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    Essere «educatore» in questi tempi di profondi mutamenti



    Angelo Viganò

    (NPG 1975-02-05)

    Fare l'educatore oggi è un brutto mestiere. Più complicato ancora quando lo specifico della funzione educativa è legato alla educazione alla fede, all'azione pastorale.
    Le difficoltà non sono prima di tutto dalla parte della sensibilità giovanile. Molti rapporti sono mutati: lo stile «maestro-alunno» è oggi in crisi. Stanno facendosi strada metodi diversi, più rispettosi dell'autenticità di ogni persona e della coscienza di «educazione globale e permanente» che caratterizza ogni adulto davvero «maturo» (cf 1974/5: «La continua presenza dell'educatore come espressione di amore»).
    La radice di molti problemi sta più nel profondo. Educare significa mediare una presa di contatto di «valori». Quali? Qui è il nocciolo della crisi che affligge molti educatori attenti.
    Ci troviamo in un'epoca di transizione di valori. Le parole grosse rimbalzano sulla quotidiana esperienza. Ci si accorge che molte proposte, un tempo affascinanti, oggi aprono un dialogo tra sordi. Altre invece, che magari trovano i giovani attentissimi, sono rischiose: non si sa bene dove possano concludere. Si ha una gran paura che stia prevalendo la logica della novità per la novità. Dove situarsi?
    È difficile rispondere. Proprio perché il saldo tra la riflessione culturalmente corretta e la prassi quotidiana, è impegnativo.
    Si parla di creatività. Ed è un gran bene.
    Coloro che stanno a quotidiano contatto con i giovani sanno però che un intervento educativo che si basi esclusivamente sulla fiducia nella creatività del ragazzo, finisce con lasciarlo facile preda dei modelli di comportamento correnti, tutt'altro che maturanti. La fede, del resto, non può essere unicamente frutto di «creatività»: essa è personale risposta ad una «proposta».
    L'educatore sente spesso la lacerante consapevolezza di avere, in qualche misura, delle vite in mano, persone che da lui aspettano «qualcosa».
    Come mediare, in forma corretta, creatività e proposta, novità e continuità? Come essere educatori «nuovi» per questi nostri tempi nuovi, senza rinunciare ad essere «educatori»?
    Il piano editoriale di quest'anno ha progettato alcuni interventi, di peso e consistenza diversa, per dare del materiale su cui imbastire una risposta all'interrogativo.
    Questo studio riprende e inquadra gli spunti apparsi nel numero precedente ed apre un discorso preciso e impegnativo.

    UN EDUCATORE «NUOVO» PER TEMPI NUOVI

    Ci sono novità grandi in questo nostro tempo e più ce ne saranno per il futuro. Trasformazioni profonde incidono sulla vita, sul costume, sulla cultura di ogni giorno. Occorre saper riconoscere questo cambiamento e seguirlo per vedere dove s'indirizza l'umanità e il grande fiume della storia. La novità non è solo in quello che verrà ma è anche in quello che è già avvenuto e di cui forse ancora non ci siamo accorti:
    «Le condizioni di vita dell'uomo moderno, sotto l'aspetto sociale e culturale sono profondamente cambiate, così che è lecito parlare di una nuova epoca della storia umana» (GS 54).
    All'educatore e all'operatore della pastorale giovanile si richiede dunque il coraggio di iniziare nuove strade, su cui incamminarsi alla ricerca di una più vera testimonianza della propria vita e di un più incisivo annuncio del Vangelo.
    È bene allora soffermarci su alcune vie nuove da considerare attentamente prima, per non prendere direzioni sbagliate.

    UN UOMO NUOVO

    Fatti e prospettive

    Davvero la nuova cultura punta su un uomo nuovo o almeno «diverso».
    Alcuni fatti lo attestano:
    - l'uomo come è presentato dalla vasta letteratura di tipo esistenziale e nello sviluppo delle discipline psicologiche e sociologiche;
    - l'uomo della Gaudium et Spes è chiamato a dominare la creazione ad essere protagonista della storia;
    - l'uomo nuovo è persona totalmente una per anima e corpo contro ogni divisione e trova nell'amore l'espressione suprema di sé;
    - l'uomo nuovo trova nell'inserimento nella vita del mondo il suo vero orizzonte;
    - l'uomo nuovo vuole attivamente costruire il mondo e cambiarne i destini;
    - l'importanza data alla libertà non solo giuridica e psicologica ma personale;
    - i giovani specialmente hanno un acuto senso della libertà e non sopportano la immutabilità di spese e di istituzioni.
    Tutto questo ha come fulcro e fondamento un'idea più chiara e profonda di libertà.
    Occorre quindi tener presenti questi aspetti nuovi, studiarne l'efficacia, l'ambivalenza, e le deviazioni possibili. In particolare occorre:
    - un modo speciale di valorizzare la libertà che è l'elemento centrale per la nuova visione dell'uomo e ci porta ad una ricerca di maggiore autenticità, iniziativa, creatività in ogni iniziativa;
    - una riconsiderazione dei valori corporali e mondani (la sessualità, la donna, la tecnocrazia...);
    - una morale diversa: non individualista né dell'osservanza legale;
    - l'apertura agli altri, la solidarietà, l'attenzione ai poveri, il condividere le rivendicazioni degli oppressi.

    L'educatore nuovo evangelizza la libertà

    Il Vaticano II ci ha immerso in una ecclesiologia della persona. Il processo di personalizzazione ci invita a rivedere, a riattualizzare il senso più profondo della consacrazione religiosa come espressione evangelica della crescita nella libertà (cf LG 46).
    L'educatore ha bisogno di una teologia rinnovata della «opzione fondamentale» per seguire Cristo nella vita religiosa con tono ottimista e gioioso.
    Situando sé e gli altri in questo clima cristiano di libertà saprà costruire una psicologia di «gratuità», cioè non il fare una cosa perché è comandata o non farla perché è peccato, ma agire per rispondere alla grazia che è dono gratuito di Dio ed energia vitale che spinge la nostra libertà a fare anch'essa gratuitamente e a fare di più. Questa gratuità, questo amore, sono medicina all'erotismo che rovina la gioventù di oggi. Il giovane viene educato alla libertà esercitandola. Non è facile costruire una pedagogia di gratuità e di libertà.

    UNA COMUNITA' NUOVA

    Il processo di socializzazione in atto nel mondo apre vasti e inesplorati orizzonti. C'è nel mondo un «progressivo moltiplicarsi di relazioni di convivenza, con la conseguente formazione di varie forme di vita e di attività associata» (Mater et Magistra 59-67). Il nucleo centrale di tale processo è l'aspetto di «partecipazione» che obbliga a opportunamente riconsiderare che cosa è l'esercizio dell'autorità e l'idea di bene comune. È nato un nuovo concetto di comunità che assume i valori di comunione e di corresponsabilità nella vita, nel lavoro, nella società e nella Chiesa.

    Fatti e prospettive

    Alcuni fatti lo attestano: comunità nuove sono (o tendono ad esserlo):
    - tutta l'umanità aspira a una grande unità;
    - le nazioni mosse da ideologia socialista e le giovani nazioni del terzo mondo;
    - i gruppi di ogni tipo, specie giovanili, che vanno costituendosi;
    - le organizzazioni del mondo operaio (sindacati...);
    - nascono inoltre nuove forme di vita comunitaria, in cui è più attivo il senso della corresponsabilità e collegialità;
    - nascono nuovi modi di obbedienza, nuove forme di governo, nuove esigenze di dialogo;
    - si riscontrano anche pericolose deviazioni quali la invadenza dello stato e la carenza di democrazia; le tensioni, le lotte la violenza.
    Occorre quindi:
    - evidenziare la «partecipazione», che è l'elemento centrale del nuovo processo di socializzazione;
    - un nuovo modo per non far sentire l'uomo come un individuo isolato, schiavo passivo, trascinato ma per farlo partecipare ai diversi livelli di associazione e impegno; per farlo dialogare con libertà e fiducia;
    - un nuovo aiuto di capacità critica per liberarlo dai persuasori occulti.
    Occorre infine una maggior armonia tra la crescita dell'uomo e la realtà che lo circonda e nella quale costruisce la sua storia.
    Le scelte di partecipazione si fanno sempre più complesse e difficili; perciò le forme nuove di democrazia devono trovare il modo di dare al singolo l'informazione opportuna e la possibilità di espressione, e anche la responsabilità.

    L'educatore nuovo evangelizza la partecipazione

    L'educatore dovrà cioè impegnarsi a possedere uno stile cristiano di vivere la partecipazione, prodigarsi per «costruire solidarietà attiva e vissuta» (Oct. adv. 47), rendersi capace di costruire comunità nuove, di avere rapporti con altri, di non chiudersi nell'individualismo, di aprirsi agli altri: senza perdere la sua identità di educatore della fede.
    I valori di comunione e di corresponsabilità li dovrà assumere in tutto il suo stile di vita e di lavoro apostolico, dando così più spazio alla partecipazione: il che impegnerà l'educatore a:
    - rinnovare l'esercizio dell'autorità e dell'obbedienza;
    - far funzionare il principio di sussidiarietà e della corresponsabilità;
    - vivere la fraternità cristiana con forme rinnovate come progetto originale di vita nella unica missione affidata alla comunità;
    - rivedere le strutture di comunione, corresponsabilità, dialogo ( = consigli, assemblee, capitoli, ecc.), sussidiarietà, decentralizzazione, comunicazione;
    - creare una reale e profonda solidarietà tra i singoli e la comunità e far crescere la sensibilità di essere cittadini, di collaborare alla costruzione del quartiere, della città, della nazione, del mondo, assecondando la nuova coscienza che matura nel mondo circa la destinazione a tutti dei beni della terra;
    - impegnarsi comunitariamente per i deboli, i poveri, gli indifesi;
    - dare ai giovani maggior campo di azione (più responsabilità);
    - usare nuovi metodi educativi: proibire di meno, e persuadere di più. Per questo lavoro di partecipazione l'educatore dovrà esser uno specialista del «dialogo» nel quale trasmette e condivide con gli altri un qualche cosa che è molto al di là delle divisioni, delle lotte, dei partiti, dei rancori: la volontà di salvare delle persone, di salvare i giovani!

    UN MONDO NUOVO

    Alcune novità di questo nostro tempo le abbiamo accennate prima; altre le avvertiamo nel cosmo, nella materia e nel tempo.
    Si sviluppa un grande processo di secolarizzazione: un fenomeno per cui l'uomo con la sua scienza e la sua tecnica esce da uno stato di minorità e di infantilismo, frutto di ideologie filosofiche o di miti religiosi, e si rende autonomo e capace di dominare il mondo e la storia.
    La secolarizzazione, là dove è in atto, demitizza le ideologie e desacralizza la religione; e insieme fa scoprire più chiaramente il valore della laicità, del profano, del temporale e la loro autonomia, «le loro leggi, il loro ordine che l'uomo è tenuto a rispettare» (GS 36).

    Fatti e prospettive

    Alcuni fatti lo attestano:
    - l'uomo tende a realizzare la sua sovranità sulla natura e sulla storia che egli considera come materia prima per la realizzazione del futuro;
    - i valori terrestri (arte, cultura, scienza, politica, economia, tecnica) che entrano nella costruzione della città terrena, appaiono e sono sempre più autonomi;
    - divino e non divino, religioso e profano per la mentalità moderna vanno nettamente distinti (= desacralizzazione);
    - la crisi del sacro nella società industriale segna una frattura fra religione e società.
    Occorre quindi una nuova visione del mondo. Il processo di secolarizzazione ha come elemento centrale e concetto chiave la «autonomia» ed esige la preparazione di una nuova cultura integralmente umana che eviti i pericoli del secolarismo (= esclusione di Dio) e del soprannaturalismo (= far dipendere tutto direttamente da Dio). Il fine proprio del mondo è buono ed indispensabile, ma che non è l'ultimo fine e non è il Regno di Dio (deviazioni orizzontaliste). Tutto ciò fa riconsiderare le relazioni fra Chiesa e mondo, fra fede e cultura, fra grazia e natura, fra storia della salvezza e storia dell'uomo.

    L'educatore nuovo evangelizza l'autonomia

    Coltivando lo zelo pastorale si salverà dal secolarismo, e coltivando la competenza pedagogica si metterà in grado di trattare tutti con bontà e facilità.
    Ma gli occorre quindi:
    - scoprire il senso della secolarizzazione, per evitare ambiguità e deviazioni;
    - riconoscere in concreto l'autonomia del profano;
    - essere al corrente degli studi biblici e di come oggi interpretano la rivelazione (Tradizione, Bibbia, Magistero);
    - avere uno stile di sensibilità religiosa (nella preghiera, nella evangelizzazione, nella liturgia), più attento a questa autonomia;
    - cercare nuovi metodi pastorali nella vita della Chiesa, nella formazione cristiana, nelle opere apostoliche, nella evangelizzazione;
    - comprendere in particolare l'importanza degli impegni temporali e dei compiti del laicato (cultura, arte, politica, scienza, tecnica) e favorirli. L'educatore nuovo dovrà anche essere capace di evitare e superare i pericoli e le ambiguità a cui si può arrivare nel costruire questo mondo nuovo e secolarizzato:
    - pericoli di far a meno di Dio (= ateismo);
    - pericoli di prendere la propria coscienza come unica norma dell'azione morale ( = soggettivismo);
    - pericolo di una mentalità terrestre che nega o considera come secondari i valori religiosi;
    - altri pericoli li segnaleremo parlando della fede ma è evidente che rientra nei compiti dell'educatore nuovo saper distinguere (non dividere!) tra essenziale e accessorio, tra evangelizzazione e promozione umana, tra ambito religioso e ambito profano.

    UNA STORIA NUOVA

    La storia non è solo il passato ma anche il futuro, e oggi si afferma che essa è un progetto che può essere realizzato dallo stesso uomo. La direttiva di fondo da far presente in questo ruolo della storia è «la prospettiva» che è l'«arte di inventare il futuro» (Garaudy).
    La novità della storia si esprime nel processo di liberazione che parte da una critica scientifica della situazione e formula delle alternative (= un progetto) e lotta per realizzarlo. L'uomo si afferma come vero responsabile della storia, che è possibile dominare verso un futuro più umano.

    Fatti e prospettive

    Si può costatare:
    - l'enorme sviluppo tecnologico per cui l'uomo domina la natura, lo spazio e il tempo (energia nucleare, astronautica, computers, automazione...);
    - la rapidità dei cambi nella storia attuale e l'accelerazione verso il futuro come, ad esempio, il tramonto del colonialismo e il nascere di altri nazionalismi;
    - lo sviluppo della scienza del futuro;
    - le nuove tecniche di produzione che obbligano ad una più intensa divisione del lavoro e pianificazione dei ruoli;
    - la nobiltà, la velocità, la fretta, il pluralismo nelle idee, nei mezzi e nei fini che investono la società.
    Così l'umanità appare proiettata verso il futuro, convinta che i propri valori non si trovano in un passato a cui far ritorno, ma in un futuro tutto da scoprire, progettare e realizzare.
    Tutto questo riserva anche i pericoli a cui sono esposti soprattutto i giovani:
    - il pericolo che prevalga come buono e valido solo ciò che è utile e realizzabile, cioè l'efficientismo;
    - l'insicurezza sui fini con forte incidenza sulla persona umana;
    - la difficoltà a conoscere tutta la realtà e quindi l'incapacità a distinguere l'essenziale, il giusto, il duraturo;
    - l'idolatria della novità assunta a criterio di verità;
    - la schiavitù nella società del benessere e dei consumi;
    - il pericolo di provocare nei giovani il timore del ritardo, l'ansia inquieta di esser tagliati fuori, il desiderio di sperimentazioni nuove e ardite;
    - il pericolo di provocare invece negli adulti l'impressione di perdere e di assistere ad una rovina generale.
    Occorre quindi: avere come nucleo motore il concetto di «prospettiva» che non è profetismo alienante ma un recupero della capacità creativa umana.
    In particolare si avverte il bisogno di:
    - rileggere con occhio nuovo il vangelo per coltivare nuovi atteggiamenti cristiani;
    - mirare ad un futuro immediato ma fondato sul passato e sulle sue istituzioni;
    - farsi una visione nuova della storia;
    - esigere grande chiarezza di fini: lo vogliono soprattutto i giovani;
    - esigere funzionalità, immediatezza, organizzazione, decentramento, agilità di tecniche;
    - aiutare il giovane ad entrare nella società con quelle attitudini di creatività, di previsione, di progettazione, ormai indispensabile alle nuove generazioni.

    L'educatore nuovo evangelizza la prospettiva

    Per realizzare una storia nuova l'umanità ha fatto ricorso al processo di liberazione. Tale processo investe in modo particolare l'educatore che vive tra i giovani poveri e il popolo, cioè in una situazione di evangelizzazione e promozione umana, di pastorale del futuro, di mentalità concreta di lotta per superare la ingiustizia, portata avanti con lo spirito del Vangelo.
    Nell'evangelizzare la «prospettiva», cioè nell'essere evangelicamente impegnati nella storia di oggi occorre lottare e sapere dove si vuole arrivare. Ma c'è il pericolo di fare della critica all'ingiustizia un mito, di fare della lotta uno strumento di odio, e dei nuovi progetti una utopia. Proprio perché questo rischio costituisce una forte attrattiva per i giovani.
    L'educatore nuovo evangelizzerà la «prospettiva» se farà come Don Bosco: unire indissolubilmente la salvezza e la promozione umana. Leone XIII diceva ai Salesiani il 9 maggio 1884: «Voi avete la missione di far vedere al mondo che si può esser buon cattolico e nello stesso tempo buono e onesto cittadino; che si può fare gran bene alla povera e abbandonata gioventù in tutti i tempi, senza urtare con l'andazzo della politica, ma conservandosi ognora buoni cattolici» (MB XVII, 103).
    Certo l'educatore dovrà essere più convinto della nobiltà dell'azione politica; ma sempre dimostrerà di essere impegnato a fondo in qualche cosa che è molto al di là degli interessi umani: la salvezza totale dei giovani.
    Libererà i giovani, come ha fatto Gesù, coltivando e approfondendo in sé ed in essi alcuni valori della fede: una visione cristiana della storia con la presenza dei fini ultimi; la teologia della speranza cristiana in tempi di insicurezza; l'alleanza con Dio come progetto per l'avvenire; il mistero della croce in tempi di efficienza e di prevalenza della tecnica; il senso evangelico della povertà in tempi di ricerca del benessere; la dedizione al prossimo in tempi di egoismo; l'importanza della politica in tempi di progetti personali.
    Indicherà dei fini chiari e convincerti, per costruire un mondo nuovo e una storia diversa.
    Richiamerà ai giovani sia la memoria del passato che la speranza del futuro che va oltre l'utopia dell'avvenire, la contestazione disperata, la alienazione sognatrice.

    UNA FEDE NUOVA

    «Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4,4-6).
    Parlando di fede nuova, non intendiamo allontanarci da questa realtà immutabile della fede, ma considerare soltanto alcuni aspetti transeunti di vita, e in particolare il rapporto «fede e cultura».
    Fede e cultura non si identificano, ma sussistono uniti nel cristianesimo e sono insidiate nel nostro tempo da due tentazioni: quella di unire indissolubilmente la fede con la sola cultura del passato, e quella di confondere la fede con le aspirazioni di umanizzazione del nostro tempo.
    La fede proviene dalla trascendenza di un Dio che si è fatto uomo. Ma il processo di umanizzazione del mondo (= valori umani, crescita in umanità) si afferma sempre più come compito dell'uomo in quanto tale. Il dirigere tale processo di umanizzazione verso la salvezza, per mezzo dei valori trascendenti del Regno di Dio, è invece specifico compito di Cristo e della Chiesa.

    Fatti e prospettive

    Si può costatare:
    - l'incertezza di un mondo che non ha fede e le situazioni di agnosticismo, di indifferenza, di disperazione di tanti uomini che non credono;
    - la fede-fiducia dell'uomo di oggi si ferma all'uomo, alla scienza, alla medicina, alla organizzazione, alle assicurazioni civili;
    - altre fedi nuove sono proposte all'umanità. Una è incombente, il marxismo, che riconosce l'uomo come unico protagonista della storia, e indica nell'abolizione delle classi il fine verso cui deve tendere l'umanità.
    Occorre quindi una sintesi chiara e accessibile a tutti dei vari contributi delle scienze umane e teologiche: una precisa sistemazione teologica e antropologica. In questa ora di crisi culturale c'è bisogno di una teologia del senso comune, capace di aiutare e illuminare nella bufera di tanti cambiamenti. Occorre cioè:
    - essere teologi come gli apostoli, cioè fissare le basi della propria testimonianza più che allargare quelle delle proprie speculazioni: più testimoni che ideologi;
    - essere attenti agli orientamenti del Magistero (Concilio, Papa, Vescovi), che acquisterà sempre maggiore importanza;
    - essere «politicamente» realisti cioè essere immanenti e insieme trascendenti; credere nell'uomo e in Dio; nell'uomo protagonista della storia e in Dio creatore, salvatore, santificatore; vedere la storia come iniziativa dell'uomo e insieme di Dio.

    L'educatore nuovo predica e testimonia la fede

    - In quanto educatore nella fede (maestro della fede) cercherà di essere più testimone che ideologo, più apostolo che teologo;
    - di fronte alla crescita in umanità del mondo si sentirà portatore del fermento evangelico; non lo stregone religioso; non il promotore umano senza speranze salvatrici;
    - sarà il portatore di Cristo-salvatore e insieme l'annunciatore dei segni dei tempi;
    - pregherà contemplando la Parola di Dio e riscoprendo via via la novità dell'annuncio;
    - cercherà con attenzione gli orientamenti del Magistero e vi aderirà con lealtà;
    - si inserirà nell'impegno politico partendo e lasciandosi guidare da principi di fede per essere uomo di fede e di azione come Don Bosco;
    - supererà il distacco tra fede e vita, che è uno degli «errori più gravi del nostro tempo» (GS 43).

    UNA CHIESA NUOVA

    Il Vaticano II è stato un Concilio di rinnovamento in cui sono confluiti i principali movimenti suscitati dallo Spirito da tempo operanti nella Chiesa: il movimento biblico, patristico, liturgico, missionario, ecumenico, dei laici, sociale, e le correnti di spiritualità sacerdotale, matrimoniale, religiosa (UR 6b). È stato un rinnovamento interiore di purificazione e conversione, un rinnovamento esteriore di tutte le attività della Chiesa e del suo servizio nel mondo: culto, testimonianza, evangelizzazione, animazione cristiana delle realtà temporali, educazione, rapporti con i non cattolici, i non cristiani, i non credenti; una formulazione nuova del messaggio, più attenta alle diverse culture, con revisione di tradizioni, norme, istituzioni; con aggiornamento e adeguamento della vita, della dottrina, della disciplina, della missione del Popolo di Dio.

    Fatti e prospettive

    Alcuni fatti attestano lo straordinario risveglio della Chiesa. Non bisogna vedere soltanto la Chiesa del postconcilio inquieta, turbata, provata. Essa è uscita dal Concilio come da un bagno battesimale in cui ha ritrovato freschezza, gioia, fiducia, rinnovamento, e in particolare:
    - la Chiesa riappare nel suo mistero: essa porta con sé Dio, che attraverso la «comunione», non «l'organizzazione», si comunica all'uomo. La categoria biblica di Popolo di Dio ridimensiona una visione solamente gerarchica della Chiesa;
    - il senso di «servizio» e non di potere o di giurisdizione investe ogni autorità proprio perché tutti sono parte del Popolo di Dio prima di assumere una responsabilità, e l'autorità è per il bene comune;
    - la prospettiva ecumenica ha del prodigioso per la novità e per l'ampiezza del movimento sollevato;
    - la collegialità dei Vescovi col Papa si è definita e ha cominciato a funzionare;
    - la figura del prete più approfondita, anche se il non averla approfondita abbastanza ha provocato varie crisi;
    - l'attenzione al laicato e la sua partecipazione al sacerdozio di Cristo, introducendolo così ben oltre una semplice cooperazione all'apostolato gerarchico;
    - il rinnovamento della vita religiosa chiesto dal Concilio a tutti gli istituti e entro breve tempo; è la prima volta che ciò avviene nella storia della Chiesa;
    - la Parola di Dio riportata al primo posto nella vita della Chiesa;
    - la liturgia rinnovata profondamente e aperta a tutti con l'introduzione della lingua volgare, ha ritrovato uno slancio eccezionale;
    - l'attenzione al mondo contemporaneo con un atteggiamento generatore di speranza e un riesame di posizioni polemiche;
    - l'impegno missionario per la salvezza dell'uomo (= impegno di liberazione).
    Non sono mancati i pericoli:
    - l'impazienza disordinata che offre oggi uno spettacolo di contestazione e di disordine, sicché i superficiali parlano di «decomposizione»; si vedono iniziative aberranti che scoraggiano i fedeli;
    - la crisi delle vocazioni e in particolare dei sacerdoti: evidente nelle cifre, nelle notizie di ogni giorno, nel fatto contestatario, nel disorientamento ideologico, nella chiusura di seminari e di istituti;
    - l'autorità contestata e l'obbedienza vista con occhio diverso;
    - la reazione al Concilio e alle sue novità, che pare trovare ogni giorno i suoi aderenti;
    - l'inquietante rovesciamento di posizioni nella morale, con un facile appello alla coscienza, che però non si ha cura di illuminare;
    - l'insieme della «vita religiosa» profondamente scosso.
    Occorre quindi capire bene alcune verità fondamentali per non cadere nel disorientamento e nello scoraggiamento. Occorre cercare risposte di fede a problemi nuovi e riflettere su una specie di tensione che esiste fra alcuni aspetti della realtà della Chiesa. Eccone i principali:
    - Parola di Dio e segni dei tempi
    - regno di Dio e Chiesa
    - unità e pluralismo
    - testimonianza e servizio
    - fede e impegno politico
    - Chiesa e mondo
    - carisma e istituzione
    - fedeli e gerarchia
    - consacrazione e missione
    - persona e comunità
    - autorità e obbedienza
    - libertà e ordine
    - sacerdozio ministeriale e dei fedeli
    - vita religiosa e vita sacerdotale
    - Chiesa universale e chiese particolari
    - Chiesa cattolica e chiese cristiane
    - religione cristiana e religioni non cristiane

    L'educatore nuovo «evangelizza» la chiesa

    Evangelizzare la Chiesa significa diffonderla e questo impegna l'educatore:
    - sente anzitutto se stesso come espressione della Chiesa;
    - convinto che il disegno di Dio abbraccia tutta l'umanità e tutta la storia e convinto inoltre che l'iniziativa nella creazione, nell'alleanza, nella Chiesa è sempre di Dio, l'educatore della fede si mette anzitutto in ascolto della sua Parola, nella preghiera personale e comunitaria, privata e liturgica;
    - poiché la salvezza viene da Dio, che opera anche fuori dei confini del cristianesimo, il lavoro pastorale avrà prospettive più ampie di certe delimitazioni settoriali, convinto che vi è salvezza anche fuori dei confini verificabili della Chiesa;
    - non si lascia però prendere da una specie di qualunquismo religioso: solo la Chiesa reca pienamente l'integrità del messaggio e i relativi mezzi di salvezza (sacramenti);
    - orienta tutta l'educazione dei giovani nel far conoscere il piano di Dio, il regno di Dio, la Chiesa, e soprattutto la persona di Cristo, vero e unico salvatore del mondo;
    - avverte che la prospettiva ecumenica lo riguarda e vi si inserisce con amore all'unità e alla verità;
    - vede nel Papa e nella collegialità il segno dell'unità e la sicurezza della guida, e aderisce con fede e amore al magistero;
    - realizza l'impegno missionario per la salvezza dei giovani (= impegno di liberazione), «cercando la totalità della salvezza, che non si confonde mai con l'una o con l'altra liberazione: Dio ci salva dal peccato e dalla morte e ci introduce nella vita divina» (Paolo VI al Sinodo, 27.X.74);
    - non si lascia prendere da pessimismi deteriori, ma fiducioso nello Spirito Santo vive pienamente la sua vocazione.

    CONCLUSIONE

    Per non travisare i problemi che abbiamo accennato, conviene riaffermare un'espressione della Gaudium et Spes, che non viene qui citata per contraddire ciò che è stato detto prima, ma per completare: «Al di sotto di questi mutamenti ci sono molte cose che non cambiano; esse trovano il loro fondamento ultimo in Cristo, che è sempre lo stesso ieri, oggi e nei secoli» (GS 10).
    Ed è in questa prospettiva, di novità nella continuità, che deve situarsi l'impegno di rinnovamento dell'educatore e dell'operatore pastorale.
    Tra l'altro, la certezza della continuità fa da necessario supporto alla «speranza», difficile oggi quanto indispensabile per ogni educatore che senta di essere, nella sua persona, testimone della promessa che il Cristo è per ciascuno di noi.

     


    T e r z a
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