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    Promozione umana e evangelizzazione nella scuola cattolica


    Centro Salesiano Pastorale Giovanile

    (NPG 75-9/10-73)

    PER LA «SCUOLA CATTOLICA»
    E' IRRINUNCIABILE L'ISPIRAZIONE CRISTIANA

    Crediamo alla «scuola cattolica». Al suo diritto all'esistenza e soprattutto alla sua funzione di particolare qualificazione. Non vogliamo combattere però una guerra di «etichette» o difendere il suo spazio vitale solo all'insegna dei compromessi legislativi. Preferiamo insistere per una «scuola cattolica» capace di affermarsi per la sua interiore qualificazione: rispettosa e fedele alla sua precisa identificazione cristiana e all'autonomia profana che caratterizza scuola, cultura, educazione.
    Per questo ci piacerebbe veder sostituito l'aggettivo «cattolica» con «scuola d'ispirazione cristiana».
    La scuola d'ispirazione cristiana, nel momento della programmazione educativa, è chiamata ad elaborare obiettivi coerenti.
    E' facile affermare che gli obiettivi educativi sono coerenti quando sono finalizzati alla crescita totale dell'uomo: alla sua promozione umana, cioè, in quanto «studente-in-fase-di-educazione» e alla gioiosa esperienza del dono della salvezza che il Padre gli fa nel Cristo, attraverso la Chiesa. Nella pratica educativa quotidiana questa affermazione pone molti problemi concreti. Il rispetto della diversa maturità di partenza e della variabilità nella crescita personale chiede agli operatori della «scuola cattolica» una attenta analisi di questi aspetti per evitare risposte affrettate e semplicistiche: troppo indottrinanti da una parte o troppo riduzionistiche dall'altra.
    Per dare una mano in questo urgente impegno, le pagine che seguono.

    Un preciso rapporto chiesa-mondo

    Il rapporto teologico tra chiesa e mondo (a cui si collega quello più interessante dal punto di vista pastorale, tra promozione umana e evangelizzazione) è chiamato in causa nella conduzione normale delle «scuole cattoliche», a livello di ispirazione globale e nella formulazione dei programmi educativi.
    Specialmente nella Gaudium et spes, la Chiesa ha operato una revisione profonda del suo atteggiamento di fronte al mondo e alle istituzioni profane, che la porta a superare alcuni modelli del passato. Li possiamo così caratterizzare, per ritagliare dal negativo quello corrispondente alla attuale sensibilità pastorale:

    - Superamento del modello «il mondo nella chiesa», che propone la posizione di una società fortemente unificata e pacificamente dominata dai criteri e valori del cristianesimo. Nella conduzione della scuola questo modello comporterebbe il monolitismo culturale e la riduzione dei valori culturali a quelli religiosi.

    - Superamento del modello «il mondo per la chiesa», in cui le realtà temporali, come per esempio la scuola, vengono promosse e organizzate non per se stesse ma in funzione dei fini della società religiosa. L'accettazione di questo modello comporterebbe la strumentalizzazione della scuola ad una attività di evangelizzazione: l'utilizzazione delle materie e attività scolastiche «solo» in vista dei momenti religiosi.

    - Superamento del modello «la chiesa e il mondo», che vede chiesa e mondo come entità contrapposte, tra le quali si instaurano solo rapporti di opposizione, di diffidenza, o, al massimo, di parallelismo. Questo modello, purtroppo ancora presente, svuota definitivamente la «scuola cattolica», o perché ne rifiuta l'esistenza in nome della «laicità» della cultura oppure perché separa le competenze: un educatore fa scuola e basta (senza preoccuparsi di altri significati) e un altro cura i valori religiosi, intesi come «paralleli» a quelli culturali.

    Considerate insufficienti queste posizioni, la Chiesa tende oggi a vedere i suoi rapporti con il mondo in termini di presenza e di servizio. Essa stessa è parte del mondo per testimoniarvi il progetto di salvezza rivelatoci in Cristo. Chiesa nel mondo e per il mondo, in un movimento di invio e di servizio per cui essa «cammina con l'umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena ed è come fermento e quasi anima della società umana, destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio» (GS 40).
    Da questa visione, a cui il Concilio ci invita, nasce la definizione del rapporto tra educazione, promozione umana, proposta di valori culturali da una parte e evangelizzazione dall'altra, che descrive il carattere educativo e pastorale della «scuola cattolica».

    Dall'educazione all'evangelizzazione

    L'impegno fondamentale della Chiesa è il servizio del Regno di Dio che si costruisce nella storia e di cui la Chiesa stessa è germe e inizio. Il Regno di Dio annunciato da Cristo è il grandioso progetto divino di promozione globale di tutta l'umanità. Questo progetto non è una costruzione da aspettare unicamente nell'aldilà della storia, né cammina in forma parallela accanto al flusso profano degli avvenimenti storici. Esso è all'opera, animato dallo Spirito, dovunque si costruisce fraternità e pace, dovunque viene promosso e liberato l'uomo, anche se non si identifica con questi fatti.
    Appartengono perciò alla dinamica intrinseca del Regno di Dio tutti gli sforzi degli uomini di buona volontà, credenti e non credenti, per rendere il mondo più umano e gli uomini più liberi.
    L'evangelizzazione, che è annuncio di questo Regno, non coincide con la liberazione dell'uomo, anche se la promozione umana è richiesta ed gestita come suo «elemento costitutivo» (III sinodo dei Vescovi).
    Queste scelte teologiche, ispirate alla Gaudium et spes, aiutano a definire in che cosa consista l'ispirazione cristiana delle «scuole cattoliche» e, quindi, spingono verso precise direzioni pastorali la programmazione educativa.
    La scuola, anche se gestita da congregazioni religiose o da enti di ispirazione cristiana, non è una tipica «struttura ecclesiale», ma un servizio pubblico, che la «chiesa» fa al mondo. Un servizio da gestire in quel rispetto che la Gaudium et spes riconosce alle realtà profane, significative nella loro consistenza umana e perciò non direttamente in funzione di finalità religiose e pastorali.
    La scuola è un fatto di educazione. Nel rapporto con l'evangelizzazione, è prima di tutto in causa la «promozione umana», proprio in vista della particolarità del servizio. Le scuole cattoliche sono di «ispirazione cristiana» perché sono luogo di educazione «ispirata» alle scelte e ai contenuti cristiani. Esse svolgono un servizio ecclesiale irrinunciabile, dal momento che la promozione umana è un elemento «costitutivo» dell'evangelizzazione. Ma lo svolgono in una forma che corrisponde alla loro natura di strutture finalizzate prima di tutto alla educazione, distinte e diverse da altre strutture pastorali che sono invece più direttamente finalizzate all'esperienza ecclesiale.
    Solo all'interno di questo impegno educativo e come suo sviluppo coerente e armonico, trova consistenza l'evangelizzazione esplicita.
    Questa conclusione teologica è resa più urgente e decisiva, se si considerano le istanze che derivano dal particolare momento educativo che vivono i giovani che frequentano la «scuola cattolica» e dalla situazione di indifferenza religiosa in cui essi, spesso, si trovano. La scelta che essi hanno fatto di «questa» scuola cattolica è, molto frequentemente, solo un'opzione strumentale.

    Quale progetto educativo e pastorale?

    Sono tutti dati che ci fanno pensare e che dobbiamo tener presente nel momento in cui vogliamo riflettere per definire operativamente la dimensione pastorale della «scuola cattolica» e, relativamente, il rapporto tra promozione umana ed evangelizzazione che ne definisce il servizio specifico.
    La proposta che sviluppiamo nelle pagine seguenti ci pare rispettosa e unificante di questi due termini apparentemente conflittuali: l'identificazione precisa della «scuola cattolica» e il servizio alla libertà personale e alla maturità di fede e di vita di ogni singolo utente.
    Parliamo di educazione alla fede (= evangelizzazione) all'interno di una educazione umanizzante (= promozione umana), per sottolineare che l'educazione alla fede ha come spazio specifico il terreno dove si gioca il quotidiano essere uomo. L'educazione alla fede è il modo più profondo, più ampio, più vero, di vivere il processo educativo. L'impegno pastorale compenetra lo sforzo di aprire ad una umanità matura; in questa apertura, lo specifico della identità cristiana diventa il principio di una novità radicale, capace di dare a tutto il processo educativo una significazione globale di fede.
    Questo compito spetta soprattutto all'impianto strutturale di ogni «scuola cattolica», e, in concreto, all'équipe degli educatori: e tutti coloro che in essa operano sono «educatori» con la stessa rilevanza di servizio. Ad essi si chiede il coraggio di superare complessi di timidezza o di disagio educativo, per offrire, con la vita e con le parole, una reale testimonianza di vita cristiana autentica, nella crescita e promozione totale dell'uomo.

    LA QUALIFICAZIONE PASTORALE DELLA SCUOLA CATTOLICA

    Con una affermazione di sintesi, abbiamo definito come obiettivo globale della «scuola cattolica» l'educazione alla fede all'interno di una educazione umanizzante.
    Dobbiamo riprendere ed approfondire questa scelta, per cogliere gli impegni e le responsabilità di cui è carica, soprattutto sul piano metodologico: in vista cioè di una programmazione educativa corretta.

    Sul piano oggettivo: una identificazione precisa e coraggiosa

    Crediamo sia un fatto irrinunciabile quello che ci spinge a identificare con precisione e con coraggio la «scuola cattolica» come ambiente educativo in cui si mira a raggiungere una crescita globale dell'uomo: la sua promozione umana e la sua educazione cristiana.
    L'obiettivo può essere assunto dalla formulazione che presenta «Il rinnovamento della catechesi»: integrazione tra fede e vita. La «scuola cattolica» è un luogo educativo in cui si tende, con tutti i modi, a raggiungere una matura integrazione tra fede e vita, nel tempo cruciale dello sviluppo dei giovani che la frequentano. Si mira alla formazione in essi (e con essi) di una struttura di personalità unificata e unitaria (pur nel necessario pluralismo di modalità concrete e di progetti di realizzazione personale), in cui i criteri valutativi e operativi delle situazioni umane si rifanno al messaggio cristiano, non come ad un dato imposto dal di fuori, ma come ad esigenza e a risposte connesse con l'esperienza dei valori umani. Questo significa raggiungere una compenetrazione radicale, sul piano dell'essere, dei contenuti della fede con le esperienze storiche della vita: non solo in un modo cristiano di leggere gli avvenimenti della vita di tutti i giorni, ma anche in una presenza nuova in questa stessa vita, a livello personale e collettivo, che «testimoni» coerentemente la novità di esperienza realizzata sul piano dell'essere.

    Sul piano soggettivo: educazione alla fede nell'educazione umanizzante

    La precisione con cui la «scuola cattolica» si identifica sul piano oggettivo non può, però, diventare strumento discriminante, né tanto meno motivo di indottrinamento a tutti i costi. Lo vieta la sensibilità attuale della Chiesa, così come ne abbiamo parlato in apertura, e il reale servizio ai giovani.
    E' perciò indispensabile elaborare una metodologia educativa che saldi l'identificazione oggettiva della «scuola cattolica» con il cammino di crescita delle persone.
    La scelta «educazione alla fede all'interno di una educazione umanizzante» ci pare capace di realizzare contemporaneamente questa doppia «fedeltà». C'è un terreno, comune e qualificato, una proposta per tutti: l'educazione ad essere uomo. E' uno spazio successivo, di una successione che non è sul piano cronologico ma di un «di più» irrinunciabile di significati: l'educazione esplicita alla fede, nell'evangelizzazione. In ciò la «scuola cattolica», come proposta, si qualifica.
    Dalla correlazione dinamica di questi due momenti, nasce l'ispirazione cristiana della scuola.

    L'impegno di educazione umanizzante

    La «scuola cattolica» è prima di tutto e fondamentalmente un luogo di educazione umanizzante: un ambiente educativo in cui l'uomo è aiutato a maturare, in un progetto di sé che superi sia la concezione individualistica che collettivistica, per definire la propria realizzazione mediante il primato radicale che si riconosce alla comunione intersoggettiva. Essere e diventare «uomo», aperto al dono di novità che la salvezza cristiana gli porta, significa accettare, nell'amore vissuto, l'irruzione dell'altro alla personale esistenza, in un'etica responsabilmente assunta nei suoi confronti. In questo servizio educativo, sappiamo di realizzare un impegno specifico (anche se non tipico) del cristiano e della chiesa. L'educazione umanizzante non è mezzo per raggiungere fini religiosi, ma un'istituzione per la liberazione delle persone.
    L'educazione umanizzante è realizzata attraverso tutti gli strumenti educativi di cui la scuola dispone: insegnamento, vita associativa, attività promozionali, contatti e scambi culturali, rapporti formali con gli educatori.
    «Speciale cura si deve avere per non creare nei giovani l'ambizione ad avere sempre di più, invece che tendere a essere sempre di più. Ugualmente si eviti di offrire l'occasione a ogni specie di evasione o di alienazione dall'ambiente sociale da cui provengono gli allievi... Una costante verifica e revisione dei contenuti dell'insegnamento, delle dinamiche impiegate, della cultura che vi si trasmette, dei valori ricercati e ricreati insieme, delle loro relazioni con il sistema sociale, del modello d'uomo che vi si forma, dell'educazione alla fede che garantisce e della pastorale vocazionale che si svolge in essa» (Capitolo generale dei salesiani).

    Verso una evangelizzazione esplicita

    Nella promozione di un umanesimo liberante e aperto, la «scuola cattolica» trova il presupposto e l'aggancio per una più esplicita e diretta testimonianza della propria fede e dell'esperienza ecclesiale, attraverso un impegno di evangelizzazione.
    La misura e la possibilità di questa testimonianza non possono essere stabilite a priori, perché dipendono da molteplici fattori, quali l'omogeneità culturale dell'ambiente, la situazione religiosa dei giovani, le concrete situazioni sociali della regione, la qualità educativa e dialogante degli insegnanti. Crediamo però importante ricordare alcune attenzioni che permettono di vivere, in forme non retoriche, questo passaggio dall'educazione umanizzante alla educazione alla fede, pur nella quantità variabile di cui si diceva.

    a) Priorità costitutiva all'evangelizzazione

    La scelta di un'educazione alla fede all'interno dell'educazione non può fare ridimensionare o «ridurre» la nostra missione evangelizzatrice alla sola sfera dell'impegno umanizzante. Certamente i modi possono variare e particolari situazioni ambientali possono suggerire un ritmo di cammino molto lento. Ma nulla può fare svuotare la specificità tipicamente pastorale della «scuola cattolica». Essa testimonia e annuncia una radicale novità: la conversione dell'uomo e la distruzione del peccato, per la morte e la risurrezione di Cristo, sono l'autenticità dell'uomo, la sua salvezza, la liberazione definitiva del mondo. Il compito esplicito di evangelizzazione impegna livelli diversi di esperienza religiosa: è rivelazione del significato totale dell'essere uomo, che coinvolge il piano di Dio nella storia; è celebrazione di questo progetto soprattutto nel momento eucaristico; è esperienza di tipici gesti ecclesiali; è comunione con tutti i figli dello stesso Padre nella Chiesa.

    b) Come compito istituzionale

    Il compito esplicito di evangelizzazione deve essere assunto «istituzionalmente» dall'impianto della «scuola cattolica». Non può essere lasciato allo zelo e all'inventiva di questo o quell'educatore, né può contare su tempi solo marginali, nel calendario globale delle attività educative.
    Questa assunzione a livello strutturale può essere vissuta in modi diversi: offrendo esperienze all'interno della stessa scuola o curando un collegamento stretto con le istituzioni ecclesiali vicine (parrocchie, gruppi e movimenti ecclesiali, da cui provengono i giovani).
    La gerarchia dei valori e degli impegni misura, sui fatti, il significato totalizzante che si affida all'esperienza di fede o la sua precarietà.

    c) Per evangelizzare: verifica dell'educazione

    Nessun processo educativo è neutrale rispetto all'educazione alla fede. Dalla prospettiva della fede va perciò continuamente messo sotto giudizio il tipo d'uomo che emerge nel momento educativo e culturale. In un uomo individualista ed egoista, deresponsabilizzato o chiuso in ideologie immanentistiche, non trova spazio l'esperienza cristiana.
    La «possibilità» di una reale educazione alla fede si connota perciò a fondo con le modalità educative che caratterizzano la gestione ordinaria della «scuola cattolica». Essa deve interrogarsi molto sul tipo di uomo che sta facendo crescere, provocata dalla parola del documento sulla giustizia nel mondo, del III Sinodo dei Vescovi: «La forma di educazione, che per lo più è ancora in vigore ai nostri giorni, favorisce un gretto individualismo. Una parte dell'umana famiglia vive come immersa in una mentalità che esalta il possesso. La scuola ed i mezzi di comunicazione sociale, spesso ostacolati dall'ordine stabilito, permettono di formare unicamente l'uomo come l'ordine stesso lo vuole, fatto cioè a sua immagine; non un uomo nuovo, bensì la riproduzione dell'uomo così come è».

    d) Nella libertà

    L'educazione alla fede è gesto e decisione di libertà personale. Una libertà guidata, «liberata» dai tanti condizionamenti di cui oggi soffriamo, «educata». Mai però svuotata del peso della decisione personale nell'adesione di fede. L'evangelizzazione esplicita è sempre una «proposta» ampia ma rispettosa.

    e) Evangelizzazione e testimonianza

    La forza dell'evangelizzazione sta nella testimonianza degli educatori, dei giovani più impegnati, di tutte le componenti educative: della «comunità», in una parola. Una testimonianza sia personale che istituzionale, a livello di gesti concreti e di proposte verbali.
    I problemi e le preoccupazioni non trovano adeguata soluzione se non nella continua capacità di verifica e di crescita della comunità educativa. In questo diventa credibile la proposta definitiva dell'esperienza cristiana: «Chiunque segue Cristo, l'Uomo perfetto, si fa lui pure più uomo» (RdC 61).

    f) Praticamente...

    Praticamente non è possibile indicare prospettive più concrete. Vanno elaborate dalle singole comunità educative, nel confronto e nello studio. Rimane l'istanza irrinunciabile: una esplicita azione di evangelizzazione, inserita «strutturalmente» nel ritmo educativo ordinario. Ci pare che ogni comunità sia chiamata a questi impegni:

    - verificare ed approfondire assieme (= come comunità educativa) le linee teologiche per crearsi una visione corretta ed omogenea;
    - verificare assieme la situazione concreta dei giovani, per vivere l'annuncio nel rispetto della maturità di vita e di fede dei destinatari (RdC 75);
    - progettare una serie di interventi pastorali espliciti per evitare la pericolosa tendenza di ridimensionare le proposte educative e pastorali, per adeguarle alle richieste dei giovani. Si tratta di «educare i giovani a chiedere», non di adeguare le proposte al disimpegno del richiedente...;
    - concretizzare mete operative (globali e intermedie) per favorire un cammino in avanti preciso e in continua crescita.

    LA SCELTA Dl UN METODO ADEGUATO

    Abbiamo scelto un progetto globale, educativo e pastorale, con cui qualificare dall'interno la «scuola cattolica»: l'educazione alla fede all'interno di una educazione umanizzante. E' un obiettivo che salva l'ispirazione cristiana della scuola e, nello stesso tempo, è rispettoso della graduale crescita dei giovani.
    Tutto questo è sul piano dei contenuti: si richiamano, in sintesi, linee teologiche e antropologiche che ogni educatore dovrà approfondire, nella sua comunità educativa, per acquisire una reale mentalità di integrazione tra fede e vita.
    Questa scelta contenutistica va però tradotta in prospettive metodologiche, altrimenti non passa nella conduzione ordinaria della scuola. E' il compito che direttamente compete alla «programmazione».
    Ogni scuola fa le sue scelte concrete di metodo. Lo richiede il pluralismo di situazioni specifiche che caratterizza le diverse «scuole cattoliche», tenendo ben presente però che nessun metodo è neutrale: ogni metodo richiama e invera i contenuti a cui appella e che traduce. Salvo il pluralismo, ci sono alcune «tendenze» che desideriamo sottolineare, perché ci sembrano pregiudiziali a tutto il nostro progetto educativo. Si tratta di opzioni metodologiche che stanno quasi a monte delle singole scelte concrete che ogni scuola è chiamata a progettare.
    Non ne facciamo una trattazione esplicita, ma solo un «indice ragionato», rimandando il lettore interessato ad una nostra pubblicazione che riprende e sviluppa questi argomenti: Centro Salesiano Pastorale Giovanile, Fare pastorale giovanile oggi, LDC 1975, pp. 240.

    Un metodo educativo ascendente

    La proposta contenuta in queste pagine si traduce metodologicamente in un processo educativo di tipo ascendente: l'attenzione è spostata dalla «dottrina» da comunicare alla «vita» da condividere.
    Il giovane ha una concretezza immediata e urgente. Ciò che tocca con le mani, ciò che vive quotidianamente nell'ambiente di maturazione e di studio: questa è la sua vita concreta. Di qui deve necessariamente passare ogni stimolo di educazione umanizzante, l'annuncio di fede e l'esperienza religiosa.
    Troppo spesso la sua vita è «rubata»: gli sfuggono i grossi valori che sta vivendo, tanto è afferrato da fatti urgenti, da una crescente emarginazione, dalla facile strumentalizzazione di cui è fatto oggetto. E' necessario guidarlo ad avvertire gli interrogativi seri che la vita gli pone, guidarlo a scoprire il significato di gesti e di scelte che lo affascinano; aiutarlo a cogliere il senso religioso della sua vita, e renderlo così aperto e disponibile alla proposta di fede che gli deve apparire come una «apertura ai propri problemi, una risposta alle proprie domande, un allargamento ai propri valori e insieme una soddisfazione alle proprie aspirazioni». A queste condizioni «diventerà agevolmente motivo e criterio per tutti le valutazioni e le scelte della vita» (RdC 52). E' opportuno aggiungere che questo «partire dalla vita» non può assolutamente essere una tattica, l'ultimo ritrovato pedagogico per rifarsi una credibilità, difficile in altre prospettive. E' questione di autenticità: «si tratta di un vasto impegno di coerenza al Vangelo, dalla cui attuazione dipende la sorte stessa del cristianesimo, particolarmente presso le generazioni dei giovani» (RdC 97). Partire dalla vita significa rispettare il ritmo di evangelizzazione del povero: il povero prende coscienza della sua situazione, cerca la salvezza, incontra Dio che lo vuole salvare in Cristo, aderisce a Cristo e si fa collaboratore nel Cristo per la sua e l'altrui salvezza integrale.
    In «Fare pastorale giovanile oggi», il cap. «Dalle situazioni di vita all'esperienza di fede» riprende queste affermazioni e le sviluppa in una serie di indicazioni metodologiche coerenti, sia per guidare la comprensione profonda della vita quotidiana, sia per realizzare una evangelizzazione corretta e consequenziale.

    In un itinerario a tre direzioni

    Crediamo alla necessità di far crescere il giovane in uno sviluppo armonico e organico di tutto se stesso. Un uomo disarticolato non riuscirà mai ad essere «figlio di Dio» in pienezza: il dono della fede integra, non supplisce la crescita umana.
    Per evitare sovrannutrizioni educative e conseguenti sottoalimentazioni in altri settori, parliamo di tre mete con cui descrivere il processo di crescita integrata di fede e vita.
    L'obiettivo è perciò su tre aree di azione, in reciproco collegamento verso l'unità interiore della persona:

    - La sfera della progettazione di sé (che chiamiamo vita teologale o della «coscienza-mentalità» e che viene normalmente servita attraverso la «catechesi», nel senso più ampio del termine): per raggiungere un progetto di sé in cui la fede sia dentro, come principio di radicale novità.

    - La sfera dell'azione nella storia (che chiamiamo vita liturgica o della «attività-liturgia» per indicare il collegamento esistente tra lo spontaneo interventismo giovanile e il mistero della pasqua di Cristo che «fa nuove tutte le cose»; questa sfera viene normalmente servita mediante la funzionalità educativa riconosciuta alla «prassi», un modo veramente «pasquale» di vivere la liturgia, la preghiera e i sacramenti): per raggiungere la dimensione di impegno storico, nella vita, conservando in esso, chiaramente, l'identità specifica del cristiano e lo spazio irrinunciabile della preghiera e della pratica sacramentale.

    - La sfera della appartenenza-esperienza ecclesiale (che chiamiamo vita ecclesiale o della «comunione» e che viene normalmente servita mediante una matura e aperta esperienza di gruppo ecclesiale): per raggiungere quel senso di appartenenza alla Chiesa, cosi rilevante nella maturità del giovane cristiano, attraverso la maturazione della spontanea ricerca di vita comunitaria.

    In «Fare pastorale giovanile oggi», il cap. «Le mete per una pastorale giovanile attuale» analizza le singole mete per descrivere:
    - il significato e i contenuti,
    - i problemi che l'attuale situazione pone,
    - gli interventi a cui è chiamata la comunità educativa, in vista di una pianificazione pastorale adeguata.

    Ci pare il capitolo più importante e più concreto, a cui possono riferirsi gli educatori della «scuola cattolica», per una programmazione educativa e pastorale, finalizzata all'integrazione tra fede e vita.


    T e r z a
    p a g i n A


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