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    Problemi educativi sull'orientamento vocazionale-professionale



    Luciano Cian

    (NPG 1975-05-02)

    Ogni giovane è chiamato ad elaborare il proprio progetto di sé: le esperienze che segnano la vita quotidiana si collegano l'una all'altra in una catena esistenziale che costruisce il personale processo di autodefinizione. Ma, in questo difficile cammino, la guida educativa è di capitale importanza.
    Parlare di guida educativa significa affermare la necessità di un orientamento, di quel processo cioè mediante il quale le strutture educative di una istituzione sociale (o dell'insieme delle istituzioni) guidano la persona in fase di crescita, nella ricerca della sua identità personale, attraverso le scelte che egli dovrà fare nei diversi momenti del suo sviluppo. Il tema riveste una importanza tutta particolare, in un progetto di pastorale giovanile come il nostro, in cui il punto di perno di tutto il sistema è la elaborazione di un maturo progetto di sé, capace di integrare la fede come significato definitivo del proprio esistere. L'orientamento si pone, in questo quadro, come la guida privilegiata, l'atteggiamento educativo decisivo, capace di svuotare e vanificare o, al contrario, di realizzare in pienezza l'obiettivo prefissato: l'integrazione tra fede e vita.
    L'orientamento, inoltre, è «autodefinizione», processo gestito in proprio da ogni persona che cresce (ma evidentemente all'interno di alcuni criteri oggettivi di maturità) e, nello stesso tempo, è «servizio» dell'educatore e delle istituzioni educative, come abbiamo ricordato sopra. Perciò l'orientamento chiama in causa un certo modo di «dialogo» educativo, un certo tipo di presenza, l'esigenza di una piena partecipazione e condivisa gestione da parte di tutte le forze educative.
    Come si vede anche solo da questi veloci accenni, il tema è di rilevanza educativa e pastorale molto vasta:
    * indica, per esempio, il punto di arrivo del processo di «gestione sociale» nella scuola oggi in atto, per superare il semplice apparato tecnico, in vista di una piena compartecipazione al servizio di crescita della persona;
    * l'orientamento chiama in causa tutti gli educatori che a titoli diversi fanno «proposte» al giovane che cresce, per verificarne la reale intonazione «all'unità interiore della persona»;
    * l'orientamento diventa momento centrale di una pastorale giovanile «aperta» all'animazione vocazionale, perché la «vocazione», nel senso pieno del termine (così come ne ha parlato Groppo nell'articolo comparso sul numero di marzo della rivista), fiorisce su un corretto processo di orientamento. Il tema coinvolge perciò tutto il discorso sull'educazione alla professione e alla assunzione di speciali responsabilità in vocazioni di servizio aperto e preciso;
    * l'orientamento, infine, chiede un confronto sulla maturità dell'educatore, per misurare la sua oggettiva capacità di essere «stimolo» alla crescita responsabile e decondizionata di ogni persona.
    Molti e diversi «motivi» per leggere questo intervento nel quadro di problematiche che la rivista ha all'ordine del giorno: la figura dell'educatore, vocazione e professione, integrazione tra fede e vita nel progetto di sé.

    Lo sviluppo delle scienze psicopedagogiche, benché rapido e pregevole, non è senza dubbio esaurito. Si comprende allora quanto poco oggi si sa dell'uomo dal punto di vista psicologico e meno ancora riusciamo a dare delle descrizioni precise dei dinamismi e delle strutture di personalità di un adolescente, ancora fluttuante e in costruzione come uomo.
    Senza abbandonarci a descrizioni «filosofiche» intorno all'argomento di cui ci si occupa, accostiamo alcune ipotesi, sufficientemente sperimentate che ci portano a delle percezioni attendibili e sicure basate su elementi biopsicologici della persona nelle sue varie fasi di sviluppo, strettamente e variamente correlati con le situazioni ambientali e socioculturali.

    IL SIGNIFICATO DELL'AZIONE ORIENTATIVA

    Una delle percezioni è la seguente: al centro del sistema educativo non stanno le cose, gli strumenti, le istituzioni, le esperienze dello educatore, i beni educativi, i valori da trasmettere, i metodi ma il bambino, il fanciullo, l'adolescente, il giovane. Tale sistema è considerato un aiuto di armonizzazione al naturale e normale processo di presa di coscienza e di differenziazione di ogni singola personalità. Attorno ad essa si muovono, con interventi diversi e complementari, tutti gli educatori: scolastici (non i soli insegnanti), familiari, ambientali.
    Una seconda percezione: il fatto educativo è assimilabile ai contenuti che il termine «orientamento» ha assunto in questi anni. Esso non è soltanto e anzitutto il servizio, tutt'ora importante ed attuale, che offre una chiarificazione psicologica e dei consigli per la scelta dell'attività scolastico-professionale-lavorativa da intraprendere dopo la scuola dello obbligo in conformità con le caratteristiche del soggetto, estensivamente e scientificamente accertate, e con quelle dell'ambiente di scuola e di lavoro a lui concretamente accessibili; è essenzialmente un aiuto offerto ad una persona che si autocostruisce, che cerca di esprimere le proprie potenzialità, che si libera e autodefinisce:
    * in rapporto ad un'immagine di sé percepita sempre meno confusamente, esperimentata nei riflessi sociali del suo comportamento e proiettata nel futuro in un progetto di vita;
    * in rapporto agli altri e alla realtà sociale-comunitaria, alle strutture e istituzioni in cui non ha scelto di vivere ma si è ritrovata;
    * in rapporto ai valori assoluti che vengono proposti o ricercati.
    Questo processo di autodefinizione e di percezione di sé, degli altri, dei valori, inizia con la venuta al mondo, culmina nel periodo adolescenziale per protrarsi ancora nell'età adulta e oltre, in un cammino che termina con la morte. A quel punto ogni persona raggiunge il vertice della propria espansione spirituale che viene assunto e potenziato, per dono, nella vita eterna.
    Caratteristiche dell'orientamento sono la globalità e la continuità. Orientare vuol dire assumere il bambino, qualificabile come egocentrico e primario, dominato dalla pretesa di soddisfare immediatamente i propri desideri, dipendente dagli altri, incapace a condividere, impaziente, distruttivo, soggiogato dal «principio del piacere-dispiacere» con assenza di ogni oggettivazione della realtà; assumere per guidare verso stadi più maturi, nei quali la sua personalità in crescita percepisca le distanze che separano la rappresentazione. soggettiva dalla realtà oggettiva, le possibilità di soddisfazione entro certe condizioni, il bisogno addirittura di rinuncia e di sacrificio per non rompere una presenza affettiva, una collaborazione. La percezione che «il principio della realtà fisica e sociale» impone un modellamento meticoloso delle proprie esigenze e l'integrazione della sfera affettiva nella personalità totale. Lo sviluppo del campo razionale permette al soggetto in crescita, già dall'adolescenza, di vedersi come «un frutto» orientato verso la acquisizione di beni sempre meno parziali e sempre più elevati, considerando non gli aspetti utilitari del bene, ma il suo significato in quanto valore, in rapporto al bene integrale e agli altri che sono visti come degli «io totali». «Il principio del valore» eleva la persona al di sopra degli interessi e scopi egoistici; il bene dell'altro è vissuto come un bene proprio; le forze di attrazione e di aggressività diventano forze di amore e di progresso in un incontro reciproco, armonico, soddisfacente.
    Momenti di ricerca, di informazione su se stesso e sull'ambiente in generale e scolastico-professionale in modo specifico, formulazione di ipotesi, esplorazioni, tentativi, scelte provvisorie, verifiche e sostituzioni: sono i vari elementi che conducono un giovane verso i 18-20 anni a trovare l'immagine di sé o l'ideale di sé realizzato in un posto di lavoro stabile, in una facoltà universitaria che soddisfa, in un impegno di vita carico di responsabilità (matrimonio, vita di speciale consacrazione, sacerdozio, impegno apostolico-missionario...).
    In altre parole l'orientamento è un itinerario di maturazione per costruire un «io» funzionale ed equilibrato, soddisfatto nelle scelte scolastico-professionali-lavorative (ampiezza minima dell'orientamento) e nel modo di assumere la propria esistenza all'interno di queste scelte (ampiezza massima dell'orientamento).

    I CRITERI FONDAMENTALI DELL'ORIENTAMENTO

    Come può arrivare un adolescente a ritrovare se stesso in una scelta scolastica-professionale-lavorativa o in uno stile di vita stabile, in modo tale che la immagine di sé sia in accordo con le esigenze ambientali e i valori? L'azione educativa è pertinente se si muove come metodo e come coscientizzazione graduale in tre precise linee di azione che ispirano i criteri dell'orientamento:
    * la conoscenza o coscienza di sé e la percezione «esperienziale» delle proprie possibilità di realizzazione;
    * la conoscenza della società nelle sue implicanze umane, sociali, culturali, tecnico-organizzative, professionali;
    * la presa di coscienza dei valori mediante un'apertura critica nella presente situazione pluralistica, con possibilità di accettare, nella storica situazione del cristianesimo, la dimensione religiosa-soprannaturale.

    Un primo passo: la percezione e l'esperienza di sé

    Essa scaturisce dalla presa di coscienza:
    - delle proprie attitudini;
    - dei propri interessi;
    - della propria personalità di base.
    Le attitudini sono un complesso ereditario ed acquisito di doti e potenzialità che si vanno a poco a poco specificando nel periodo evolutivo e che servono a svolgere bene un compito determinato, un lavoro. Sono capacità che con l'esercizio rendono facili e soddisfacenti i propri progetti. A titolo esemplificativo si possono distinguere attitudini sensoriali-percettive (sensibilità tattile, termica, muscolare, olfattiva, visiva, uditiva, cromatica, cinestetica...), attitudini psicomotorie (destrezza manuale, coordinazione occhio-braccio-mano, impulso-esecuzione...), attitudini intellettive-scolastiche (verbale, numerica, percettiva, spaziale, attentiva, critica, creativa...).
    Gli interessi sono sensazioni di piacere destate da attività particolari sperimentate con il pensiero e con l'azione. Attivano nell'animo dell'adolescente un potente bisogno di prolungare ed approfondire il rapporto con l'oggetto percepito come piacevole. L'interesse stimola molto l'attività che piace; alleggerisce la fatica di un lavoro, moltiplica i risultati e garantisce una costante base di soddisfazione, essenziale perché la persona perseveri a lungo nell'attività senza scompensi di ordine psichico. Per esemplificare ecco alcune aree di interessi: letterario, sociale, persuasivo, politico, amministrativo-statistico, scientifico, tecnico-meccanico, musicale...
    La conoscenza della personalità è assai più complessa. La gioventù di oggi sta vivendo un momento di passaggio da valori familiari-ambientali a valori personali (dal familismo al personalismo). È una gioventù più critica, più creativa, più estroversa, esistenziale, consapevole della propria individualità, più sensibile a valori come l'autonomia, la partecipazione... Non di rado però notiamo la presenza di sintomi non positivi: eteronomia, mobilità affettivo-comportamentale, dispersione e confusione, distorsioni della personalità e delle relazioni interpersonali. La percezione della dinamica della personalità e dei processi specifici che presiedono allo sviluppo armonico dell'adolescente è una condizione che facilita la presa di coscienza di sé, permette di dare un nome alle eventuali tensioni, di veder chiaro nel groviglio dell'inconscio e dei meccanismi di difesa che sono dei procedimenti di cui l'io si serve per proteggersi da rappresentazioni inammissibili e da conflitti interni penosi. Questo aiuto rientra nella sfera delle facilitazioni che un'educazione liberatrice offre ad un adolescente che si autodefinisce, specialmente in rapporto al bisogno fondamentale di amare; la storia di ogni persona è la storia di questo bisogno e di questa capacità.

    Un secondo traguardo: la conoscenza della società

    Nel processo di maturazione di un adolescente, il gruppo e l'ambiente hanno una particolare importanza: il modo individuale di dominare l'esperienza è una variante del modo con cui i membri del proprio ambiente la dominano. Sviluppando la propria identità un adolescente si integra contemporaneamente nella identità del suo gruppo sociale, dal quale viene riconosciuto e sostenuto. Tra la persona e l'ambiente vi è un'interazione continua e senza questo appoggio e riconoscimento l'identità cede il posto al sentimento di dispersione, provocando divisione nell'immagine di sé, mancanza di centralità e timore di dissoluzione.
    In uno sviluppo regolare avviene un passaggio progressivo dalla fase egocentrica, con cui viene percepita tutta la realtà anche sociale, alla fase di idealizzazione, che porta in genere a scoprire solo alcuni aspetti del reale ideolizzandoli, alla fase sociocentrica, in cui vi è un accostamento del proprio essere a quello altrui in modo oblativo: la realtà scolastica, professionale e lavorativa viene assunta con senso di responsabilità, con oggettività, con capacità di rinuncia all'ottimale per sé, quando è in gioco il bene altrui e il servizio comunitario. Per aiutare il processo di sviluppo della dimensione sociale che sta al fondo di ogni individualità, sono molto utili tutte le informazioni e le prese di contatto con la realtà umana, ambientale, tecnico-organizzativa, sindacale, politica, religiosa.

    Un terzo obiettivo: la presa di coscienza dei valori

    È il terzo aspetto che solitamente è meno considerato ma che in realtà sta al vertice del processo orientativo. I valori sono i criteri secondo i quali una persona giudica l'importanza delle cose, dei modelli culturali e di comportamento, dei fini, dei mezzi che l'ambiente propone. Formulare a se stessi, con chiarezza, il quadro dei valori su cui poggia la propria esistenza, assimilare un punto di riferimento stabile e centrale del proprio agire vuol dire dare unità alla propria personalità, sicurezza nell'incontro con situazioni nuove, capacità di puntare ad un certo tipo di impegno e di successo anziché ad un altro, identità sessuale pacificata, ricerca di reciprocità in dimensione oblativa, salvaguardia del proprio stile di vita contro le minacce di ogni specie.
    In caso contrario c'è povertà, confusione, insicurezza, paralisi psichica e spirituale. Il centramento su valori riconosciuti validi provoca atteggiamento critico e rifiuto di quelli riconosciuti non umanizzanti. I valori oltre che difendere la propria integrità, promuovono la realizzazione di sé, esattamente là dove la maturità di una persona si misura continuamente e cioè: nel lavoro-professione-stile di vita (vocazione) e nella capacità di amare.

    IL RUOLO DELL'EDUCATORE NELL'ATTIVITÀ EDUCATIVA-ORIENTATIVA

    Riaffermato il principio che al centro del sistema educativo sta il soggetto come responsabile numero uno di ogni scelta o cambiamento (tenendo conto delle sue varie fasi di sviluppo che esigono una presenza-guida variamente modulata) troviamo attorno a lui la famiglia, la scuola, la comunità umana ed ecclesiale come cause dispositive ed esemplari, la società globale come ambiente culturale con l'insieme di tutti gli operatori che creano «variabili» e ff interferenze», liberanti o meno, al di fuori dei tempi strettamente familiari-scolastici-ecclesiali; troviamo gli operatori psicologi dell'orientamento che si pongono a fianco dello adolescente, della famiglia e della scuola per illustrare situazioni personali e collettive, suggerire mezzi didattici e pedagogici per lo sviluppo pieno del soggetto.

    Una relazione educativa soddisfacente

    Queste riflessioni possono rimanere nell'astratto se l'operatore non le traduce in strumenti e in situazioni concrete. Per facilitare questo passaggio e comprendere perciò a fondo il senso dell'orientamento, aggiungiamo altre suggestioni interessanti a completamento delle precedenti.
    In pratica la guida non è guida, l'orientamento non è orientamento senza un rapporto interpersonale soddisfacente. La relazione umana è legata anzitutto ad una positiva considerazione che l'educatore deve avere di sé, e poi ad una valutazione di sé non condizionata da un quadro di valori esterni (successo, stima, appoggio altrui...), ma legata ad un quadro di riferimento interno e personale (riconoscere quello che si è oggettivamente, autovalutarsi in modo autonomo, con libertà esperienziale, e cioè con percezione aperta delle proprie esperienze, senza negarne nessuna con meccanismi di rifiuto o difensivi). In altre parole un simile educatore è una persona che ama e capisce se stesso.
    Occorre poi che sappia «comunicare» all'adolescente la stessa considerazione incondizionata e positiva. Come? Bisogna che desideri e acconsenta di mettersi a contatto con lui, facendogli percepire questo desiderio e questo bisogno perché anch'egli non rifiuti l'incontro e la comunicazione, fermo restando il punto fondamentale: che l'educatore già viva in accordo con se stesso, che sperimenti già quel sentimento di considerazione positiva sia verso di sé sia verso l'altro con cui intende comunicare. Questa disponibilità di base impedisce al rapporto di tradursi in termini di aggressività perché entrambi esperimentano una fondamentale congruenza e sincerità di fondo. Allora nasce una comunicazione effettiva, caratterizzata da una progressiva stima reciproca e dalla confidenza che permette la trasfusione nell'altro dei propri sentimenti, delle proprie esperienze.
    Nel settore educativo ci sono risultati poco consolanti quando manca la comunicazione; tale carenza è sintomo patologico di una relazione umana difensiva, aggressiva, non creativa; ogni tentativo per comunicare diviene motivo di ulteriori rotture e separazioni. Qui si ferma e deteriora il senso dell'orientamento.
    A chi ha il compito di mettersi accanto ad un altro per aiutarlo a realizzarsi pienamente si richiede:
    * maturità affettiva che è quella particolare capacità di mettersi al servizio dell'altro e dei suoi valori perché si sviluppino;
    * equilibrio generale interno che è quel normale controllo (senza repressione) delle principali fonti di conflitto (nella sfera morale - sentimenti di colpa, paure, rigidità, perfezionismo, intolleranza - ; nella sfera sessuale - distorsioni psico-organico-comportamentali - ; nella sfera della aggressività - autoritarismo, compulsività, egocentrismo, insaziabili esigenze di affetto, di prestigio, rivalità, vendette, non accettazione - ; nell'area della tolleranza delle frustrazioni...);
    * capacità di empatia come capacità di immergersi nel mondo soggettivo di un'altra persona e di partecipare alla sua esperienza in tutta la profondità consentita dalla comunicazione verbale e non verbale;
    * oggettività che è l'attitudine al contatto con la realtà senza che il giudizio sulle cose o sugli avvenimenti venga turbato eccessivamente da elementi emotivi;
    * motivazioni autentiche e cioè la coscienza della propria missione fondata su centri direzionali validi, secondo un'autentica tendenza ad essere-per-l'altro, con esclusione di compensazioni di ogni specie;
    * esemplarità che richiama il bisogno di incarnare in forma viva il mondo dei valori che si vogliono comunicare efficacemente;
    * competenza che sottolinea quella capacità a stabilire un rapporto di reciprocanza con l'adolescente; questo rapporto costringe l'educatore a maturare continuamente, a cercare ancora, ad evolvere, a mantenersi in uno stato di fluidità spirituale che gli permette di essere sempre «nuovo» con ogni adolescente, ad adattarsi a ogni sua tappa e ritmo, a situarsi in una posizione fondamentale che accoglie come necessaria la formula e i presupposti della educazione permanente. È più importante che l'educatore sia un modello di competenza che un modello di comportamento.
    Per concludere si può dire che un educatore-orientatore si muove all'interno di questa dinamica: amore autentico ragionevolmente manifestato, accompagnato dallo sforzo costante di comprendere «empaticamente», mediante la accettazione incondizionata di sé e dell'altro, e la considerazione positiva sia di se stesso come dell'altro. Qui sta il cuore del «sistema preventivo» di Don Bosco, condensabile nel termine da lui varie volte usato: «amorevolezza». Essa permette il superamento delle differenze di età, di cultura, le differenze etniche, di linguaggio, di sesso perché prescinde in certo senso dagli aspetti più esteriori della persona per mettersi sulla lunghezza d'onda dell'altro, amato per se stesso, disinteressatamente.

    Conoscere per comprendere o comprendere per conoscere?

    Il dilemma non è ozioso. Volendo essere conseguenti dovremmo dire che il massimo di comprensione equivale al massimo di conoscenza e che questa non si commisura con le tecniche, anche le più avanzate, ma al grado di amore educativo, di riconoscimento della personalità dell'adolescente, di rispetto per i suoi sentimenti, desideri, progetti ed iniziative, di stima e interesse per le sue realizzazioni, di serenità di fronte alle sue condotte indesiderabili, di uso corretto dell'autorità in atteggiamento democratico, di sforzo per ridurre al minimo le situazioni in cui si sente «inferiore», di percezione dei ritmi di crescita e dei tempi di maturazione per esigere un rendimento proporzionato alle sue capacità e ai suoi livelli espressivi.
    Nella nostra concezione dell'orientamento accettiamo lo sforzo dell'educatore di «conoscere» l'adolescente concreto con cui si rapporta. È ragionevole desiderare di conoscerlo con l'aiuto delle scienze umane (biologia, neurologia, endocrinologia, psicologia, sociologia) purché si assumano i dati nei limiti propri di queste scienze e delle loro metodologie. Tali scienze sono ausiliari e rapportate ad una fase «descrittiva» della realtà dinamica dell'adolescente, della sua variabilità recettiva di fronte ai valori e ai mezzi educativi. Spetta alle scienze deontologiche (filosofia e teologia) e a quelle metodologiche (didattica, pedagogia...) proporre le une i fini, le altre i metodi, gli obiettivi e i procedimenti adatti.
    Gli stessi dati descrittivi in mani diverse danno diversi risultati. I dati della psicologia, per esempio, sono una descrizione del modo con cui «funziona», psichicamente una persona, come percepisce, impara, ricorda, decide; è un aiuto per comprendere più oggettivamente le caratteristiche e le possibilità (intellettuali, emotive, temperamentali) dell'adolescente e così offrire utili indicazioni per la individualizzazione dell'intervento educativo-orientativo-didattico.
    Vi sono insegnanti preparati e desiderosi di questo aiuto psicologico e se ne servono con molta abilità e spirito di servizio; altri invece che non sanno valersi di questi mezzi per giusti fini e così impoveriscono il loro lavoro che diventa selettivo; le informazioni psicologiche servono per questi ultimi ad andare più lontani dalla pratica educativa e ad una affrettata applicazione di leggi generali ai casi particolari. I dati particolari e le leggi generali offrono quadri e ipotesi per i processi psichici e per l'orientamento; occorre però assumerli in senso dinamico e come motivo di confronto e verifica per un costante adattamento allo sviluppo dell'adolescente e ai suoi ritmi; il che obbliga l'educatore ad essere costantemente attento alle proprie sicurezze per eliminarle o modificarle o mantenerle.
    Solo un educatore che ha la coscienza di essere «incompiuto» e di dover continuamente «morire» ai propri schemi aprioristici può riuscire ad assumere ogni elemento che gli viene dall'esterno, per operare efficacemente nell'orientamento sia generale alla vita, sia professionale e scolastico.

    Attenzione alla teoria di base che orienta i propri metodi

    Ogni educatore, in modo più o meno riflesso, possiede in proprio una teoria della personalità, una concezione dell'orientamento che sta al fondo dei metodi che usa. Esserne cosciente per contestarla, correggerla, ampliarla, modificarla è un segreto per rendere i propri sforzi positivi. In genere una teoria della personalità non tiene conto di tutte le dimensioni della personalità umana; ad esempio l'elemento sociale talvolta domina tutto o quasi l'orizzonte dei propri interventi; oppure è carente l'inserimento della dimensione religiosa o l'apertura al soprannaturale che è uno dei dinamismi essenziali dell'essere umano nell'ordine storico in cui ci ha posto la venuta di Cristo e il suo mistero pasquale...
    La coscienza della propria teoria di fondo permette all'educatore interventi che non vanno a mira di naso, che non sono debitori del solo buon senso o dell'esperienza, perché tutti sanno quanto l'esperienza sia preziosa e contemporaneamente limitante e condizionante le percezioni ulteriori e nuove.

    Uno spirito educativo nuovo per dei giovani nuovi

    Le scelte scolastico-professionali-lavorative di un adolescente oggi stanno diventando un problema educativo assai urgente; diremmo anzi che educare o agire pastoralmente senza tener conto di ciò che rende matura la vita di una persona-realizzata sia giocare sulla pelle altrui con una leggerezza che sconfina con l'incoscienza.
    In due ricerche su un campione di ragazzi di III media e di scuola superiore nella regione Ligure, abbiamo riscontrato una significativa situazione: una percentuale rilevante dei soggetti intervistati, con questionari opportunamente studiati (circa 83%), pone in primo piano, tra le tante questioni che interessano la loro età e maturazione, la preoccupazione per la scuola, lo studio e il lavoro: in una parola il loro orientamento scolastico-professionale-lavorativo. In sintesi sembra che il campione accostato rivolga un invito agli educatori di accompagnarli con precisi «codici N e informazioni attendibili:
    - per avere delle prospettive sul futuro scolastico-professionale in tal modo da superare uno stato d'animo confusionale;
    - per avere sicurezze sufficienti in queste prospettive onde superare il disagio dell'incertezza;
    - per sperimentare su fonti di prima mano qualcosa di concreto nei riguardi del proprio futuro per superare possibili identità negative;
    - per anticipare in certo modo il successo con l'immaginazione creatrice ed evitare quel margine di irrealismo che mentre costituisce una spinta verso l'utopia ha bisogno di essere salvato da possibili paralisi o dalla lentezza di fronte alle difficoltà del reale;
    - per polarizzare il proprio stile di vita intorno ad alcuni valori dominanti e ben definiti che danno senso alla vita e impediscono la confusione di ideali.
    È interessante notare quanto la nuova generazione di ragazzi e giovani (senza voler generalizzare troppo il nostro elaborato), in una regione piuttosto statica. senta il bisogno di informazione sulle prospettive dell'avvenire, per dare significato alla propria vita, confrontare determinati valori del passato per assumerli o rifiutarli nel progetto scolastico-professionale-lavorativo o reinterpretarli.
    In realtà questo problema, se bene affrontato, diventa un fattore coesivo della personalità individuale dal punto di vista della socialità; l'identità collettiva sostiene quella individuale e raduna le energie di un adolescente in modo dinamico. Per contro, la mancanza di polarizzazione in un ideale rende quasi impossibile un impegno irreversibile e la scelta di una vocazione. La non concentrazione significa confusione.
    Nella nostra ricerca è anche interessante notare come il desiderio intenso di chiarificazione dal punto di vista del futuro, si colleghi con una crescente maturità (sebbene in una percentuale inferiore alla precedente), sul piano della gerarchizzazione dei valori e col rifiuto di un ripiegamento su pseudo-valori di tipo consumistico o competitivo. Di fatto questi non salvano dalla disintegrazione psicologica.

    ORIENTAMENTO COME IMPEGNO PER L'EDUCATORE

    Molte riflessioni possono sfuggire ad uno sguardo superficiale o sembrare lontane dalla concretezza. Hanno tuttavia il pregio probabilmente di rimuovere certe sicurezze e fanno comprendere che una educazione che viaggia sulle ali della sola buona volontà, del solo cuore o degli entusiasmi non è capace di ritrovarsi davanti all'adolescente concreto di oggi. La storia corre rapidamente Occorre adottare strumenti nuovi e adatti a facilitare la comprensione della realtà e l'analisi dei fatti per poter fare le debite distinzioni, le interpretazioni adeguate; per regolare le risposte educative in rapporto alle attese che vanno oltre alle attuali possibilità offerte dal sistema e dalla cultura dominante; per introdurre progetti educativi che abbraccino dimensioni collettive, metodi di intervento che superino le frustrazioni legate a utopie non possibili o gli slittamenti verso l'integrazione.

    L'educatore, una persona nuova

    L'educatore deve rimanere in costante comunicazione con la realtà sociale, tentando continuamente una sintesi e una visione unitaria dei problemi per offrire all'adolescente la capacità di cogliere nella globalità i problemi, le possibili realizzazioni e le prospettive di scelta o di impegno.
    Non è facile questa posizione di intermediario tra le proposte che l'adolescente riceve o dall'alto, o da molteplici condizionamenti sociali e i richiami di nuovi rapporti con il lavoro, con la produzione e il consumo, con il ruolo professionale e il sistema sociale. Questa sua mediazione non prevede, a nostro parere, l'immissione di inutili aggressività nel cuore dell'adolescente, che può essere agevolmente strumentalizzata catalizzando le sue forze esplosive e contestatarie in direzione rivoluzionaria, violenta e immediatamente conflittuale. Prevede invece la formazione di una nuova mentalità, di una coscienza che quando coglie il senso del ruolo professionale o scolastico o lavorativo, progetta immediatamente i propri compiti nella direzione del servizio, del bene comune, del cambio, con una caratterizzazione esplicita in termini di liberazione di sé, degli altri, delle strutture anche se ciò potrebbe significare andare «controcorrente», o dover aspettare e attendere realizzazioni intermedie.
    Tutto ciò comporta chiaramente la formazione di una coscienza critica da favorire nell'adolescente mediante l'apertura verso una visione chiara della spinta limitante e cristallizzante di un certo tipo di scuola, di un certo tipo di insegnamento, di un certo tipo di università, di lavoro...
    - L'educatore è una persona che si aggiorna continuamente, che non ha paura di leggere qualche volume impegnativo e quegli articoli più interessanti che tendono a vedere la realtà più dal punto di vista del futuro che dal punto di vista del passato. Aggiornarsi è scegliere di rivestire un ruolo di presenza equilibratrice fra le spinte utopiche e le esigenze della realtà quotidiana senza diventare un massimalista o un anarchico o un reazionario o un intransigente. Chi si aggiorna è più capace degli altri a camminare con la realtà e perciò a cogliere il processo educativo nelle sue caratterizzazioni più chiare che sono: la lentezza e la gradualità insieme alla continuità. Un educatore (insegnante e non) aggiornato fa quanto è necessario perché il cammino sia sempre in avanti.
    La sensibilità di un educatore «nuovo» si può identificare con quella «duttilità» spirituale che sta al fondo di una giovinezza perenne. È su questa plasticità interiore che riesce a fare quel difficile «missaggio» tra gli adulti e i giovani, chiamando questi ultimi a partecipare a tutti i momenti dell'attività educativa, ancorandosi alla realtà ma tendendo in avanti.
    - L'educatore oggi rifiuta le posizioni «neutrali». I margini di neutralità a cui la cultura dominante ci ha ormai abituati sono molto ampi e tutto è studiato (già a livello di mezzi di comunicazione e di informazione) perché tali margini aumentino sempre più. Di fatto però quando si tratta delle scelte più grosse da fare non prendere posizione è già fare una scelta. Una non-scelta non esiste a livello scolastico-professionale-lavorativo perché ogni ruolo si sostiene su determinati valori che tendono a diventare fondamentali. Affidare perciò a certi valori anziché ad altri il ruolo di coordinamento e di sintesi unitaria per arrivare ad una oggettività percettiva in tal modo che lo psichismo non sia disturbato da esagerate tensioni (che a livello adolescenziale sono sovente legate alle esigenze dell'utopia in contrasto con quelle dell'efficienza immediata): questo vuol dire aiutare un adolescente a progettare in termini di impegno fortemente sostenuto dalla fede nella liberazione di sé e degli altri e dalla speranza in un futuro migliore.
    - L'educatore vive in profondità il proprio inserimento nella storia. Da essa parte per proporre il cammino di cui ogni persona è allo stesso tempo depositaria e rinnovatrice. La tradizione conserva la sua caratteristica formativa e qualificante; si deve ricollegare tuttavia con lo sforzo reinterpretativo che chiama in causa il futuro che illumina di luci nuove sia il presente come anche il passato; la storia per un adolescente paradossalmente sta più nel futuro che nel passato poiché offre non rimpianti ma speranze, assicurando, nonostante tanti motivi di pessimismo e di delusione, sufficienti certezze di riuscita.
    - Infine ogni educatore, familiare, scolastico, operatore sociale, deve essere cosciente che la sua opera in tanto è valida in quanto si colloca all'interno di un sistema di aiuto a cui ognuno in particolare fa riferimento. Il dialogo tra tutti gli educatori diventa oggi una condizione indispensabile per una crescita in avanti; e più gli educatori cercano la coesione e l'intesa (morendo alle loro sicurezze, accettando l'onda di ritorno delle risposte dell'adolescente stesso) più assicurano l'aderenza al processo educativo in chiave professionale-lavorativa. La professione come realizzazione di sé e degli altri, è l'espressione matura di un progetto educativo portato avanti insieme, nella convergenza di tutti gli ambienti naturali (famiglia, scuola, lavoro, gruppi, formazione extrascolastica...) attorno ad un soggetto che si autorealizza e si autodefinisce.


    T e r z a
    p a g i n A


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