Pino Manzari, della Parrocchia dei Martiri Canadesi di Roma
(NPG 1976-6-30)
Ci è stato richiesto di descrivere il cammino di educazione dei ragazzi alla preghiera nel nostro ambiente parrocchiale, caratterizzato dalla forte presenza di comunità di rinnovamento cristiano, chiamate da alcuni comunità neocatecumenali.
Quello che dirò è la sintesi emersa in un dialogo con le equipes di laici (in genere coppie di sposi) che si sono assunti la preparazione di ragazzi al sacramento della confermazione.
L'esperienza, che dura ormai da quattro anni, ha dei limiti precisi. In fondo si tratta di tentativi frammentari mancanti di una linea di fondo e una spinta unificante. Del resto la nostra esperienza più che da un desiderio di fare nuovi esperimenti è dettata dal desiderio di metterci a servizio della parrocchia, in attesa di soluzioni più adeguate al problema della educazione cristiana in genere dei preadolescenti.
Dobbiamo ammettere di non avere una metodologia educativa molto chiara. La nostra tendenza è di occuparci molto dell'adulto e dei genitori e meno del ragazzo. t dalla conversione dell'adulto che noi attendiamo un rinnovamento della vita cristiana dei ragazzi.
Ciò che ci preme è di annunciare il kerigma: a tutti deve essere proposta la buona notizia. A quanti rimangono scossi dall'annuncio del kerigma noi proponiamo un cammino catecumenale che aiuti a «rifondare» la propria fede mediante l'ascolto della parola di Dio e lo sforzo di conversione all'interno di una comunità «nuova».
Un discorso da adulti quindi che noi tuttavia crediamo possibile e accessibile anche ai ragazzi. Per questo lo proponiamo anzitutto ai nostri figli che partecipano così del rinnovamento della comunità e in secondo luogo anche ad altri ragazzi dopo i quattordici anni.
Nella preparazione alla cresima nei riprendiamo queste linee di fondo insistendo sull'annuncio del kerigma e sulla esperienza di vita comunitaria.
La situazione della preghiera tra i ragazzi
Durante la preparazione alla cresima affrontiamo anche il tema della preghiera.
Ci sembra opportuno, prima di un discorso pedagogico, fare due importanti osservazioni: anzitutto i ragazzi non pregano; in secondo luogo anche quando pregano non «sanno» pregare. Precisiamo.
I ragazzi non pregano, anche perché neppure gli adulti pregano. Quando il ragazzo dialoga con Dio, quando «lo frequenta come amico»? Troppo spesso non si è neanche posto il problema di Dio. Quando prega lo fa per abitudine: prega perché ha visto e sentito pregare l'educatore con certe formule. Raramente la loro ripetizione è frutto di dialogo interiore...
Non si tratta di inventare la preghiera
La preghiera esiste già. Si tratta di arrivarci, di riempire quello che è stato già trovato della verità di ognuno di noi.
La nostra iniziazione alla preghiera si articola secondo livelli diversi. In primo luogo cerchiamo di far sperimentare la vita cristiana a partire dall'ascolto della parola di Dio e dall'impegno di conversione all'interno di un gruppo di catechesi. Riscopriamo così le formule classiche, prima fra tutte il Padre nostro. Il nostro intento è di aiutare ad ancorare le formule di preghiera ad una forte esperienza interiore in un certo periodo della vita. Da quel momento il ripeterla sarà sempre un «ripescare» nella memoria del proprio essere cristiano.
Molta insistenza facciamo per un contatto continuo con la parola di Dio, secondo il metodo della lectio divina. Dalla lettura della parola di Dio sgorga la lode, l'offerta, la domanda.
Per esprimere questi sentimenti ci si affida alla preghiera spontanea dei ragazzi ma specialmente degli adulti presenti, anche se occorre dire che proprio la presenza di questi inibisce il grado di espressione dei ragazzi. Facciamo molto uso del canto, un canto tipico perché esprime l'humus di fede che nutre le nostre comunità. La maggior parte dei canti infatti sono nati nelle nostre comunità: apprenderli è situarsi nel clima di fede che li ha resi possibili.
Infine la liturgia, ed in particolare la eucaristia cui i ragazzi prendono parte insieme agli adulti. Ci rendiamo conto che la materia dei sacramenti (acqua, pane e vino, cera) è lontano dall'uso quotidiano e che perciò, è difficile cogliere il suo stesso valore simbolico. Cerchiamo di supplire con una catechesi che faccia frequente riferimento ai riti e ai segni della liturgia.
Del resto per noi è fondamentale l'esperienza di fede che i ragazzi fanno accanto agli adulti che vivono con intensità la eucaristia, momento celebrativo supremo del loro esistere cristiano. L'importanza che gli adulti danno alla eucaristia diventa educativa per i ragazzi.
Abbiamo anche alcune esperienze interessanti di rinnovamento della
liturgia. Molto simpatiche per i ragazzi risultano, ad esempio, le celebrazioni sul tipo dei «lucernari» (come nella notte del Sabato Santo).
Il nuovo ci sorprenderà come il ladro di notte
È una speranza ed una certezza quella del ladro di notte: la Chiesa è un organismo vivente da cui bisogna attendersi lo sprigionarsi di nuove energie proprio nel momento in cui è attraversata dalle crisi. A noi non resta che attendere e allo stesso tempo creare delle «possibilità».
Ne sottolineo due di queste possibilità che la nostra esperienza offre. Le famiglie si stanno assumendo in prima persona il compito di educare alla fede i loro figli. La situazione, per ora, non è incoraggiante. Le famiglie incontrano molti ostacoli in questo lavoro educativo. Del resto la maggior parte delle famiglie, anche cristiane, non prega più...
La seconda possibilità noi la intravediamo nell'allargamento della proposta di catecumenato (in sé per adulti) fino ai quattordici anni. A loro noi ci sentiamo di dover fare ex novo l'annuncio del kerigma. Crediamo doveroso «responsabilizzarli» circa la loro fede invitandoli ad un cammino catecumenale di riscoperta della loro fede.