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    Pregare è un'«avventura»: esperienze educanti alla preghiera per gruppi di preadolescenti



    Franco Floris

    (NPG 1976-06-74)

    Frequentare per un certo periodo una scuola di preghiera è una esigenza spesso sentita dai gruppi giovanili maturi nella fede, come sta a dimostrare l'alto numero di presenze giovanili in luoghi come Spello e Bose e altri centri di educazione alla preghiera.
    La positività di tali esperienze per la preghiera dei gruppi ci induce a tentare qualcosa di simile anche per i preadolescenti, tenendo evidentemente conto del diverso grado di maturazione psicoaffettiva del evitando pertanto di «giocare ai giovani». La scuola di preghiera per giovani è basata sulla intensa partecipazione a gruppi che già pregano ed insieme su una riflessione diretta su cosa sia la preghiera, sulle condizioni per pregare, sul rapporto tra preghiera e impegno nel quotidiano, cose tutte che difficilmente trovano una collocazione nel mondo del preadolescente. Una scuola di preghiera per preadolescenti deve invece far leva sulla normalità della vita di gruppo, cioè sugli spazi educativi che il gruppo è già riuscito ad istituzionalizzare al suo interno, senza escludere naturalmente la possibilità di alcune esperienze straordinarie (giornate di ritiro, partecipazione ad esperienze di preghiera a fianco di giovani e di adulti...). Il gruppo, in questo caso, educa alla preghiera non solo perché si prega insieme, ma soprattutto perché offre spazio per vivere insieme delle esperienze di educazione alla preghiera. Non spazio per una catechesi di tipo verbale, ma per far sperimentare la preghiera proponendo attività che introducono nel mondo della preghiera.
    Esperienze da costruire e non da aspettare. Certe situazioni umane (malattia, morte, una grande scoperta della medicina) sono occasione di educazione alla preghiera. Ma il gruppo non può fare affidamento solo su queste. Può invece educarsi alla preghiera cercando spunti e motivi di preghiera nella vita di ogni giorno del gruppo e del mondo che lo circonda. Il metodo di lavoro consisterà allora in una ricerca di gruppo incentrata sulla vita di ogni giorno per rintracciarvi spunti per la comprensione del linguaggio della preghiera, ma soprattutto per ritrovarvi motivi che inducano alla preghiera secondo disposizioni interiori (gioia, dolore, speranza, attesa) dettate dalle stesse circostanze.
    L'itinerario che proponiamo è quello che Ragazzi in preghiera presenta nella prima parte intitolata «Pregare è un'avventura», un'avventura a due che comincia con l'amicizia tra il ragazzo e Gesù e si sviluppa camminando insieme per le strade della vita.

    LA STRUTTURA DEGLI INCONTRI

    Prima di presentare l'itinerario nelle sue varie fasi vediamo da vicino come è strutturato ogni incontro. L'obiettivo, come si è detto, non è una lezione sulla preghiera ma coinvolgere il gruppo in una esperienza resa possibile dalla organizzazione stessa della sequenza, che consta di un momento informativo, di un momento di rinforzo motivazionale, di un momento ricerca di espressione degli atteggiamenti, e infine di un momento di preghiera esplicita.

    Un momento prevalentemente informativo

    Nonostante tutto, il mondo della preghiera è poco conosciuto dal preadolescente. Spesso non afferra neppure il significato delle parole che pertanto ripete meccanicamente. È necessario riscoprire insieme il linguaggio della preghiera.
    Non si tratta tuttavia di spiegare il significato delle parole ma piuttosto di situare il linguaggio in un contesto interpersonale facilmente accessibile al ragazzo. Così, ad esempio, non si parla di che cosa vuol dire ringraziare ma si aiuta il ragazzo ad immedesimarsi in situazioni della sua vita in cui il ringraziare è naturale e spontaneo.
    Questo momento informativo in Ragazzi in preghiera, viene condotto contemporaneamente a due livelli, quello umano in genere e quello religioso. Il lavoro di gruppo prevede infatti un continuo raccordo tra alcune situazioni che il preadolescente sta vivendo a fianco degli amici e degli adulti e un fatto del vangelo di Luca in cui un personaggio avvicina Gesù con un particolare atteggiamento interiore. Così, ad esempio, l'informazione sul dire di sì a Dio viene vissuta in un primo tempo nella drammatizzazione di un fatto di guerra partigiana in cui si è chiamati ad una impresa rischiosa a favore degli altri e in un secondo momento, sempre attraverso la drammatizzazione, nella risposta di Maria all'annuncio dell'angelo.
    L'informazione che si ottiene risulta pertanto situata nel contesto dei rapporti interpersonali ma anche del mondo biblico, da cui è facile giungere alla preghiera.

    Il rinforzo motivazionale

    Man mano che l'incontro procede l'attenzione del gruppo viene a focalizzarsi su una particolare disposizione interiore, quella che appunto si intende far sperimentare da vicino nella preghiera.
    Il secondo momento dell'incontro incomincia quando, chiarito ormai il significato delle parole l'animatore riprende tutto il materiale emerso e aiuta i ragazzi a immedesimarsi nel personaggio presentato nella pagina di Luca su cui si è lavorato. Non si tratta di esortarli a ritrovarsi in quel personaggio, ma di fare riferimento ai fatti della vita quotidiana che possono rinforzare la particolare disposizione interiore del personaggio.
    Se il momento informativo era sostanzialmente un cammino dalla vita alla Bibbia, questo è invece un cammino che parte dalla Bibbia, da cui si prende il personaggio-prototipo di un certo atteggiamento, e torna alla vita presentando, ad esempio, alcuni aspetti della vita di gruppo o del mondo che lo circonda che evidenziano motivi per riconoscersi peccatori o per ringraziare o per fermarsi in silenzio e lasciarsi afferrare dal mistero di un Dio che ci ama.
    Il momento della preghiera deve ancora arrivare. Per ora siamo ancora nella costruzione degli atteggiamenti di fede attraverso una lettura «sacramentale» della storia, atteggiamenti che rendono
    connaturali al mondo della preghiera.

    La preghiera da inventare

    L'espressione (così spesso ripetuta fuori luogo) «a pregare si impara pregando» acquista al termine di tutto questo processo educativo credibilità e significato.
    Il gruppo viene invitato a pregare tenendo conto di tutta la attività svolta e perciò sintonizzandosi su un tipo di preghiera che, di volta in volta, accentui il ringraziamento o l'ascolto o l'invocazione... L'obiettivo non è tanto il far pregare ma l'educare a trasformare in preghiera gli atteggiamenti di fede. Ragazzi in preghiera dà solo delle indicazioni, degli spunti per questo impegno di traduzione degli atteggiamenti in gesti e parole. Proprio perché scuola di preghiera non si deve, del resto, facilitare eccessivamente questa fase della esperienza offrendo, ad esempio, del materiale già elaborato. Lo sforzo creativo e la soddisfazione che ne deriva è stimolo perché questa «traduzione» si ripeta in altri momenti di preghiera personale o di gruppo.
    Anche qui tocca alla sensibilità dell'animatore proporre diversi modi per procedere: dalla ricerca individuale seguita dal confronto con il risultato dello sforzo degli altri, alla ricerca in sottogruppi seguita dalla messa insieme di una preghiera che tenga conto degli elementi più originali, alla discussione in gruppo delle diverse proposte. L'importante è l'invito alla creatività e soprattutto il confronto che arricchisce ognuno della capacità di preghiera degli altri.

    Infine la preghiera

    Il tempo dedicato alla preghiera in questa sequenza di momenti è effettivamente poco, ma essendo il risultato di tutto uno sforzo educativo che ha lo scopo di dare al ragazzo delle occasioni di preghiera autentica, è un momento fondamentale.
    In questi brevi spazi di preghiera il ragazzo impara a gustare quelli che potremo chiamare i diversi motivi di una sinfonia, motivi che messi insieme permetteranno, in seguito, una preghiera a misura di preadolescente ma allo stesso tempo matura dal punto di vista della fede.

    L'ITINERARIO DI RAGAZZI IN PREGHIERA

    La proposta di Ragazzi in preghiera costituisce un autentico itinerario di educazione alla preghiera e trova la sua unità sia nella adozione del metodo induttivo facendo perciò ampio uso della ricerca di gruppo, della drammatizzazione, dei cartelloni e delle diapositive, sia nel continuo riferimento alle immagini bibliche proposte per ogni incontro e prese, come si è detto, dal vangelo di Luca.
    Ogni incontro mette in rilievo una modalità specifica di preghiera legandola ad un personaggio biblico che diventa così prototipo di un certo modo di pregare: Maria, sorella di Lazzaro, è il modello della preghiera di ascolto, Pietro della confessione della fede, il lebbroso guarito del ringraziamento...
    È evidente che la preghiera che risulta al termine dell'itinerario supera lo scoglio della invocazione al Dio tappabuchi, occasione di crisi per tanti adolescenti ed è ormai ricca di quegli atteggiamenti come la lode, il ringraziamento, la confessione di fede, l'attesa del regno..., che il preadolescente ritrova nella celebrazione della eucaristia. Un itinerario dunque che introduce anche nel mondo della liturgia.
    L'unità dell'itinerario non risulta però solo dal metodo o dalle immagini bibliche, ma anche da un filo logico che collega i diversi incontri in un autentico progetto di educazione alla preghiera che parte dalla educazione degli atteggiamenti per poi passare alla loro verbalizzazione nella preghiera e infine alla loro espressione corporale.
    Vediamo le diverse fasi di questo progetto.

    Pregare è «avere dentro»

    Prima che parole o gesti, il mettersi di fronte a Gesù e il rendersi conto del mistero di amore che rappresenta, suscita in noi degli atteggiamenti di fede che reagendo con nostre situazioni personali diventano sentimenti ed emozioni che qualificano la nostra preghiera esplicita.
    Questi incontri vogliono pertanto far rivivere gli atteggiamenti di fede, speranza e carità che sono alla base della preghiera, per aiutare il ragazzo a scoprire le ricchezze del suo mondo interiore e ad assaporare le diverse sfumature del suo rapporto con Dio.
    I temi degli incontri li troviamo nella pagina introduttiva a questa prima parte dell'itinerario, pagina che sintetizza il quadro degli incontri e che offre spunti per un dialogo riassuntivo:

    Pregare.
    Non è solo dire parole
    ma «avere dentro», nel cuore.
    Aver tanta gioia
    ed esultare, come Maria.
    È meditare e assaporare
    quello che Dio ha fatto
    e sta facendo per noi.
    È avere dentro tanta fiducia
    come un bambino in braccio a sua madre,
    e avere dentro tanto coraggio
    da giocare la vita insieme con lui.
    È provare stupore e meraviglia
    di fronte a quell'uomo
    che muore e risorge al terzo giorno.
    È avere dentro tanta speranza
    che finalmente cambino le cose
    per un mondo migliore.
    È provare vergogna del poco amore
    di chi ha un padre e se ne va,
    di chi ha un amico ma non pensa che a sé.
    È sentire bisogno di tendere la mano
    a lui che ci guarda e ci incoraggia.

    Personaggi che pregano

    Una delle difficoltà più grosse nella educazione alla preghiera è la scissione in atto nel preadolescente fra suono e significato effettivo della parola. Per ovviare a questa difficoltà l'itinerario, presenta nella seconda parte, una serie di esperienze attraverso cui riappropriarsi del significato delle parole. L'obiettivo è raggiunto nel momento in cui «la persona si fa parola», si realizza cioè nella parola che pronuncia.
    In «pregare è un'avventura» ogni parola rivolta al Dio di Gesù e a lui stesso ha il suo eroe:

    La preghiera è una sinfonia.
    Non si può fare una sinfonia con un solo strumento. Non si può pregare solo chiedendo aiuto.

    Pregare è...
    Lodare Dio con l'entusiasmo dei pastori
    che hanno visto Gesù nella mangiatoia.
    Ringraziare Dio con la gioia del lebbroso
    risanato da Gesù.
    Raccontare a tutti le meraviglie che Dio compie per noi, suo popolo.
    Riconoscersi peccatore con la commozione del figlio che abbraccia il padre che lo perdona. Riconoscere con la fermezza di Pietro che Gesù è il nostro salvatore. Interrogare Gesù su che fare nella vita come lo interroga il giovane ricco. Dire di sì all'invito di Dio
    con Maria che si dichiara serva del Signore. Invocare Dio e chiedergli aiuto con la fede del lebbroso che supplica Gesù.

    Pregare col corpo

    «Le parole non bastano», dice il sottotitolo di questa terza fase dell'itinerario.
    Se da parte degli educatori è sentito il bisogno di riappropriarsi della parola, meno sentita – per un insieme di condizionamenti culturali che li ha condotti ad una forma di pudore espressivo – è l'esigenza di riappropriarsi del corpo durante la preghiera.
    In realtà «noi non abbiamo un corpo, ma siamo un corpo»: è nel corpo che ci realizziamo specialmente quando ciò che si ha dentro è vissuto con molta intensità.
    In questa fase dell'itinerario si cerca di iniziare alla espressione gestuale, esigenza della preghiera in genere ma soprattutto della liturgia, non imponendo dei gesti ma aiutando ad esprimersi con naturalezza ed un certo grado di creatività.
    Con la stessa naturalezza con cui il preadolescente vive nel suo corpo, come sottolinea la presentazione di quest'ultima fase dell'itinerario:

    Tu corri e salti e giochi
    e parli con loro, gli amici, e fai le capriole
    e... a pugni!
    È il tuo corpo che vive e che... incassa!
    È papà che racconta le sue avventure
    e tu ascolti accoccolato nella grande poltrona.
    È il tuo corpo che vive e che ascolta.
    Poi vai a dormire.
    Baci, carezze e buonanotte.
    È il tuo corpo che vive
    e che ama.
    Parli con Dio, presente e invisibile,
    tendi la mano a lui in preghiera,
    e chini il tuo capo per chieder perdono.
    È il tuo corpo che vive
    e che prega.
    Insieme agli amici (è la domenica)
    in chiesa tu canti per ringraziare Dio che vi ama,
    canti e avanzi verso il pane di Dio.
    È il tuo corpo che vive
    e che mangia il corpo di Cristo.

    Perché siano esperienze autentiche

    Si è insistito poco fa sulla necessità che questi incontri non siano solo una informazione nozionistica su cosa sia la preghiera, ma che siano delle esperienze.
    Perché questo accada non basta né la improvvisazione né il pressapochismo. Così, ad esempio, occorre che gli incontri si svolgano in un ambiente adatto.
    Alcuni, che troverebbero assurdo fare scuola di matematica in una grande palestra non hanno la minima difficoltà a far pregare normalmente una classe di ragazzi in una chiesa immensa e dispersiva. Anche l'ora ha la sua importanza: come è piuttosto strano organizzare una festa per le otto del mattino di un giorno feriale così può essere altrettanto strano collocare questi incontri ad una certa ora del mattino.
    Infine, il periodo dell'anno in cui fare questo lavoro di educazione alla preghiera. Non può esserci una norma precisa. Un criterio valido è quello di non farli prima che il gruppo abbia un discreto affiatamento.
    L'itinerario di Ragazzi in preghiera è in fondo solo un tentativo di impostare delle esperienze educanti. Materiale spesso allo stato grezzo. In tutti i casi da rielaborare per adattarlo alle esigenze dei diversi gruppi. Uno stimolo pertanto per suscitare iniziative che arricchiscano e approfondiscano le diverse tappe e i singoli incontri.


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