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    La comunità cristiana e la scuola



    Parrocchia «Regina Pacis» - Bolzano

    (NPG 1975-09-10-29)

    La comunità cristiana è chiamata ad un preciso interesse nei confronti della scuola. Il rapporto chiesa-mondo in cui essa si riconosce, determina le modalità di questo rapporto.
    Uno studio sulla programmazione educativa, in una rivista di pastorale giovanile, non può certo prescindere da un tema così importante. Ne parliamo presentando una esperienza: la storia critica di una comunità parrocchiale che ha accettato di coinvolgere la propria identità nel difficile mondo scolastico.
    Ai lettori chiediamo di verificare le scelte teologiche e pastorali che stanno a monte del discorso, per cogliere, da questo concreto vissuto, un loro progetto di programmazione educativa, riferita anche alle famiglie e alle strutture ecclesiali, se essi operano nella scuola; e di presenza pastorale, se lavorano in comunità ecclesiali.

    TRE PREMESSE

    a) Intendiamo qui occuparci unicamente del rapporto fra la comunità cristiana e il mondo della scuola e, più concretamente, intendiamo porre all'attenzione della parrocchia la scuola, coi suoi grossi problemi, la sua gravissima crisi, la sua urgenza di rinnovamento.
    Non parliamo perciò della presenza del catechista nell'istituzione scolastica, né dei diversi gruppi giovanili che operano nella scuola al di fuori di un contesto parrocchiale, né della funzione della scuola cattolica oggi. È dunque un discorso parziale; però ci sembra la premessa di ogni altro discorso sulla scuola nel senso che, al di fuori di un contesto comunitario, e senza la preoccupazione di ricondurre ogni altra presenza ed iniziativa ad una unità pastorale viva e concreta che è appunto la comunità cristiana, non possono trovare valida soluzione tutti gli altri problemi ed esigenze.

    b) Parlando di impegno di una comunità parrocchiale che è essenzialmente una famiglia di famiglie e una comunità di altre piccole comunità, emerge subito una indicazione pastorale precisa e cioè che sarà la famiglia, i gruppi di famiglie, i piccoli gruppi ad interessarsi del problema della scuola.

    c) Rimane, forse per molti, l'interrogativo: perché una comunità cristiana, come tale, deve occuparsi della scuola?
    Perché ne siamo tutti più o meno interessati. Infatti il problema della scuola, per l'inevitabile e profondo influsso sulla società, chiama in causa tutti.
    Ce ne occupiamo in modo particolare perché i nostri figli sono ora in un momento delicato della loro vita, sotto l'aspetto fisico e psichico. E questo coincide con l'inserimento in un nuovo ciclo di studi che li pone in situazioni e ambienti che condizionano, inevitabilmente, la crescita e lo sviluppo della loro personalità.
    Ce ne occupiamo infine come comunità, perché una comunità cristiana non può essere distaccata e passiva dinanzi ai grandi problemi umani. E la scuola è uno di questi. Infatti il cristiano non può vivere da solo la sua fede e la carità lo sospinge verso il fratello.
    Dobbiamo perciò aiutarci a:
    – prendere coscienza dei problemi dell'uomo in genere e, per il nostro interesse più immediato, della scuola in specie;
    – aiutarci a valutare e giudicare situazioni e fatti con criteri che rispondano alle esigenze della nostra fede;
    – impegnarci, individualmente e in gruppo, in tutte quelle azioni che servano a rinnovare la scuola.
    La cresima dà al battezzato la dimensione adulta della sua fede. Esige perciò anche una impegnata e coraggiosa presenza nel mondo. Ma è chiaro che i nostri figli comprenderanno la necessità di tale impegno nella misura in cui lo vedranno vissuto da noi adulti.
    La nostra presenza nella scuola è una espressione e una esigenza di quell'impegno nel mondo che il cresimato deve assumere.

    LA NOSTRA ESPERIENZA

    Ci siamo interessati ai problemi della scuola alcuni anni fa, quando iniziammo in modo organico gli incontri con i genitori dei comunicandi. Ci toccava spesso sentire, anche senza provocarle, denunce precise contro la scuola, contro certi suoi metodi didattici e soprattutto certi criteri di giudizio. Erano denunce precise e amare che ci hanno dato l'idea della profonda crisi della istituzione e del grave disagio delle famiglie e non di rado anche di certi insegnanti più attenti.
    In questi incontri abbiamo compreso quanto la famiglia è debole e sola dinanzi alla situazione e come è difficile, se non impossibile, un costruttivo rapporto con una scuola, chiusa nel suo macroscopico burocratismo, estranea e distaccata dai veri problemi della vita e perciò alienata ed alienante.
    Eppure ci è parso che l'unica soluzione possibile fosse ancora quella di un nuovo rapporto fra scuola e famiglia, perché la famiglia ha bisogno della scuola ma anche la scuola ha altrettanto bisogno della famiglia ed è nata in noi la convinzione che la comunità cristiana poteva mediare questo rapporto, facilitare l'incontro fra le due parti fra loro chiuse e sospettose.
    Non ci siamo chiesti se questo compito spettava veramente a noi; abbiamo colto la esigenza ed abbiamo cercato di offrire un servizio disinteressato. La reazione della scuola non si è fatta attendere: ci si accusò di interessarci di cose che non ci riguardano, di aumentare le difficoltà già gravi nei rapporti con le famiglie, di accrescere invece che alleviare la grave situazione di disagio all'interno della scuola.
    Questa reazione ci ha stimolati ad approfondire le motivazioni del nostro impegno ed a studiare a fondo i problemi della scuola, per evitare l'accusa di ingerenza indebita e di incompetenza.

    I motivi del nostro impegno

    Abbiamo incominciato con il verificare i motivi del nostro impegno nella scuola. Li possiamo riassumere in tre punti.
    Ci occupiamo della scuola perché:
    a) è un problema di tutti indistintamente. Infatti la scuola è un prodotto della società di oggi, cui tutti apparteniamo e insieme prepara la società di domani della quale tutti dobbiamo essere interessati.
    b) I genitori (fra i quali avvengono i nostri incontri) sono i primi responsabili dell'educazione dei loro figli, anche quando per necessità, altri enti come la scuola, si sostituiscono a loro ma solo in certi momenti e non in tutto.
    c) La comunità cristiana, vivendo nel mondo e a servizio del mondo, non può rimanere estranea ad un problema così grave ed essenziale come la scuola.

    Un progetto di intervento

    Ci siamo chiesti anche come la comunità cristiana deve essere presente nel mondo della scuola; così abbiamo individuato una triplice azione:

    a) Azione di sensibilizzazione, di coscientizzazione. Ci pare che la famiglia non abbia ancora coscienza dei suoi doveri e soprattutto dei suoi diritti: non li comprende o li comprende male e li esprime in modo inadeguato.
    Ci pare che neppure gli insegnanti in genere abbiano coscienza che la scuola con i suoi programmi, coi suoi mezzi didattici e strutture varie non tende a creare uomini nuovi per una società di domani più libera e migliore ma la riproduzione dell'uomo così com'è, ad immagine e somiglianza della società di oggi, di questo sistema politico-sociale.
    b) Un'azione di denuncia di fatti e situazioni che condizionano e compromettono, anche gravemente, l'educazione integrale della persona: una denuncia che, superando le critiche astiose, personalistiche e sterili, sappia cogliere la radice del male e indicare possibili soluzioni anche se limitate e graduali.
    c) Un impegno di intervento concreto a livello individuale o di gruppo a secondo delle circostanze e delle esigenze.

    Rapporto scuola-famiglia

    In questi anni abbiamo incontrato molte difficoltà e incomprensioni sia da parte della scuola sia anche da parte delle famiglie.
    Infatti non è facile aiutare la famiglia a comprendere che fra una istituzione così macroscopica come la scuola e la famiglia generalmente sola, la debole, la emarginata, la povera insomma è la famiglia.
    Non è sempre facile convincere la famiglia che un rapporto costruttivo con la scuola può avvenire solo su un piano di parità e che questa parità sarà possibile quando la scuola prenderà coscienza di essere a servizio della famiglia e quando la famiglia crederà suo diritto essere presente nella scuola. E non solo per fare sentire in qualche modo la sua voce solo in qualche aspetto dell'azione educativa o su qualche situazione di particolare disagio, ma mediante una vera e propria cogestione, cioè una effettiva partecipazione al potere nella scuola. Ciò richiede una reale corresponsabilità a tutti i livelli, pur nel rispetto di competenze e ruoli specifici di ciascun ente interessato ai problemi educativi (e perciò non solo degli insegnanti e dei genitori ma anche del comitato di quartiere, di gruppi educativi, dei sindacati...).
    Detto questo è facile costatare come la famiglia sia ben lontana dalla concezione di un giusto rapporto con la scuola e ciò la porta ad assumere atteggiamenti di compromesso spesso tra loro contraddittori:

    a) Qualche genitore bada unicamente al profitto e alla riuscita di suo figlio. I grossi problemi della scuola, le gravi deficienze educative non lo interessano. Egli accetta l'istituzione com'è, e finisce così col sostenerla, condizionando fortemente anche ogni spinta al rinnovamento.
    b) C'è chi è preoccupato perché il proprio figlio si sente a disagio nella scuola, o la contesta, ma non sa rendersene conto né riesce ad avere con lui un dialogo aperto sulle ragioni di un tale disagio.
    c) Molti si lamentano dell'andamento della scuola esprimendo denunce precise e giustificate, ma lo fanno al di fuori oppure anche dentro l'istituzione ma da soli e spesso in modo confuso ed emotivo e perciò quasi sempre sterile.
    d) C'è infine chi vede la necessità di una azione forte e coordinata, cioè non da soli ma in gruppo. Però non trova aiuto né dagli insegnanti che in genere guardano con sospetto ogni azione promossa dalla famiglia e neppure dai genitori, ancora troppo sprovveduti sui problemi della scuola e paurosi di correre qualche rischio.

    Per quanto poi riguarda la scuola, è ancora difficile trovare degli insegnanti attenti alle nuove esigenze, disposti ad uscire dal loro ruolo, garantito dall'istituzione che li rende unici responsabili dell'azione educativa, praticamente padroni della classe anche a motivo del voto che può diventare facilmente una forma di ricatto, per essere invece autentici educatori, disponibili all'ascolto e alla collaborazione con tutte le forze educative, in primo luogo con la famiglia. Bisogna però comprendere anche la difficoltà che incontrano gli insegnanti nel lasciare situazioni di sicurezza, di privilegio e di forza, per intraprendere vie nuove che li espongono facilmente alle critiche dei colleghi, ai sospetti e anche alle misure repressive delle autorità scolastiche.
    Inoltre, a detta degli stessi insegnanti più preparati e disponibili, nessuno ha loro insegnato l'arte difficile del dialogo e dell'animazione di un gruppo di ragazzi e genitori.
    La loro preparazione li ha fatti, al più, validi trasmettitori di nozioni piuttosto che autentici educatori.
    Quanto detto fin qui può aiutarci a capire quanto sia difficile che scuola e famiglia trovino in se stessi la capacità di rinnovarsi e di incontrarsi e quanto possa essere utile, oltreché doveroso, un intervento della comunità cristiana.

    LE OCCASIONI E LE MODALITÀ DELLA NOSTRA PRESENZA

    Le occasioni per un'azione in rapporto ai problemi della scuola ci vengono offerte dagli incontri in preparazione ai sacramenti della Prima Comunione e della Cresima. Tali incontri proseguono, pur a ritmo ridotto, a richiesta dei genitori stessi, anche dopo la celebrazione dei sacramenti. È chiaro che non si possono incontrare i genitori senza trattare i temi dell'educazione, ma è impossibile affrontare i problemi educativi senza parlare della scuola che dovrebbe essere il luogo privilegiato di tale educazione.
    Abbiamo già detto che fin dagli incontri della Prima Comunione i genitori mostrano il bisogno di parlare dei loro problemi in merito alla scuola e già da allora bisogna cercare di offrire loro qualche utile indicazione. Di solito cerchiamo di aiutare i genitori a conoscersi fra loro, possibilmente ad incontrarsi collettivamente con gli insegnanti a livello di singole classi.
    Negli anni successivi, con i genitori più disponibili agli incontri, noi continuiamo il discorso sulla scuola sollecitando la formazione di comunità educanti cioè fra genitori, ragazzi ed insegnanti di una stessa classe. La struttura della scuola elementare e soprattutto l'incontro con qualche insegnante comprensivo e aperto facilita questo nuovo tipo di rapporti. Ma è soprattutto la Cresima, il sacramento della fede matura ed impegnata, a dare più spazio al nostro discorso sulla scuola. Già gli incontri in preparazione al sacramento sono portati avanti attorno ad un unico tema: il rapporto.
    Incomincia lo Spirito Santo a stabilire un rapporto di amore in seno alla famiglia divina e lo dobbiamo stabilire anche noi nel mondo dove viviamo e operiamo. La Cresima, il sacramento della pienezza dello Spirito Santo, ci dà la capacità per questa missione.
    Il discorso si fa più vivo e interessante quando arriviamo a parlare dei luoghi concreti di tale rapporto: la famiglia, il gruppo che è ormai un'esigenza insopprimibile dell'adolescente e la scuola.
    Diciamo innanzitutto quello che la scuola dovrebbe essere: luogo di educazione di tutta la persona con le sue esigenze di rapporti umani, di socialità.
    Da qui l'attenzione alla persona innanzitutto, alla persona concreta con le sue esigenze, le sue capacità, i suoi limiti, alla persona inserita nel suo contesto sociale che può favorire ma anche condizionare e gravemente l'azione educativa.
    Poi diciamo quello che la scuola non è, le sue deficienze anche gravi, i suoi limiti, talvolta insormontabili; e vediamo insieme, senza animosità ma con serietà quello che possiamo fare, le iniziative che concretamente possiamo assumere. Per finire possiamo dire di non aver concluso molto, il cammino è ancora lungo e difficile.
    Comunque ci pare di aver ottenuto più di quello che speravamo all'inizio: i genitori hanno scoperto l'utilità e perfino la gioia di stare insieme, la preziosità dell'aiuto vicendevole e anche la loro forza, quando si presentano, assieme, all'autorità scolastica.
    C'è da aggiungere che la celebrazione della Cresima in prima media, e all'inizio di un nuovo ciclo educativo, dà maggior possibilità di continuare la nostra azione anche negli anni successivi.

    CONCLUSIONE

    Concludiamo con alcune osservazioni.

    a) La prima riassume tutte le motivazioni delle nostre scelte pastorali i. per una sensibilizzazione della famiglia ai problemi della scuola. Se la famiglia è in una situazione di debolezza e di povertà in rapporto all'istituzione scolastica (una povertà meno apparente ma anche meno o cosciente di quella di altre classi sociali ma forse più radicale; infatti il ragazzo nella scuola è più debole, perciò più povero di un operaio nella a fabbrica), allora la comunità cristiana deve impegnarsi per la famiglia, deve dare ad essa la sua attenzione preferenziale e questo per una intrinseca esigenza dell'annuncio cristiano che salva liberando.

    b) Per una efficace presenza nel mondo della scuola è necessaria una specifica competenza sui problemi della scuola.
    Questa dovrà nascere dallo studio, dall'ascolto di tutte le voci presenti e interessate al mondo della scuola, dalla ricerca di criteri comuni per giudicare situazioni e fatti e per stabilire poi eventuali forme di intervento.
    Non è un discorso né un'esigenza nuova; la competenza è richiesta sempre al cristiano in tutti i settori di intervento per una presenza giustificata e credibile.

    c) La Cresima rimane l'occasione migliore per la responsabilizzazione a e questo tipo di presenza; nello stesso tempo l'impegno nella scuola aiuterà a scoprire l'aspetto qualificante della Cresima che è l'impegno di una fede adulta entro le strutture temporali, per costruirvi rapporti nuovi fra le persone, secondo lo Spirito di Dio.

    d) L'ultimo punto, più che una conclusione definitiva è uno stimolo ad una ulteriore ricerca.
    Ecco una affermazione che, se accettata, impone una verifica della impostazione tradizionale della pastorale in merito alla scuola: la pastorale della scuola deve essere affrontata in una visione globale espressa nel rapporto Chiesa-Mondo della scuola, che a livello operativo si traduce nel rapporto: parrocchia o comunità cristiana-scuola.
    Solo dentro questo rapporto globale si può cogliere e verificare la validità delle particolari presenze: quella del catechista, del piccolo gruppo, del movimento studentesco, dell'insegnante aperto ed impegnato. Affrontare o tentare di rispondere alle diverse esigenze del mondo della scuola in modo particolaristico e settoriale, fuori da questo contesto globale, porta fatalmente a gravi rischi pastorali:
    – il rischio di una scuola a sostegno del catechista, più che di un catechista a servizio della scuola;
    – il rischio di un catechista venuto da fuori ed estraneo alla pastorale di una comunità entro la quale sorge il plesso scolastico; perciò distaccato dalle iniziative della parrocchia se non addirittura in contrasto con esse;
    – il rischio, simile al precedente, di un gruppo giovanile che agisce entro la scuola ma senza alcun riferimento alla comunità parrocchiale oppure ad una pastorale giovanile a livello diocesano o cittadino cui riferire, per una necessaria unità, i diversi modi di presenza e le diverse iniziative.
    I problemi sono grossi ma se non possono essere subito risolti – e forse mai lo saranno del tutto – sarebbe già molto avere più chiare le idee, più precisa la via da seguire, più fermo l'impegno per una rinnovata pastorale del mondo della scuola. Ma tutto dipende da una premessa che non può mancare: la convinzione di doversi finalmente muovere come comunità cristiana e muoversi assieme.

    «Occorre preoccuparsi di un sapiente coordinamento educativo, per evitare dispersioni e disarmonie e per consentire a tutti una esperienza spirituale unitaria e feconda.
    Sul piano psicopedagogico, principio fondamentale che ispira il coordinamento è l'unità interiore della persona. 
    Gli educatori devono soprattutto conoscersi, stimarsi, studiare assieme. Essi accettano l'ambito di azione delle strutture nelle quali agiscono, ma assumono solidali la responsabilità di una piena educazione» (RdC 158-159).


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