Attesi dal suo amore
    Proposta pastorale 2024-25 

    MGS 24 triennio

    Materiali di approfondimento


    Letti 
    & apprezzati


    Il numero di NPG
    luglio-agosto 2024
    600 cop 2024 2


    Il numero di NPG
    speciale sussidio 2024
    600 cop 2024 2


    Newsletter
    luglio-agosto 2024
    LUGLIO AGOSTO 2024


    Newsletter
    SPECIALE 2024
    SPECIALE SUSSIDIO 2024


    P. Pino Puglisi
    e NPG
    PPP e NPG


    Pensieri, parole
    ed emozioni


    Post it

    • On line il numero di LUGLIO-AGOSTO di NPG sul tema degli IRC, e quello SPECIALE con gli approfondimenti della proposta pastorale.  E qui le corrispondenti NEWSLETTER: luglio-agostospeciale.
    • Attivate nel sito (colonna di destra "Terza paginA") varie nuove rubriche per il 2024.
    • Linkati tutti i DOSSIER del 2020 col corrispettivo PDF.
    • Messa on line l'ANNATA 2020: 118 articoli usufruibili per la lettura, lo studio, la pratica, la diffusione (citando gentilmente la fonte).
    • Due nuove rubriche on line: RECENSIONI E SEGNALAZIONI. I libri recenti più interessanti e utili per l'operatore pastorale, e PENSIERI, PAROLE

    Le ANNATE di NPG 
    1967-2024 


    I DOSSIER di NPG 
    (dall'ultimo ai primi) 


    Le RUBRICHE NPG 
    (in ordine alfabetico
    e cronologico)
     


    Gli AUTORI di NPG
    ieri e oggi


    Gli EDITORIALI NPG 
    1967-2024 


    VOCI TEMATICHE 
    di NPG
    (in ordine alfabetico) 


    I LIBRI di NPG 
    Giovani e ragazzi,
    educazione, pastorale

     


    I SEMPREVERDI
    I migliori DOSSIER NPG
    fino al 2000 


    Animazione,
    animatori, sussidi


    Un giorno di maggio 
    La canzone del sito
    Margherita Pirri 


    WEB TV


    NPG Facebook

    x 2024 400


    NPG X

    x 2024 400



    Note di pastorale giovanile
    via Giacomo Costamagna 6
    00181 Roma

    Telefono
    06 4940442

    Email

    Contenuti e metodi di evangelizzazione: suggerimenti per una lettura critica della esperienze



    Elaborazione redazionale

    (NPG 1976-07/09-57)

    Le esperienze che abbiamo raccontato sono una miniera di suggerimenti concreti per coloro che cercano contenuti e metodi su cui impostare l'evangelizzazione dei giovani.
    Vanno lette con attenzione, cogliendo tra le righe i particolari.
    Come sempre, non danno indicazioni pronte all'uso. Offrono materiale, da reinterpretare e da rimontare in un progetto personale.
    Senza questa fatica, i contributi restano dispersi. Informazioni interessanti che lasciano a bocca spalancata. O che aprono al disincantamento, visto che «noi non possiamo fare come loro».
    Per aiutare i lettori, abbiamo incominciato a livello di redazione questa opera di «ricostruzione» di trascrizione all'universale. Ne sono nate le pagine che seguono. Non sono un commento puntuale e metodico alle esperienze, né una loro valutazione critica. Tentano invece una rilettura globale di quel materiale: per indicare alcuni problemi e sottolineare alcune scelte. Sono una nostra meditazione a voce alta. Proposte spesso solo enunciate; trattazioni qualche volta esaurienti; rimandi ad articoli già pubblicati. Una guida al lettore, insomma. Per aiutarlo a ripetere, nella sua comunità ecclesiale, la ricerca del concreto: che cosa possiamo fare noi?

    1. EVANGELIZZAZIONE E GRUPPO: LE COSTANTI

    Entreremo in seguito nei particolari.
    Ora vogliamo cogliere alcune costanti, che ci aiutino a mettere a fuoco tutto il discorso. Non parliamo di «descrizione della situazione attuale», perché sarebbe troppo pretenzioso. Le cose su cui ci fermiamo a riflettere sono solo un piccolo aspetto di una situazione molto più complessa: due o tre «costanti» che possono dar da pensare all'operatore pastorale.

    DALLA PRASSI LE DOMANDE ALLA FEDE

    Per evitare di parlare di tutti gli immensi problemi che il rapporto giovani-fede oggi pone, abbiamo fatto una scelta, di ambito. L'abbiamo già ricordata in partenza: giovani «cristiani», vicini cioè alle tradizionali istituzioni ecclesiali, da rievangelizzare «mediante» il gruppo. Tutto sommato, quindi, ci interessiamo della maturazione di fede dei gruppi giovanili, più o meno «ecclesiali».
    Non è una scelta solo strumentale. Per la stragrande maggioranza dei giovani, l'evangelizzazione e l'approfondimento della fede passa quasi unicamente attraverso il gruppo. Riprenderemo questo argomento.
    Chi considera i vari gruppi giovanili scopre una costante che fa meditare. Da una parte ci sono i molti gruppi, perennemente in crisi, dove le cose si fanno solo per dovere. Dove si muore di noia. Sono gruppi che, generalmente, hanno pochi o nessun impegno concreto: non mordono sulla realtà storica che li circonda. Fanno parole. L'assenza di «attività» coincide spesso con il disinteresse per la fede.
    Invece, i gruppi storicamente impegnati subiscono scossoni, sono sempre in fase di ricerca, danno grattacapi ai responsabili ecclesiastici... Ma si interrogano a fondo sulla fede. Sono attraversati dal tentativo serio di riscoprire il significato della fede nelle cose concrete che fanno. Sono persino disponibili a far cerchio attorno a qualche «estraneo», esperto di problemi religiosi, che sappia accettare il rischio di coinvolgersi con loro nella ricerca di fede, rinunciando alla risposta facile e alla battuta pronta.
    Certo, tutto non fila liscio. Con l'istituzione ecclesiale sono normalmente critici, anche se non vogliono rompere i ponti. L'approfondimento di fede ha toni poco ortodossi. Ma resta un desiderio di evangelizzazione, un interessante «appetito» di valori religiosi, la capacità di dedicare tempi lunghi alla preghiera, allo studio, il coraggio di leggersi testi complicati... che gli altri gruppi, quelli «perbene», non hanno più.
    La prassi interpella la fede: pone interrogativi seri, sentiti soggettivamente come importanti. L'evangelizzazione e l'approfondimento nascono in una esigenza di vita.

    LA RISCOPERTA DELLA BIBBIA

    Una seconda costante è determinata dalla riscoperta della Bibbia. I modi, gli strumenti, gli approcci sono i più disparati. Forse mai come oggi, soprattutto a livello giovanile, la Parola di Dio soffre di un pluralismo di interpretazioni e di utilizzazione.
    Al di là delle valutazioni, resta il fatto.
    Si può essere giustamente preoccupati dell'ortodossia teologica e della correttezza esegetica. Però, qualcosa sta muovendosi. La sua positività è per lo meno di ordine storicista: i giovani riscoprono la Bibbia, per maturare ed esprimere la loro fede.
    Il tema è importante. Abbiamo invitato un esperto ad approfondirlo (cf lo studio di Bissoli, nella parte successiva di questa monografia).

    RISPETTO ALL'ULTIMO E IDENTITÀ DI GRUPPO

    Molti gruppi giovanili sono trascinati dai due estremi di questa tensione: rispetto all'ultimo e/o identità di gruppo? Crediamo che in sé il fatto sia un indice, alto e significativo, di maturità, anche se pone grossi problemi concreti.
    I gruppi che vogliono diventare reale spazio di liberazione per i propri membri e per gli altri, sanno di dover rispettare con i fatti «l'ultimo», ogni persona che viene e che vive nel gruppo. Ridurre il gruppo ad un luogo piatto di uniformità culturale, significa bruciare alla radice ogni sussulto educativo. L'ultimo, il nuovo, il dissenziente, hanno diritto di essere accettati nella loro problematicità. Hanno diritto al dialogo e al confronto, per la loro maturazione e per quella del gruppo stesso.
    Nello stesso tempo, il gruppo è chiamato ad assumere coraggiosamente una propria fisionomia. Deve identificarsi. Decidere cioè la propria identità e la propria missione-funzione, rispondendo alle domande cruciali: chi siamo? che cosa vogliamo fare? come ci collochiamo nel vasto mondo? in che cosa ci differenziamo?
    I due termini (rispetto e identificazione) sono necessariamente dialettici. L'eliminazione di uno significa perdita di maturità e di incidenza.
    Questi fatti, di respiro generale, hanno una portata tutta speciale, quando si trattano i temi dell'evangelizzazione e dell'approfondimento della fede. Il gruppo sceglie di definirsi «ecclesiale», crede, come gruppo, alla necessità di motivare la scelta di fede, di celebrare la speranza che gli è donata, di pregare. Cerca un dialogo amoroso e costante con la Chiesa. Alcuni dei suoi membri stentano invece a riconoscersi in queste prospettive. La loro fede è ancora in fase critica. L'esperienza ecclesiale è molto labile. Non se la sentono di partecipare autenticamente all'eucaristia e alla preghiera. D'altra parte l'autenticità è, nel gruppo, regola fondamentale: ci si è abituati a fare solo le cose vere, evitando ogni formalismo. Che fare? Lasciarli ai margini e continuare il proprio cammino di fede? Oppure rinunciare ad espressioni ecclesiali, nella vita del gruppo? O dare alle celebrazioni ecclesiali (l'eucaristia, per esempio) un significato e un movimento solo umano, tale che possa andar bene anche per chi non ha fede?
    Gli interrogativi sono di quotidiana verifica.
    Troppo spesso un giusto rispetto dell'altro, nella sua diversità, conduce il gruppo a concludere per la eliminazione dei momenti di fede. Essi diventano suggerimento privato per i membri che ci credono, con tutte le conseguenze inevitabili della «privatizzazione del fatto religioso».

    UNA SOLUZIONE MATURA: IL CRITERIO DELLA CRESCITA CONTRO QUELLO DEGLI «OPPOSTI ESTREMISMI»

    La rassegna delle esperienze citate in questa monografia ci conduce a costatare che una soluzione è possibile. Il «rispetto all'ultimo» può essere vissuto in termini autentici e maturi, anche senza svuotare l'identità del gruppo.
    Raccogliamo i suggerimenti, senza pretendere di ordinarli.
    Molti gruppi hanno superato la contrapposizione rigida e dialettica di queste tensioni accettando di immettere nel gruppo uno stile di crescita. Concretamente esso si muove secondo questi elementi:
    - Il coraggio di definire con decisione il gruppo, di identificarlo senza mezzi termini, evitando però di assolutizzare le cose relative. I termini fuori discussione sono pochi e precisi: un obiettivo di massima, alcune scelte qualificanti, un metodo globale. Tutto il resto (attività, strumenti, momenti, metodologie...) sono cose relative e da relativizzare.
    In questa identificazione, la dimensione religiosa risulta spesso il criterio di unificazione totalizzante.
    - L'accettazione delle «diversità». Sul relativo, non si può chiedere il consenso e l'univocità. Possono esistere momenti e tempi diversi: attività diverse, livelli diversi di partecipazione, gesti diversi... Il diverso non significa migliore o peggiore. Esso è espressione personale, vocazione e carisma, in un quadro di scelte opzionali. È una ricchezza, proprio perché permette il dialogo e il reciproco confronto.
    - Stimolo alla libertà (di maturazione, di scelta, di decisione), attraverso una proposta di realtà. Per crescere, bisogna saper liberare la propria libertà. Morire alle conquiste, per riprendere il cammino in avanti, da poveri.
    Il gruppo che dà tutto come deciso e concluso, non «libera» le libertà dei suoi membri. Stimolare la libertà è un impegnativo compito «educativo»: costringe ad uscire da se stessi, ad approfondire le proprie motivazioni, a verificare le proprie decisioni.
    - E, infine, la testimonianza spicciola di qualcuno che ci crede e che vive sul serio. Si potrebbe parlare di «minoranze profetiche». Il gruppo tocca con mano la presenza di gente che ha fatto scelte di fede, e «davanti» tira il cammino di tutti. Un ruolo importante, in questa prospettiva, viene vissuto dagli «adulti» (giovani coppie, per esempio), per la loro funzione di modelli, a patto che siano veramente «del» gruppo, a tutti i titoli.

    2. I CONTENUTI DELL'EVANGELIZZAZIONE

    Passiamo dalla costatazione al suggerimento di alcune prospettive. Non vogliamo fare uno studio conclusivo. Ci preme soltanto evidenziare alcune tendenze, presenti nella prassi dei gruppi di cui abbiamo raccontato la storia, per rilanciarle alla meditazione dei lettori.
    Molti di questi problemi non possono essere risolti in poche e veloci battute. Meritano un approfondimento, a livello più tecnico. Rimanderemo perciò il lettore a cose già scritte, ai punti-fermi contenuti nella parte successiva della monografia; o gli prometteremo di riprendere il discorso in un prossimo futuro.

    QUALE FEDE?

    Abbiamo costatato come la riflessione più vivace sui contenuti della fede avvenga normalmente sotto la pressione delle domande che la prassi rilancia. La vita, l'esperienza quotidiana, rendono problematico il giovane. Egli si interroga, cogliendo le risonanze più profonde di quanto sta vivendo. L'approccio con il messaggio cristiano è sulla linea «antropologica»: domanda-risposta.
    Sappiamo tutti - forse qualcuno fin troppo bene! - che la fede non è solo questo. Nella sua radicalità, è accettazione incondizionata e gratuita di una proposta che ci supera. Non solo essa risponde alle nostre domande esistenziali, ma provoca la nostra esistenzialità. Ci interpella. È essa stessa «domanda», prima di assumere il timbro stimolante della risposta. Il messaggio cristiano contempla un nucleo di contenuti che non può essere soggettivamente catturato nello schema «domande-risposte». Molti contributi superano l'appello umano di significatività. Sono un dono da accettare, nella sua gradualità e non-funzionalità. Solo in questa accettazione incondizionata, la fede diventa nuova risposta alle domande che essa stessa ha provocato.
    I gruppi stanno riscoprendo l'evangelizzazione sotto la spinta provocatoria della prassi quotidiana. È sufficiente? Non c'è il rischio di partire alla ricerca della fede con una pretesa di risposta a tutti i problemi e di motivazione a tutti gli impegni che, poco alla volta, si disperde tra le mani, quando si scopre la non-funzionalità della fede? In questa direzione, non si corre forse il rischio di rendere soggettiva l'adesione di fede, ricostruendo un'immagine di Cristo, di Chiesa, su misura del gruppo?
    Come si vede, sono problemi importanti. Richiedono una soluzione a livello teologico. E un bagaglio di suggerimenti pratici, capaci di tradurre in moduli operativi le conclusioni teoriche.
    Abbiamo girata la prima domanda ad un teologo. E ne é nato lo studio che riportiamo nella seconda parte («La doppia fedeltà, a Dio e all'uomo, nella evangelizzazione»). Quell'articolo va letto in questa chiave. E dà risposte molto stimolanti, a chi lo coglie nell'urgenza di questi interrogativi.
    Le risposte alla seconda domanda (quali suggerimenti pratici) può essere imbastita leggendo l'esperienza dei gruppi citati. Essi hanno «mediato» i due momenti (fede come risposta a interrogativi esistenziali - fede come accettazione incondizionata di un dono d'amore che ci supera e ci giudica), con una serie di «accorgimenti».
    Li elenchiamo, amplificandoli per adattarli alle misure degli operatori pastorali.

    - La costruzione di una maturità umana, sia personale che di gruppo. Molte volte, il modo con cui si entra in rapporto con la fede dipende dal livello di maturità umana raggiunta. L'adolescente vive ancora esperienze di autocentrismo, che lo spingono a valutare importante e significativo solo ciò che corrisponde alle sue attese e bisogni. Lo stesso si può dire di gruppi di livello psicologico ancora adolescenziale, anche se composti di membri fisicamente adulti.
    Il giovane «adulto» è invece capace di proiettarsi fuori di sé, scoprendo la persona dell'altro, diverso da sé, importante in sé; tanto che non può essere utilizzato come un oggetto a proprio consumo.
    Nel primo caso, la fede è soprattutto «risposta ai bisogni personali». Nel secondo, diventa accettazione di una proposta che trascende la personale esperienza, adesione in una piena fiducia nella persona dell'Altro. Solo un gruppo che sa maturare verso il superamento dell'autocentrismo, può vivere vere esperienze di fede.

    - Contatti con gruppi, luoghi, movimenti di evangelizzazione.
    Esistono «luoghi» dove l'evangelizzazione e l'esperienza di fede è vissuta a pieno titolo. Chi ci va, sa con esattezza che cosa l'aspetta. Progetta di andarci proprio in vista di questo obiettivo.
    Lo stesso si può dire di persone di gruppi e movimenti ecclesiali, che hanno scelto di essere una testimonianza della gratuità e dell'alterità del dono della fede.
    Si possono fare tanti esempi, ripetendo dei luoghi comuni (Taizé, Spello, Cuneo, Bose...). Per fortuna, ogni regione oggi ha questi nuovi «santuari» della fede giovanile.
    Il gruppo non può fare il salto dall'indifferenza alla fede solo perché qualcuno lo ha deciso. Sono le esperienze «forti» che mettono in movimento il gruppo, verso le nuove direzioni di cammino. È la «realtà», il contatto con la realtà sentita come parte di sé affascinante e carica di valori, che educa, stimolando la libertà verso nuovi processi di liberazione.
    Scegliere l'impegno di evangelizzazione e di approfondimento della fede significa normalmente, decidere per un «contatto» con questi luoghi di evangelizzazione. E deciderlo senza secondi fini: mettersi in cammino solo per fare veramente esperienza di fede.

    - Il coraggio della gradualità.
    È un tema vecchio, ritmato spesso come un ritornello. Ma, forse, non ancora sufficientemente assimilato a livello esperienziale. Il cammino della fede è un cammino di vita. Non può essere forzato, verso l'ideale, pena l'inaridimento.
    Gradualità non significa immobilismo, non significa «va bene quello che siamo». Ogni conquista va superata, accettando di morire per rinascere. Ma senza forzare i tempi, per la passione sconsiderata di arrivare subito alla meta.
    Ciò che affossa spesso la gradualità (e che riporta, di rimbalzo, all'immobilismo o all'integrismo) è l'intransigenza di alcune istituzioni ecclesiali. Talvolta non accettano che qualche gruppo si identifichi solo parzialmente con esse, che viva una esperienza di fede a livello un po' garibaldino.... che rifletta e parli di cose religiose senza la competenza e l'assennatezza di un teologo. Con la discriminante «o tutto o niente», molti gruppi vengono posti alle corde, costretti a scegliere, proprio quando invece essi avrebbero bisogno di grande comprensione, per stimolare la loro maturazione e ridimensionare le loro assolutizzazioni.

    - Verso l'essenziale della fede.
    Accenniamo solo ad un altro problema. Un approfondimento più ampio può essere trovato, rileggendo lo studio «Quale fede in un mondo che cambia» (Note di pastorale giovanile 1974/9-10).
    I contenuti della fede sono molti. Sono tutti importanti, anche perché si richiamano a vicenda.
    Nella maturazione di fede di un gruppo, bisogna però avere il coraggio dell'essenziale: riscoprire il nucleo centrale della fede (la morte e risurrezione di Cristo, in cui siamo salvati) e ricostruire tutto il resto come sviluppo, ricomprensione, di questo fatto centrale.
    Alcuni temi potranno essere messi provvisoriamente tra parentesi. Non come se non contassero nulla o quasi; ma organizzati in una gerarchia di valori tale che possano scivolare lentamente nella maturazione del gruppo, come allargamento del nucleo essenziale.
    Si noti: questa non è una semplice tattica metodologica, forse pericolosa tanto da ingenerare sospetti. Risponde a quella centralità dell'incarnazione che invita a rendere «relativa» la pienezza dell'annuncio ai livelli di maturità dei destinatari (RdC 75).

    IL PROBLEMA DEL LINGUAGGIO

    Nell'editoriale abbiamo messo l'accento sulla necessità di elaborare un linguaggio (nel senso totale del termine) che faccia da orizzonte di senso, per l'educazione dei giovani alla fede. È un problema importante, il cui peso è avvertito, spesso in termini drammatici, dagli operatori pastorali che hanno il coraggio di confrontarsi senza preconcetti con la realtà quotidiana.
    Le parole hanno gli stessi suoni, ma richiamano spesso universi simbolici molto diversi. Diventa difficile comprendersi, anche se si parla la stessa lingua materiale. Questo capita in modo particolare in campo teologico, tra il linguaggio appresa, nella nostra giovinezza sui banchi del seminario, e quello della nuova teologia.
    Le stesse parole esprimono contenuti diversi. La maturazione conciliare ha spesso portato una crescita di significati, che sfugge a chi non si è aggiornato.
    Fare degli esempi diventa una cosa impossibile: bisognerebbe collocare tutti i trattati teologici di un tempo a fronte con i testi del dopo-concilio. Non basta però chiudere il discorso su questa costatazione. Bisogna farci qualcosa, per venirne fuori, in modo sufficientemente corretto.
    Proponiamo questo itinerario:
    - Abbiamo l'impressione che sia utile rispolverare la vecchia usanza della «spiegazione sui termini»: per evitare equivoci, ogni tanto, intendersi sui termini che si usano.
    - Operare una coraggiosa reinterpretazione. Se i contenuti che un tempo erano espressi in un certo modo, oggi sono indicati in un altro, il dialogo richiede una buona ermeneutica previa. Di questo tipo: «Oggi si dice così, intendendo questo problema. Un tempo, lo stesso problema e lo stesso obiettivo, era descritto in quest'altro modo... Quando nel passato si parlava di «salvezza», per esempio, si pensava a questo e a quello. Oggi, le stesse cose sono espresse in quest'altro modo».
    - L'accettazione di una crescita di contenuti. Per molti termini, la differenza di espressione non è solo sul piano del linguaggio formale, quasi si trattasse di esprimere ciò che si intende per «pane», in italiano o in inglese.
    La riflessione teologica e la prassi ecclesiale hanno arricchito il contenuto di molti termini, coinvolgendo dimensioni che prima erano ignorate o sottovalutate. Si pensi, per esempio, alla «salvezza» o al «peccato» (solo per citare due argomenti sui quali abbiamo offerto un lungo e pensoso contributo: cfr. 1975/6 e 1976/2). Solo entrando in questa nuova ottica teologica, è possibile comprendere «che cosa» si intende oggi con il termine in questione.
    - Il linguaggio non è uno strumento neutro. Esso esprime prima di tutto una lettura della realtà e una sua collocazione in essa. Molte volte, la difficoltà di «capirsi» non è solo esteriore, derivata cioè da linguaggi equivoci. Ha radici ben più profonde. Non ci si intende, perché si legge la realtà in un modo diverso.
    Tipico è il modo di definire la «salvezza». In una visione individualistica dell'uomo e di accettazione dello stato di fatto, si parlava di «salvezza dell'anima». In una lettura politica della realtà, si preferisce parlare di «liberazione», perché nella salvezza personale si coinvolge la dimensione collettiva dell'essere uomo e si esprime un giudizio critico sul «sistema», esso pure bisognoso di «salvezza», di modificazione radicale.
    Ci teniamo a sottolineare un fatto: quello che abbiamo ricordato a proposito del linguaggio teologico, non è un giudizio di valore. Non è detto cioè che i nuovi contenuti (e la prassi che ne consegue) siano necessariamente migliori di quelli del passato, che i cristiani siano solo quelli attuali...
    Si tratta di «parlare la stessa lingua», per intendersi e per annunciare l'amore che oggi ci salva. E di evangelizzare, nella fedeltà alla Chiesa del dopo-concilio che si incarna nel mondo.
    Ci ritorneremo, per continuare ad esemplificare. L'aggiornamento teologico è, per noi operatori pastorali, indispensabile riqualificazione professionale.

    UNA FEDE: PER «QUALE» CHIESA?

    Risulta sempre più evidente un fatto: ogni progetto di evangelizzazione comporta di conseguenza una immagine di «cristianesimo», e quindi di Chiesa, nei contenuti che propone e nella esperienza in cui si concretizza.
    Il gruppo può vivere un rapporto critico e alternativo nei confronti dell'istituzione ecclesiale. Oppure può diventare mediazione di senso ecclesiale. Può immaginare la Chiesa come un fatto tutto da costruire, a partire solo da quello che il gruppo è. Oppure può scoprire che la Chiesa è un dono che ci supera e ci coinvolge, in cui siamo immersi prima ancora di averne una coscienza riflessa.
    Una dimensione o l'altra dipende da tanti fattori, concreti e spiccioli:

    - Dalla pretesa di «cominciare tutto da capo» o dalla disponibilità ad inserirsi in una storia. Spontaneamente l'adolescente vuole rimettere in questione quello che ha appreso nella fanciullezza, vuole pronunciare una decisione personale, vuole verificare il mondo in cui si trova immerso. È un dato di fatto. E può essere un bene se i contenuti religiosi in cui è stato socializzato, sono così poveri che difficilmente possono essere integrati in una personalità culturalmente impegnata e preparata.
    Ma questo non può significare che il cristianesimo incomincia con la storia di questo gruppo. Non si può avere una fede personale, fabbricata solo sulle misure soggettive.

    - Dal tipo di giudizio che si esprime sul «diverso», presente o passato. Il giovane cristiano scopre di essere «dentro una storia», che cammina nel tempo, secondo espressioni molto pluralistiche. Il passato è la ricchezza del presente. I diversi modi di vivere l'esperienza del presente aprono ad un futuro più ricco. Il passato e il presente «diverso» vanno accolti con tutta la serietà che essi meritano.
    È una cosa molto importante. La tendenza illuministica di pensare che la storia incominci solo con noi, è un grosso guaio. Che rende intransigenti, incapaci di dialogo, arroccati sulle proprie certezze. E che quindi mina alla radice la possibilità di vivere una reale e matura comunione ecclesiale.

    - Dalla assolutizzazione della propria esperienza o dalla capacità di renderla relativa. Ogni assolutizzazione porta a concludere: «noi siamo la Chiesa - solo noi siamo la Chiesa». L'entusiasmo con cui si vive la vita interna serve da criterio di giudizio delle esperienze. La Chiesa, in questa prospettiva, non è più la comunione che abbraccia tutti coloro che, in modi diversi, amano il Cristo. Diventa un piccolo chiuso ghetto di intransigenti. Per superare questi rischi si possono ricordare molti atteggiamenti operativi: il dialogo con l'istituzione più vasta, la verifica e la capacità di conversione permanente verso l'interno, la scoperta del «valore oggettivo» al di là delle modalità storiche con cui è vissuto. E cose simili. Ne abbiamo già parlato in altro contesto. E perciò rimandiamo a quelle pagine (cfr. soprattutto 1976/3: «Fare esperienza di Chiesa»).

    - Dal livello di corresponsabilità e di partecipazione. Condizione qualificante per raggiungere un maturo senso di appartenenza è la percezione di giocare un ruolo all'interno dell'istituzione a cui si vuole appartenere. L'identificazione con l'istituzione, nonostante i limiti avvertiti, è più facile e più duratura, quando essa è sentita come parte di sé, importante per sé, perché qualcosa di sé è in gioco nella sua sopravvivenza. Il ruolo è questo qualcosa di sé, prolungato nell'istituzione.
    L'esigenza di una reale corresponsabilità e partecipazione ecclesiale diventa qualificante anche in vista di un livello soddisfacente di appartenenza. I giovani sentiranno che la Chiesa è qualcosa di sé, nei termini in cui avvertiranno di avere in essa un posto e un ruolo riconosciuto.

    3. UNA METODOLOGIA PER L'EVANGELIZZAZIONE

    Il capitolo sulla metodologia concreta per l'evangelizzazione e l'approfondimento della fede merita una attenzione tutta particolare. Buoni contenuti senza una adeguata strumentazione metodologica, restano normalmente nel cassetto dei sogni. Investono le persone solo quando sono immediatamente ripensati e tradotti in metodi coerenti.
    Non è la prima volta che facciamo un discorso del genere. Ci basta quindi dare qualche accenno (per uno sguardo di ordine globale, proprio su questo stesso argomento, rimandiamo a «Un apprendistato alla fede», in 1974/78).

    LA PERSONA, ATTRAVERSO LA MEDIAZIONE DEL GRUPPO

    Ogni progetto di evangelizzazione ha come destinatario, ultimo e unico, la persona. La decisone di fede e la vita nella fede è un fatto strettamente personale. Il giovane vive però l'esperienza di fede «solo» attraverso la mediazione di un gruppo, di una comunità. Lo studio, la preghiera personale, la verifica, avvengono normalmente «dentro» il gruppo, o «dopo» il gruppo, come conseguenza di una esperienza vissuta nel gruppo. Anche la cd. «direzione spirituale» si colloca oggi in questa prospettiva.
    Dobbiamo tenerne conto, superando gli schemi individualistici che potevano reggere in un tempo diverso dal nostro. Il luogo dell'evangelizzazione è «il gruppo». Il gruppo può diventare luogo di manipolazione culturale. Molti giovani vivono solo sulla pressione del gruppo. L'impegno e l'entusiasmo al settimo cielo, diventano disimpegno e scelta radicalmente contraria, quando si abbandona «quel» gruppo.
    La scelta del gruppo come mediazione per l'evangelizzazione comporta la cura di fare emergere continuamente la persona, dentro e attraverso il gruppo; di servire la persona, mediante il gruppo.
    Il tema merita una attenzione tutta speciale. Invitiamo a considerare il documento su «Il gruppo come modo nuovo di evangelizzare», riportato in Note di pastorale giovanile 1976/3. E lo studio sugli «atteggiamenti», in questa stessa monografia.
    La maturazione di atteggiamenti, infatti, è la misura più decisiva, per valutare il livello di incidenza personale che il gruppo offre.

    UNA EVANGELIZZAZIONE MEDIATA DA ESPERIENZE

    La pastorale giovanile ha una connotazione tipicamente educativa (anche se non è riducibile ad una prassi pedagogica), sia per l'educabilità alla fede (si veda l'articolo di Gatti in questa monografia) e sia per i destinatari del processo: giovani, per definizione in fase di maturazione umana.
    Da questa affermazione scaturiscono molte conseguenze pratiche. Le richiamiamo:
    - In ogni processo educativo è necessario rispettare il ritmo naturale di crescita. Anche l'educazione alla fede deve fare i conti con i tempi e le caratteristiche della maturazione umana. Aspetti come la gradualità, la lentezza, il procedere a sussulti, la crisi di globalità, la possibilità di errori, di riprese, di ritorni, di entusiasmi e di depressioni... sono tratti irrinunciabili della maturazione di personalità. Vanno accettati rispettosamente anche nell'educazione alla fede.
    - Nella elaborazione delle mete e delle scelte, la pastorale giovanile, se vuole conservare la funzione educativa, è chiamata a privilegiare il momento educativo e formativo su quello strettamente funzionale, di efficienza. È un tema molto impegnativo, con applicazione in vari campi. Ne evidenziamo due, di taglio diverso.
    La liturgia, si dice giustamente, ha le sue regole; in casi eccezionali si può pensare ad opportuni adattamenti. Ricordare la dimensione educativa prima di quella funzionale, costringe a rimettere in discussione una risposta così rigida, per progettare «celebrazioni» più cariche di proposte educative, anche negli elementi essenziali, sulla misura della maturità reale dei giovani che vi partecipano.
    Un secondo esempio. La riflessione teologica su fede e politica può far concludere con una prospettiva di pluralismo di appartenenza, rimandando alla comunità ecclesiale soprattutto la funzione di riferimento. L'accento sulla dimensione educativa della pastorale giovanile costringe ad una certa cautela nell'applicazione incondizionata di questa indicazione. Quando la maturità cristiana è ancora molto labile, il pluralismo può diventare rischioso: perdita dell'identità per la pressione ambientale. È più utile approfondire le riflessioni e allargare le motivazioni, senza anticipare troppo le realizzazioni.
    - Una terza conseguenza: l'indispensabile mediazione di esperienze, nella evangelizzazione dei giovani. Viviamo in un tempo in cui le proposte di valori sono valutate significative, solo quando vengono mediate da esperienze significative. La fredda razionalità sui contenuti ha, oggi, scarsa incidenza a livello giovanile. Bisogna accettare questa logica educativa, anche nella evangelizzazione. E quindi progettare esperienze cariche di fascino, capaci di mediare i contenuti della proposta. E nello stesso tempo, avviare dall'interno di queste stesse esperienze, i passi verso la razionalità, per superare l'istintività, l'entusiasmo, la manipolazione culturale.
    In questo senso, parliamo del gruppo come mediazione di Chiesa, di esperienze di preghiera per apprendere dal vivo cosa voglia dire pregare, di celebrazioni eucaristiche giovanili per scoprire il senso dell'eucaristia...

    UNA EVANGELIZZAZIONE PER QUESTA SOCIETÀ

    L'insieme dei metodi e degli strumenti con cui viene vissuta l'evangelizzazione, determina il «modello» di pastorale giovanile che si privilegia. Ce ne sono molti, oggi sul mercato. Alcuni ripetono, con gli aggiustamenti del caso, gli schemi di una cultura ormai superata. Altri, invece, tentano un dialogo con le condizioni attuali.
    Non è detto che un modello sia oggettivamente migliore dell'altro, solo perché più nuovo o più aggiornato.
    Bisogna però scegliere tenendo conto dei destinatari: scegliere quel modello che faciliti ai destinatari concreti il raggiungimento della meta. La scelta non è un giudizio di valore in assoluto, ma di funzionalità. Il problema è impegnativo. Troppe volte l'immensa buona volontà di alcuni operatori pastorali è vanificata proprio dal fatto che utilizzano metodi pastorali «stonati», rispetto alla cultura e alla mentalità dei destinatari.
    Anche a questo proposito, rimandiamo ad un lungo articolo che presenta criticamente i vari modelli oggi ricorrenti («Modelli di pastorale giovanile, oggi», in Note di pastorale giovanile 1976/4).

    RICERCA COME METODO O COME CONTENUTO?

    I giovani di oggi vogliono vivere di ricerca. Le sicurezze prefabbricate li rendono suscettibili e li annoiano. Vogliono toccare con mano. Provare, sbagliando per imparare.
    Non hanno tutti i torti. Anche perché li abbiamo bombardati di troppe sicurezze. Di dati assoluti, che poi si annullavano a vicenda.
    Nell'approfondimento della fede si può parlare di ricerca? I giovani devono voltar pagina dallo stile generale di vita, quando tentano di scoprire Gesù Cristo?
    Qualcuno ha scritto grossi volumi, per rispondere ad un problema così impegnativo. Non abbiamo la pretesa di decidere tutto con poche battute. Tra il mondo della sicurezza e quello della ricerca, il dialogo non è facile. Non è solo un problema metodologico, come se fosse in causa l'opzione per una strategia pratica di intervento. È in questione un progetto d'uomo. Come situarsi?
    Per rispondere, facciamo due distinzioni.
    - Sul piano dei contenuti, la realizzazione di sé passa attraverso il sacrificio beatificante della propria autonomia, per riconoscere alla verità diritti inalienabili nei confronti della nostra libertà e intelligenza. Il progetto più vero dell'uomo è Cristo. Nel confronto con la sua persona saltano e si stemperano tutti i nostri progetti, anche i più ardimentosi. Cristo è un dono: da accettare nella sua imprevedibile irruenza. La ricerca di lui non è mai in assoluto. «Chi sei tu, per me?».
    - Sul piano del metodo, dobbiamo prendere il coraggio a quattro mani e chiudere il libro delle risposte pronte a tutti gli usi, trincerati nella sicurezza dell'oggettivo. Solo coinvolti a pieno titolo nella fatica di scoprire la realtà, potremo testimoniare una verità che ci supera. L'educatore che sta con i piedi al sicuro nelle norme e da questo piedistallo lancia minacce, è condannato alla disattenzione. Rinuncia quindi al suo ruolo profetico, nei termini in cui lo vuole salvare. Coinvolti con i giovani nell'identica ricerca, è possibile contestare le scelte sotto il fascio di luce che proviene da un oggetto più grande. E iniziare quel faticoso cammino verso una verità più avanti dei nostri passi più avanzati, che contraddistingue la vita quotidiana del cristiano.


    T e r z a
    p a g i n A


    NOVITÀ 2024


    Saper essere
    Competenze trasversali


    L'umano
    nella letteratura


    I sogni dei giovani x
    una Chiesa sinodale


    Strumenti e metodi
    per formare ancora


    Per una
    "buona" politica


    Sport e
    vita cristiana
    rubrica sport


    PROSEGUE DAL 2023


    Assetati d'eterno 
    Nostalgia di Dio e arte


    Abitare la Parola
    Incontrare Gesù


    Dove incontrare
    oggi il Signore


    PG: apprendistato
    alla vita cristiana


    Passeggiate nel
    mondo contemporaneo
     


    NOVITÀ ON LINE


    Di felicità, d'amore,
    di morte e altro
    (Dio compreso)
    Chiara e don Massimo


    Vent'anni di vantaggio
    Universitari in ricerca
    rubrica studio


    Storie di volontari
    A cura del SxS


    Voci dal
    mondo interiore
    A cura dei giovani MGS

    MGS-interiore


    Quello in cui crediamo
    Giovani e ricerca

    Rivista "Testimonianze"


    Universitari in ricerca
    Riflessioni e testimonianze FUCI


    Un "canone" letterario
    per i giovani oggi


    Sguardi in sala
    Tra cinema e teatro

    A cura del CGS


    Recensioni  
    e SEGNALAZIONI

    invetrina2

    Etty Hillesum
    una spiritualità
    per i giovani
     Etty


    Semi e cammini 
    di spiritualità
    Il senso nei frammenti
    spighe


    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


     

    Main Menu