua identità dalle sue relazioni con l'altro, da ciò che egli non è;
    – ogni essere umano è originale, irriducibile a ogni essere, irriducibile a ogni struttura sociale, etica o religiosa.
    Precisare ciascuna di queste due proposizioni non può essere fatto che mantenendo il gusto della differenza che è vissuto in questa terza corrente, mantenendo la consistenza dell'una e dell'altra proposizione insieme, senza priorità. Questa corrente non vuole definire l'essere umano, né solo come soggetto, né solo come una struttura; l'essere umano è nello stesso tempo individuale e sociale, i gruppi in cui si trovano gli esseri umani non si possono esprimere in soli termini di identità chiusa, in imprigionamento dentro se stessi, ma in termini di relazione; infine l'essere umano deve essere in grado di poter realizzare la sua storia nella sua relazione ad un futuro. Per questo, la terza corrente esclude di esercitare violenza contro gli altri poiché ammette, come primordiale e costituente di sé, la relazione all'altro.
    Essa è costituita in modo pluralistico; in un mondo che si è impegnato sempre più nel lavoro tecnico e nell'utilità, che ha esaltato il regno dei mezzi e li ha magnificati per raggiungere fini spesso inumani, la terza corrente propone il pluralismo e la gratuità, come scopi e come maniere di vivere, cioè, in fin dei conti, una vera libertà in rapporto alle strutture, essendo stato l'essere umano troppo spesso prigioniero di «mediazioni» di ogni sorta che gli sono state imposte.
    Questa terza corrente asserisce che l'essere umano è il solo a poter creare istituzioni che non saranno gli assoluti che riducono l'uomo ad una cosa ed a una struttura. Perché una struttura è un segno ed un passaggio: essa deve cancellarsi; una istituzione è non una sistemazione definitiva, ma un luogo in cui l'essere umano può vivere la sua ricerca ed i suoi desideri.

    Amore e lavoro

    I due assi essenziali della vita umana, l'amore ed il lavoro, conoscono perciò una trasformazione assai netta nella prospettiva di questa terza corrente.
    L'amore non appare più come un in sé in cui ci si è donati all'altro una volta per tutte; ancora meno un credito accordato, come un assegno in bianco, alle parole, ai discorsi, alle dichiarazioni di amore. Ma come una ricerca lenta, paziente, incessante, della relazione tra due esseri, di una relazione che si vuole più sincera ed autentica possibile per realizzare un reciproco sbocciare.
    Il lavoro perde il suo carattere assoluto. Non è più una mistica, ma una realtà relativizzata; c'è una ribellione contro un lavoro che è presentato come uno sforzo comune e che è, in realtà, un lavoro frammentario e ripetitivo che fa dell'uomo un'appendice della macchina. Si rimette in discussione il senso di questo lavoro dove l'essere umano non ha responsabilità, e ricorre frequentemente un termine che mostra quale trasformazione è auspicata: il termine «creatività». La terza corrente insiste su un lavoro che possa essere una reale partecipazione dell'essere umano a ciò che fa.

    C'è un esito?

    Questa corrente si edifica, infatti, attraverso le lotte e le ricerche dei due gruppi che sono stati e sono emarginati: i giovani e le donne. Si può sottolineare che le qualità proprie a questa terza corrente non sono più qualità di forza e di potere, di sicurezza e di riuscita, ma qualità di ascolto e di spontaneità, di nonviolenza e di generosità.
    Questa terza corrente può sembrare fragile e certi dubitano delle sue possibilità di esistere negli anni a venire. Esistono però elementi sufficienti per rivelare la profondità di questa corrente e ritenere che essa si aprirà un varco e farà il suo cammino.


    T e r z a
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