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    A proposito dell'odierna educazione all'amore



    Tullo Goffi

    (NPG 1976-1-27)


    Sul terreno concreto delle valutazioni e dei «consigli» pastorali, avviene giornalmente lo scontro di mentalità.
    Spesso è difficile trovare punti di contatto perché alla radice di ogni presa di posizione sta un diverso modo di leggere i fatti quotidiani, di interpretare i valori teologici, di progettare gli obiettivi educativi.
    Per dialogare, utilizzando positivamente anche la dialettica tra visioni pastorali, è indispensabile collegare i gesti ai significati, gli interventi alle motivazioni, i progetti alle mete globali. La «nota» di T. Goffi tenta proprio questo collegamento. E lo fa sul terreno caldo dell'educazione degli adolescenti all'amore e alla purezza
    II lettore attento saprà cogliere facilmente un insieme di particolari molto stimolanti, su cui verificarsi e da cui ritagliare proposte per i quotidiani concreti interventi.

    UN DISCORSO MORALEGGIANTE

    Gli adolescenti, nelle loro esperienze sulla vita d'amore, appaiono inesperti, fiduciosi, spensieratamente azzardati e, insieme, timorosi. Essi tendono a legittimarsi nei loro primi approcci d'amore.
    Qualche volta l'educatore risponde a queste attese con un discorso etico per lo più moraleggiante, tendente a raffrenare la loro impazienza azzardata.
    Un discorso moraleggiante non necessariamente riesce pedagogicamente negativo. Anzi, può riuscire benefico ed efficace, se tale discorso apparisse espressione di cultura attuale. Mentre esso perde ogni capacità orientativa buona, man mano che si propone in forma estranea ed opposta ai modelli culturali socialmente dominanti. Questi modelli possono variare a seconda dei gruppi o degli ambienti in cui si vive.
    Questa estraneità si realizza tutte le volte che la preoccupazione educativa è intonata ad una visione etica ricavata da esperienze culturali ormai sorpassate. Quando i giovani vi intuiscono un riflesso di una strutturazione sociale per loro ormai invecchiata. Quando nell'insieme dei consigli moraleggianti si avverte lo sforzo educativo di imbrigliare gli adolescenti entro una problematica propria di anziani; di incapsularli tra principi sapienziali del buon tempo antico; di intrupparli a percorrere la strada di ieri; di sospingerli ad accogliere pensieri, sentimenti e convinzioni proprie dell'educatore. In una parola l'estraneità è presente quando l'educazione all'amore si riduce nell'indurre gli adolescenti ad agire sul modello dell'esperienza passata, mentre tutta la loro personalità li apre verso l'avvenire.
    Adolescenza significa apertura fiduciosa sulla vita, che s'apre in nuova fioritura; indica richiamo ad esperienze, di cui si percepisce l'attraente novità; esprime insaziato desiderio di gustare la fragranza dei primi albori affettivi con l'altro sesso. Qualche volta, invece, i nostri discorsi moraleggianti danno l'impressione ai giovanetti di essere sottoposti a un capestro, di dover imbrigliare il proprio fervore esplosivo di vivere. Appaiono preoccupati non tanto di aprire in nuove esperienze d'amore, quanto di inculcare la paura verso burroni che si affacciano ad ogni passo. Una prospettiva che l'antico moralista sintetizzava nel noto lamentevole giudizio: «La giovinezza è un male, da cui si guarisce ogni giorno». Sembra a me, se fossi adolescente, che supplicherei il precettore: «Mi lasci vivere, per favore. O, se meglio preferisce, mi lasci sbagliare!».

    VALORE DELL'ESPERIENZA PASSATA

    Sono cosciente di aver iniziato un discorso che, con facilità, può essere male interpretato. Mi si permetta di precisare il significato delle mie affermazioni.
    Non intendo legittimare esperienze sessuali peccaminose presso giovani; né ritengo che la vita adolescenziale sia esente da insidiosi pericoli; né immagino gli adolescenti capaci di introdursi da soli tra gli scogli numerosi dell'amore umano; né propongo un'opera educativa spoglia di normatività morale; neppure ritengo che esista vita affettiva onesta senza mortificazione continuata. Il benevolo lettore creda che non fantastico un'umanità priva delle tracce del peccato originale.
    Allora che cosa voglio affermare? Forse che non si debba trar profitto dall'esperienza personale degli educatori? Neppure. Unicamente chiedo clic l'educatore, arricchito della propria esperienza, sappia introdursi nella nuova realtà umana giovanile; che egli arricchisca il suo linguaggio sapienziale dei nuovi valori culturali; che si presenti come entusiasta dell'oggi e non qual nostalgico lodatore del tempo passato; che sappia lanciarsi educare dalla presente realtà culturale giovanile. In tal modo gli adolescenti non si sentiranno sorretti da dande od incamminati con paraocchi entro una strettoia, ma responsabilizzati ad autoeducarsi, a programmare un'esperienza singolare, a rintracciare la propria via, a scoprire la propria vocazione nuova, a pronunciare nella vita una parola innovatrice. Ciò non significa che gli adolescenti possano far senza educatori e senza norme morali di condotta. Essi hanno bisogno oggi, più di ieri, di essere integrati da norme offerte dall'educatore: ma norme che siano ricavate dalla situazione giovanile moderna nel contesto socio-culturale attuale. Ogni generazione scrive una pagina nuova sul libro della vita d'amore; ha un suo modo d'attuare il colloquio interpersonale; ha un proprio messaggio affettivo da enunciare.
    D'altronde, la stessa parola di Dio ci educa, lasciandosi essa stessa integrare nella cultura dei tempi. Essa viene riletta e rinnovata nella precomprensione della problematica odierna; essa si traduce nel linguaggio moderno; essa è sempre una Parola nuova, aperta in continuità verso un futuro escatologicamente inesauribile.

    ESIGENZE NUOVE D'EDUCAZIONE ALL'AMORE

    Come educare gli adolescenti d'oggi nei loro primi tentativi d'amare?

    • Innanzitutto è necessario scrutare attentamente la vita affettiva nella sua concreta fioritura e nel suo sviluppo progressivo. L'adolescente è provvidenzialmente incamminato verso una mirabile maturazione sessuale affettiva; è richiamato verso una vita interpersonale di colloquio e d'amore con gli altri; è un bocciolo, che preannuncia la fioritura di domani.
    L'educatore, di fronte ad espressioni affettive esagerate degli adolescenti, non dovrebbe mostrarsi terrorizzato, né tosto suggerire rimedi per un male che sovrasta, ma prima di tutto dovrebbe saper lodare Dio per una vita nuova d'amore che va costruendosi. Come quando un bimbo s'affaccia alla vita, esplode la gioia per la nuova vita apparsa, anche se essa è tutta naufragata fra strilli e pianti del neonato. Né sarebbe male che lo stesso adolescente imparasse a comprendere come nel suo essere stia affiorando il mistero grande d'amore, e fin dal'inizio egli debba non tanto temerlo, quanto stimarlo un grande dono di Dio. Anche perché, attraverso le stesse aberranti espressioni affettive degli adolescenti, si possono cogliere i segni del modo nuovo di vivere l'amore fra gli uomini di domani.

    • Una volta colta la reale vita affettiva degli adolescenti, bisogna interpretarla alla luce della cultura odierna, superando la vecchia concezione della sessualità intesa esclusivamente in modo genitale. La sessualità genitale legittima logicamente l'etica strutturata sull'idea di pericolo e di doverosa fuga. L'adolescente si giudica buono, e si prepara bene al suo domani, in misura che previene qualsiasi esperienza sensuale. La vittoria spirituale si raggiunge mediante la fuga dalle occasioni.
    La cultura odierna invita ad accogliere la sessualità non ristretta alla sfera sessuale, ma diffusa in tutto l'essere umano: un dinamismo che sospinge l'io verso una sua maturazione adulta di colloquio e di donazione oblativa all'altro. Criterio etico fondamentale non sta nella fuga dal pericolo, ma nel determinare i modi più appropriati per maturare rettamente dal lato affettivo. Offrendo la tradizionale precettistica di fuga dai pericoli sessuali, si risveglierebbe negli adolescenti un senso di ribellione contro una opprimente repressione, contro un prepotere borghese soffocatore delle più elementari esigenze di vita.

    • Se si accetta un'etica educativa, elaborata sull'odierna concezione culturale sessuale, conviene mutare anche i titolari dell'educazione dei giovani all'amore. In passato come educatori erano preferiti sacerdoti e confessori, in quanto in modo magisteriale sapevano enunciare i princìpi etici sapienziali. Erano princìpi che si formulavano in modo astratto e generale per tutti. L'etica nuova, proponendo orientamenti educativi dipendenti alla situazione personale-caratteriale ed ambientale degli adolescenti, preferisce come educatori gli stessi genitori. Questi possono meglio conoscere le situazioni personali dei loro figli, adattandovi i princìpi etici educativi.
    Non è raro veder i figli impegnarsi in una vita affettiva del tutto emancipata dai propri genitori. Questi dovrebbero imparare ad educare i figli all'amore secondo le esigenze socio-culturali odierne; saper cogliere l'aspetto valevole nelle stesse capricciose condotte dei propri figli, integrandoli in quanto mancano di una visione integrale della realtà. La condotta riprovevole degli adolescenti normalmente è un bene unilaterale, mancante di completezza.

    In conclusione, nell'educare all'amore oggi esiste un modo diverso da quello esistente nel passato. Ciò non significa che l'educazione di ieri fosse erronea. Era appropriata ai tempi passati: esprimeva le esigenze di un contesto socio-culturale differente da quello odierno. Oggi è preferibile un'educazione, che sia autoeducazione; una formazione adulta valevole per un mondo diffusamente promiscuo; una riservatezza capace di porsi in intimità di amicizie; una mortificazione atta a far maturare sessualmente; una volontà di fuga dai pericoli, ma intesi come momenti che introducono all'acquisto di un amore oblativo.


    T e r z a
    p a g i n A


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