Attesi dal suo amore
    Proposta pastorale 2024-25 

    MGS 24 triennio

    Materiali di approfondimento


    Letti 
    & apprezzati


    Il numero di NPG
    luglio-agosto 2024
    600 cop 2024 2


    Il numero di NPG
    speciale sussidio 2024
    600 cop 2024 2


    Newsletter
    luglio-agosto 2024
    LUGLIO AGOSTO 2024


    Newsletter
    SPECIALE 2024
    SPECIALE SUSSIDIO 2024


    P. Pino Puglisi
    e NPG
    PPP e NPG


    Pensieri, parole
    ed emozioni


    Post it

    • On line il numero di LUGLIO-AGOSTO di NPG sul tema degli IRC, e quello SPECIALE con gli approfondimenti della proposta pastorale.  E qui le corrispondenti NEWSLETTER: luglio-agostospeciale.
    • Attivate nel sito (colonna di destra "Terza paginA") varie nuove rubriche per il 2024.
    • Linkati tutti i DOSSIER del 2020 col corrispettivo PDF.
    • Messa on line l'ANNATA 2020: 118 articoli usufruibili per la lettura, lo studio, la pratica, la diffusione (citando gentilmente la fonte).
    • Due nuove rubriche on line: RECENSIONI E SEGNALAZIONI. I libri recenti più interessanti e utili per l'operatore pastorale, e PENSIERI, PAROLE

    Le ANNATE di NPG 
    1967-2024 


    I DOSSIER di NPG 
    (dall'ultimo ai primi) 


    Le RUBRICHE NPG 
    (in ordine alfabetico
    e cronologico)
     


    Gli AUTORI di NPG
    ieri e oggi


    Gli EDITORIALI NPG 
    1967-2024 


    VOCI TEMATICHE 
    di NPG
    (in ordine alfabetico) 


    I LIBRI di NPG 
    Giovani e ragazzi,
    educazione, pastorale

     


    I SEMPREVERDI
    I migliori DOSSIER NPG
    fino al 2000 


    Animazione,
    animatori, sussidi


    Un giorno di maggio 
    La canzone del sito
    Margherita Pirri 


    WEB TV


    NPG Facebook

    x 2024 400


    NPG X

    x 2024 400



    Note di pastorale giovanile
    via Giacomo Costamagna 6
    00181 Roma

    Telefono
    06 4940442

    Email

    Per una lettura «profonda» della quotidiana esperienza



    (NPG 1975-03-28)


    Dalle pagine di Note di Pastorale Giovanile, molte volte abbiamo insistito per una pastorale giovanile che parta dalle reali quotidiane esperienze giovanili, per inserire in questo storico tessuto la novità dell'annuncio della fede.
    Per molti educatori è un discorso ormai scontato. Hanno sensibilità e strumenti adeguati. Per altri, invece, è ancora un problema vivo: permangono grosse difficoltà, legate ad una mentalità teologica e antropologica, meno duttile di quella invece richiesta per operazioni pastorali di questo tipo.
    Per fare pastorale giovanile, certamente non basta un buon processo di lettura in profondità della esperienza. Nel cammino della fede le formule sono tutte inadeguate: chi ad esse riserva troppa fiducia, se le ritrova sgonfiate tra le mani, dall'irruenza dello Spirito o dal condizionamento della libertà giovanile.
    Sul piano metodologico, le difficoltà inoltre affiorano spesso nel passaggio tra la lettura dell'esperienza e l'annuncio della fede. I giovani che avevano seguito con notevole interesse il cammino di approfondimento, ritornano distratti, disinteressati, quando il discorso si apre allo specifico dell'essere cristiano. Perché? Molti sono i motivi. Più di uno può essere conseguenza di un metodo scorretto di lettura della realtà.
    Per dare una mano a chi cerca di verificare il metodo e a coloro che desiderano utilizzarlo secondo linee coerenti e mature, riproponiamo, in termini concreti, qualche riflessione sulla metodologia dell'approfondimento-concentrazione (della lettura cioè «profonda ,. dell'esperienza).
    L'impegno a leggere l'esperienza è «importante», pregiudiziale, per una matura integrazione della fede con la vita storica; anche se l'educazione alla fede non coincide con questo cammino. Altri interventi sono necessari, per non svuotare la fede, riducendola ad una pratica psicologica.
    (Per una visione d'insieme, rimandiamo all'articolo «Educare alla fede nell'umanizzazione», in Note di Pastorale Giovanile, 1974/6).


    Siamo tutti d'accordo oggi sulla necessità di scegliere una strada induttiva, una «partenza» cioè dal concreto.
    Quale induttività? Quale concreto? Il concreto da privilegiare oggi nella pastorale giovanile è l'esperienza quotidiana, intesa come «luogo teologico» in cui Dio si comunica: l'esperienza non come testa di ponte, ma come contenuto della fede (RdC 77); l'esperienza come luogo in cui Dio che sta cercando l'uomo si incontri con l'uomo che va, per strade diverse, alla ricerca di Dio (RdC 198).
    Molte esperienze però hanno tutt'altro sapore di quello di essere «luogo di incontro con Dio». Hanno, per molti giovani, un fascino sinistro, che li cattura e li ingolfa.
    È davvero necessario rifletterci, con attenzione. Il quotidiano, così come è, nella sua bruta consistenza, non rivela immediatamente nessuno. E tanto meno Dio. Il quotidiano, per essere «rivelatore» della presenza operosa di Dio, va «salvato». Ci vuole l'azione di un «profeta» capace di intavolare con i giovani un discorso sulle esperienze che vivono, sugli avvenimenti di cui sono protagonisti, verso una comprensione «diversa».
    In che consiste questa «salvezza»? Proponiamo due linee su cui imbastire la risposta. Corrispondono a due «principi» pastorali che RdC ha fatto propri e raccomandato a tutti gli operatori della pastorale giovanile (RdC 174):
    - il principio dell'approfondimento
    - e il principio della concentrazione.

    UN PROCEDERE PER CONTINUI APPROFONDIMENTI

    Il quotidiano ha bisogno di essere ricondotto a livelli di profondità. La verità più vera di ogni esperienza e di ogni avvenimento, è il suo volto profondo.
    Ogni avvenimento umano ha due «facce». Una è spicciola, «visibile», registrabile con strumenti tecnici. Ed una più profonda, più intima, concretissima anche se invisibile. Un esempio banale: le parole che ogni giorno pronunciamo. Un buon registratore le sa riprodurre. Ma la loro verità è ciò che passa all'interno dell'interlocutore e del dicitore. Questo «mistero» è più grande di ogni sua espressione. La rivelazione del mistero è sempre un suo tradimento. Nonostante questi limiti, le parole sono normalmente l'unica strada per giungere a cogliere ciò che chi parla si porta dentro. Così capita per ogni nostra esperienza, dalla più banale alla più grande. Quello che appare, rivela e tradisce nello stesso tempo, quanto ci portiamo dentro, il «mistero» di noi stessi. Dio non lo si incontra nel volto appariscente delle esperienze. È dentro. È nel mistero delle cose e degli avvenimenti. L'educatore è il profeta che rivela il volto misterioso degli avvenimenti, per mettere il giovane all'ascolto della verità di se stesso e quindi in attenzione a Dio.
    Ed è un'impresa difficile. Perché tutto oggi ci porta a fermarci all'esterno: delle esperienze, degli avvenimenti, delle cose. Siamo, tutti, catturati dal fascino del superficiale, incapaci di una vera «ascesi del profondo». I giovani soprattutto. Essi sono presi dalle cose che fanno. Non è possibile chieder loro di dimenticare ciò che li interessa, per mettersi in ascolto di una proposta di fede. Sarebbe strano annunciare il Dio dell'incarnazione, chiedendo agli uditori di «disincarnarsi» dal proprio quotidiano. Non vogliamo annunciare «un altro mondo», lontano, vuoto e alienante. Ma «questo mondo» che sta a cuore, che affascina. Da comprendere e da vivere con un'intensità e profondità tale da scoprire che la verità dei propri progetti è «un'altra», più in avanti di ogni sogno, più impegnativa di ogni intervento, più sconvolgente di ogni pretesa.

    ALLA SCOPERTA DELL'UOMO NEL SUO PROGETTO: LA «CONCENTRAZIONE ANTROPOLOGICA»

    Ma non è sufficiente una buona terapia di approfondimento. Il pericolo di essere frammentari e slegati è forte, quando si parte dagli eventi o dagli interessi, così caotici ed instabili: la persona ha sempre invece una sua unità. Va riscoperta e ricostruita. Accanto e in sintonia con la via dell'approfondimento diventa inevitabile procedere per «concentrazione»: quel movimento con cui si passa dagli innumerevoli problemi ed interessi periferici nel giovane alle sue aspirazioni profonde e centrali, promotrici di tutti gli impulsi e unificanti tutte le esperienze in un nucleo centrale.
    Ciascuno di noi, in termini più o meno riflessi, ha un suo «progetto di sé»: i piccoli, grandi gesti di una giornata, sempre, sono spontaneamente ad esso collegati. Lo rendono vero, concreto, comprensibile. Dialogare con la persona significa, alla radice, entrare in rapporto con questo profondo e unificante progetto di sé: lì, davvero, il rapporto è «tra uomo e uomo». Spesso è così annebbiato questo personale progetto di sé, che neppure lo stesso protagonista riesce a decifrarlo. C'è bisogno di qualcuno che dia una mano a far luce, a capirci. Ritorna la vocazione profetica dell'educatore. In quale direzione?
    Parlare di «concentrazione antropologica» significa affermare la necessità di collegare continuamente le singole storiche esperienze con il progetto di sé di cui esse sono espressione esteriore. All'esterno si intravvede un'infiorescenza di gesti e di attese, di fatti e di avvenimenti vissuti. Ognuno di essi appella sempre ad un progetto profondo e nascosto; esso prende corpo in forza delle quotidiane esperienze, nello stesso tempo in cui queste ne sono emanazione, più o meno consapevole.
    Il rapporto tra esperienze quotidiane e progetto di sé, normalmente, è mediato da alcune esperienze-limite, quelle esperienze esistenziali in cui ogni uomo è interpellato in tutta la globalità del suo esistere storico. Proprio a questa profondità può scattare la scoperta di un Dio che salva e quindi la disponibilità ad una risposta piena e motivata, perché è questo il livello in cui la salvezza entra in dialogo con l'uomo. In questa luce viene messo in fase di giudizio il progetto di sé, viene aperto alla consapevolezza della radicale novità di Dio nel Cristo, favorendo una ristrutturazione della personalità, in cui fede e vita si integrano reciprocamente. Quali sono queste esperienze-limite?
    L'uomo concreto non potrebbe mai comprendere il senso della proposta cristiana se già nella sua vita vissuta non ci fosse una certa esperienza di ciò che vuol dire, per esempio, «speranza», «fedeltà», «colpa», «sofferenza», «gioia», «amore», «paternità», «felicità», «morte e vita». Queste sono le grandi esperienze metafisiche: i problemi esistenziali che da sempre costituiscono il luogo privilegiato per sollevare l'interrogativo sull'origine e il destino dell'uomo, il fondamento della sua personalità e il senso della sua esistenza. Queste sono le esperienze-limite a cui ricondurre le singole quotidiane esperienze. In questa soglia può avvenire una «misurazione» nuova del progetto di sé che tutte le richiama. La fede è avventura di tutto l'uomo. Le esperienze-limite sono qualificate proprio perché sono esperienze in cui tutto l'uomo si sente coinvolto. La sua esistenza è in gioco: ognuno sente interpellato il significato di sé, il proprio destino, la «vita», tutto di sé.

    IL CAMMINO VERSO IL PROFONDO: DAI FATTI AL PROGETTO Dl SÉ

    Nelle realizzazioni concrete e nel dialogo pastorale, l'educatore deve, per forza, muoversi a intuito. Non è possibile prefabbricare delle formule di approfondimento e di concentrazione, da applicare poi alla vita. Si tratta di una sensibilità pastorale da acquisire: un «fiuto» educativo che sa misurare i livelli a cui si è giunti e quelli verso cui si deve ancora tendere.
    Per dare una mano a verificare in concreto il «cammino verso il profondo», offriamo un montaggio in parallelo: da una parte le linee teoriche e dall'altra il testo registrato di un incontro giovanile.
    Non sempre i due «momenti» coincidono alla lettera. Abbiamo preferito lasciare le dissonanze, per permettere alle indicazioni tecniche di giudicare la realtà e viceversa, usufruendo di un testo «vero», non inventato a tavolino.
    L'educatore potrà misurare l'esperienza del gruppo che fa revisione di vita (il testo ritrascrive una conversazione registrata di RdV, tra giovani della GiOC di Rimini - cf «Storie di gruppi», LDC), con il piano metodologico dei «passaggi», per crearsi una sua sensibilità operativa. Tanto da abbandonare questo «tracciato freddo», nel momento in cui è stato accettato e interiorizzato.

    PRIMO PASSAGGIO: DAL FATTO TECNICO ALLA SUA DIMENSIONE UMANA

    Ogni esperienza ha un insieme di dati tecnici, facilmente registrabili: ciò che è accaduto, le reazioni del protagonista e dei partecipanti, le conseguenze e le attese spontanee... Nelle pieghe di questi fatti (che chiamiamo «tecnici» perché tecnicamente documentabili e analizzabili) si nasconde «l'uomo». Sono la strada indispensabile per raggiungerlo. L'uomo reagisce con una battuta: con ciò manifesta il suo mondo interiore. L'uomo è il suo mondo interiore, non le battute che pronuncia. L'esperienza vissuta è capita soltanto quando si raggiunge la dimensione umana sottesa agli avvenimenti tecnici. L'aspetto tecnico ha funzione di. «segno»: guida a penetrare il mistero, svelandolo e anticipandolo in alcune timide emergenze.

    Luigi: lo lavoro da poco tempo in officina. Il lavoro ci viene dato a cottimo. Il mio compagno di nome Luciano, invece, l'ha rifiutato perché dice che il lavoro a cottimo è disumano ed ingiusto. Anch'io sono d'accordo, ma cosa possiamo fare? La fabbrica è tutta basata su questo sistema di lavoro.
    Carlo: Perché il tuo padrone ti fa lavorare a cottimo?
    Luigi: Il mio padrone ha lavorato per molti anni come operaio della SCM. Poi si è messo in proprio; ha comprato dei torni, delle frese, e ha preso degli operai. Ma praticamente è ancora dipendente della SCM che gli passa in appalto il lavoro e lo paga in ragione di un tanto al pezzo lavorato. Per determinare il compenso la SCM valuta il tempo di produzione in base ai ritmi di lavoro degli operai della SCM che sono già tirati. A sua volta il nostro padrone, per garantire il suo guadagno, taglia ulteriormente i tempi nella determinazione del nostro compenso. Così noi ci troviamo a dover lavorare a cottimo, con un ritmo di lavoro superiore a quello degli operai della SCM. Io non ho niente contro il mio padrone, che in fondo è comprensivo; ce l'ho con questo sistema di lavoro che crea delle differenze e ci divide.

    SECONDO PASSAGGIO: DAI COMPORTAMENTI UMANI AI LORO SIGNIFICATI

    Non basta aver identificato l'uomo in azione nelle varie esperienze storiche. Ogni persona ha una profondità nascosta, intessuta di scelte e di motivazioni personali. Esse sono chiamate in gioco nelle singole quotidiane decisioni. L'uomo non è ciò che fa, ma, prima di tutto, il «perché» lo fa: l'uomo è il suo progetto e il suo sistema di motivazioni. Per guidare una esperienza verso il suo profondo, ci vuole un'attenzione verso il livello dei «significati» delle varie decisioni. Richiede di passare dai vari comportamenti umani ai valori esistenziali che ciascuno vive ed elabora, nel mistero della sua persona; a quelle esperienze-limite di cui si parlava, che chiamano in causa tutto di sé. Il cammino verso il profondo inverte direzione: da un approfondimento esteriore si passa ad una ricerca di interiorità, di «umanità» vera e sofferta.

    Luigi: Nella mia fabbrica il sistema del cottimo è dovuto al fatto che il mio padrone riceve il lavoro in appalto dalla SCM. È quindi l'appalto che crea, quasi inevitabilmente, il cottimo.
    Inoltre il mio padrone ha messo su un'altra fabbrica con un altro tipo di lavoro sempre appaltatrice della SCM, e quindi non può avere il tempo di controllarci. Con il lavoro a cottimo il principale viene solo a contare i pezzi e a darci lavoro nuovo. Il cottimo, praticamente, elimina il controllo perché sono gli operai stessi interessati a lavorare molto.
    Carlo: La concessione in appalto dà luogo ad un fenomeno parassitario. Il padrone appaltatore in fondo vuole fare un guadagno sul lavoro dei suoi operai. Gli operai cottimisti quindi hanno due padroni che speculano sul loro lavoro, il padrone grosso (SCM) e quello piccolo.
    Patrizia: Un'altra causa dell'esistenza del cottimo è che vi sono degli operai che accettano di fare questo tipo di lavoro perché altrimenti restano disoccupati.
    Paolo: Una causa profonda mi sembra il fatto che il piano economico e di sviluppo della zona è dominato da poche persone. Mi pare evidente, da quanto si è detto, che pochi industriali, magari in buona fede, condizionano l'economia della zona.
    Walter: Secondo me la vera radice di questo male è l'egoismo dell'uomo, è l'individualismo di tutti, padroni e operai, che contribuiscono a creare un sistema e delle condizioni ingiuste e disumane.
    Luigi: Il lavoro a cottimo mi mette in uno stato di oppressione e di ansietà. Ho sempre la paura di non stare nei tempi, di non fare un numero sufficiente di pezzi che mi garantisca la paga. Diventa una ossessione. Per questo motivo viene stimolato l'egoismo personale, la sete di guadagno. Si finisce per pensare solo ai soldi.
    Walter: Il lavoro a cottimo non favorisce la solidarietà fra gli operai, anzi li divide perché ognuno pensa a se stesso, non aiuta gli altri, non dialoga con loro per non perder tempo e quindi danaro.
    Paolo: Il sistema dell'appalto e del cottimo divide la classe operaia e la frantuma in tante piccole aziende, impedendole di prendere coscienza e di costituire una forza.
    Alvaro: Il cottimo aumenta la disoccupazione, perché il cottimista, sottoponendosi ad un super lavoro, impedisce ad un altro operaio disoccupato di essere assunto.

    TERZO PASSAGGIO: DALL'UOMO ALL'UMANITÀ, IN UN COINVOLGIMENTO PERSONALIZZATO

    Nel cammino verso il profondo l'educatore non è un estraneo. Non esercita il mestiere di «tecnico», freddo e raffinato. «Rivelare Dio presente nelle esperienze» è possibile solo alla condizione di sentirsi tutti in gioco. Di scoprire che la presenza di Dio capovolge i quadri di semplice funzionalità educativa, per mettere tutti in fase di ricerca e di attesa. L'esperienza è «rivelazione» solo quando l'esperienza del giovane è diventata «qualcosa» condiviso dal giovane e dall'educatore, qualcosa in cui assieme, si è alla ricerca del Padre che si rivela e chiama, in questo storico qui-ora. In altre parole, è importante «approfondire» la ricerca, dando un respiro di «solidarietà universale» all'avvenimento in questione, e, nello stesso tempo, scoprendo un personale coinvolgimento all'interno di questa universale vocazione .
    Mediante la ricerca di altri «fatti» tipici, in cui siano evidenziati sentimenti e atteggiamenti simili a quelli considerati per il protagonista «principale», si ricollega il fatto all'esperienza più vasta di tutta l'umanità, per scoprire che non è «affare privato», ma che, tutto sommato, ci sono dentro gli uomini tutti, come protagonisti. In questa globale solidarietà ci si sente chiamati in causa, personalmente, dopo aver avvertito che il fatto di tutti è, nello stesso tempo, un «fatto mio». Questo terzo passaggio contiene uno dei punti nodali del processo di approfondimento: costringe ad una iniziale «conversione alla verità», fondamentale per una lettura di fede delle esperienze e quindi pregiudiziale per una loro comprensione alla luce della Parola di Dio.

    Paolo: Come sono i vostri rapporti con Luciano che non ha accettato di fare il cottimista? A fine mese lui quanto prende rispetto a voi che avete accettato di fare cottimo?
    Luigi: Chi lavora a cottimo ci dà la pelle per fare di più, nel minor tempo possibile e guadagnare di più. Non ci si ferma un minuto, nemmeno per mangiare un panino. Non si parla fra noi per non perdere tempo. Un mio compagno addirittura ha chiesto al padrone di venire a lavorare in officina una ora prima al mattino e di andare via un'ora dopo: è tutto preso dalla sete di guadagno; noi non ci degna di uno sguardo, non si ferma mai a fare la chiacchierata fuori officina. Anch'io mi sono lasciato prendere da questo ritmo forsennato di lavoro. Riuscivo a fare molti più pezzi del preventivo. Poi ho capito che ci avrei rimesso la salute oltre agli altri valori come l'amicizia, la mia dignità. Ad un certo punto fermo la macchina e vado a prendere un po' d'aria, anche se questo significa che a fine mese prenderò qualcosa in meno. Io in fondo ammiro Luciano che ha avuto il coraggio di rifiutare, da solo, il cottimo e parlo spesso con lui. Ma i miei amici lo prendono in giro e gli dicono: «Cosa ci guadagni a fare l'eroe? Lavori praticamente come noi e guadagni molto di meno». Infatti anche Luciano è costretto praticamente a mantenere il nostro ritmo perché abbiamo bisogno dei pezzi lavorati da lui.
    Walter: lo che lavoro alla SCM, so che la mia fabbrica dà il lavoro in appalto a tante altre aziende artigianali della zona con questo sistema. Infatti abbiamo tanto lavoro che noi operai non riusciamo a svolgere; e la direzione anziché aumentare il personale preferisce darlo in appalto, anche perché questo gli viene a costare molto meno: non ha il problema di mettere in regola gli operai, e quando il lavoro diminuisce non deve far altro che abolire le concessioni in appalto.
    Alvaro: Ma voi operai della SCM come vedete questo problema delle ditte appaltatrici? Ve lo siete mai posto?
    Sandro: Purtroppo nelle nostre assemblee di fabbrica non ci siamo mai soffermati su questo problema. E questo perché, egoisticamente, gli operai della SCM considerano le ditte appaltatrici come una valvola di sicurezza per loro; in caso di crisi sono quelle a saltare e non noi che lavoriamo dentro la fabbrica. Inoltre per noi che lavoriamo dentro, l'appalto è un grande vantaggio sempre dal punto di vista individualistico, perché in pratica il lavoro più duro è quello che viene appaltato, lavoro che pochi vorrebbero fare. Ora ci rendiamo conto che questo nostro atteggiamento non è giusto. Ma non avevamo mai pensato alle conseguenze per gli altri lavoratori esterni.

    QUARTO PASSAGGIO: DALL'UMANO AL DIVINO

    L'analisi del fatto non è ancora completa. Ogni realtà contiene aspetti positivi e aspetti negativi. Non è possibile fare di ogni erba un fascio. Come distinguere ciò che è sovrastruttura deformante da ciò che è originario e autentico in ogni gesto umano?
    Come riconoscere la presenza di Dio creatore dall'urgenza di Dio redentore, per togliere le ombre del peccato?
    Nel profondo di ogni persona esiste una radicale sete di felicità, di bene, di infinito, che va rivelata, smascherata dai camuffamenti distorti di cui spesso storicamente si riveste. La verità dell'uomo è la sua appassionata ricerca di amore. Al limite, dell'amore del Padre: la nostalgia di essere da lui amato e per lui importante. La concentrazione antropologica è «vera» se giunge quindi all'ottimismo radicale del Dio dell'incarnazione: il Dio di Gesù Cristo.
    Tocca all'educatore farsi interprete di queste attese, riordinando, nelle motivazioni di fondo che hanno spinto ad una determinata azione, ciò che si sviluppa in armonia con il piano d'amore del Padre e ciò che invece deforma questo progetto. Per un servizio «profetico» davvero efficace, l'educatore ha bisogno di una larga dose di ottimismo, di comprensione ampia e sofferta: di fede. «Il disegno di Dio è di comunicare se stesso in Gesù Cristo, con una ricchezza che trascende ogni comprensione e travolge ogni ostacolo: l'attuazione di questo straordinario disegno d'amore non si arresta davanti alla colpa degli uomini. Per tali motivi, il cristiano, anche se è assillato dalla necessità e dal dovere di combattere contro il peccato e ogni sua conseguenza, è sostenuto ogni giorno da una speranza che non delude: egli partecipa, per mezzo dello Spirito di Gesù, alla vita stessa di Dio» (RdC 93).

    Alvaro: Credo che ormai la situazione ci si mostri molto più chiaramente: cerchiamo ora di vedere come gli operai reagiscono di fronte a questa situazione. Che cosa stanno già facendo per cambiarla? Finora abbiamo visto solo indifferenza e atteggiamenti egoistici. Sforziamoci ora di individuare che cosa c'è di positivo anche a livello iniziale; soprattutto mettiamoci in ascolto delle aspirazioni di questi operai.
    Luigi: A me sembra positivo l'atteggiamento del mio compagno Luciano che non ha accettato il lavoro a cottimo. Egli dice «lavoro per vivere, non voglio scoppiare per stare dietro ad una macchina». Credo che se tutti avessero il coraggio e il senso della dignità umana che ha lui, il cottimo non esisterebbe più.
    Paolo: lo so che in altre grandi aziende gli operai si sono battuti e si stanno battendo per l'abolizione degli appalti e per l'assunzione di tutti i dipendenti esterni. Anzi mi sembra che sia uno dei punti principali portati avanti in occasione del rinnovo dei contratti nella SIP e nell'ENEL. A me questo sembra molto bello, è un segno di solidarietà. Praticamente i dipendenti di queste due ditte, mettendo a disposizione la loro forza sindacale per tirare dentro, alle loro stesse condizioni, gli operai degli appalti, sanno di rinunciare a certi loro privilegi e di impedirsi di portare avanti altre richieste.
    Alvaro: Lo sforzo che abbiamo fatto per capire in modo approfondito la situazione ci permette ora di confrontarci con il disegno di Dio, disegno che ci è stato trasmesso attraverso la sua parola, e di capire qual è la volontà di Dio in questa situazione, che cosa egli chiede a noi militanti operai cristiani, che cosa chiede a tutti i dipendenti, ai padroni, ai sindacati.

    ATTENZIONE A NON PERDER PER STRADA LA CONCRETEZZA!

    Le esperienze quotidiane, nella loro banalità, sono il «luogo teologico» dove è possibile incontrare l'amore del Padre. Ad una condizione, qualificante: queste esperienze vanno «salvate», liberate dalla loro superficialità e ricondotte a dimensioni di «verità». Vanno «umanizzate» ( = ridotte a misura d'uomo) per diventare stimolo ad una presa di responsabilità di fede.
    L'affermazione comporta la scelta della concretezza, come punto di partenza del nostro progetto di pastorale giovanile. Ma non solo questo. Da questa scelta scaturiscono ulteriori conseguenze, che offrono all'operatore pastorale un nuovo criterio di verifica. Le richiamiamo, almeno come «istanze» di confronto.
    * Per una facile deformazione professionale, è incombente il rischio di utilizzare le esperienze (e quindi il «concreto») come punto di attacco del discorso pastorale; e poi, sulla scia delle successive riflessioni di approfondimento, partire per la tangente, verso elucubrazioni teoriche. Il concreto storico ha fornito l'occasione di partenza. Poi ha ripreso il sopravvento il discorso astratto, le riflessioni «sulle» esperienze. Lo dimostra il salto di interesse che accompagna un simile procedimento: i giovani, attentissimi fino ad un certo punto, interessati perché provocati in prima persona, tirano i remi in barca appena hanno la percezione che si stia voltando pagina. Dalla loro vita reale si è scivolati nuovamente a sfogliare il manuale. Al contrario, è importante restare nel concreto sempre; e quindi riuscire a collegare continuamente il fatto (il cui aspetto superficiale rende attenti e interessati) al suo volto profondo, come scoperta di dimensioni essenziali, personali, anche se non immediatamente percepite.
    * La ricerca delle pieghe profonde dell'esperienza è finalizzata radicalmente alla sua comprensione, non ad un giudizio «etico». È un altro rischio a cui possiamo essere facili: la voglia di giudicare subito, con conseguente valutazione «moralistica». Per giudicare bisogna «capire». Cioè cogliere la realtà in tutta la sua ricchezza, e quindi nella sua profondità.
    * Oggi sta facendosi strada una tendenza opposta: la rinuncia ad ogni valutazione, per uno storicismo folle che fa coincidere lo spontaneo con il «maturo». Ci pare un disarmo pericoloso. Elimina alla radice il significato del dono della salvezza, perché non permette di coglierne tutta la irrinunciabile rilevanza.
    Le esperienze vanno «capite»: lette assieme, giovani ed educatori, con i piedi nella stessa provvisorietà. Per convertirsi, assieme, alla loro profonda verità, che fiorisce quella scoperta della precarietà e povertà di cui sono sempre cariche. Così si apriranno al Cristo Liberatore.
    Le esperienze umane hanno strumenti di comprensione umani, tecnici: le scienze dell'uomo e la sensibilità umana. Per capire la realtà è indispensabile utilizzarli. Anche quindi per capirla in pienezza. Essi non danno la verità delle esperienze, ma solo una verità parziale: indispensabile però per cogliere quella verità totale che alla esperienza proviene solo da una comprensione maturata all'interno della Parola di Dio. La comprensione più profonda e più vera di ogni esperienza è un dono. Solo la Parola di Dio «rivela» la verità ultima e definitiva dell'uomo e di ogni sua avventura.
    * Se il punto di partenza su cui costruire questa nuova induttività sono le concrete esperienze dei giovani qui-ora, va esclusa categoricamente la scelta di partire da «problemi» o da «teorizzazioni» sulle esperienze. Nello stesso tempo si chiede all'educatore di «prendere atto», con disponibilità, della vita concreta dei giovani. È un atteggiamento diametralmente contrario alla manipolazione in vista di obiettivi predefiniti o alla invenzione della realtà a tavolino, sull'onda di alcuni a priori. Il primo passo di un cammino verso l'educazione alla fede è, in questa prospettiva, la conoscenza della realtà: l'accettazione incondizionata di come «vanno di fatto le cose», e l'utilizzazione di tutti gli strumenti tecnici adeguati per una piena e «onesta» lettura delle realtà.


    T e r z a
    p a g i n A


    NOVITÀ 2024


    Saper essere
    Competenze trasversali


    L'umano
    nella letteratura


    I sogni dei giovani x
    una Chiesa sinodale


    Strumenti e metodi
    per formare ancora


    Per una
    "buona" politica


    Sport e
    vita cristiana
    rubrica sport


    PROSEGUE DAL 2023


    Assetati d'eterno 
    Nostalgia di Dio e arte


    Abitare la Parola
    Incontrare Gesù


    Dove incontrare
    oggi il Signore


    PG: apprendistato
    alla vita cristiana


    Passeggiate nel
    mondo contemporaneo
     


    NOVITÀ ON LINE


    Di felicità, d'amore,
    di morte e altro
    (Dio compreso)
    Chiara e don Massimo


    Vent'anni di vantaggio
    Universitari in ricerca
    rubrica studio


    Storie di volontari
    A cura del SxS


    Voci dal
    mondo interiore
    A cura dei giovani MGS

    MGS-interiore


    Quello in cui crediamo
    Giovani e ricerca

    Rivista "Testimonianze"


    Universitari in ricerca
    Riflessioni e testimonianze FUCI


    Un "canone" letterario
    per i giovani oggi


    Sguardi in sala
    Tra cinema e teatro

    A cura del CGS


    Recensioni  
    e SEGNALAZIONI

    invetrina2

    Etty Hillesum
    una spiritualità
    per i giovani
     Etty


    Semi e cammini 
    di spiritualità
    Il senso nei frammenti
    spighe


    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


     

    Main Menu