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    Fotografia della classe



    Annalisa Rossi

    (NPG 1977-08-75)


    Soprattutto all'inizio dell'anno scolastico, è importante che ogni insegnante abbia chiaramente davanti a sé una «fotografia della classe», per programmare un lavoro che non «scivoli» sui ragazzi, ma risponda effettivamente alle loro necessità. L'esperienza che riferiamo è di una insegnante di lettere di una scuola statale.

    La seconda media che prendiamo in considerazione è composta da 24 alunni, dei quali 18 provengono dalla stessa sezione precedente, 2 ripetono l'anno, 2 provengono da un'altra sezione – classe di aggiornamento, o ex-differenziale –2 infine da altre scuole.
    Il livello medio è discretamente uniforme, nel senso che non vi sono «punte» estremamente basse o alte: questo anche grazie ad un attento lavoro di amalgama e di inserimento operato nella precedente classe che è stata tutta promossa a giugno, cosa estremamente rara nella scuola media in cui ci troviamo. Vi è da parte di tutti buona partecipazione ed impegno, seppure con difficoltà da parte di alcuni. Un po' faticoso è stato l'inserimento dei nuovi arrivati, ma tuttavia a poco a poco si realizza positivamente, grazie al clima di intensa apertura e lealtà attuato.

    Analisi dell'ambiente di provenienza

    L'ambiente di provenienza è, per la stragrande maggioranza, quello tipico della zona compresa tra Porta Nuova e corso Re Umberto a Torino (quartiere San Secondo): molta immigrazione (18/20) risalente alle prime classi elementari dei ragazzi (13) o di famiglie immigrate prima della nascita dei ragazzi (5); gli altri 6 si possono dire originari della città o della regione piemontese. L'immigrazione costituisce per alcuni un «handicap» all'apprendimento, a causa della scarsa alfabetizzazione familiare, del numero elevato dei componenti della famiglia, dell'abitazione inadatta, della mentalità contrastante con le caratteristiche dell'ambiente urbano e attriti conseguenti. Per altri invece il fattore migratorio o l'inserimento nel settore urbano non è né l'unico né il più grave intoppo al processo di apprendimento e di socializzazione, bensì contribuiscono a creare difficoltà alla crescita la situazione di famiglia (genitori separati) o personale (malattie o traumi infantili).

    Il quartiere

    Il tipo di quartiere e l'origine della famiglia gioca negativamente sull'educazione dei ragazzi. Infatti «borgo San Secondo» si presenta privo di spazi agibili e carente di strutture sociali adatte a contribuire alla socializzazione (asili, gruppi giovanili o sportivi) dove i ragazzi possano controbilanciare le tensioni che accumulano in casa, anche per gli ambienti sovraffollati in cui alcuni abitano (alloggi sui ballatoi, con servizi carenti ed in comune a più famiglie – anche più di un nucleo familiare in poche stanze). Altre tensioni sono accumulate dai ragazzi a causa dei contrasti tra gli stimoli libertari offerti dalla società industriale (consumismo, erotismo, orizzontalismo in famiglia, bisogni eccessivi di evasione, importanza del possedere anziché dell'essere) e le abitudini o tradizioni familiari (famiglia verticale, autoritarismo paterno, condizione di inferiorità della donna). In questo senso sono negativamente stimolati dai mass-media – unica e costante forma di comunicazione educativa – che propongono modelli tali da stimolare, ad esempio, consumi non necessari (auto, moto, abiti alla moda), rispetto ad altri primari (libri, cibi nutrienti, attività sportive ed educative).
    In situazione particolarmente difficile sono le ragazze, considerate talora proprietà paterna, da conservare e utilizzare in attesa di un futuro matrimoniale; anche la scuola è considerata in subordine rispetto ad esigenze casalinghe, con conseguenza di ritardi ed assenze da scuola per accudire a fratellini, fare la spesa e questo anche se la madre è casalinga.

    Situazione dei ragazzi

    I ragazzi, presi tra queste contrastanti tensioni, vivono in situazione di costante insicurezza: i maschi sono in genere liberi di uscire, ma pochi genitori controllano il dove (strada), il come (giocare? rubare? fumare?) il con chi? (compagni di scuola, vicini di casa, bande di quartiere). Per le ragazze c'è la proibizione di uscire di casa, motivata dal pericolo di incontrare cattive compagnie, dato il pessimo ambiente e le drammatiche vicende che si leggono sui giornali, ma anche perché la ragazza è più utile in casa, il maschio meno (al più lo è se esce a far commissioni o piccoli lavori). Esiste quindi una forte discriminazione tra maschi e femmine che acuisce ulteriormente tensioni e disaccordi anche nel corso delle lezioni scolastiche. Ma per entrambi è comune l'assenza di stimoli educativi, specialmente di quelli individuali (dialogo interpersonale) e abbondano invece quelli di massa (TV, fumetti). Di fatto gran parte dei preadolescenti di questa II media è in situazione di almeno potenziale emarginazione sociale, poiché, pur frequentando la scuola, ha in essa e fuori di essa limitati mezzi per fruirne come fattore socializzante, crescita educativa e culturale. Naturalmente non si può né si deve generalizzare perché non mancano i casi in cui l'attenzione educativa si nota: in genere questo avviene nei genitori disposti a dialogare e a discutere, a lasciare una serena libertà di movimento, attentamente vigilata, e libertà di frequentare qualche gruppo che di tanto in tanto si forma.

    Riflessi sulla vita scolastica

    Questa situazione porta in classe:
    – un desiderio molto forte di dialogo (in sostituzione di quello che manca in famiglia) non sorretto però dalla coerenza agli impegni assunti (attenzione, partecipazione, disciplina);
    – una certa insofferenza all'autoritarismo (già troppo abbondante in famiglia), ma insieme un forte bisogno di autorità (perché di fatto sono incapaci di autonomia ed auto-gestione reale, quelle che si formano attraverso il confronto educativo costante con l'adulto ed il gruppo dei coetanei);
    – un bisogno di momenti di evasione perché per alcuni la scuola è l'ambiente di vita meno -faticoso e più sereno;
    – un certo atteggiamento di autosufficienza, che non è però capacità di responsabilizzazione, anzi è in contrasto con essa;
    – una indifferenza delle famiglie nei confronti della scuola come fattore educante; essa è invece apprezzata come possibile mezzo di emancipazione-sociale.

    Tipo possibile di azione educativa

    È possibile rispondere alle attese, consce o inconsce dei ragazzi e di tentare, in parte almeno, di compensare alle carenze dell'ambiente familiare? Crediamo ciò sia possibile, educando i preadolescenti alla presa di coscienza dei valori e del senso di responsabilità.
    I valori da fare individuare saranno quelli generali dell'etica comune del tipo di società in cui viviamo, non sempre acquisiti nell'ambiente di vita e di famiglia dei ragazzi: il senso dell'amicizia, l'onestà, l'impegno verso la vita, gli altri, il lavoro, la lealtà, ecc. Occorrerà inoltre sforzarsi di trasformare in positivo i valori tipici dell'ambiente di provenienza: il senso fortissimo della famiglia, l'autonomia cronologicamente anticipata rispetto al mondo borghese, l'orgoglio
    personale, valori che hanno spesso effetti di disvalori per le conseguenze che inducono (risse; ribellioni). Tutto ciò puntando molto sulla autocoscienza ed il senso di responsabilità.
    Dal punto di vista religioso questi ragazzi, come moltissimi preadolescenti del mondo d'oggi, sono degli «atei». Rifiutano il discorso di Dio in quanto privo di concretezza e di riscontro nella realtà in cui vivono e credono; rifiutano il discorso di chiesa, poiché manca in loro l'idea della comunità spirituale e vedono invece nella chiesa il fatto gerarchico e di potere. Le famiglie in cui vivono, specialmente se di immigrazione, hanno abbandonato la fede tradizionale, non avendo nelle grandi ed anonime parrocchie di città, trovato nulla del calore umano e religioso delle originarie comunità locali. Spesso quindi i ragazzi non vengono indirizzati alla parrocchia nemmeno per la catechesi elementare, oppure ci vanno solo per la ricerca dello svago in oratorio, ma hanno tipi di comportamento a causa dei quali possono venire allontanati o comunque non seguiti, il che non fa che accentuare il distacco e l'atteggiamento critico. Nei confronti dell'educatore i ragazzi sono in atteggiamento interrogativo e ricercano indirettamente un confronto («lei ci crede?» è la domanda più frequente); indispensabile quindi una risposta corretta e coerente; ma un vero discorso di catechesi non viene accettato né potrebbe ottenere frutti, se non preceduto da una «preevangelizzazione», una preparazione sul piano umano.
    La classe è un gruppo, nel quale si possono realizzare esperienze che portino alla scoperta di sé, tramite individuazioni di interesse e capacità teorico-pratiche; e la scoperta degli altri che sono i compagni, la scuola, la realtà in cui vivono.
    Queste «scoperte» si possono ottenere solo attraverso un atteggiamento di dialogo aperto, disponibile e costante, indipendente dalla materia o argomento (non si può sprecare «l'occasione» con la scusa che «adesso dobbiamo fare grammatica»!). L'uso frequente se non costante del lavoro di gruppo diviene occasione di socializzazione, ma va seguito, perché se lasciato allo spontaneismo può essere causa di esplosioni di aggressività. Nel lavoro di gruppo non sono tanto i risultati concreti che contano, almeno in una prima fase, quanto il momento di vita che si realizza.


    T e r z a
    p a g i n A


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