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    Preadolescenti in gruppo



    Giuliano Palizzi

    (NPG 1976-3-81)

    È un fatto comune a tutti quello che si verifica nella vita di tanti preadolescenti: impacciati, impauriti, testardi, cocciuti.., non si sa cosa fare con loro, come prenderli. Inseriti in un gruppo di coetanei impegnati in attività proporzionate ai gusti preadolescenziali, i ragazzi nel giro di poco tempo cambiano: diventano intraprendenti, aperti, più disponibili, discorsivi, interessati.
    Il gruppo è la chiave risolutrice di tante situazioni impossibili vissute dai ragazzi nella fase della pubertà.
    Libri e studi sulla dinamica di gruppo stanno fiorendo da un po' di anni, ma tutti genere si orientano a studiare II giovane, l'adolescente.
    L'animatore di gruppi di preadolescenti si trova un po' a dover inventare tutto da solo. Ed il compito non è per niente facile data la varietà e la volubilità dei nastri preadolescenti di oggi.
    Il Centro Salesiano Pastorale Giovanile da un po' di tempo sta dibattendo il problema-gruppo a livello di preadolescenti, ha cercato di rivivere gli studi di inimica di gruppo in una forma proporzionata ai preadolescenti e utile quindi ai loro animatori.
    Il testo è in preparazione. Anticipiamo qui alcuni contenuti.
    Cela questo articolo crediamo anche di dare una prima risposta al documento pubblicato In questo numero della rivista nella rubrica ESPERIENZE e firmato dai superiori salesiani d'Italia. In esso si parla dell'associazionismo e si fa riferimento più volte ai preadolescenti come soggetto di lavoro di gruppo che li aiuti a crescere.
    L’educatore che guarda ai ragazzi con serietà e impegno ha qui un significativo contributo.

    LA PREADOLESCENZA

    Dobbiamo rilevare che mentre l'infanzia, la fanciullezza e l'adolescenza sono riconosciute da tempo, la preadolescenza è di epoca piuttosto recente e si può affermare che, come si verificò un tempo per la adolescenza, il configurarsi della preadolescenza come fenomeno interessante i ragazzi di tutti i ceti sociali è sicuramente un prodotto della società tecnicamente avanzata comportante per ovvi motivi un considerevole prolungamento dell'obbligo scolastico.
    Il configurarsi soltanto negli ultimi decenni di una fase che chiamiamo preadolescenza rende ragione della notevole ignoranza che sussiste, specie in Italia, riguardo ad essa, ignoranza che spesso si traduce, da parte degli adulti, in mancanza di disponibilità, di un efficiente e illuminato sforzo educativo, lasciandosi, probabilmente, prendere dalla tendenza di dare più importanza alla età adolescenziale propriamente detta e a quella giovanile.
    A scanso di equivoci e senza voler essere rigidi nel determinare i limiti, consideriamo preadolescenza il periodo corrispondente alle medie inferiori, 11-14 anni circa, a metà via tra la fanciullezza e l'adolescenza.

    Caratteristiche peculiari

    La preadolescenza si presenta con caratteristiche peculiari, e tale peculiarità sembra potersi ricondurre globalmente ad una dimensione biologica, psicologica e sociale, che costituiscono tre aspetti di una unità di per sé indivisibile.
    La dimensione biologica si esprime in un complesso di fenomeni che investono progressivamente la personalità del preadolescente e che trovano la loro espressione più evidente nella pubertà, dove tali fenomeni differenziano in termini sempre più netti il ragazzo dalla ragazza, e sono il segno esteriore di quelle profonde trasformazioni psico-somatiche che fanno di lui un soggetto molto interessante dal punto di vista psicologico. La dimensione psicologica della preadolescenza si presenta principalmente in funzione delle reazioni che si determinano di fronte al realizzarsi delle trasformazioni biologiche, vissute in modo diverso dai ragazzi e dalle ragazze ma anche da ragazzo a ragazzo, dati i numerosi fattori, di diversa natura, che vi interferiscono e primo fra tutti quello educativo. Le trasformazioni sessuali, somatiche e psicologiche segnano per il preadolescente una vera e propria crisi di continuità: la personalità infantile va scomparendo e al suo posto va faticosamente emergendo una nuova personalità estremamente fragile al suo inizio.
    Giova ricordare che, benché esista un certo parallelismo tra evoluzione somatica e psichica, questo però non si può stabilire sempre e in modo assoluto. Diversi studi dedicati all'argomento hanno rilevato che spesso alla maturazione fisica non si accompagna quella psicologica.
    Questo fatto merita di essere tenuto presente perché molte delle cosiddette
    crisi puberali» appaiono legate a questa discordanza, dove le pulsioni provenienti dalla maturante sfera sessuale investono tutto il mondo affettivo-emotivo del preadolescente prima e dell'adolescente poi. La dimensione sociologica della preadolescenza, si evidenzia soprattutto nella progressiva accentuazione della sensibilità ai problemi sociali, nella ricerca del gruppo di compagni, nella ricerca di un amico. In queste ricerche la realizzazione di un soddisfacente equilibrio interiore, ottenuto soprattutto mediante la gratificazione dei suoi bisogni psico-sociali, non è sempre facile e possibile.
    Tutto ciò viene ad evidenziare che siamo con la preadolescenza, ormai ben lontani dalla armonia e tranquillità psicologica e gioiosa spensieratezza dell'età precedente, la fanciullezza.
    ll preadolescente si trova improvvisamente di fronte a compiti nuovi, a subitanei cambiamenti che lo riguardano profondamente e di cui non prevede come sarà lo sbocco finale, a un nuovo modo di volere e giudicare la realtà sociale con cui interagisce (famiglia, scuola, coetanei, società in generale), con la sensazione, sovente, di sentirsi solo ad affrontare tutto questo.
    La stabilità del ruolo esperimentata nelle fasi precedenti diventa una sabbia mobile, e lui non sa dove mettere i piedi per sentirsi sicuro.

    Conseguenze

    Queste caratteristiche riconducibili direttamente o indirettamente al fenomeno puberale, portano a determinate conseguenze rilevabili nell'atteggiarsi di tanti preadolescenti e riassumibili più o meno così: tendenza all'isolamento, noia, antipatia per il lavoro, irrequietezza, instabilità, antagonismo verso la famiglia, amici, società in genere, attrazione e opposizione ostentata verso il sesso opposto, intensa emotività, mancanza di fiducia in sé e sentimenti di personale inadeguatezza, ansia per le manifestazioni sessuali connesse a volte a sentimenti di confusione e colpa, facile fuga nel sogno, specie nella ragazza.
    Accanto a questo si ha una più accentuata instaurazione del senso del pudore, riconducibile forse più a qualcosa di istintuale che frutto dell'ambiente.
    Si ha inoltre, specie nei ragazzi, una grande curiosità per le cose del sesso, che un ambiente ipererotizzante come il nostro favorisce e offre grandi possibilità di soddisfare.
    Per quanto riguarda la ragazza si rilevano stati di facile anemia, di depressione, notevole labilità di umore unite ad accentuato negativismo, cocciutaggine e un profondo senso di tristezza e sentimento di non comprensione, che tende a mascherare con un atteggiamento esterno esuberante ed eccentrico.
    Notevole è il senso di critica verso gli altri, specie figure parentali, come accentuata e profonda è la sensibilità con cui vivono queste loro problematiche e tensioni.
    Questi tratti, non certo rilevabili in tutti i preadolescenti, ci danno, penso, una spiegazione della instabilità, contraddittorietà e imprevedibilità con cui a volte il preadolescente si presenta a noi. Tratti che sono tanto più accentuati e presenti quanto più il preadolescente ha sofferto di carenza affettiva durante la sua infanzia per l'assenza o presenza negativa delle figure parentali, o per l'ambiente familiare moralmente e pedagogicamente negativo.

    IL PENSIERO IPOTETICO DEDUTTIVO

    Gli studi del Piaget e di altri autori ci danno, anche dal punto di vista intellettuale, importanti indicazioni utili a conoscersi per impostare in modo più adeguato e, se necessario, nuovo il nostro rapporto educativo con il preadolescente.
    Secondo il Piaget il ragazzo passerebbe durante la preadolescenza dall'uso della logica concreta all'uso progressivo della logica formale; in altre parole, mentre il fanciullo era capace di operare nessi logici solo a partire dall'esperienza diretta e concreta, ma senza arrivare alla comprensione di leggi e relazioni più universali, il preadolescente diventa a poco a poco capace di usare sempre di più i procedimenti logici e astratti. Egli è in grado cioè di operare mediante analisi e sintesi, induzioni e deduzioni, ipotesi e verifica, comportante una progressiva e lenta abilità a manipolare termini e concetti, procedimenti e conclusioni, propri del pensiero logico formale o come si dice ipotetico-deduttivo. Il ragazzo cioè diventa capace di ragionare «su semplici ipotesi», nella enumerazione puramente verbale dei problemi senza più il supporto «della percezione, dell'esperimento, della convinzione».

    Rapporto nuovo con gli adulti

    Tutto ciò serve anche a spiegare perché i ragazzi di questa età tendono, a volte in modo esagerato, a porre problemi generali, teorici, per cui più tardi, durante l'adolescenza, essi tenderanno a formulare «teorie» per la trasformazione del mondo in tutti i campi.
    La capacità di ragionare per astratti accentua in modo più evidente nel preadolescente la capacità di riflettere su se stesso, di fare del proprio io un oggetto di riflessione e critica, dando così inizio ad una vita interiore vera e propria. Non si accontenta più di un apprendimento meccanico e irriflesso ma richiede spiegazioni e motivazioni di quanto gli viene detto e insegnato.
    La sua capacità di introspezione, conseguentemente, si affina: nuovi interessi di cui comprende il valore intellettuale, morale, sociale e religioso vengono a far parte del suo mondo interiore. La capacità di acquisire gradualmente idee personali, di emettere giudizi propri su molti problemi da quello sportivo a quello religioso, permette al preadolescente, e in modo più pieno all'adolescente, una nuova socializzazione del pensiero e l'acquisizione, attraverso la discussione, di nuove nozioni e informazioni.
    L'autonomia intellettuale che il ragazzo va acquistando in questo periodo, gli farà sentire facilmente insoddisfazione e, a volte, anche reazione, per asti principi e certe complicazioni che gli adulti cercano di trasmettergli, specie se non sono accompagnati da alcune dimostrazioni. Queste tendenze di sviluppo, appena accennate all'inizio della preadolescenza, cominciano ad apparire chiaramente verso la fine di essa e sono tali da far sorgere nel ragazzo il desiderio e l'esigenza di impostare il suo rapporto con l'adulto, genitore-insegnante, in modo diverso rispetto a quello della fanciullezza.
    Sembra doversi sottolineare la convenienza di un rapporto ragazzo-adulto, educando-educatore, maggiormente stimolante la maturazione logica del preadolescente, più decisamente promovente l'autonomia del suo pensiero, più rispettoso della sua mentalità e dei suoi processi mentali, e improntato a maggior confidenza, comprensione, fiducia, accettazione, valorizzazione, responsabilizzazione, in una parola, realizzare un rapporto fondato sul vero dialogo, comportante non prese di posizione prestabilite ma comune ricerca di ciò che meglio realizza l'individuo considerato nella totalità della sua personalità, e nella specificità dei suoi interessi, hobbies, caratteristiche personali.

    IL GRUPPO NELLA FASE DI DESATELLIZZAZIONE

    Abbiamo già accennato come si abbia nella preadolescenza un aumento della sensibilità ai problemi sociali e come il ragazzo si venga prospettando, in modo sempre più chiaro, il problema del proprio ruolo sociale, con connessa insorgente preoccupazione della propria vita sociale e futura, vista in relazione al proprio contesto sociale. Queste preoccupazioni, più vive nei maschi, facilitano la ricerca di un amico o di un compagno e determinano generalmente una maggiore recettività all'influenza dei coetanei che non a quella degli adulti.
    Queste tendenze e preoccupazioni mettono quindi in evidenza che uno dei problemi maggiori che il preadolescente prima e l'adolescente poi devono affrontare nel passaggio dalla fanciullezza all'età adulta, è quello della propria socializzazione, che comporta l'acquisizione di un complesso di modi e comportamenti sociali che dovranno essere tali da renderlo accetto alla famiglia, agli adulti e in particolare ai coetanei.

    Tendenza all'autonomia e indipendenza

    Finora la sua vita sociale faceva capo alla famiglia, più che alla comunità, intendendo per comunità soprattutto il gruppo dei coetanei; il suo bisogno lo portava a star vicino ai genitori per imparare come comportarsi in un ambiente ristretto, quasi per addestrarsi ad affrontare problemi sociali di più vasta portata, in cui si sarebbe venuto a trovare in seguito.
    Se la società del fanciullo era stata caratterizzata, rispetto all'infanzia, da incontri più vasti e duraturi, quali si erano avuti nel periodo scolastico elementare, il preadolescente amplia ulteriormente la sua possibilità di incontro con i coetanei, sia in ambiente scolastico che extrascolastico. La tendenza all'autonomia e alla indipendenza, la spinta interiore a staccarsi sempre più dall'ambiente familiare, si fa sempre più forte; il preadolescente afferma di sentirsi come compresso e soffocato in un ambiente che non è da lui volontariamente scelto e accettato; egli perciò, malvolentieri si intrattiene nella casa paterna; si annoia a scuola; ha motivo per criticare ogni persona ed ogni cosa, aspira a quella autonomia che nella adolescenza si concreterà in una forma più precisa di affermazione e di bisogno di libertà.
    I bisogni psico-sociali, primi fra tutti quelli di appartenenza-esperienza-accettazione-stima, lo spingono sempre più verso il gruppo dei pari che assumono ai suoi occhi una funzione sempre più importante per attuare la propria realizzazione.
    la graduale maturazione sociale che si accompagna, come causa ed effetto, della globale maturazione di tutta la personalità del ragazzo, e che sinteticamente si esprime in un contatto crescente con la società, in una maggiore coscienza dei suoi problemi, della sua appartenenza ad essa e ad una particolare classe sociale, nonché in una maggior percezione del proprio valore e dei propri possibili futuri mali, induce il ragazzo ad aprirsi sempre di più agli altri e a interagire in modo sempre più responsabile e costruttivo con loro.
    Tutto ciò, sotto la spinta dei bisogni prima accennati, contribuisce alla graduale emancipazione del ragazzo dalla famiglia che alcuni autori chiamano desatellizzazione. L'attuazione di questa emancipazione-desatellizzazione favorita da un processo di risatellizzazione attorno ad altri (coetanei, professori) crea nel ragazzo un equilibrio particolarmente instabile e non facile a mantenersi.
    Il preadolescente si trova ad interagire con diverse situazioni verso le quali deve operare un continuo adattamento (i coetanei, la famiglia, la scuola, il tempo libero...) e che nel contesto socio-culturale attuale sono diverse da quelle di ieri e saranno diverse da quelle di domani. Ciò rende ragione della diversità dei nostri preadolescenti da quelli di ieri e da quelli di domani, ma anche del continuo cambiamento che noi riscontriamo in tanti preadolescenti.
    L'evoluzione scientifica ha messo il ragazzo a contatto immediato con i fatti che avvengono in terre lontane; i mass-media lo bombardano continuamente e lo condizionano al conformismo, pur suscitando in lui maggior coscienza del proprio valore e ruolo, ma anche maggior ansietà-instabilità e oscillazioni che caratterizzano i preadolescenti di oggi rispetto a quelli di ieri.

    Il sostegno del gruppo

    Il ragazzo sente che l'appoggio del gruppo gli è necessario per realizzare la propria individualizzazione che si esprime soprattutto nella possibilità di attuarsi e di agire in modo autonomo secondo un proprio quadro di valori, oltre che per la soddisfazione di quei bisogni psicosociali di cui già si è parlato.
    Il preadolescente si orienta in modo sempre più marcato verso il gruppo dei coetanei quasi come rivalsa al mondo degli adulti che percepisce come ostile.
    Quanto alla funzione del gruppo notiamo schematicamente che esso favorisce:
    – La soddisfazione di avere un proprio ruolo, come espressione delle proprie capacità e preparazione ad un proprio modo indipendente di comportarsi. Di qui il carattere di anti-adultismo di parecchi gruppi adolescenziali, che però va diminuendo man mano che si avvicinano all'età adulta.
    – La soddisfazione del bisogno di accettazione-appartenenza e di stima fondata sulla presa di coscienza delle proprie capacità e sulla positiva valutazione delle proprie prestazioni da parte degli altri.
    – Il gruppo procura sollievo da quella situazione di insicurezza, incertezza, indecisione, ansietà, colpevolezza, quali spesso si trovano, in forma più o meno accentuata, presso preadolescenti e adolescenti fornendo loro un quadro di riferimento diverso da quelli della fanciullezza.
    – Aiuta il ragazzo nella emancipazione dai genitori. Conferendo al gruppo dei suoi coetanei il diritto di proporre norme di condotta, egli afferma per ciò stesso il diritto all'autodeterminazione: in questo non differisce dai suoi coetanei.
    – È un mezzo protettivo contro l'autoritarismo e l'interferenza degli adulti in genere.
    – Permette un apprendimento di ogni genere: ruolo sessuale, competi zione, cooperazione, sistemi di valori... sono imparati in modo non siste matico ma efficace.
    –Riduce la massa delle frustrazioni, non solo di quelle legate alla preadolescenza stessa, ma anche di quelle che possono toccare solo determinati elementi.
    – Spesso costituisce un rifugio e un luogo di comprensione specie per i ragazzi affettivamente frustrati, privi di un caldo clima familiare.

    Comuni caratteristiche dei gruppi preadolescenziali

    I gruppi dei preadolescenti, se, rispetto a quelli degli adolescenti, si presentano generalmente meno formali e strutturati, hanno tuttavia alcune comuni caratteristiche che conviene sottolineare, anche per comprendere la pressione che essi possono esercitare sul comportamento del ragazzo e sulla formazione dei suoi atteggiamenti.
    La caratteristica-legge che subito colpisce è quella del conformismo, che si esprime in modi comuni di vestire, parlare, gusti, pregiudizi... «tutti fanno così». Tale conformismo è talmente forte che può indurre non di rado il preadolescente ad accettare opinioni o compiere azioni che la sua coscienza gli rimprovera. E guai ai traditori e ribelli, li attendono sanzioni dure: ridicolo, umiliazione, esclusione.
    Una seconda caratteristica è la solidarietà: essa permette loro di fare un comune fronte contro gli altri oppure serve per ottenere qualcosa. L'interesse personale impone al preadolescente lo spirito di corpo.
    Una terza caratteristica è data dalla omogeneità e da una certa ampiezza a differenza dei gruppi adolescenziali.
    Come ultima grande caratteristica c'è la monosessualità. Però verso la terza media i ragazzi amano in modo più aperto che in passato incontrarsi con le compagne ed avere con loro manifestazioni comuni.

    L'ANIMATORE

    Nella ricerca sugli adolescenti d'Europa [1] e i modelli di comportamento, balza evidente che nel periodo della pubertà la percentuale delle scelte dei propri genitori come modelli è in fase discendente, poiché nel tentativo di emanciparsi, i ragazzi vanno cercando di stabilire con i genitori e gli insegnanti un nuovo tipo di rapporto. Durante questo periodo altri adulti, che non sono quelli di ambiente familiare o strettamente scolastico, assumono importanza per il ragazzo. Dagli 11 ai 14 anni si nota un progressivo accentuarsi delle scelte da parte del ragazzo di un adulto «simpatico» come ideale.
    L'aspetto esteriore: forza, statura, bellezza..., soprattutto per i ragazzi, entra con scarso peso. t il ritratto morale, la personalità della persona prescelta che acquista sempre più importanza. I ragazzi ricercano il senso del dovere, della coscienziosità e della socievolezza. Seguono poi l'altruismo e la sensibilità.
    La scelta di un adulto viene caratterizzata da motivazioni che non riguardano tanto gli atteggiamenti che un adulto può assumere verso il ragazzo (affetto, comprensione...) quanto piuttosto gli atteggiamenti che l'adulto assume verso gli altri, nelle manifestazioni più semplici, nell'esercizio della propria professione, nel compimento dei propri doveri.
    Per individuare le persone simpatiche e per esserne attirati i ragazzi non hanno bisogno né di grandi gesti, né di manifestazioni spettacolari. Desiderano un'autentica disponibilità verso tutti, che non faccia preferenze né discriminazioni.
    È da rilevare che ciò che colpisce maggiormente il ragazzo non è la professione o il prestigio nel campo professionale o i suoi vantaggi economici. Ciò che si impone è l'insieme della personalità, anche nella sua semplicità. t un modello di comportamento ideale che diventa già esempio di vita.

    Perché un adulto nel gruppo

    Il ragazzo ha bisogno di trovare accanto a sé l'adulto simpatico, il modello che completi e integri la figura del genitore e dell'insegnante. Anche il gruppo dei ragazzi deve trovare un adulto come animatore che stimoli le energie che affiorano spontaneamente all'interno del gruppo, che faccia emergere altre forze nascoste e più raramente utilizzate, che assecondi le attività proposte dai ragazzi, che prospetti altri interessi e attività che potenzino la creatività dei preadolescenti.
    Bisogna tener conto di un fatto importante sottolineato da diversi psicologi: l'individuo o il gruppo di individui, soprattutto nell'età giovanile, è in tensione di progresso continuo; se non si va avanti tutto deperisce e muore. Non si può segnare il passo a lungo in queste cose, ma occorrono novità continue, orizzonti nuovi, curiosità, interessi in rapida successione. Ora in questa tensione si esauriscono ben presto le riserve degli appartenenti al gruppo: essi sono in tensione, ma mancano di elementi per dare sfogo a questa tensione. Allora si determina un momento critico nella vita del gruppo, che sbocca nella ricerca di un aiuto esterno.
    In tutti questi casi il piccolo gruppo non cerca un «educatore» nel senso tradizionale della parola, ma un competente, un esperto che appaia all'altezza del momento critico o del problema irrisolvibile che blocca il cammino del gruppo.
    Il punto di innesto può essere svariatissimo: l'adulto può essere chiamato come allenatore sportivo, come esperto cinematografico, come tecnico psicologico, come competente biblico, come personalità del mondo culturale, come autorità per questioni interne. È l'abilità dialogica, propria dell'animatore, quella che permette il proseguimento dell'intervento nel tempo e nello spazio interiore.

    Le funzioni dell'animatore

    Entrando in contatto con il gruppo l'animatore riveste un ruolo particolare. Pur avendo molti punti in contatto con la figura dell'educatore, le funzioni non sono esattamente le stesse. Sottolineiamo le principali.

    Funzione psicologica

    Consiste nel comprendere e favorire la vita del gruppo che deriva dalle interazioni reciproche dei membri.
    È importante per un buon funzionamento del gruppo che ci sia una rete fitta e profonda di relazioni reciproche tra i membri, tale da coinvolgere completamente le persone nella vita del gruppo. È evidente che l'animatore svolge un ruolo determinante per favorire lo stabilirsi e l'approfondirsi di tali relazioni. La presenza dell'animatore è tanto più feconda quanto più egli tiene conto di alcune tendenze che si stanno manifestando sempre più chiaramente nei gruppi di ragazzi e giovani. Qualche autore dice che i giovani diventano sempre più allergici allo stile educativo di un maestro lontano e astratto. Essi vogliono più un fratello che un padre, più un aiuto fraterno che un insegnamento magistrale. Un testimone, un uomo che partecipi con loro alla lotta umana e alla ricerca, uno che stimoli anziché uno che diriga e che comandi.
    Due esigenze si evidenziano in modo particolare: si vuole un animatore che faccia parte anche lui del gruppo, anche se con una caratteristica sua propria; si vuole un animatore al servizio del gruppo.
    L'animatore quindi non è il custode di verità da distribuire dall'alto, ma colui che è al servizio del gruppo, che lo stimola e lo aiuta a porsi i vari problemi, ad esprimersi, a ricercare la verità.

    Funzione pedagogica

    Consiste nel prestare attenzione all'originalità dei singoli.
    Non basta che una cosa sia buona oggettivamente (sia cioè un «valore»), perché venga accolto dal preadolescente e muova la sua volontà. Occorre che il valore sia riconosciuto e accettato soggettivamente, occorre cioè che il preadolescente si accorga di quella cosa e si convinca che è buona.
    Orbene, il cammino attraverso il quale le persone prendono coscienza dei valori è per ciascuno assolutamente originale. Giocano infatti in esso tutte quelle componenti razionali, affettive, tutte le esperienze, le sensazioni, gli stati d'animo, che fanno ogni persona diversa da tutte le altre. Una chiacchierata, uno sguardo, diventano decisivi per la storia di un'altra persona.
    Tutto ciò naturalmente deve essere tenuto in gran conto dall'animatore, perché solo quando ciascuno ha preso coscienza, secondo il suo proprio cammino, dei valori educativi che gli si propongono, è in grado di effettuare quella libera decisione di conformarsi al valore conosciuto.

    Funzione pastorale

    Il nucleo dell'opera educativa sta nel collegare l'esperienza superficiale di una persona con il suo profondo, più o meno intensamente intravisto. E siccome questo «profondo» di ogni uomo è il mistero della salvezza, ecco che questo intervento diventa pastorale. Occorre focalizzare alcune funzioni che rendono più efficace l'opera pastorale dell'animatore.
    La funzione di amplificatore dei valori interiori ed esteriori della situazione di gruppo, che facilmente si trascurano.
    Si incomincia con l'amplificare tutto ciò che è bene, tutto ciò che è nella linea di Dio nella vita di gruppo. Si dà rilievo a quegli aspetti autentici della vita giovanile, che corrispondono al messaggio cristiano, e così facilmente si possono portare i ragazzi verso Cristo, colui che potenzia il naturale.
    Far leggere ai ragazzi, far loro scoprire ciò che è presente nella loro vita di gruppo, ma che non è mai stato scoperto. L'animatore rivela ciò che i ragazzi desiderano, ciò che amano, ciò per cui combattono, il perché desiderano trovarsi insieme.
    La funzione di interprete di ciò che è visibile nella situazione in rapporto a ciò che è invisibile. Mettere insieme l'umano-visibile e il divino-invisibile come sono insieme in Cristo. Allora lo stare insieme-in-gruppo diventa stare insieme-in-chiesa, l'amicizia diventa carità, la tendenza alla socializzazione diventa lo Spirito che riunisce tutti in un solo corpo.
    La funzione di unificatore che si realizza in due sensi: col collegamento di un valore con gli altri; col prolungamento di ogni valore fino al suo ricapitolarsi in Cristo.
    È assolutamente necessaria questa opera di unificazione, perché il preadolescente può naufragare nei particolari, ed essere portato a una vita fatta tutta di compartimenti-stagni, che distrugge la persona.

    Un buon animatore di gruppo

    Per tradurre questo discorso sulle funzioni in termini più pratici indichiamo alcune piste di lavoro e di riflessione per la revisione critica dell'animatore. Un buon animatore:
    – Lavora molto per far lavorare gli altri, suddividendo bene i compiti, per dare a ciascuno un proprio ruolo nel gruppo.
    – Cura la vita interna del gruppo, eliminando nelle cause le tensioni, le frustrazioni, i conflitti di potere; controllando gli stereotipi .di gruppo e facendo spazio al dissenziente e al nuovo nella ricerca della verità; per realizzare un'atmosfera che permetta un lavoro serio e produttivo, in un contesto di intensa maturità personale.
    – Sa che il gruppo è una realtà diversa dalla somma dei suoi membri e quindi manipolabile sia da forze interne (morale, disimpegni) che da forze esterne (pressioni, fretta, luogo o ambiente disadatto); si preoccupa perciò di controllare tutte le possibili sorgenti di manipolazione.
    – Consapevole che il gruppo ha una vita «esterna» complementare ai momenti «interni» non smonta mai di servizio, anche terminata la riunione o l'attività.
    – Crede che la coesione si fa più sui valori che sui sorrisi, più sul lavoro che sulle parole, più sulla maturazione delle persone che sulla pace interna del gruppo.
    – Convinto che ciascuno ha un contributo insostituibile da offrire nella ricerca comune, non permette che l'incontro si trasformi in una «scuola», in cui chi crede di sapere vende a scatola chiusa a chi crede di non sapere.
    – Guida e verifica periodicamente il lavoro svolto, per confrontarlo con il progetto iniziale; pur disposto a collaborare per modificare il progetto, quando fosse valutato non più oggettivamente rispondente nel cammino in avanti del gruppo.
    – Con un sano realismo, si fida sempre poco dello spontaneismo e quindi cerca una sufficiente organizzazione (schemi di lavoro e materiale previo, verbali, sintesi conclusive...).
    – Si sente uno del gruppo, con tutti in stato di ricerca, pur sapendo conservare le distanze, quel tanto che basta per guidare il gruppo verso la maturità, senza lasciarsi catturare dai suoi momenti di crisi.
    – Sa di essere un educatore, sempre e dappertutto, quindi non si accontenta di guidare tecnicamente il gruppo, ma fa delle proposte esplicite, più con la sua vita che con le parole.
    – Crede fermamente che l'ecclesialità del gruppo non dipende dalle etichette o dalle formule esterne, ma prima di tutto dalle scelte concrete con cui il gruppo vive la dinamica interna della sua vita quotidiana.
    – Ha una grande paura di trasformare il suo ruolo in un centro di potere, sconfessando con i fatti ogni desiderio di servizio.

    VITA DI GRUPPO

    Un gruppo di preadolescenti è tutto da inventare. Ogni giorno. L'animatore privo di un buon grado di fantasia (che va dall'interesse per gli UFO, ai progetti seri sulla salvezza dell'umanità), e di un pizzico di inventiva (che lo rende disponibile a cambiare i suoi programmi se i ragazzi non sono in giornata buona), troverà qualche difficoltà ad ingranare.
    La vita di gruppo è fatta di tante piccole cose alle quali l'animatore non deve passar sopra: dall'onomastico dei ragazzi, alla riunione per risolvere un problema della scuola o del quartiere, alla gita in bicicletta, alla raccolta della carta, alla revisione e critica di quanto si è fatto, alla corrispondenza col missionario, alla recita per i genitori, all'incontro di preghiera...
    Un momento importante nella vita del gruppo è la celebrazione della liturgia eucaristica secondo i suoi ritmi settimanali e annuali.
    Nella celebrazione eucaristica il gruppo scopre il fondamento ultimo della sua esistenza, Cristo, e scopre anche il principio più vero del suo «essere-gruppo», cioè fare chiesa.
    Per questo il gruppo ben guidato e animato sentirà la necessità di incontrarsi con il Signore per celebrare il ricordo vivo e attivo della sua morte e risurrezione, nell'attesa della sua venuta.

    La Pasqua del gruppo

    La celebrazione della Pasqua di Cristo «ogni otto giorni», sarà un momento irrinunciabile della vita del gruppo, un'esigenza interiore da tutti sentita, per crescere e maturare con una fede operosa, un amore disinteressato, una speranza paziente.
    Gesù è il vero modello e termine di confronto al quale rimandano incessantemente i «profeti» antichi e contemporanei, da Abramo, padre della nostra fede, a L. King, a Domenico Savio, a Padre Kolbe.
    La sua vita è l'unica spiegazione della nostra e di quella dei personaggi che ci hanno parlato in qualche modo di lui incarnando con la loro vita una qualche parte della sua.
    Ma non è sufficiente fermarsi qui.
    Gesù non è solamente «un modello»: lo dimostrano appunto i suoi profeti, che hanno ricevuto la sua stessa vita, così che non sono più loro che vivono, ma Cristo vive in loro. E così si realizza la sua parola: chi crede in me, farà opere ben più grandi di quelle che io faccio.
    Dunque abbiamo in noi lo Spirito di Gesù, la sua forza, la sua vita, la sua pace, la sua gioia.
    La sua parola è Parola di Vita, il suo corpo e sangue versato per noi sono il patto della Nuova ed Eterna Alleanza, la possibilità di rispondere di sì all'amore del Padre che in Cristo vuol darci la sua vita stessa.
    «Il primo giorno della settimana», qualunque giorno si voglia scegliere durante la settimana, diventa così il principio della conversione e della vita che si rinnova per ogni membro del gruppo, l'appuntamento con il Maestro che insegna, guida e conforta, la testimonianza che la salvezza è per tutti, nella comunità dei Figli di Dio.

    Un gruppo «impegnato»

    A conclusione di tutto appare evidente che fare gruppo con i preadolescenti è tutt'altro che facile, soprattutto per l'incostanza e la volubilità del ragazzo, per l'influsso deviante delle molteplici agenzie d'informazioni che lo martellano in continuazione, per quella avversione che ci può essere verso l'adulto in genere e quindi anche verso l'educatore il quale non sempre riesce a trovare il suo giusto spazio all'interno del gruppo.
    È importante comunque che il gruppo non si riduca a «star bene insieme». È un po' poco. Il pericolo di fare un gruppo-vacanza-dalla-vita è tutt'altro che lontano. È necessario invece ogni giorno verificare se il nostro lavoro è per la vita, quella vita che il ragazzo deve vivere 24 ore su 24, quella vita della società che spinge al consumo, che vive del messaggio facile di carosello. Si può correre il rischio che qualche ragazzo-ragazza viva talmente bene nel gruppo che quando è a casa, nel quartiere, a scuola, non fa società con nessuno. Quel gruppo deforma, toglie l'autenticità della socialità. Bisogna nel piccolo gruppo far digerire la grande società. Allora la piccola società è autentica, fa crescere bene la socialità. Allora si può parlare di gruppo impegnato.

    NOTE

    [1] AA. VV., Adolescenti d'Europa, SEI, Torino 1970.


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