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    L'Eucaristia, sacramento di liberazione



    Raimondo Johanny

    (NPG 1975-11-27)

    Questo intervento si situa nel quadro delle riflessioni che stiamo prospettando in vista di una nuova «spiritualità della liberazione»: una ricomposizione in unità dei valori irrinunciabili per la maturità cristiana, reinterpretati per i giovani d'oggi che hanno scoperto l'impegno storico (1975/5 e 6).
    L'articolo esemplifica le tematiche relative al rapporto fede e impegno politico, collocandole all'interno dell'Eucaristia. Essa è momento centrale dell'esperienza cristiana: punto di convergenza della prassi quotidiana e spinta ad una lettura della vita in chiave di definitività, nel mistero di Cristo morto e risorto che attualizza.
    L'autore procede per intuizioni suggestive. Lascia il discorso strettamente teologico a monte, per evidenziarne le conseguenze sulla e per la vita quotidiana. Ne nasce una «meditazione» sull'Eucaristia come sacramento di liberazione. Il susseguirsi di immagini disegna un mosaico con cui confrontarsi e da cui «capire» il dono affascinante dell'attualizzazione del mistero pasquale, per una novità di vita.
    Una riscoperta dell'Eucaristia in questi termini può facilmente diventare il punto-forte di una giornata «impegnata». Senza di essa i giovani cristiani di oggi, come quelli dell'età apostolica, «non possono più vivere».

    L'Eucaristia è l'attualizzazione del mistero pasquale di Cristo e la ricapitolazione del suo mistero totale.
    Essa è l'esperienza dell'Esodo, il coinvolgimento di Cristo nel quotidiano storico dell'uomo in forza della sua Incarnazione, la sua contemporaneità alle sofferenze e alle speranze dell'umanità tutta. Essa è il gesto di Cristo: a lui non basta sorridere o piangere nelle gioie e nei dolori dell'uomo, come non gli basta annunciare la buona novella a parole, a buone intenzioni.
    Questa «buona novella» è l'amore: per l'amore le parole sono impotenti a tradurre la realtà fintanto che esse non sanno trovare un completamento e un inveramento nel dono totale di sé. Così ha fatto il Cristo. Il suo amore è dono totale di sé: è pazzia d'amore. Tanto da esigere la morte. E questa morte, dono totale dell'Uomo-Dio a tutti gli uomini, appella ad una vita in pienezza, vittoria radicale sulle potenze della morte e su tutte le morti. Alla vita spetta l'ultima parola. Una parola pronunciata già-ora. Anche se fiorirà in maturazione solo alla fine dei tempi.
    L'Eucaristia anticipa questa fine dei tempi: essa la fa vivere e crescere ora, nel cuore dell'uomo e della storia. Il pane condiviso e la coppa di libertà a cui attingiamo ne sono una responsabilità.
    L'Eucaristia è vita, speranza, compartecipazione, realizzazione, cammino, crescita. In termini eloquenti. Altrimenti sarebbe inutile.
    L'Eucaristia è un impegno di verità, di giustizia, di vita, d'amore, di speranza. La possono celebrare soltanto gli uomini decisi a queste esigenze. Anche se talvolta, alla prova dei fatti, tutto questo diventa opposizione e conflitto. Solo questi uomini possono celebrare assieme la stessa Eucaristia.

    ESIGENZA Dl VERITÀ

    Qual è il peso e l'incidenza dell'Eucaristia, in un mondo segnato dalle lotte degli uomini per la loro liberazione sociale, economica, culturale? Segnato dall'impegno deciso per opporsi alle oppressioni, agli sfruttamenti, alle alienazioni? In un mondo in cui gli uomini vogliono essere presi seriamente nella loro esperienza umana?
    L'Eucaristia è «monopolio» riservato ad alcuni uomini, ad alcune categorie, ad alcuni gruppi? L'Eucaristia è un fatto di classe? Oppure per essere forza di coesione e di comunione tra tutti gli uomini, di ogni visione e partito, l'Eucaristia dovrà diventare zona neutra, dove i conflitti si stemperano, nell'indifferenza, nel compromesso? L'Eucaristia è forse uno spazio neutrale dove ciascuno dimentica la serietà dei problemi per incontrare uno stesso Dio? Oppure celebriamo Eucaristie diverse, a seconda della collocazione dei partecipanti.
    Il problema è grave. Molti cristiani d'oggi se lo pongono in termini drammatici.
    Ci sono due cose certe. L'Eucaristia non è «neutrale»: un'Eucaristia neutrale è un controsenso. Essa ha un significato. Una presa di posizione. L'Eucaristia è fondamentalmente «pericolosa».
    In secondo luogo, l'Eucaristia non può che essere unica. Ed è in questa unica Eucaristia che tutte le divergenze diventano vive, vivaci, più vere. Proprio a partire da ciò, affiora uno dei grandi aspetti della liberazione, dell'attuale e di quella del «grande giorno». La liberazione, fondamentalmente, è gesto di verità. Certamente non si potrà lavorare per la liberazione, facendo passare sotto silenzio divergenze e conflitti. La falsità, come certe forme di silenzio, - il silenzio di chi non vuole vedere o chi sceglie la neutralità fuggendo nello spirituale - , sono il contropiede di ogni liberazione. Servono ad addormentare le coscienze e quindi aggravano il male.
    Assumere i conflitti: ecco il primo impegno di chi lavora per la liberazione. Chi parte con il piede sbagliato, facendo un gesto contrario, allontana la liberazione: dice no alla liberazione e dice no alla verità. Capita questo quando si rifiuta di celebrare e di condividere l'Eucaristia tra coloro che non sono d'accordo con noi. Ciò significa o chiuderci nella nostra autosufficienza (la nostra «verità») o disperare dell'altro dichiarando impossibile una sua evoluzione o innalzare barriere all'azione di Dio, pensando che la liberazione è solamente un nostro affare personale. Si tratta di una soluzione semplicistica, che svuota il problema dei suoi contenuti e snatura l'Eucaristia.
    È necessario invece dare per scontato che l'altro è in buona fede, come lo siamo noi. Altrimenti siamo nel preconcetto e nel partito preso. In un gesto in cui non siamo soli in causa. C'è il Cristo. Dobbiamo prima di tutto metterci al suo ascolto. Da qui nasce la capacità di iniziare nella coscienza e nella vita quotidiana un reale processo di liberazione, che magari ci porterà a scelte diametralmente opposte a quelle vissute dall'altro.
    Il cristiano è sempre un uomo pericoloso. Chi inizia un reale processo di liberazione si trova sempre faccia a faccia con un «nemico» e in lotta con lui. Abbiamo voluto annullare, con faciloneria, i conflitti e così abbiamo neutralizzato la forza dell'Eucaristia. Ne sono nati cristiani tutt'altro che pericolosi. La vita invece è sempre lotta.
    Più avremo il coraggio di avvertire, nel cuore dell'Eucaristia, le nostre divergenze, capaci di viverle; più saremo uomini decisi a condurre fino in fondo ogni processo di liberazione.
    L'Eucaristia e il Vangelo creano uomini «pericolosi»: che non lasciano invecchiare le strutture né si lasciano catturare da esse. Verso un mondo sempre nuovo, ogni giorno vivificato da uno spirito e da un sangue nuovo.
    L'Eucaristia forma rivoluzionari autentici: animati da un amore sconfinato, grande e violento come una passione. Vuole un mondo nuovo per lo spirito. Alla radice c'è proprio lo spirito. L'uomo eucaristico, l'uomo pasquale porta in sé lo spirito di Cristo: lo spirito del futuro. L'uomo deve «divenire». Il suo impegno è di costruire il futuro nel presente. L'uomo eucaristico strappa l'uomo a se stesso, alle sue abitudini, alla sua stessa vita per proiettarlo continuamente verso la novità affascinante del futuro.

    ESIGENZA Dl GIUSTIZIA

    Come realizzare simile prospettiva? Prima di tutto, in forza di una presa di coscienza e di una scoperta. Tale consapevolezza è inscritta nel pane e nel vino presentati al Signore per diventarne corpo e sangue. Questi doni sono il segno dell'impegno, della gioia, della sofferenza, della speranza, di tutta la vita dell'uomo: delle sue divisioni, dei rancori e delle lotte, delle diseguaglianze sociali e delle sopraffazioni. È il pane della speculazione, dell'ingiustizia, dello sfruttamento. Pane nero dell'uomo che muore di fame. Pane della miseria e dell'abbondanza. Un pane che riflette sempre il volto dell'uomo. Un pane davvero frutto della terra e del lavoro dell'uomo.
    Come il vino, maturato a pioggia e sole: un vino generoso e spesso distribuito in misure diseguali. Questo pane e questo vino diventeranno il corpo e il sangue del Signore.
    In un solo gesto si attinge alla potenza creatrice del Signore e del suo Spirito e si grida all'intollerabilità di una situazione ingiusta, di divisioni e di sopraffazioni. Fino a diventare decisi a porre fine a queste situazioni insopportabili, perché inammissibili al cuore e allo spirito di colui che divide e distribuisce il corpo e sangue di Cristo.
    Quando scatta questa presa di coscienza, in termini di responsabilità precise, è evidente che non si può mettere l'Eucaristia tra parentesi: diventa urgente impegnarsi per eliminare il male alla radice.
    Ciascuno tradurrà questa istanza nei mezzi di cui dispone, a livelli e con itinerari diversi: le situazioni stesse sono diverse. Ma l'impegno si farà pressante. Nessuno potrà più né più vorrà tacere. Per lui l'impegno nell'azione sgorga da una esperienza vitale: egli porta nel profondo del suo cuore una ferita che lo spinge. È esigenza di coerenza, nella logica delle cose, necessaria e indispensabile se vuole continuare ad essere fedele al gesto del Cristo.
    L'Eucaristia è diventata per lui un'esigenza di giustizia sociale. Chi ha partecipato all'Eucaristia diventa l'uomo dell'irresistibile.
    Non si tratta di una presa di coscienza di tipo intellettuale: investe invece tutta l'esistenza, tocca la sua vita e, immessa nella spirale dell'amore, non trova pace finché l'obiettivo non sia raggiunto. Questo comporta una celebrazione dell'Eucaristia vissuta nella verità.
    Dall'Eucaristia, la forza e l'impegno per battersi contro le distribuzioni ineguali dei beni, le ingiustizie, gli sfruttamenti.
    Dall'Eucaristia, l'esigenza di battersi per amore. In atteggiamento di coerenza e di verità, sapendo andare fino in fondo.

    ESIGENZA Dl VITA

    Ma c'è di più. Si deve realizzare un'ulteriore presa di coscienza più profonda e più radicale ancora. Si tratta dell'attualizzazione della morte e risurrezione di Cristo, che fa l'Eucaristia, segnata fin dall'inizio nella volontà di liberazione del popolo ebraico dopo l'uscita dall'Egitto, e nel cuore stesso di Dio. Il progetto di Dio, tracciato nel cuore della storia e di ogni uomo, come un fatto permanente e radicale che apre ed appella all'Infinito: un cammino che sbocca nella felicità, nella pienezza di gioia e di vita.
    Come, allora, attualizzare la morte e la risurrezione di Cristo senza assumere la coscienza di tutte le morti assurde, le morti dell'uomo che ha perso il senso della sua vita, le morti che gridano vendetta, perché frutto di violenza, di odio, di disprezzo?
    Come celebrare l'Eucaristia senza prendere coscienza della sete di vita presente in ogni uomo, della sete di libertà e di riconoscimento, così viva in ogni uomo?
    È come non prendere coscienza delle tristi condizioni di vita a cui sono condannati tanti uomini, in situazioni di paura, di precarietà, di alienazione, in condizioni di lavoro disumanizzanti, di emarginazione, di morte? È come non sentire l'insufficienza di protestare a parole contro queste ingiustizie?
    Ci vogliono gesti, fatti, per ridare all'uomo la gioia di vivere.
    La vita dell'uomo è fatta di pane, di lavoro, di un significato alla vita, di libertà, gioia, sentimenti d'amore, speranza, avventura.
    Per celebrare l'Eucaristia bisogna essere decisi a vivere la morte di Cristo come un dono di vita al servizio dei fratelli, come un no deciso alla morte e alla alienazione della morte. come una volontà di vivere intensamente la gioia del Risorto, donando ai fratelli motivi per credere, sperare, lottare e vivere.
    Celebrare l'Eucaristia significa condividere l'amore, far nascere la speranza, donare la gioia. Questo calore umano così indispensabile alla vita umana.
    Da questa prospettiva l'Eucaristia diventa un giudizio e un progetto sull'uomo. Essa giudica ogni riduzione dell'uomo a pure prospettive di benessere materiale. Essa è un progetto sull'uomo: un uomo «totale», il progetto di Dio sull'uomo, immagine di Dio. Un gesto creatore e una chiamata.
    L'Eucaristia, rivelando l'uomo a l'uomo, amplifica il nostro impegno. Non ci permette di fuggire dalla realtà quotidiana e dai quotidiani bisogni dell'uomo. Essa ci rilancia, con maggiore insistenza, nel quotidiano, là dove l'uomo vive il suo destino. Dove si realizza. Dove sceglie la liberazione o l'alienazione.

    ESIGENZA Dl AMORE E Dl SPERANZA

    Liberare l'uomo consiste, insomma, nel rendere manifesto l'amore di Dio per ogni uomo, mediante gesti d'amore umano. Non bastano le parole disincarnate.
    L'amore vero di una sola persona vale molto di più dell'amore inconsistente di mille persone. A forza di giocare all'universale, abbiamo svuotato ogni impegno. Abbiamo però imparato a diffidare di tale processo, come diffidiamo di colui che ha sempre la bocca piena di parole vuote. L'amore si comunica con gli occhi, con il cuore, con le mani.
    Uno sguardo, un sorriso, un gesto, la capacità di condividere, la capacità di accogliere, di assumere le aspirazioni di tutti.
    Ricordare a qualcuno che è nella prova e nella sofferenza che Dio lo ama, questo non è annunciargli la buona novella. È prenderlo in giro, alienarlo. Buona novella è ascoltarlo, entrare in comunione con lui, magari tacere se non si riesce a dire nulla.
    Liberare è camminare-con. È morire per qualcuno. È perdersi perché qualcuno possa continuare a vivere. È saper rischiare.
    Liberare è fare gesti che abbiano il sapore del concreto.
    Nessun gesto è tutta la verità. Ma essi sono una totalità di verità quando sono posti per amore. L'amore supera la parzialità Chi potrebbe pretendere di vivere tutta la liberazione dell'uomo e di tutti gli uomini, in un sol gesto? Chi lo afferma, rischia di imporre all'altro il suo progetto: non lo libera ma lo costringe ad accettare uno schema che non è il suo, che non gli serve. E questa è alienazione: indottrinamento e plagio.
    La liberazione se la vive ciascuno in se stesso. Si tratta di dargli i mezzi e la capacità di realizzarla. La forza, il desiderio.
    Nell'Eucacristia, Cristo mi insegna a dare la vita, ad amare senza limiti. Tocca a me tradurre in concreto questo gesto.
    Il Cristo mi educa a scoprire il suo volto. E questo suo sguardo mi rende intollerabile il volto sfigurato del fratello. Il suo sguardo mi impegna ad agire perché la gioia, la vita e la speranza ricostruiscano a nuovo lo sguardo spento del fratello.
    Liberare l'uomo significa ricostruire in lui un desiderio di vita e di creazione.
    La vera liberazione è il soffio creatore che raggiunge il cuore dell'uomo. Per questo l'Eucaristia è sacramento di liberazione: il Cristo crea definitivamente il futuro dell'uomo, donandogli il suo corpo e il suo sangue, pegno di vita eterna.
    L'Eucaristia è liberazione. Un gesto di Dio nell'uomo, con le caratteristiche della radicalità di Dio. Un gesto di Dio, in prospettiva pasquale, nel cuore della storia. Un cammino che apre, in certezza, sulla pienezza dello Spirito. Il futuro dell'uomo che incomincia nel presente di ogni giorno.


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