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    Un gruppo di animatori per la catechesi ai preadolescenti



    Andrea Fontana

    (NPG 1975-06-81)

    Qualche anno fa il gruppo di Animatori della Parrocchia di Leumann (Torino) aveva timidamente presentato sulle pagine della Rivista (1971 /11) un'esperienza, la prima, di lavoro pastorale-educativo fra i ragazzi.
    Oggi il gruppo si ripresenta, maturo di cinque anni di «pratica», di verifiche metodiche, di risultati e di qualche amarezza!
    È più che un documento! Vi si legge l'ansia e la fiducia, la tenacia di chi crede due operare fra i ragazzi, in senso pastorale, oggi, è una cosa seria. Talmente seria che chi vi si butta ne rimane coinvolto ventiquattro ore su ventiquattro! Le affidiamo, queste pagine, così come ci sono giunte, alla attenzione dei nostri lettori. Farle correre tra le mani di chi vive la medesima «tensione» pastorale, potrà essere, lo crediamo, un'azione stimolante.
    Ci scusiamo di riportare una parte già apparsa su «Note». Non vorremmo ripeterci; ma rimandando il lettore ad altri numeri della Rivista per ripescare la citazione, oltre che rendergli difficile la lettura, crederemmo di privare tutto il testo di quella unitarietà che, ci pare, sia stata nella viva intenzione del redattore.
    Il tutto risulterà più armonico: un'esperienza completa quindi, interessante ma soprattutto utile.

    PREMESSA

    Nel presentare questi tre documenti di un gruppo di giovani animatori di preadolescenti premettiamo alcune riflessioni sulla esperienza da essi svolta nel giro di cinque anni di lavoro.

    I primi passi di una esperienza

    Ci siamo ritrovati quasi per caso: qualche gita in pullman, una richiesta occasionale di aiuto, una festa da preparare per i ragazzi, un carnevale riuscito. E ne è nata una esperienza fortissima, per noi e per i ragazzi che l'hanno vissuta con noi. E nella parrocchia un prete che crede profondamente al lavoro con i ragazzi, che si è messo dalla loro parte in maniera totale ed ha costruito con noi, giorno per giorno, il nostro gruppo al servizio di una educazione liberatrice in grado di garantire un avvenire concreto alla fede dei ragazzi, capace di sopportare l'urto con il mondo scristianizzato in cui viviamo e con le crisi della adolescenza. A guardare ora i nostri incerti inizi (cinque anni fa) ci sembra impossibile avere fatto tanta strada e pensiamo di non essere ancora arrivati, di non arrivarci mai poiché i ragazzi cambiano sotto i nostri occhi; il mondo cambia; e noi non possiamo permetterci di addormentarci sugli schemi acquisiti, le frasi fatte, le organizzazioni standard. È un movimento che continua, cresce, si trasforma come la Parola annunciata che muta la sua pelle per raggiungere gli uomini in ogni tempo, stimolata dalle circostanze e dalle esperienze concrete.
    Alcuni di noi hanno iniziato semplicemente perché ci avevano trovato gusto, altri per fare piacere al prete che li ha chiamati, altri per continuare a stare con i ragazzi conosciuti al catechismo della quinta elementare. Poi la nostra responsabilità ci è caduta addosso e siamo diventati più consapevoli, abbiamo dato una motivazione di fede al nostro lavoro: diventò un modo con cui noi oggi, in questo preciso periodo della nostra vita, realizziamo il nostro impegno di cristiani nel mondo e in particolare nel quartiere. E non finirà quando i ragazzi, cresciuti, si animeranno da soli: noi avremo imparato uno stile che potremo trasferire in qualunque impegno futuro: nella scuola, nel lavoro, nei gruppi adulti della parrocchia.

    Reclutamento dei ragazzi

    A settembre si iniziava, dopo che i nuovi animatori, durante l'anno precedente, avevano affrontato un corso di preparazione denominato CFA («Corso Futuri Animatori»: un'ora alla settimana per circa sei mesi), in cui avevano approfondito i contenuti essenziali del cristianesimo in una visione aggiornata al mondo di oggi, e avevano studiato i metodi della catechesi ai preadolescenti con riferimento particolare al lavoro che gli altri animatori già stavano facendo con i gruppi avviati gli anni precedenti in parrocchia. Questo facilitava l'inserimento degli animatori e dei ragazzi nell'ambiente culturale preesistente.
    Si cominciava con il pellegrinaggio di casa in casa, stile Matteo, 10, presso i genitori per farci conoscere e per invitare i ragazzi ad una gita di lancio, alla festa dei ragazzi con gli altri gruppi e a qualche pomeriggio di giochi.
    Importante notare che nella parrocchia non esiste oratorio per cui si giocava in un prato dietro la chiesa o nella chiesa stessa in caso di maltempo. Oppure si usufruiva dei campi di atletica comunali. Non si faceva alcuna distinzione tra famiglie praticanti o no, anzi se c'era una preferenza era per i più lontani, anche perché le famiglie praticanti preferivano scegliere gli scouts e inoltre, molte di esse, mandando i figli a scuola in istituti privati per tutta la giornata, non lasciavano ai ragazzi il tempo materiale per partecipare alle attività.

    Formazione dei gruppi

    Così a poco a poco nascevano i gruppi: due o tre gruppi in prima media e gli altri già costituiti nella seconda e terza. Ci si è accorti in breve che, per la forte coesione che i gruppi dopo poco tempo raggiungevano, non era positivo fare una vita in assoluta indipendenza gli uni dagli altri e che, come si incontravano gli animatori tra loro, così anche i ragazzi avrebbero dovuto mescolarsi un po' tra le varie classi per un più profondo arricchimento reciproco. Alcuni scambi con altre esperienze di parrocchie di città ci hanno aiutati a trovare la strada. Oltre ai gruppi di amicizia sono così sorti i gruppi di interesse che raccoglievano ragazzi di ogni gruppo attorno a determinati interessi comuni: il gruppo fotografia, il gruppo teatro, il gruppo animazione della messa prefestiva, il gruppo chitarra... E ovviamente in circostanza importanti dell'anno, che tendevano, mano a mano che il tempo passava, a crescere, tutti i gruppi avevano dei momenti di vita comune.
    La formazione dei gruppi è diventata molto elastica. Più che altro si tendeva a creare una comunità di ragazzi che si formava e articolava in vari gruppi in base ad affetti, interessi e realtà quotidiana dei ragazzi. Interessante notare la maturazione negli anni: mentre nei primi tempi si parlava solo di gruppi, ultimamente si parla di comunità di ragazzi: così per altre cose che sono andate maturando poco a poco.

    La vita dei gruppi

    Ciò che il lettore potrà leggere nella documentazione che segue, non è il programma teorico elaborato a tavolino, ma è una fotografia, sia pure con le sue ombre, della reale vita dei gruppi, i quali stanno raggiungendo una maturità di vita, un loro posto di fronte alla comunità degli adulti, un loro fascino davanti agli altri ragazzi, soprattutto a quelli che ogni anno sono chiamati a entrarci. E continua la loro vita maturando, al di là delle medie, nella comunità di adolescenti che costruiscono con un loro stile, un loro impegno più serio, una risposta ad esigenze superiori. Una vita, quella dei gruppi delle medie, come ognuno potrà vedere, scandita da riunioni con gli animatori, partecipazione alla Messa della Comunità, gite e pomeriggi di sport, realizzazione di interessi educativi. E gli animatori a stimolare la loro crescita, a vivere con loro più tempo possibile, a portare ai ragazzi la testimonianza delle loro scelte quotidiane. Noi partiamo dalla considerazione che nessuna realtà della vita dei ragazzi è trascurabile e anche se ci presentiamo per annunciare il Vangelo, questo annuncio viene fatto all'interno della loro via, fatta di gioco, di problemi familiari, di successi e insuccessi a scuola, di schermaglie sentimentali terribilmente serie per loro...

    I contenuti della catechesi

    Per questo ci si è sempre preoccupati fortemente di presentare un cristianesimo non di evasione, ma incarnato nella vita reale dei ragazzi e nei problemi del mondo d'oggi, alla scoperta costante di un Cristo Risorto vivo nella dimensione odierna che cammina accanto a noi, non in visioni spiritualiste ed impalpabili, ma, come sulla strada di Emmaus, presente concretamente, visibilmente come la vita dei fratelli, nella semplicità quotidiana. Alcuni canti esprimevano queste prospettive nei momenti di incontro.

    Il ruolo del sacerdote

    Un ruolo decisivo ha il sacerdote in mezzo ai ragazzi e nel gruppo degli animatori: un sacerdote visto non tanto come l'inviato dalla gerarchia, ma come amico, con profondi legami affettivi, una profonda simpatia per i loro problemi e la loro vita.
    Concretamente egli anima gli incontri del Gruppo, raramente egli è presente alle riunioni degli animatori con i ragazzi per non essere di intralcio e per permettere loro di scegliere la loro strada senza essere condizionati da alcuno, il prete, che è più di una presenza! Tuttavia è sempre al corrente di ogni problema che nasce nei vari gruppi, del posto di ogni singolo ragazzo che egli avvicina nei momenti di gioco o gite, partecipa con loro, ma senza assumere compiti direttivi, nei pomeriggi di svago. Uno di loro, vive con loro per il tempo che passa con loro, per i sentimenti che prova, per il rispetto dovuto ad ognuno.

    Il gruppo degli animatori

    Ha occasione di crescere mano a mano che continua il servizio ai ragazzi e nel corso di alcune forti esperienze di vita comune: ritiri, condivisione dl lotte nelle scuole che frequentano insieme, delle iniziative di cui arricchiscono la parrocchia come giovani.
    Ogni anno avviene un ricambio che se crea all'inizio delle difficoltà, finisce per essere oltremodo arricchente, quando entrano nel «giro» i nuovi animatori provenienti dal CFA e escono i vecchi.
    Samo buoni amici fra di noi e il sacerdote e non c'è assolutamente nessuna paura di manifestarci le perplessità vicendevoli e a volte anche le accuse reciproche. La revisione delle attività e la messa mensile di gruppo sono i punti forti che fanno crescere la nostra presa di coscienza dei problemi dei ragazzi.

    DOCUMENTI

    Dopo queste necessarie riflessioni introduttive vi presentiamo tre Documenti elaborati dal gruppo animatori; essi vogliono rendere un quadro completo del lavoro svolto e presentare le linee principali entro le quali ci si sforza di muoverci nella fedeltà a Cristo e al ragazzo d'oggi.

    Proposta di studio per un progetto educativo unitario

    È uno schema che abbraccia tutto l'arco dello sviluppo di ogni ragazzo nella parrocchia, dalla 2a Elementare alla 2a Superiore: alcuni appunti, incompleti, alcuni punti-forza sui quali catechisti, famiglie, professori potrebbero eventualmente rielaborare una metodologia propria che tenga conto della realtà in cui vivono.

    Premessa

    • Noi vogliamo vivere un cristianesimo che non sia solo una pratica religiosa né solo una morale da vivere né un generico slancio umanitario verso il prossimo: vogliamo realizzare un cristianesimo completo, sul modello del primitivo cristianesimo, basato essenzialmente sulla testimonianza della Resurrezione (come carattere distintivo della «fede» cristiana) in una visione di speranza per l'uomo d'oggi, collaborando alla costruzione del Regno di Dio attraverso la liberazione del peccato non solo come realtà individuale, privata ed intimista, ma anche come fatto sociale [1], incarnato nelle strutture che opprimono l'uomo e lo sfruttano, asservendolo al profitto, alla burocrazia, ai centri di potere economico, alle mode, alle macchine, ai partiti... In questo progetto di liberazione la comunità cristiana e il singolo cristiano seguendo Cristo fino alla persecuzione (croce), devono porsi come «segno di contestazione» permanente, attraverso un impegno politico e sociale [2], al mondo di oggi ogni volta che esso impedisce all'uomo di camminare secondo il modello di Gesù Risorto.

    • Di conseguenza educare per noi significa non avere la pretesa di dare ii meglio di noi stessi (che cosa possiamo dare se non la nostra miseria?) né imporre ai ragazzi una certa visione della vita elaborata secondo la mostra coscienza personale o una spiritualità scelta da noi, ma far venire fuori il meglio dell'uomo che ogni ragazzo porta dentro di sé come immagine e somiglianza con Dio», facendolo maturare fino alla pienezza nella libertà di scelte e di iniziativa e di critica: noi non abbiamo ama nostra proposta di vita, una nostra spiritualità da presentare, ma abbiamo da cercare con essi l'uomo nuovo, Gesù Cristo, per questo ragazzo qui-ora.

    Perché un progetto educativo unitario

    L'esigenza di stendere una proposta di progetto, almeno generico, per l'educazione dei ragazzi, progetto che interessi tutte le forze attive che influiscono sul ragazzo (scuola e famiglia compresa), è nata dal fatto che tutti abbiano presenti le mete educative da seguire per evitare discontinuità o contraddizioni nei discorsi e nei programmi, pur nella pluralità degli interventi.

    La meta conclusiva

    Il ragazzo che proniamo nel nostro lavoro educativo è (almeno tendenzialmente) un cristiano adulto e maturo, capace di scelte autonome e indipendenti, di coerenza nella vita e di impegno politico e sociale in tutti gli ambienti della società in cui vive, non solo in parrocchia, rifiutando ogni compromesso e ogni tipo di schiavitù, per collaborare al progetto di liberazione iniziato da Cristo. Vogliamo una educazione liberante e profondamente umana, fino a scoprire il cristiano che ogni uomo ha dentro.

    Stadi successivi

    Per giungere a questa maturazione globale del ragazzo proponiamo i seguenti stadi successivi:

    1. Iniziazione cristiana: proponiamo una migliore impostazione della preparazione alla Messa di Prima Comunione, soprattutto come inserimento alla vita liturgica della comunità. Si potrà già tener conto a questa età di alcune riflessioni esposte in precedenza in armonia con i metodi scolastici.

    2. Preparazione alla cresima, suddivisa nei due anni di 4a e 5a elementare. Preparando i bambini alla cresima si insista sul posto che egli deve occupare nella comunità cristiana, sulla cresima come momento in cui sceglie (nella misura in cui gli è possibile) di seguire Cristo sulle strade del mondo d'oggi, vivendo in modo completo il suo cristianesimo. Accanto alle lezioni di catechismo è opportuno inserire una progettazione di attività parallele in cui sia presente il futuro responsabile e animatore di prima media allo scopo di incominciare il suo inserimento e dare la possibilità al ragazzo di vivere le cose dette nelle lezioni. Il lavoro viene fatto a gruppi. Deve incominciare il dialogo tra catechista, futuro animatore e famiglia.

    3. Preadolescenti (scuole medie). Per questi tre anni lo spirito del lavoro educativo ricalca le linee per una azione evangelizzatrice dei preadolescenti presentata nelle pagine seguenti.

    4. Biennio. Tappa conclusiva del lavoro educativo, anche se sappiamo di dover essere in stato perenne di educazione, per inserirli in una scelta libera e cosciente di impegno: concretamente, dopo la seconda superiore, ogni gruppo che sopravviva con carattere solo formativo per noi presenta il grosso rischio della alienazione dalla realtà circostante e da un preciso impegno politico, inoltre può presentare, come succede sovente, carattere sostitutivo all'insicurezza del soggetto e fraintendimento del ruolo del cristiano nella comunità e dell'idea stessa di comunità. Dopo il biennio e per gli adulti, come educazione permanente, proponiamo la verifica dell'impegno comunitario e personale nella revisione di vita e la frequenza a corsi monografici di base su argomenti di fede e di vita odierna.
    – prima superiore: ricerca critica sulla società e sui vari problemi che ne scaturiscono alla luce della fede e del progetto cristiano di liberazione;
    – seconda superiore: ricerca comune dell'impegno concreto (non è che prima, nei vari gruppi non si realizzino impegni concreti) con le varie possibilità di intervento adatte a ciascuno sia in parrocchia che fuori e un serio corso di qualificazione allo svolgimento dei vari impegni, secondo le scelte libere di ognuno, scelte che devono avvenire senza né dell'amicizia reciproca né degli animatori (in quanto è possibile).

    5. Cenni metodologici Accenniamo qui brevemente ad alcune cose di fondo, perché le cose pratiche sono state elaborate, almeno per le medie, in altra parte.

    – È indispensabile lavorare a gruppi per un maggior approfondimento a livello personale: ma questo non vuol dire non aver mai occasione di lavorare tutti i gruppi insieme né perdere le dimensioni più generali della comunità locale e della Chiesa intera. 
    – È inutile qualunque discorso che non sia inserito, anzi, che non parta dalla realtà concreta dei ragazzi e del mondo in cui vivono; ma è necessario un discorso fatto su un ragazzo storico, modellato dalla famiglia, dalla scuola, dai suoi problemi, ecc. (cfr. Documento di Base per il rinnovamento della catechesi).
    – Inoltre perché sia educazione liberante occorre usare ed abituare alla miticità di tutto ciò che essi assorbono e anche del nostro stesso discorso per poter arrivare al «cambiamento di mentalità» continuo di cui il Vangelo e perché nessuno di noi vuol fare dei cristiani controvoglia.
    – Non bastano i discorsi teorici, ma occorre fare con i ragazzi una serie di attività concrete che permettano loro l'immediata applicazione di ciò che acquisiscono e la verifica concreta. Attività anche profane perché noi siamo convinti che bisogna smetterla di dividere l'uomo in due: cristiano-umano, spirituale-materiale, profano-sacro, tecnica-formazione: non si può separare il Dio dell'Incarnazione dal Dio della Creazione. Un cristiano è cristiano anche quando gioca, discute il calendario di un torneo: ogni suo gesto quotidiano ha valore in se stesso, non per l'intenzione che lo anima.
    – Questo discorso deve essere portato avanti oltre che dal lavoro parrocchiale anche dalle famiglie dei ragazzi e dall'insegnante di religione, chiunque sia. Ogni settore educativo dovrebbe cercare il metodo concreto con cui applicare questo discorso a fondo.

    Linee per un'azione evangelizzatrice dei preadolescenti

    1. Il metodo scelto per quest'azione tra i ragazzi delle Medie, come già detto nel P.E.U. (progetto educativo unitario), è la vita di gruppo, poiché sembra il più vicino alle esigenze evangeliche di «comunità» e più adatto a sottoporre i preadolescenti ad una esperienza viva di Chiesa; d'altra parte le caratteristiche psicologiche di questa età (11-14 anni) favoriscono la formazione spontanea di gruppi.

    2. Ognuno di questi gruppi è affidato a due animatori (un giovane e una signorina) che si assumono, in collaborazione con la famiglia, il compito educativo, adattandosi alle particolari esigenze del loro gruppo e sviluppando i doni che hanno ricevuto per l'esercizio di tale missione. Inoltre essi agiscono in stretta collaborazione con i sacerdoti e gli animatori degli altri gruppi.

    3. Lo scopo della presenza di un animatore giovane nei gruppi di preadolescenti è unicamente quello di annunciare il Vangelo, non solo di farli giocare e di creare degli amici... perciò si parla di azione evangelizzatrice.. Il Maestro infatti ha mandato i suoi apostoli: «Andate e predicate il Vangelo...» tanto da far dire a s. Paolo: «È un obbligo per me evangelizzare il Cristo al mondo».
    L'animatore annuncia il Vangelo facendo, parlando, amando: i suoi obiettivi possono essere un'educazione cristiana (valori di fede), un'educazione comunitaria (impegno di gruppo e negli ambienti di vita), un'educazione politica (libertà e responsabilità personale).

    4. Naturalmente il primo passo verso l'evangelizzazione è la testimonianza personale dell'animatore. Ci sono dei valori irrinunciabili che noi dobbiamo vivere per non essere accusati di ipocrisia e per non tradire l'attesa del ragazzo che prima di sentire vuole vedere. Si tratta in altre parole di condurre i preadolescenti, attraverso una testimonianza di vita personale, a pensare e a vivere la fede come realtà esistente e operante dentro le situazioni quotidiane.

    5. Nel portare l'annuncio-proposta di fede ai preadolescenti non dobbiamo lasciarci condizionare dai loro capricci, senza prima averli giudicati criticamente. È chiaro che se stiamo a sentir loro parleremmo sempre di cantanti e calciatori: non siamo qui per farli divertire o illuderli, dobbiamo dirlo chiaramente. Si tratta invece di far loro una proposta di vita cristiana, presentando dei modi concreti di vivere la fede ogni giorno a scuola, in famiglia, nella comunità, partendo dai loro interessi odierni per giungere ad una mentalità di fede. È logico che una presentazione decisa e concreta della fede richiede la ricerca di mete da raggiungere adatte alla loro età e progressive; ed occorre anche attuare una metodologia che si riferisca ai seguenti punti:
    – educare per mezzo di metodi induttivi, servendosi di tutti i sussidi possibili (films, cartelloni, ricerche, inchieste, ecc...);
    – educare per mezzo del fare, chiedendo un impegno minimo e concreto durante la settimana, che susciti il loro interesse;
    – dialogare con la vita alla luce del Vangelo, inserendo la fede nei problemi vitali della loro età e rivedendo criticamente i valori offerti loro dagli ambienti in cui crescono;
    – educare per mezzo del gruppo, come già accennato.

    6. Per i contenuti e le mete cfr. il Progetto Educativo Unitario.

    7. L'impegno che si chiede ai giovani animatori è un impegno totale, sapendo che Cristo chiede loro di «dare la vita», non solo delle ore o delle giornate per Lui. Non agiscono per «hobby», tanto per fare qualcosa e sentirsi utili, ma perché Cristo li chiama ad impegnarsi nell'apostolato. E intanto perché educatori non si nasce ma si diventa, occorre che si preparino con cura frequentando il corso di qualificazione e continuando poi a leggere, discutere, pregare per maturare insieme alla missione loro affidata.

    8. Alle spalle degli animatori ci sono i sacerdoti che armonizzano la loro azione con quella del resto della parrocchia e sono a loro disposizione per guidarli; e ci sono gli altri animatori che si sorreggono a vicenda con l'aiuto reciproco, l'esempio, il dialogo.

    9. Il gruppo degli animatori, come gruppo a livello locale, obbliga a porsi comunitariamente in ascolto della vita reale dei preadolescenti, in ascolto delle situazioni locali, al cui interno va colta e va rivelata la presenza di Cristo. Oltre ad un minimo di vita e di amicizia che costituisce la base del gruppo, ogni animatore irrinunciabilmente parteciperà all'incontro settimanale del giovedì sera.

    10. Infine, non potendo educare il ragazzo e neanche conoscerlo concretamente se si ignora la famiglia, bisogna curare con meticolosità l'incontro can le famiglie che saranno visitate il più sovente possibile, sia che i ragazzi vengano al gruppo sia che non vengano, per realizzare l'impegno missionario di andarli a cercare dove sono.

    11. In conclusione dunque, ci pare che il lavoro dell'animatore consista in:
    – incontro settimanale e vita di gruppo con gli altri animatori;
    – incontri e vita di gruppo con i ragazzi;
    – visite e incontri periodici con le famiglie;
    – ricerca personale del ragazzo (amicizia ragazzo-educatore).

    Scelte metodologiche nella animazione dei preadolescenti

    Composizione dei gruppi

    – il numero massimo stabilito per una maggior possibilità di animazione è di 15-20 ragazzi;
    – sembra ormai scontato che i gruppi debbano lavorare nella «mixité di sesso, con attenzione particolare, in certe occasioni, alle diverse esigenze dei maschi e delle femmine (se è il caso, programmare incontri separati);
    – studiare ogni anno la formazione di gruppi di lavoro (= di interesse), guidati dagli stessi responsabili o anche da altre persone competenti, nei quali possano incontrarsi ragazzi e ragazze di tutti i gruppi e di tutte le classi;
    – favorire le interazioni tra i vari membri del gruppi (incontri informali, rapporti di amicizia, possibilità di parola, conoscenza personale...).

     Il singolo ragazzo

    – per garantire la stabilità e la presenza del ragazzo (-za): fare in modo che ognuno abbia un ruolo ben preciso o un incarico nel gruppo per cui si senta interessato; e creare una organizzazione concreta ed interessante alle spalle del gruppo, organizzazione di cui i genitori siano messi al corrente;
    – ognuno, possibilmente, possiede un «quaderno di bordo» su cui scrive riassunti di riunioni, esperienze fatte, ritagli di notizie, proposte, canzoni del gruppo...; ogni mese l'animatore può commentarlo con il ragazzo singolo: questo quaderno ha lo scopo di interiorizzare le attività e i contenuti e per collegare concretamente il ragazzo all'animatore.

    Momenti di incontro per i ragazzi

    – Messa domenicale con gli animatori.
    – Riunione settimanale del gruppo di appartenenza ( = di amicizia, di classe).
    – Incontri variabili nei gruppi di interesse ( = di lavoro).
    – Uscita una domenica al mese.
    – Momenti comuni con gli altri gruppi.

    4. Ruoli nel gruppo
    Attraverso il gruppo agiscono e vivono: Due animatori giovani (ragazzo e ragazza) - Il ragazzo (-za) con un posto ben preciso - Il prete, quando viene richiesto (presentare il giusto ruolo del prete ai ragazzi, anche con i suoi limiti).

    Metodologia delle riunioni

    – Limitare per quanto possibile i discorsi fatti a parole; in genere "sello che si vuole comunicare, lo si deve comunicare attraverso le attività: audiovisivi, cartelloni, processi, interviste, ricerche, giochi educativi, questionari, esperienze dirette, ecc...;
    – si esige sempre una enorme concretezza nell'affrontare i problemi mezza riversare sui ragazzi la problematica degli animatori e facendo sa estrema attenzione alla vita quotidiana dei ragazzi;
    – mai chiudere un incontro senza un impegno suggerito o proposto da attuare praticamente e su cui ci si revisiona periodicamente;
    – quando c'è la possibilità o l'interesse, allargare il discorso ai problemi dei mondo intero e della Chiesa, soprattutto della diocesi.

    Collegamento tra i vari gruppi (= intergruppo)

    Per realizzare una comunità autentica di ragazzi è necessario che i vari poppi abbiano la possibilità di lavorare insieme; perciò concretamente mi stabiliscono queste occasioni:
    – partecipazione ai gruppi di interesse o di lavoro;
    – programma comune a tutti i gruppi deciso all'inizio dell'anno dagli animatori in base ai problemi del mondo e della Chiesa e alle esigenze di ogni ragazzo che circola nel gruppo: ogni gruppo svolge questo programma con iniziative sue e concretizzazioni diverse a seconda dell'età e dei suggerimenti dei ragazzi stessi;
    – giornalino dei ragazzi in 4 numeri annuali: Settembre - Natale - Pasqua - Giugno;
    – ciascun gruppo, quando conclude un lavoro attorno ad un certo tema, deve presentare agli altri, alla comunità parrocchiale, le conclusioni del MIO lavoro mediante volantino, cartellone o altre forme;
    – ci saranno dei momenti comuni in cui tutti i gruppi si troveranno insieme: es. ritiri, l'uscita mensile possibilmente, la festa dei ragazzi, l'incontro di preghiera a Natale, il Carnevale, la Castagnata, la Messa di Pasqua, la Serata finale per i genitori, ecc...

    Programma dei singoli gruppi

    – Gli animatori si cureranno ogni mese di far pervenire ai genitori e ai ragazzi il calendario comune ai gruppi e specifico per ogni gruppo appartenenza.
    – Ogni animatore per concretizzare.
    – Ogni gruppo partecipa ai momenti comuni e al giornalino.


    Rapporti gruppo-famiglia

    – Ogni animatore avrà cura di fare la visita mensile a casa per portare il calendario e farsi vedere dai genitori.
    – Invitare sempre i genitori nei momenti forti comuni (da stabilire con gli altri animatori di volta in volta).
    – Ciascun gruppo programmi delle riunioni che tengano vivo il dialogo con le famiglie dei ragazzi.
    – Preoccuparsi di consultare e informare i genitori in casi particolari affinché anch'essi facciano altrettanto con noi.

    Rapporti scuola-gruppo

    – All'inizio dell'anno si avrà cura di invitare i professori di religione delle tre scuole presenti (D. Minzoni - 66 Martiri - A. Gramsci) ad una concelebrazione eucaristica con gli animatori e durante la quale si stabilirà un piano di collaborazione.
    – Far invitare dai ragazzi i professori in certe occasioni che si ritengono opportune, specialmente il professore di lettere.
    – Gli animatori che lo possono partecipino al «Gruppo Scuola» della parrocchia, che si ritrova per verificare la propria attività di genitori all'interno delle Scuole Medie.

    Gruppo degli animatori ( = comunità animatori)

    – Si ritrova ogni giovedì sera con programma mensile, come segue:
    1° giovedì = Messa con argomento teologico formativo (ospite esterno);

    2° giovedì = Assemblea metodologica: invitare esperto o altre parrocchie;
    3° giovedì = Per équipes: problemi interni, programmi, esigenze, ecc...;
    4° giovedì = Assemblea programmatica per revisionare il lavoro fatto, programmare il mese dei ragazzi e degli animatori e i momenti comuni.
    – Gli animatori all'inizio dell'anno devono partecipare ad un ritiro di 2-3 giorni con modalità da stabilire volta per volta.
    – Si decidono anche attività ricreative in comune per gli animatori: films, gite...
    – Gli animatori si incontrano nella preghiera: ogni venerdì a Messa può, ogni giovedì prima della riunione...

    Inizio attività annuali

    – Esce il numero del giornalino per il lancio dei gruppi.
    – Questionario ai genitori e ai ragazzi per stabilire eventuali interessi, garantire collaborazione e presenza.
    – Si celebra la festa dei ragazzi con organizzazione variabile.

    Autofinanziamento dei gruppi

    – Si è deciso un autofinanziamento della comunità dei ragazzi per o riguarda le spese di ordinaria gestione nel modo che segue: ogni animatore raccoglie dai ragazzi L. 200 ogni mese (spiegando a cosa servono), ogni animatore versa di tasca sua L. 100 ogni giovedì; si farà una comune in cui confluiscono le entrate dei singoli gruppi e da cui gruppo attinge per le spese (se gravi deciderle insieme).
    – Ogni équipe di animatori si abbona all'inizio dell'anno ad una rivista impegnata che poi si farà girare nel gruppo degli animatori.

    CONCLUSIONI

    Ovviamente una esperienza come questa scaturita all'interno di una situazione parrocchiale concreta (e di cui risente la problematica) e cresciuta con la presa di coscienza da parte delle persone presenti e con
    La riflessione sulle scelte storiche di volta in volta effettuate, non può essere plagiata né trasferita di peso in un altro ambiente. Per lo spazio che si riservava alle singole persone, non poteva che essere fatta così
    e con quelle determinate persone: l'entusiasmo di Rosita, la serenità di Anna Maria, la spregiudicatezza di Gianclaudio, le riflessioni di Aldo, le contestazioni di Livio, il sorriso accogliente di Mauro, la confusione
    di Fiorella, ecc. Un insieme di persone così, con il prete che era in mezzo a loro, dava un certo risultato: al momento in cui le persone sono cambiate completamente, l'esperienza si è trasformata al punto tale da essere oggi una cosa totalmente diversa. Noi ve l'abbiamo proposta non per la mia storia, non per i suoi risultati anche se ci sono stati, non per la sua formulazione concreta e giornaliera, ma per i suoi contenuti e per le intuizioni di fondo, che ciascuno può facilmente enucleare da tutto il morso e dai documenti presentati.

    NOTE

    [1] G. Gutierrez, Teologia della liberazione, ed. Queriniana, pp. 180-1: « ... il peccato l'abbiamo in strutture oppressive, nello sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo, nel dominio e nella schiavitù dei popoli, di gruppi etnici e di classi sociali».
    [2] M. Pellegrino, Camminare insieme, lettera pastorale: «Dio non ci chiede di eliminare dal mondo il peccato. Ci chiede di denunciarlo come l'ha denunciato Cristo, G. Battista e, prima, i profeti dell'A.T. e poi nella storia della Chiesa i Santi e i profeti che non sono mai mancati... La denuncia del peccato e delle situazioni di palese ingiustizia dovrà essere confermata dalla testimonianza personale di giustizia e solidarietà... Sarà impegno dei credenti inserirsi concretamente nelle vicende umane con l'attività sociale e politica... Gaudium et spes, costituzione pastorale del Con. Ecum. Vat. II: «Tutti i cristiani devono prendere coscienza propria speciale vocazione nella comunità politica».
    H. Camara, da un discorso del luglio 1973: «Spero che non vi meravigliate nel vedere la Chiesa che si interessa di politica,. Proprio nel senso che la politica è sinonimo di bene comune, la dimensione politica è indispensabile alla missione evangelica di amore al prossimo e di stimolo alla costruzione di un mondo più giusto e più umano».


    T e r z a
    p a g i n A


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