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    Una liturgia a misura di ragazzo



    Erminio De Scalzi

    (NPG 1975-04-82)

    PERCHÉ UN DOCUMENTO SULLA MESSA DEI RAGAZZI?

    Direttorio e pastorale dei ragazzi

    Bisogna obbligare i fanciulli ad andare a Messa?
    Occorre esercitare questa pressione a partire da quale età?
    Non è forse più conveniente introdurre gradatamente il fanciullo alla celebrazione comunitaria della Eucaristia, dando vita a celebrazioni liturgiche propedeutiche o a Messe di gruppo?
    Il «Direttorio per le messe con la partecipazione dei fanciulli» mi pare sia un incoraggiamento ed uno stimolo nel suscitare esperienze che portino a rendere più vera e più cosciente la partecipazione dei ragazzi alla Messa, in risposta – ma solo in parte – a qualcuno di questi interrogativi che ogni serio operatore di pastorale si pone. Inoltre pare voglia farci intravvedere come alla base di certi meccanismi di rifiuto, soprattutto a livello preadolescenziale, ci sia un inconscio desiderio di compiere un atto veramente personale.
    Trovare i modi di renderlo operante nelle nostre chiese locali significa avere il coraggio di guardare in faccia alla realtà e la volontà di muovere i primi passi nella pastorale non dell'assimilazione (si è sempre fatto così), ma in quella della «creatività».
    Queste note vogliono essere soltanto l'occasione per una seria revisione della pastorale liturgica a livello di ragazzi, un invito alla ricerca di una azione comune, ed un'attenzione ed un rispetto della realtà e delle esigenze concrete dei ragazzi.
    Il Direttorio che provoca tali note, assieme al catechismo dei bambini e a quello dei fanciulli, diviene così una ulteriore sollecitazione da parte della Chiesa a «prendere sul serio i ragazzi».

    Finalità del documento

    Il paragrafo 38 dice – a chiare lettere – qual è stata l'urgenza che ha vinto i liturgisti (meritano tale nome coloro che vivono la vita di ogni giorno e la celebrano come dono di Dio) a stendere questo Direttorio. 
    «Si ritengono necessari gli adattamenti che seguono, perché i fanciulli "per mezzo dei riti e della preghiera" (Sacrosantum Concilium 48), comprendano davvero, secondo le leggi psicologiche dell'età e nel modo ad essi consentito, il mistero della fede». 
    Le parole conclusive del Direttorio indicano invece lo scopo preciso per ii quale esso è stato steso:
    «....perché nella celebrazione dell'Eucaristia i fanciulli possano con gioia serena andare insieme incontro a Cristo, e con Lui stare alla presenza del Padre. Formati alla scuola di una partecipazione attiva e consapevole al sacrificio e al convito eucaristico possano essi imparare sempre di più, di giorno in giorno, ad annunciare il Cristo in casa e fuori, tra i familiari e i coetanei, vivendo la fede. che "opera per mezzo della carità"» (Gal 5,6). 
    Il Direttorio recepisce soprattutto nel brano conclusivo l'idea che la vera liturgia è la vita... ma pur nel coraggio di alcune proposte, mi pare abbia avuto troppa paura di far entrare la vita nella liturgia.

    Storia del documento

    Da una parte il Direttorio per le messe celebrate con la presenza dei fanciulli è una grossa novità, dall'altra non è che una applicazione della Costituzione Liturgica del Concilio, che aveva già affermato in questo campo il fondamentale principio dello «adattamento liturgico» in ordine alla cultura e alle persone cui la liturgia si rivolge.
    Dice infatti la Costituzione sulla Sacra Liturgia al n. 37: «La Chiesa, quando non è in questione la fede o il bene comune generale, non intende imporre neppure nella liturgia, una rigida uniformità, anzi rispetta e favorisce le qualità e le doti d'animo delle varie razze e dei vari popoli». E al n. 34: «I riti splendano per nobile semplicità, siano chiari nella loro brevità e senza inutili ripetizioni; siano adattati alla capacità di comprensione dei fedeli, né abbiano bisogno generalmente di molte spiegazioni».
    Il Sinodo Episcopale, tenutosi a Roma nell'ottobre del 1967 riprese esplicitamente, per iniziativa del Card. G. Lercaro, presidente del «Consilium» per l'esecuzione della Costituzione sulla Sacra Liturgia, il problema di tale adattamento in ordine alla Messa dei fanciulli.
    «Non si tratta di comporre un rito con peculiarità tutte sue, quanto piuttosto di conservare, abbreviare od omettere alcuni elementi e di fare una scelta dei testi più adatti...».
    Da allora molte conferenze episcopali hanno promosso un lavoro di pastorale liturgica in tale direzione, altre invece con i loro interventi presso la Santa Sede hanno provocato questo Direttorio del 20 Dicembre 1973, che ha un valore per tutta la Chiesa, anche se è chiaramente detto nel medesimo che toccherà alle conferenze episcopali dare le opportune indicazioni e promuovere l'attuazione aderente alle situazioni locali (cfr. Direttorio n. 5).
    C'è da augurarsi che le disposizioni delle chiese locali non siano norme restrittive, quanto invece l'affermazione concreta della «libera creatività» delle varie chiese locali non solo in elementi marginali, ma nei riguardi di tutta la liturgia globalmente intesa. 
    Questa creatività, esigerà non solo una conoscenza delle scienze nuove Questa creatività esigerà non solo una conoscenza delle scienze nuove petenza liturgica, capacità artistica, profonda conoscenza teologica, biblica e spirituale. 
    Il Documento esce in quell'impegno di studio e di ricerca che la Chiesa italiana sta compiendo sul tema «evangelizzazione e sacramenti». L'evangelizzazione, per essere trasmissione fedele del linguaggio evangelico e adeguata ai tempi, richiede capacità di inventare continuamente forme adatte per l'annuncio, esige che in essa l'elemento statico, cioè la fedeltà alla Rivelazione, sia costantemente vivificato dall'elemento dinamico, cioè l'aggiornamento. 
    Non è dunque soltanto il linguaggio a cambiare o la formulazione dell'annuncio... ma il contenuto di sempre va riscoperto in un leale confronto e lettura dell'oggi.
    Così è della liturgia: essa è una realtà «viva», che deve essere perennemente costruita dagli uomini «vivi» di ogni epoca, cultura, pur nella riaffermata aderenza alla tradizione. 
    I rischi insiti in ogni innovazione, le esagerazioni di chi ama «le fughe in avanti», gli stessi insuccessi di alcuni generosi, ma incompetenti, non possono essere motivo sufficiente per mantenere tutto come prima o peggio restringere quanto i tempi e lo spirito hanno suggerito.

    I soggetti del direttorio

    Sono i ragazzi: cioè persone completamente inserite nella Chiesa sotto profilo sacramentale, ma per la loro «relativa maturità umana e quindi cristiana», sono ancora soggetti di particolare cura pastorale.
    Il Direttorio si ferma ai fanciulli non ancora entrati nella preadolescenza, dicendo inoltre che anche all'interno di questo spaccato generazionale, una particolare attenzione pastorale deve andare ai fanciulli: 
    «Fisicamente o mentalmente minorati, perché non di rado si impone per essi un adattamento più ampio ancora...». 
    Di questa speciale annotazione potrebbero far tesoro e tentare alcuni esperimenti quegli istituti che ospitano tali ragazzi.
    Il particolare interesse del Direttorio a questa età ha diverse motivazioni:

    – l'incidenza della società odierna secolarizzata, dove il ragazzo che non trova più il sostegno di una comunità adulta corre il rischio di partecipare al rifiuto globale di tutti i valori specifici del mondo adulto, e quindi della Religione;
    – l'impreparazione testimoniale e pedagogica di molti genitori;
    – lo stesso linguaggio liturgico che è «per adulti» e non tiene conto della presenza dei più piccoli;
    – la conferma da parte di parecchi psicologi che sottolineano la profonda influenza formativa che ha sul fanciullo l'esperienza religiosa dell' infanzia e della prima fanciullezza;
    – il danno spirituale che ne deriverebbe agli stessi ragazzi se «nei loro rapporti con la Chiesa, i fanciulli fossero costretti a fare per anni ripetute e identiche esperienze di cose che ben difficilmente riescono a comprendere» (n. 2).

    Va subito fatta un'importante annotazione sul titolo del Direttorio: non parla di messe per i fanciulli, ma di Messe con la partecipazione dei fanciulli.
    Questo afferma una cosa, a mio parere molto importante: se è vero che potranno essere utili celebrazioni di Messe per gruppi omogenei, non bisogna incorrere nel pericolo della assolutizzazione dei Sacramenti per gruppi.
    La Messa della domenica deve vedere la presenza convergente dei vari gruppi e delle varie età; le Messe per gruppi, per età, nella misura in cui sono «mediazione a cogliere il valore della Messa domenicale» non sono da scoraggiare, ma da promuovere tenuto fermo però il principio della Messa domenicale come Messa della Comunità Cristiana.

    Schema del direttorio

    Capitolo 1: come guidare i fanciulli verso la celebrazione Eucaristica (8-15).
    Capitolo 2: Messe con la partecipazione di adulti, presenti anche dei fanciulli (16-19).
    Capitolo 3: Messe con la partecipazione dei fanciulli, presenti anche alcuni adulti (20-55).
    Le note pastorali di questo primo intervento si fermeranno sul capitolo 1, rimandando gli altri due capitoli in un prossimo articolo.

    COME GUIDARE I FANCIULLI
    VERSO LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA

    Sottolineata l'importanza della partecipazione alla liturgia, intesa come celebrazione del mistero pasquale, sia come comunione con Cristo e con i fratelli, il Documento rileva alcuni principi che meritano di essere tenuti presenti nell'educazione liturgica dei ragazzi.

    1. Una educazione liturgica ed eucaristica non si può separare da quella generale nel suo contenuto umano e cristiano insieme.
    La preoccupazione che i ragazzi capiscano la Messa e partecipino attivamente è una preoccupazione inutile se non è accompagnata da una vera attenzione a tutta l'educazione dei ragazzi, allo sviluppo completo della loro persona.
    Alcune considerazioni permetteranno forse di chiarire meglio questo rapporto tra sviluppo della persona ed educazione liturgica.

    • La dimensione comunitaria della convocazione liturgica. Alla mensa della Parola e del Pane ciascuno di noi è convocato dal Padre personalmente, ma non individualmente. Insieme siamo stati redenti, insieme partecipiamo alla redenzione che ogni giorno il Padre ci dona, ma che in modo privilegiato, esemplare e significativo ci è data nella celebrazione liturgica e sacramentale.
    La dimensione comunitaria nella Chiesa non è giustapposizione di persone con uno stesso scopo, ma è espressione di ciò che la morte, la risurrezione di Cristo ci ha resi: una cosa sola. Questo essere un «corpo solo» è di natura ontologica: non ce lo siamo dati da soli, non ne saremmo stati capaci. È dono di Dio. A noi però è chiesto di manifestarlo, esprimerlo, esserne fedeli.
    La celebrazione liturgica è un momento tipico in cui la Chiesa visibilizza il suo essere «corpo», ma occorre anche che nella perenne liturgia che è la «vita» sentiamo davvero di vivere da risorti, ossia nella carità. Carità che non è in primo luogo fare grandi cose, ma attenzione al fratello, ai suoi bisogni e alle sue attese, capacità di dividere, di mettere in comune senza nulla aspettare in cambio: gioia di stare insieme, di ascoltarsi, di dialogare. Dimensioni, queste, che la vita quotidiana permette di vivere, di incarnare, ma alle quali un fanciullo deve essere educato, a cominciare dalla esperienza familiare.

    • Il rito penitenziale. Può essere alienante chiedere a un fanciullo di «concentrarsi» per riconoscere i suoi peccati e «domandare perdono a Dio» se nella sua vita, diciamo nella sua settimana, non c'è altro momento in cui è aiutato a pensare al suo rapporto con Dio e con gli altri e a chiedere perdono.
    Scusami» è una parola che non nasce spontanea sulle labbra di un fanciullo e che tanti adulti, fedeli alla liturgia domenicale, forse non hanno mai imparato o hanno ormai dimenticato: una parola troppo importante per rendere credibile il solenne «Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli...».

    • L'ascolto della Parola. Ascoltare, sta diventando oggi, un'esperienza terribilmente difficile. Rumori, parole, voci, suoni, inviti...; quasi costantemente alle orecchie di un fanciullo arriva qualcosa che chiede attenzione. Ma tra le mille cose quali valgono di più e quali di meno? Tra le mille voci, quali meritano di essere ascoltate? I genitori cosa ascoltano? Chi ascoltano? In casa, quando uno parla gli altri lo ascoltano? Nel gruppo si è veramente ascoltati?
    La proclamazione della Parola, in troppe liturgie assomiglia molto di più a un momento obbligato dal quale passare per giungere all'omelia, che non a un momento solenne quale dovrebbe essere.

    • La preghiera dei fedeli. Pregare per qualcuno vuol dire innanzi tutto essersi accorti della sua presenza, dei suoi problemi, delle sue necessità e sello stesso tempo vuol dire essere disponibili a uscire dal proprio guscio per aiutarlo, nella misura del possibile. Solo in questa dimensione di apertura all'altro e agli altri, ha senso chiedere a Dio di far sentire la sua presenza.
    Premessa indispensabile perché anche la preghiera dei fedeli non divenga per i fanciulli un'espressione alienante è dunque l'educazione all'altro, ad aprire gli occhi e soprattutto il cuore per vedere chi, intorno, ha bisogno.
    Ecco perché, molto acutamente, il Direttorio avverte del pericolo di dare ai ragazzi una preparazione esclusivamente o prevalentemente didattica: lo scopo dell'educazione liturgica non è solo insegnare cosa significhino i gesti liturgici ma introdurre i ragazzi nel mistero salvifico che essi vogliono significare e attualizzare.
    La iniziazione liturgica e sacramentale del fanciullo non è quindi estranea alla vita e alle esperienze dei medesimi.
    Il Direttorio esemplifica alcune esperienze umane di fondo e alcuni atteggiamenti esistenziali, comuni alla vita quotidiana di ogni ragazzo che sono sottesi alla celebrazione Eucaristica: «gli atti comunitari, il saluto, la capacità di ascoltare, quello di chiedere ed accordare il perdono, il ringraziamento, qualche azione simbolica, il clima di banchetto tra amici, una celebrazione festiva (n. 9).
    Riassumendo diciamo: un ragazzo non riuscirà a comprendere la dimensione simbolica di nessun rito, se non sarà desunto da un contenuto di esperienza.

    2. È esigita la collaborazione di tutti gli educatori volta a far fare un'esperienza dei valori umani sottesi e richiesti come premessa della celebrazione Eucaristica.
    Non è a livello di idee che il fanciullo percepisce i valori nuovi e cristiani trasfigurati da Cristo, ma «nel cuore di una esperienza vissuta». I fanciulli meglio preparati alla comprensione della Eucaristia saranno perciò quelli iniziati ad essa già dalla vita in famiglia, da quei genitori che sentono la Messa come un momento necessario del loro incontro con Dio. Iniziare i fanciulli alla Messa è aiutare quindi i genitori a comprendere il valore dell'assemblea domenicale. Il ragazzo assorbirà dall'ambiente familiare e dal contatto con le persone che gli vogliono bene, per un osmosi dello spirito, la più vera celebrazione sull'Eucaristia. Si legga appunto il n. 10 del Direttorio: «Nell'assidua riaffermazione di tutti questi valori, una parte di primo piano spetta alla famiglia cristiana. Di qui la urgenza di un'adeguata preparazione dei genitori e delle altre persone che svolgono un compito educativo, anche in ordine alla formazione liturgica dei fanciulli».

    3. Il Direttorio è un forte richiamo per ogni comunità parrocchiale ad un serio esame di coscienza sul modo di fare liturgia.
    Se è vero che la liturgia contiene in sé una catechesi e ha in sé una sua efficacia formativa, essa è tuttavia pensata per cristiani che già hanno accolto il messaggio essenziale della salvezza, provengono da una catechesi dove si sarebbero già dovuti incontrare con una realtà di segni, di fatti e di linguaggio.
    Fondamentale non è l'aver girato gli altari, l'aver fatto un lavoro di «translitterazione» dal latino all'italiano, ma l'aver condotto avanti un serio lavoro catechistico «adatto all'età», alle capacità recettive dei ragazzi che li porti «attraverso le preghiere ed i riti» di maggior rilievo a comprendere il significato della Messa, alla partecipazione attiva della Chiesa, dove la Parola di Dio, l'Eucaristia, non sono un fine, ma un mezzo; perché fine è la formazione integrale dell'uomo. Non basta quindi condurre all'Eucaristia un ragazzo, ma dall'Eucaristia occorre dedurre, per un ragazzo, un modo nuovo per «celebrare la sua vita».
    La preparazione alla celebrazione eucaristica, lo dicono chiaramente le nuove istanze catechistiche, non è in primo luogo conoscenza di un rito, o di una verità, ma è essenzialmente crescita nei valori evangelici, cammino nella fede (una fede che illumina la vita) di cui può essere capace un fanciullo.
    L'educazione alla gratuità, al senso dell'altro, al rispetto e all'amore per il fratello; l'educazione al dono di sé, alla comunione, fanno crescere nel fanciullo la capacità di comprendere esistenzialmente l'Eucaristia. In Essa infatti Gesù Cristo sacerdote offre al Padre tutti i tentativi di bene, di fraternità, di verità che i fanciulli operano; da Essa i fanciulli, aiutati dagli educatori e sostenuti dalla loro testimonianza, ricevono l'invito a non tenere la propria vita per sé, a non guardare tutti e tutto in funzione di sé, ma a scoprire come «servire».

    4. Dalla percezione di una comunità cristiana che vive la testimonianza del Vangelo, la carità fraterna della Cena Eucaristica, al sentirsi «parte viva» di questa comunità Eucaristica: questo è il cammino di ogni iniziazione liturgica.
    Una sottolineatura molto forte del Direttorio è l'educazione alla consapevolezza di appartenere a una comunità, condizione fondamentale per comprendere l'assemblea liturgica. 
    «Una comunità cristiana che dà testimonianza del Vangelo, che vive la carità fraterna, e partecipa attivamente alla celebrazione dei misteri di Cristo, è un'ottima scuola di formazione cristiana e liturgica per i fanciulli che in essa vivono» (n. 11). 
    Fatta questa affermazione, rimane però da riempire il larghissimo «vuoto» riscontrabile nelle nostre parrocchie.
    Come cioè educare al senso della Chiesa?
    Come far comprendere e vivere, ai fanciulli, che la vita cristiana non è una perfezione da raggiungere individualmente prescindendo dagli altri? In un'assemblea liturgica fatta di 200 o 300 persone vi sono le premesse di questa educazione?
    Il fanciullo non si sente estraneo agli altri? Non li sente estranei? 
    Ancora una volta pare di individuare nell'«esperienza di gruppo di Chiesa» il modo privilegiato per raggiungere la meta di cui sopra. Oltre alla esperienza di accoglienza, di dedizione e di carità che la famiglia offre al fanciullo, il gruppo dei coetanei guidato da un educatore con chiari obiettivi educativi e pastorali, è infatti il luogo in cui il fanciullo esperimenta i valori della fraternità, del saper ascoltare, e dell'essere ascoltati, dell'aiuto reciproco, della messa in comune dei talenti che ciascuno possiede, della correzione fraterna; valori, come dice il Direttorio, sottesi alla celebrazione Eucaristica. 
    La mediazione del gruppo all'educazione ecclesiale è data per altro non solo dalla esperienza fraterna che esso vive al suo interno, ma anche dalle possibilità di apertura e di incontro con tutta la comunità. 
    Una comunità, quella cristiana, che la domenica si riunisce intorno all'altare per celebrare il «giorno del Signore» ma composta da tutti gli uomini che vivono, gomito a gomito nello stesso paese, nello stesso quartiere, dove la gente spera, lotta, soffre, muore, gioisce, lavora... Certo i ragazzi non incontreranno tutti questi fratelli, la domenica alla Cena Eucaristica; ma non è questo un motivo sufficiente per non «vederli», per non conoscerli, per ignorare la loro vita.
    Anche per un fanciullo che sia stato aiutato a guardare con simpatia e interesse (valori che del resto sono dentro di lui) è possibile dunque «portare» alla Messa il «vissuto» della sua settimana: gioie, speranze, dolori della gente in mezzo alla quale il Signore l'ha «piantato». 
    Vien da domandarsi se il problema della evangelizzazione «urga» poco nel cuore di molti cristiani, forse perché non sono stati educati a scoprire negli «altri», quelli che non credono, nella loro vita quotidiana, nelle loro scelte concrete, la presenza di valori fondamentalmente evangelici, ma che hanno bisogno di essere ricondotti alla loro vera origine che è Gesù Cristo.

    5. Non «restaurazione» di forme liturgiche antiche, ma una cura perché queste, riscoperte in quanto di perenne contengono, siano anche una vera rispondenza alle esigenze culturali, ambientali di oggi.
    Si parla quindi di adattamento, ma non di radicale trasformazione della struttura della celebrazione Eucaristica. Il nuovo Direttorio non parla di una Messa tutta nuova in cui non è possibile ravvisare le linee strutturali portanti della Messa del Messale romano, ma di una fedeltà a questa struttura dove la scelta dei testi, particolari avvertenze nel linguaggio, alcune omissioni, nuovi accorgimenti, una maggior aderenza al momento e alla età di chi partecipa, rendono più facile la partecipazione.

    6. L'adattamento è visto come «momento interlocutorio» per avviare il ragazzo alla Messa di tutta la Comunità.
    Ciò è richiesto: 
    – Dalla vita comunitaria della Chiesa che non deve mai essere livellamento delle persone, ma possibilità di camminare col proprio passo, attenti allo Spirito che pone a ciascuno mete ben precise da raggiungere. 
    – Dalla maturazione del fanciullo il quale ha sì la capacità di entrare in dialogo con Dio (perché gliel'ha data Dio stesso creandolo e accogliendolo nel Battesimo) ma ha anche bisogno di aiuti concreti da lui comprensibili per cogliere tutta la ricchezza della liturgia, dove Dio in modo inequivocabile parla per primo e invita al colloquio. Il n. 21 dice molto chiaramente che scopo delle celebrazioni di messe di gruppo «di fanciulli» è «condurre e guidare i fanciulli alle Messe degli adulti e specialmente a quelle a cui è tenuta a partecipare l'assemblea Cristiana nei giorni festivi».

    7. Il Direttorio sottolinea fortemente come la liturgia deve essere interpretativa del Mistero di Dio e della vita del ragazzo.
    Quando la secolarizzazione si incontra con una liturgia che esonera dalla vita, più magica che cristiana, più folcloristica che espressione di una lede, il ragazzo fugge.
    Anche se affermiamo che la liturgia deve essere «interpretativa» della vita, essa rimane sempre «mistero», non però una «liturgia misteriosa», che finisce per essere totalmente emarginata dalla vita (marginalità dell’incontro liturgico).

    8. Le chiare indicazioni di adattamento della liturgia per i fanciulli rivestono nella pastorale una importanza notevole: sono infatti il riconoscimento del diritto che anche i fanciulli hanno di partecipare alla assemblea eucaristica, in modo attivo, originale, tipico della loro età, della loro fede.
    Sono anche il riconoscimento che il modo per giungere a Dio non è univoco, ma varia di età in età, perché è Dio stesso che entra nella vita dell'uomo e la interpella, le chiede una risposta per quello che può dare.


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