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    Il cristiano e le professioni: fuggire o cambiare dall'interno?



    Bernhard Häring

    (NPG 1975-01-27)

    Il cristiano vive in un mondo complesso. Egli non troverà mai un posto in cui vi sia soltanto luce o soltanto tenebra. Ciò vale per l'ambiente nel quale è inserito, ma è vero anche per il suo cuore, per la sua persona stessa, per l'intimità più recondita. Per quanto abbia operato un'opzione fondamentale per il bene, le motivazioni, base del suo agire, rimangono sempre confuse, mescolate. È dunque necessaria una continua conversione, e, parimenti, va esercitato, nella vita sociale, culturale, economica e professionale, un costante impegno per il rinnovamento, per la riforma. L'ingenuità superficiale che vede tutto nero o tutto bianco è una causa del troppo facile ricorso alle teorie di rottura. Il perfezionista non può mai accontentarsi di un mondo imperfetto, così cerca volentieri rifugio nell'utopia, nel pensiero che una rivoluzione violenta può por rimedio alla presente situazione dando vita ad un mondo privo di difetti nel quale varrebbe la pena di cooperare. Altri, invece, pur cadendo nel medesimo tipo di ingenuità, pur impegnandosi per la rottura si rifiutano tuttavia di collaborare nei punti vitali decisivi. Chi, al contrario, ha accettato la realtà del mondo complesso con la necessità di una continua conversione e di un impegno per il rinnovamento delle strutture e dell'ambiente, potrà sentirsi a suo agio e operare con coraggio e discernimento sulla terra.

    A MONTE, UNA VISIONE DEL «MONDO»

    Il pessimismo, rintracciabile in diversi manuali di teologia morale e pastorale e in certi catechismi, ha in primo luogo considerato l'ambiente come occasione di peccato. Questo stato di cose ha spesso costituito per i cristiani un immenso pericolo: dedicarsi quasi professionalmente alla fuga, all'evasione. Certo, per l'individualista preoccupato unicamente della sua vita privata e della propria salvezza, ogni ambiente è insidioso, perché egli si accosta alla sua professione o conduce i suoi rapporti con un atteggiamento che falsifica l'intera vita sociale. La vera visione cristiana della relazione tra persona e ambiente, di qualsiasi tipo, è quella di missione: il cristiano è inviato ad essere il sale della terra e la luce del mondo, deve dunque accettare il fatto che neppure lui è la pienezza della luce e tenersi, conseguentemente, in intima unione con colui che, solo, è la luce: Gesù Cristo. Una sola candela non sarà mai in grado di illuminare un mondo che giace nelle tenebre, c'è bisogno di un mare di candele. I cristiani devono unirsi, stretti attorno al loro Maestro, per comunicare la sua luce a tutta la terra.
    Noi cristiani ci vediamo, e vediamo in tutto ciò che ci circonda, come un dono di Dio Creatore e Redentore. Base di ogni nostro approccio è sempre la gratitudine per quello che Dio ci ha dato. Questo è l'atteggiamento eucaristico. In questo modo ci è possibile apprezzare tante cose nella tradizione e nella vita della Chiesa, come pure nel nostro retaggio culturale e nella nostra vita sociale, culturale, politica, economica, ecc.
    Noi consideriamo ogni cosa come dono, ma anche come minaccia. Quando siamo riconoscenti, abbiamo modo di vedere il bene e di scoprire le opportunità reali, cosicché il mondo ci appare, come era nelle intenzioni di Dio, principalmente un dono. Ma, al contrario, se siamo ingrati e trascuriamo la virtù del discernimento, quello stesso mondo si trasforma in minaccia e in pericolo.
    Il mondo complesso nel quale esercitiamo la nostra professione, come missione, esige da noi una vera e propria vaccinazione contro i pericoli. Questa vaccinazione è un compito enorme dell'educazione di noi stessi e degli altri. Ne abbiamo già menzionato un primo punto: un atteggiamento grato per il bene e di discernimento. L'immunizzazione perseguita risiede però innanzitutto nella visione che abbiamo del mondo e nell'accoglienza che gli riserviamo. L'uomo che si avvicina al mondo, alla vita politica, culturale, professionale avendo come primo scopo il guadagno per sé o per il suo gruppo, condizionato dunque dal cosiddetto «sacro egoismo», sarà estremamente vulnerabile. Invece, se il suo rapporto con l'ambiente e con le strutture è di missione redentrice, molti pericoli sono già evitati in partenza ed altri superabili in un prosieguo di tempo.
    Per esser immunizzati è poi necessario inserirsi nella comunità di fede e collaborare con tutti coloro che cercano il vero ed il bene.
    Solo in ultima istanza il cristiano può considerare la fuga come estremo rimedio. Cioè, quando si sentirà troppo debole, poco immunizzato e, perciò, troppo vulnerabile dal contagio, egli dovrà almeno per un certo lasso di tempo, evitare, sempre che gli sia possibile, quel determinato ambiente. Infatti, quando si intende seguire una professione ardua, bisogna tener conto delle parole del Signore che invita chi si pone all'opera per costruire una torre a calcolare bene le sue possibilità.
    L'uomo fuggirà con eccessiva facilità certe professioni o taluni ambienti se ha un concetto statico della vita. Se non si crede di poter, insieme con gli altri, cambiare il mondo e lo si accetta con supino fatalismo, non si è immunizzati contro il contagio, contro una comoda integrazione. Ma se si accetta una visione dinamica del mondo e si tenta, con sano ottimismo, di cambiarlo, anche se è molto difficile e richiede un lungo processo, si potrà, da cristiani, decidersi a partecipare e ad esporsi a rischi ragionevoli. Chi crede alla vocazione dell'uomo a crearsi una terra più fraterna, trasformando questa molto imperfetta in una che lo sia in minor misura, vedrà bene quale possa essere il suo carisma e da che posto può contribuire meglio al cambiamento.
    Le vocazioni-chiave per un avvenire migliore sono, ad esempio, la politica, il giornalismo, il sindacalismo, tanto operaio che imprenditoriale, l'arte, e molte altre. Ciascuna di queste professioni offre immense opportunità a chi vuol contribuire al bene dell'umanità, ma talora presentano non pochi rischi. Non si può dunque chiedere a tutti di esser presenti in tali campi.
    Anche all'interno della Chiesa vi sono professioni ardue. Il celibato, per esempio, è una scelta difficile, che è buona solo se operata con discernimento e con il fermo proposito di viverla radicalmente. Un altro esempio, abbastanza diverso, è offerto dal corpo diplomatico della Chiesa. È un ambiente che può trasformarsi in tentazione istituzionalizzata: pensare troppo alla carriera e lasciarsi guidare dallo spirito diplomatico, proclive a vedere tutto dall'angolo della bramata promozione. Chi entra nel corpo diplomatico della Chiesa deve essere spiritualmente preparato e deciso ad operare all'interno di questo istituto perché il Vangelo non venga mai mescolato con falsa diplomazia e con mezze bugie. E qualcuno entrerà in questa struttura non solo per rendere, in vista della sua importanza, il miglior servizio possibile alla Chiesa, ma anche per convincere gli altri che essa deve venir profondamente riformata e mutata.

    INTEGRAZIONE E COMPROMESSO

    Spesso usiamo il termine «integrazione» o, ancora di più, «compromesso» in senso assolutamente peggiorativo. Ciò non è giusto: è necessaria una certa integrazione nell'ambiente per lavorarvi con uno spirito di autentico dialogo e di rispetto per i compagni. Va naturalmente esclusa quell'integrazione che si traduce in facile assimilazione, in solidarietà priva di discernimento, più adatta alle pecore che agli uomini.
    In questi ultimi anni diversi teologi hanno tentato di sviluppare una teologia del compromesso. In tempi passati i moralisti hanno parlato di minus malum, scegliere, cioè, quello che costituisce il minor male, che è meno pericoloso. Tale teologia non ha dato buona prova, perché il problema fu posto da un'angolazione individualista. Ci si chiedeva, per esempio, se si può conservare un posto che rende bene anche se richiede diversi compromessi. Oggi la teologia del compromesso viene riproposta con un approccio positivo ed in una prospettiva di solidarietà di salvezza. Significa impegnarsi nei luoghi decisivi della vita, anche se rischiosi, per ottenere i migliori risultati.
    La teologia del compromesso assume come punto di partenza l'alternativa: o esser presenti e tentare di trasformare nel miglior modo possibile le varie situazioni o isolarsi a lasciare che le cose seguono il loro corso. Tale teologia esclude assolutamente un compromesso che nella pratica promuove il male e approva l'ingiustizia. Il compromesso può essere accettato solo nell'ambito di una strategia dove è del tutto evidente la volontà di cambiare nel senso giusto pur in tempi lunghi che accettano, necessariamente, delle tappe con mete intermedie. Il cristiano impegnato non consente dubbio alcuno sulla sua meta globale: una società più fraterna con un ordine socio-economico più giusto.
    Il Mahatma Gandhi, una delle persone più sincere e più evangeliche del nostro secolo, ha scritto e parlato frequentemente sulla necessità di accettare un open-minded compromise, cioè: mettersi d'accordo con la controparte sul prossimo passo; per essa si tratterà forse di una concessione fatta con non troppo entusiasmo, ma per noi è chiaramente un passo verso la liberazione. Gandhi ha affermato che tutti i credenti, in quanto credenti in un solo Dio Padre onnipotente, sono infallibili quando dicono che nessun uomo deve sfruttarne un altro, nessun gruppo dominarne un altro. Ma nel realizzare questo dogma infallibile presente nel cuore di ogni credente, non si è infallibili e si deve quindi esser sempre pronti al dialogo, per cercare il prossimo passo. Passo che sarà compiuto molto volentieri da chi crede nella fraternità universale ad onore dell'unico Padre, ma che forse rappresenterà una concessione data a malincuore da chi invece crede ancora nel sacro egoismo, individuale o sociale.

    LA CONTESTAZIONE

    Il Mahatma Gandhi ha parlato, insieme alla sua riflessione sul compromesso aperto e dinamico e perciò superabile, anche della contestazione non violenta. Egli afferma che soltanto l'uomo che ha dato 99 prove della sua capacità di collaborazione e di dialogo potrà permettersi una forte azione contestatrice con la speranza di esser ascoltato e di risultare efficace. L'anticonformista sistematico o chi è sempre al primo posto quando si tratta di contestare e di criticare, non sarà accettato e non otterrà cambiamenti nell'atteggiamento dei suoi compagni.
    Nella società è necessario il carisma profetico. Ma i profeti sono uomini che hanno trovato la loro sintesi fra adorazione di Dio e amore appassionato per gli altri. I profeti sanno distinguere fra il futuro assoluto che è solo nelle mani di Dio ed il futuro immediato che consente e richiede cambiamenti, spesso soltanto modesti e, comunque, sempre graduali.
    Il contestatore che non crede nella capacità altrui di procedere su una linea di maggiore giustizia, non riceverà grande fiducia. Un giorno, Gandhi mandò in regalo un paio di scarpe fatte con grande amore al generale sudafricano che l'aveva condannato al carcere. Il regalo era accompagnato da una lettera, in cui il perseguitato esprimeva la fiducia di poter in seguito avere nel generale un alleato per promuovere la vera giustizia e la riconciliazione. Egli lo assicurava altresì che avrebbe lottato contro di lui con mezzi onesti e solo fino a quando non fosse stato disposto a collaborare per la giusta causa.
    La parola contestatrice proveniente da un uomo di altissime qualità potrà influire su tutti, perché egli anche nei confronti di chi gli è contrario usa rispetto e manifesta quell'ottimismo che crede nel bene presente negli altri, seppure deve, in una particolare situazione, contrastarli.
    La storia è piena di esempi di uomini che, pur in posti estremamente difficili, hanno lavorato per le giuste trasformazioni e riforme. Pensiamo solo a Dubcek, il segretario generale del partito comunista cecoslovacco. Anche se la primavera di un socialismo dal volto umano è stata soffocata dalla violenza più bieca e brutale, non per questo essa cessa di essere una vittoria immensa di un uomo che ha potuto mutare una delle strutture e degli apparati più difficili con un lavoro paziente e tenace di persuasione derivante e fondato su profonde convinzioni e chiari scopi.
    Chi vuol contestare nella vita sociale deve aver acquisito un'ottima preparazione professionale ed umana. È fastidioso vedere un gruppetto di perenni contestatori che protestano perché non hanno acquistato la necessaria competenza e si sentono sfruttati dato che non occupano il posto ambito cui non sono preparati ma che pure esigono. Chi vuol essere presente in professioni e ambienti difficili deve eccellere nelle sue qualità umane e nelle sue capacità professionali.


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