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    Luigi Renzo

    (NPG 1978-10-54)

    La nuova società tecnocratica ha bisogno dell'uomo giusto al posto giusto. Oggi si parla molto di orientamento inteso come un a aiuto dato da persone competenti all' individuo che è alle prese con il problema fondamentale della scelta di tipo di scuola, dell'adattamento ad una professione, dell' adesione ad un certo tipo di vita». Orientamento è far scoprire ad una persona le sue doti e i suoi limiti al fine di determinare il modo che maggiormente la realizza nella comunità umana.
    Noi, però, non vogliamo fermarci al solo orientamento: ci interessa soprattutto il discorso sulla vocazione, e vocazione è il tipo di vita scelto, è un impegno che non si esaurisce in una scelta scolastica o in un ruolo professionale. Più che di uno stile o di una forma, si tratta di uno stato di vita, di una realizzazione complessa nella quale concorrono diversi elementi e che dura tutta la vita.
    Il Clero è una specie che scompare? La Chiesa dovrà farne a meno? Sono interrogativi che sorgono in chi esamina la situazione attuale del clero e delle vocazioni. Si tratta di una questione di vita o di morte per la Chiesa ed è estremamente necessario studiare il problema per evidenziarne le costanti operative passate ed ovviare ai limiti della situazione.
    La società di oggi è in completa trasformazione e questo si riflette negativamente sul ruolo del, sacerdote, costretto ad entrare in un mondo che non lo accetta più nel suo ruolo tradizionale e che di conseguenza lo trova impreparato a rispondere alle nuove istanze» (cf Luigi Renzo, Pastorale vocazionale e Seminario minore, Roma 1977).
    L'orientamento in fondo si ferma al momento umano della scelta; vocazione, invece, non è solo la risposta dell'uomo, ma è anche e soprattutto l'iniziativa di Dio che chiama, cui l'uomo risponde. Non si può affrontare il problema dell'orientamento senza tener conto dei fini fondamentali dell' uomo e del suo innesto radicale nel divino.
    La natura della pastorale vocazionale, pertanto, «consiste nell'azione della comunità cristiana mirante a far sì che ogni cristiano, fin dai primi anni della fanciullezza, sviluppando la fondamentale vocazione alla santità e all'apostolato, che scaturisce dal Battesimo, scopra la propria vocazione personale e trovi le condizioni necessarie per la maturazione e la perseveranza» (Orientamenti e Norme della CEI).

    «Il problema delle vocazioni deve essere affrontato dalla Chiesa locale come momento dell'unica azione pastorale, in modo da impegnare tutti i membri della comunità cristiana». La formazione dei Sacerdoti è un'azione di Chiesa che «si esprime attraverso l'interazione di diverse componenti educative, le quali assumono incidenze e apporti diversi a seconda della fase di crescita del giovane chiamato».
    La formazione dei Sacerdoti non è solo compito di pochi educatori (i superiori del Seminario), ma è dovere di tutta la comunità. «Il Seminario, prima che istituzione, è di sua natura una espressione di vita ecclesiale nella quale Dio, attraverso mediazioni umane, va disponendo alla missione coloro che Lui ha chiamato» (Cf Orientamenti e Norme della CEI).

    Parlare ancora di Seminario Minore potrà sembrare inopportuno o quanto meno antiquato. La società, oggi in completa trasformazione, dissuade da proposte radicali ed anticonformiste quale può essere la consacrazione totale della vita alla costruzione del Regno. E l'impatto con tale realtà costituisce l'handicap più grosso perché il Seminario esca dal disagio e dal complesso di quasi morte di cui è assillato soprattutto nel dopo-Concilio.
    Se i Seminari si svuotano perché continuare a parlarne? In un mondo in cui stanno acquistando sempre più valore le esperienze pluridimensionali che serve un Seminario struttura chiusa, autonoma e macchina per far preti?
    Le presenti riflessioni non saranno certo una risposta esaustiva a questi e a tanti altri interrogativi, né avranno la presunzione di definire l'argomento. È lo sforzo di una lettura di fatti riguardanti il Seminario, partendo dall'esperienza di Rossano, diocesi calabrese di circa 120.000 abitanti.

    LA CRISI DI VOCAZIONI

    È ormai un luogo comune parlare di crisi di vocazioni e gli studi in merito sono tanti e tali che ci esimiamo dall'analizzare il fenomeno nei dettagli. Certo non è da poco la diminuzione delle ordinazioni di clero diocesano. Se negli anni 50 la media di ordinati era di circa 1.200, nel 1970 ne abbiamo 698 con un calo progressivo negli anni seguenti: 624 nel 1972, 509 nel 1974, 436 nel 1976. Dati normali, questi, se si pensa che gli alunni attualmente presenti nei seminari minori è circa la metà di quelli che vi entravano venti anni fa.
    Nella diocesi di Rosano, per es., nel decennio 1953-63 si sono avuti 142 alunni di prima media, nel 1963-73 si riducono a 72 e negli ultimi 5 anni sono stati addirittura solo 11. A Torino per 397 parrocchie nello scorso anno sono entrati 7 ragazzi di prima media.
    L'elenco delle diocesi potrebbe continuare e ci spiegheremmo ancora meglio il grido allarmato di Mons. Carraro, Vescovo di Verona, all'Assemblea della C.E.I. del maggio scorso sul calo delle vocazioni.
    Il fenomeno è senz'altro preoccupante, ma può nascondere un grosso rischio di disimpegno o, peggio, di scetticismo nei confronti del Seminario e dei suoi metodi educativi.
    Non sono nemmeno da sottovalutare né il fenomeno delle «fughe» soprattutto dei giovani preti (dal 1972 al 1976 le ordinazioni in Italia sono state complessivamente 2.629, le defezioni 648), né gli altri fatti che rendono più problematico il futuro della Chiesa: aumento della popolazione, diminuzione dei preti, aumento dell'età media degli stessi.
    La crisi non risparmia neppure i religiosi. Dal 1964 al 1977, per es., i Gesuiti sono passati da 35.968 a 28.038, i Minori o.f.m. da 27.140 a 21.504, i Salesiani da 22.042 a 17.535, i Domenicani da 10.091 a 8.773.
    Probabilmente la crisi non ha ancora raggiunto il suo culmine, anche se qua e là si avverte un qualche risveglio.
    Sarà la riscoperta dei ministeri la risposta al diminuito numero di sacerdoti e alle molte «supplenze» che da tempo questi svolgono? Può essere uno spiraglio che si apre, ma resta il problema del futuro e la Chiesa dovrà rifarsi al carisma della profezia che porta in sé per ritrovare il coraggio della sua identità di popolo, che risponde alla chiamata del suo Dio.
    Il magistero del post-Concilio ha indicato le piste per ridare alla «sposa di Cristo» il suo «volto splendente». Il recente IV Sinodo dei Vescovi ha affrontato il problema della catechesi nel nostro tempo con riferimento ai fanciulli e ai giovani. Nel «Messaggio al Popolo di Dio» conclusivo i Vescovi affermano che la «catechesi è compito di vitale importanza per tutta la Chiesa» e «il luogo o ambito naturale è la comunità cristiana» (nn. 12 e 13). Qui nascono le vocazioni specifiche e i ministeri fondamentali del popolo di Dio.
    I Vescovi italiani col documento «Evangelizzazione e Ministeri» (agosto 77) hanno insegnato che «solo una Chiesa tutta ministeriale è capace di un serio e fruttuoso impegno di evangelizzazione... Col tema dei ministeri viene data occasione di affrontare i gravi problemi che oggi la Chiesa vive: problemi di edificazione della comunità cristiana e della sua missione nel mondo,... di crescita del popolo cristiano» (n. 18). Ma non si spiegano i ministeri e le vocazioni senza una comunità che educhi a scoprire il proprio posto ed accompagni lo sviluppo del «germe vocazionale».
    In questo contesto di cammino di fede e di scoperta continua della propria vocazione si pone il Seminario come situazione-segno e piccola comunità che cura «la verifica e la maturazione della vocazione sacerdotale nei giovani che sembrano possedere i germi della chiamata divina» e che «si affianca all'azione della famiglia e della parrocchia» (1).
    Il Seminario non si sostituisce alla parrocchia – naturale ambito di crescita di fede – ma offre un servizio più specifico in ordine alla vocazione di speciale consacrazione. Anzi il rapporto con le parrocchie è di vitale importanza. In questi ultimi anni a Rossano i seminaristi, a scadenza quasi mensile, vanno a casa. Ne è venuto fuori un rilievo significativo: i ragazzi che già prima stavano vicini alla Parrocchia hanno continuato a farlo con più entusiasmo, gli altri, invece, hanno trovato difficoltà ad inserirsi. Questo ci convince che l'opera formativa del Seminario può restare frustrata se già la Parrocchia non ha avviato tra i ragazzi la problematica vocazionale.

    IL SEMINARIO MINORE

    L'idea del Seminario minore può far storcere il muso quasi fosse un discorso chiuso una volta per tutte. Ed in effetti non possiamo dar torto a chi la pensa così se il Seminario opera come nel passato.
    Un'indagine a questionario svolta nella diocesi di Rossano tra sacerdoti ed ex seminaristi ha fatto rilevare che, a parte qualche nota positiva riguardante più che altro la serietà scolastica, per il resto gli addebiti al Seminario sono piuttosto gravi al punto da farne chiedere la completa chisura puntando su forme educative più aperte e che valorizzano la persona e la maturazione graduale della stessa. Le osservazioni riguardano sia il Seminario come struttura, sia i superiori, sia il modello educativo:
    – a causa della sua struttura chiusa, il Seminario ha creato un'eccessiva separazione dal mondo esterno iniettando la convinzione che tutto ciò che è «fuori» è da evitare;
    – i Superiori, particolarmente i vicerettori, sono educatori improvvisati, «in stato di ferma» prima di passare ad altra attività. Non sempre sono a tempo pieno e tanti loro atteggiamenti di paternalismo e di rigorismo dipendono spesso dalla instabilità ed indecisione;
    – il modello educativo, maggiore indiziato, è giudicato piuttosto chiuso ed alienante perché fondato più sull'obbedienza al regolamento e sulla disciplina che non sul dialogo e sulla libertà. Ha contato la funzionalità dell'istituto più che la persona.
    Conseguenza ovvia di questa educazione è stata la formazione di persone individualiste, capaci di imporsi magari sul piano culturale, ma disincarnate. Un'accusa che fanno i giovani ai sacerdoti è l'eccessiva attenzione alla istituzione e la mancanza di comunione, estraneità alla vita e disimpegno sui grandi problemi umani e sociali: effetti negativi dell'educazione ricevuta in Seminario.
    Il Seminario vecchio stampo, pertanto, non serve più né ai preti, i quali non vi si ritrovano e non vi indirizzano ormai più nessuno, né a chi si mette sulla strada del Sacerdozio perché non vi trova l'ambiente formativo ideale. Occorre rivedere tutto il sistema per ritrovare la freschezza della consacrazione.
    Il nuovo Seminario, lungi dall'essere un luogo di preti pre-fabbricati, deve essere un tempo di formazione che assicuri un ambiente sereno ed aperto in cui l'adolescente esperimenta «l'esaltante esperienza della prima scoperta di sé e del mondo» (2). La disciplina non opprima la libera espressione delle proprie capacità e non condizioni lo spirito d'iniziativa e la creatività tipica dell'età. Deve ritenersi scontato, quindi, negli educatori un atteggiamento di dialogo e di maggiore ascolto dei ragazzi. Delle verifiche mensili potranno offrire la misura della sintonia educatore-educandi e il grado di maturazione nella scoperta progressiva della vocazione.

    PROSPETTIVE DEL SEMINARIO MINORE

    Prima delle prospettive possibili ci sembra opportuno presentare un'iniziativa avviata nella diocesi di Rossano in questi ultimi anni: il Seminario della diaspora. Invece che in Seminario tanti ragazzi vengono seguiti durante la scuola media nelle proprie parrocchie: hanno così modo di crescere nel proprio ambiente naturale di sviluppo (famiglia, parrocchia). Dopo la 3a media vengono indirizzati al Seminario. Durante l'anno i collegamenti vengono mantenuti con incontri zonali e col ciclostilato mensile «Seminario chiama Parrocchia». Nell'estate poi questi ragazzi vengono invitati a partecipare ad un campo di orientamento: in 5 anni sono passati per i campi estivi intorno a 150 ragazzi.
    I primi frutti dell'iniziativa cominciano a vedersi. Quest'anno, infatti, i due giovani che entreranno nel Seminario Teologico provengono dal Seminario della diaspora.
    Quali prospettive restano, allora, al Seminario Minore?
    Rifuggendo da ogni preconcetto disfattista, il Seminario può e deve essere il centro propulsore di ogni ricerca vocazionale, ma non può assolutamente prescindere dalla Parrocchia. Questa è il luogo originale della ricerca ed il parroco resta con i genitori il fondamentale educatore alla fede e alla vocazione. Il Seminario, a sua volta, senza rinunciare alla sua originalità e al suo profondo rinnovamento, offre al parroco quel servizio speciale e qualificato richiesto per la preparazione dei Sacerdoti di domani.
    Il Seminario, pertanto, deve porsi come comunità educativa che orienta i suoi sforzi sia all'interno che all'esterno. All'interno il Seminario deve risultare ambiente ideale per una ricerca vocazionale che sia personalizzata, individualizzata e differenziata. All'esterno deve sintonizzarsi con la famiglia e la Parrocchia. La famiglia è «la madre e la nutrice dell'educazione» (3) e quindi spetta ad essa il diritto-dovere di orientare i figli.
    La Parrocchia si affianca alla famiglia ed offre un respiro più ampio e comunitario all'esperienza di fede e alla scoperta della propria vocazione. I gruppi parrocchiali, in questo senso, possono dare spazio a più tipi di ricerca vocazionale dal cui confronto può scaturire un arricchimento per la ministerialità della Chiesa.
    Aiuto concreto per mantenere questo dialogo con le famiglie e le parrocchie può venire dal Centro Diocesano Vocazioni, al quale è affidato il compito di orientare e ravvivare la coscienza del popolo di Dio sul problema della vocazione cristiana e delle vocazioni speciali e ministeriali. Anche gli altri Centri di pastorale diocesana (famiglia, catechesi, ecc.) devono dare una mano.
    In questa prospettiva il Seminario non è più un'isola che opera settorialmente per proprio conto, ma si inserisce nella vita della diocesi come modo diverso e forte di vivere la vocazione. Mantiene ancora oggi perciò la sua funzione e può rendere alla Chiesa un servizio prezioso e specifico.
    Il rinnovo delle strutture e una nuova impostazione educativa lo rendono ambiente e tempo ideale che, con la ricchezza dei contenuti e la spontaneità del clima, aiuta i ragazzi a fare gradualmente le varie opzioni che orienteranno il progetto della loro vita.
    La validità del Seminario, in conclusione, dipende dalla organicità della pastorale diocesana. La collaborazione Seminario-Centri di Pastorale diocesana-Centro Vocazioni-Parrocchia, con un piano di lavoro unitario atto a rendere alla comunità cristiana una testimonianza di servizio e di vocazioni vissute secondo carismi e ruoli diversi, costituisce il momento chiave per avviare uno stile di pastorale vocazionale che risponda alle attese dei tempi, alle esigenze della persona e ai bisogni della Chiesa.

    NOTE

    (1) Cfr. Orientamenti e Norme dalla C.E.I., pp. 350-351.
    (2) Cfr. Orientamenti e Norme, pp. 337.
    (3) Cfr. Rinnovamento della Catechesi, p. 152.


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