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    Questa è l'immagine che i giovani hanno della Chiesa /1



    Franco Garelli

    (NPG 1974-01-61)

    Note di Pastorale Giovanile presenta agli operatori della pastorale giovanile italiana una prima batteria di dati sull'immagine che i giovani hanno della chiesa. La ricerca, effettuata a Torino, ha le carte in regola per una estrapolazione approssimata a molte situazioni ecclesiali italiane.
    I dati che emergono fondano percezioni già chiare nelle progettazioni pastorali; ma nello stesso tempo ridimensionano ipotesi che circolavano con insistenza strana proprio perché non documentata.
    Nel complesso possono offrire un buon respiro agli operatori pastorali, anche se sollecitano pronti e precisi interventi.
    La ricerca è a carattere descrittivo. Sono state evitate tutte le conclusioni operative e le preoccupazioni educative: le molte pagine sono esclusivamente finalizzate a «conoscere».
    Ci riserviamo interventi successivi, più sulla lunghezza d'onda delle quotidiane istanze pastorali. Nella elaborazione degli studi in programma su «evangelizzazione e sacramenti», questi dati formeranno inoltre un fondale necessario.
    La scelta di dedicare tante pagine ad uno studio che, a prima vista, può apparire strettamente tecnico, corrisponde ad un preciso piano, già tante volte ricordato. La pastorale parte dai fatti. E da fatti riletti con categorie capaci di fornirne una buona comprensione. Il rapporto giovani chiesa è cruciale per la loro educazione alla vita di fede. Per questo è necessario cogliere con una certa sicurezza la percezione che essi hanno della chiesa «di fatto», per imbastire un'adeguata proposta di fede.
    L'autore, collaboratore della nostra rivista, ha scelto le pagine di Note di Pastorale Giovanile come luogo di «anteprima». Per non appesantire la lettura, sono stati evitati gli apparati tecnici. È in fase di realizzazione la pubblicazione definitiva dello studio, cui ci si potrà riferire per gli opportuni confronti.

    PREMESSE

    Caratteristiche della ricerca

    - L'universo di persone oggetto di studio è formato da giovani residenti in Torino, di età dai 21 ai 24 anni, che siano in possesso almeno di un titolo di studio oltre il diploma della scuola media inferiore.
    - Da questo universo, tenendo presenti le caratteristiche suindicate e utilizzando le liste elettorali della città, è stato estratto a sorte attraverso il metodo della campionatura casuale semplice un nucleo di 290 giovani che costituiscono il campione della ricerca.
    - A questo campione è stato sottoposto un questionario mediante somministrazione diretta; il questionario composto di 4 pagine ciclostilate è di nuova elaborazione attraverso un lungo lavoro che ha toccato i momenti dell'indagine-pilota, formulazione, pre-testing, riformulazioni varie; esso è composto dalle seguenti principali parti: immagine del dover essere della chiesa, definizione di chiesa, rapporto chiesa e società, giudizio sulla struttura interna della chiesa, giudizio sul pensiero della chiesa in campo morale, analisi dei cambiamenti della chiesa, immagine del prete, criteri per la misurazione di variabili socioeconomiche e socioanagrafiche, ideologiche e religiose, del campione.
    - Lo scopo della ricerca è duplice: da una parte giungere ad una corretta descrizione dettagliata dell'immagine che i giovani dalle caratteristiche suelencate hanno della chiesa; dall'altra, a livello esplicativo, cercare di delineare le cause che possono maggiormente influire sulla costruzione di tale immagine.
    - Nel presente lavoro ci limitiamo ad esporre una parte della ricerca descrittiva: il dover essere della chiesa e come i giovani costatano il rapporto della chiesa con la società; quanti desiderassero approfondire altre parti o i criteri metodologici usati sono rimandati alla tesi di laurea da cui questa parte della ricerca è tratta, reperibile all'stituto di Sociologia di Torino sotto il titolo «Ricerca sociologica sull'immagine che i giovani di Torino hanno della chiesa».
    - Per poter più adeguatamente leggere queste parti della ricerca evidenziamo alcune caratteristiche socio-economiche-anagrafiche del campione:
    - stratificazione sociale (strato sociale a cui i giovani appartengono)
    operai: 26.6%
    impiegati: 42.4%
    commercianti: 11.0%
    insegnanti/tecnici: 11.0%
    liberi professionisti/dirigenti/alti burocrati: 6.2%
    non risponde: 2.8%
    - scolarità (grado di istruzione)
    laureati o universitari: 48.3%
    liceo o magistrali: 7.9%
    quinquennio istituto tecnico: 26.6%
    triennio, altri corsi: 17.2%
    - occupazione
    giovani già impegnati professionalmente: 46.6%
    giovani ancora impegnati nello studio: 36.9%
    studenti/lavoratori: 16.6%

    Una necessaria specificazione

    Ci pare indispensabile in questo contesto meglio specificare il significato da noi attribuito ai termini «immagine» e «chiesa» che possono essere oggetto di ambigue o comunque divergenti interpretazioni.
    A livello immediato, parlando di immagine, intendiamo rilevare la percezione che i giovani hanno del fenomeno. A un livello più ponderato il termine presenta però una sfaccettatura complessa. Anzitutto l'immagine non è solo una recezione passiva del fenomeno. Accanto a questa dimensione c'è l'istanza di elaborazione attiva e critica da parte del soggetto nei confronti di una determinata realtà. È chiaro che in questo processo di recezione e di elaborazione attiva l'individuo partecipa il fenomeno con la società, attraverso tutte le componenti di essa con cui viene in contatto noltre l'immagine di un certo fenomeno può essere presente nell'individuo a livello esplicito o a livello implicito.
    Non ci addentriamo nell'approfondimento di queste dimensioni anche perché ci pare di riconoscerci nelle pagine che il Rusconi riserva all'argomento nel libro «Giovani e secolarizzazione».[1]
    Rimandiamo pertanto ai punti più significativi che descrivono il senso con cui egli considera l'immagine e che tratteggiano in maniera molto più completa ed adeguata le intuizioni da noi avute su questo punto e a cui abbiamo suaccennato. A riguardo del termine «chiesa» siamo stati molto categorici. Pur lasciando libertà di opinione ed espressione per quanto riguarda l'aspetto del dover essere della chiesa, siamo stati precisi nel ricordare a tutti i giovani intervistati che desideravamo rilevare la percezione che essi avevano della chiesa come istituzione, quel complesso fenomeno che per alcuni ha una dimensione anche divina e che comunque per tutti è riscontrabile nella dimensione umana che contraddistingue qualsiasi movimento, società, che opera nel mondo. I giovani dovevano perciò valutare la chiesa come istituzione, cioè come fenomeno composto sia dai laici che dalla gerarchia, in cui c'è la possibilità di espletare un culto e accostare i sacramenti, ed in cui operano delle strutture ecclesiastiche (parrocchie, diocesi, famiglie religiose) e strutture temporali cristiane (ad esempio le scuole cattoliche).
    Abbiamo cercato di togliere qualsiasi ambiguità nella considerazione concettuale del fenomeno che volevamo misurare a livello descrittivo.
    A questo punto si tratterebbe di enunciare quelle ipotesi che ci hanno spinto a considerare la dimensione descrittiva della ricerca. Senonché il numero assai articolato di dimensioni sulle quali era nostro interesse valutare la percezione e l'opinione dei giovani ci invita a rimandare all'inizio della trattazione dei singoli aspetti considerati l'enunciazione delle ipotesi specifiche. Ci pare un modo meno generico di impostare il problema e più valido per convenientemente adeguarsi anche a questo livello all'articolazione con cui abbiamo progettato il questionario e considerato la variabile dipendente.

    ORIGINE DELLA CHIESA

    Qual è l'origine della chiesa?
    La domanda voleva evidenziare se i giovani ritengano la chiesa un'organizzazione puramente umana o una società con dimensioni umane e dimensioni divine.
    Ci pare un punto fondamentale nel definire l'immagine che i giovani hanno della chiesa. Di qui nasce la priorità con cui trattiamo questo problema.
    Crediamo infatti che la diversa opinione dei giovani su questo argomento comporti un diverso modo di pensare il dover essere della chiesa e anche una differente percezione di come la chiesa si presenta attualmente nelle sue strutture e nei suoi rapporti con la società.

    ORIGINE DELLA CHIESA
    la chiesa è un'invenzione dei preti per sfruttare la gente: 2.4%
    è un'organizzazione fatta da uomini: 29.7%
    è una società voluta da Gesù Cristo, uomo-Dio: 67.9%

    I dati evidenziano che una larga maggioranza ritiene che la chiesa sia una società in cui l'aspetto divino è presente, almeno per quanto riguarda la sua origine. Al contrario quasi un giovane su tre sottolinea la sola dimensione umana della chiesa, affermando che è sorta come tante altre organizzazioni che sono presenti all'interno della società.
    Solo il 2.4% del campione intervistato vede all'origine della chiesa una motivazione decisamente negativa: il desiderio di sfruttare e manipolare le persone da parte del clero.
    Pur rivelandosi interessanti siamo consapevoli che questi dati hanno un carattere «generale». In particolare sentiamo l'esigenza di meglio approfondire che cosa significa per i giovani affermare che la chiesa ha anche una dimensione divina.

    IL «DOVER ESSERE» DELLA CHESA

    Cercando di definire l'immagine che i giovani hanno della chiesa è necessario introdurre una iniziale distinzione per non trovarci di fronte ad indicazioni ambigue ed oscure.
    L'immagine dei giovani può essere sdoppiata in due filoni essenziali, autonomi e compenetrantesi: da una parte il pensiero sul dover essere della chiesa, dall'altra il modo con cui la chiesa stessa viene attualmente considerata e recepita.
    Il nostro orientamento iniziale di considerare separatamente questi ambiti diversi della ricerca per poter adeguatamente descrivere il fenomeno ha rinvenuto una chiara conferma dalle indicazioni dell'indagine-pilota.
    A riguardo di molte domande i giovani ci interrogavano circa l'ottica con cui avrebbero dovuto rispondere.
    Queste preliminari osservazioni devono essere tenute in attenta considerazione da parte del lettore per non tirare indebite conclusioni circa il pensiero dei giovani intervistati.
    Ad un primo momento in cui analizzeremo il modo con cui i giovani vorrebbero la chiesa, farà riscontro un secondo tempo in cui prenderemo in esame la percezione che di fatto il campione ha circa alcuni campi concreti in cui la chiesa opera.

    1. Come i giovani vorrebbero la Chiesa: il tipo di Chiesa

    Cerchiamo anzitutto di definire a grandi linee qual è il tipo di chiesa che i giovani desiderano.
    Ci sono problemi di fronte ai quali non è possibile non assumere una posizione ben precisa. Tra questi anche alcuni che riguardano da vicino il modo di essere della chiesa e che si caratterizzano per la loro ambivalenza. Il riuscire a rilevare la posizione dei giovani di fronte a questi punti nodali comporta poter cogliere quale definizione di chiesa i giovani sostengono.
    Quali sono questi problemi ambivalenti?
    - Anzitutto la definizione restrittiva o ampia di chiesa. Alcuni non mettono confini nel definire la chiesa. Secondo questi, tutti gli uomini di buona volontà, che sono impegnati nella promozione della giustizia, fanno parte della chiesa.
    Al contrario altri ritengono che costituiscano la chiesa solamente i credenti, consapevoli della propria fede e identità cristiana.
    - Un'altra divergenza può nascere sul modo in cui è da viversi l'esperienza di chiesa.
    Da una parte si sottolinea la necessità di un clima pluralistico a livello di idee ed esperienze, dove la diversità è ricchezza ed integrazione e l'unità trova il suo fondamento nell'amore e nel rispetto. Dall'altra si paventa che il clima pluralistico possa produrre una mancanza di identità e si preferisce mettere l'accento sulla omogeneità dei credenti che nasce da precise scelte effettuate a vari livelli.
    - C'è poi chi preoccupato di ribadire la priorità della missione spirituale della chiesa ritiene contaminante qualsiasi impegno della chiesa stessa a livello di strutture e istituzioni, mentre al contrario, molti avversano questa preoccupazione sostenendo la necessità da parte di un movimento composto da uomini di avere un volto strutturale e istituzionale.
    - L'ultima delle ambivalenze che qui vogliamo prendere in considerazione riguarda la necessità della gerarchia.
    L'elenco dei punti controversi potrebbe continuare. Noi ci fermiamo a vagliare questi quattro problemi perché ci pare che dall'analisi possano già emergere le caratteristiche principali di come dovrebbe essere la chiesa.

    1.1 Definizione restrittiva o ampia di Chiesa

    Iniziamo dal primo problema.
    È difficile formulare ipotesi sulla distribuzione dei giovani di elevata scolarità su questo problema. Da un lato pensiamo che chi è totalmente contrario alla chiesa debba scegliere la risposta libera per dichiarare la sua opinione. Dall'altra crediamo che chi non è credente e nello stesso tempo rispetta i credenti confluirà nella definizione restrittiva di chiesa. Ad essa potrà anche dare la sua adesione qualche giovane credente preoccupato di non immettere in un unico movimento, ritenuto specifico, persone dalle concezioni opposte.
    In generale, comunque, pensiamo che i giovani che per diversi motivi possono orientarsi verso una definizione restrittiva di chiesa costituiscano una minoranza, anche se discreta. Ad essa farà riscontro una maggioranza che preferirà la definizione ampia di chiesa.

    DEFINIZIONE RESTRITTIVA O AMPIA Dl CHIESA
    formano la chiesa solamente i credenti battezzati, guidati dai pastori stabiliti da Cristo: 13.4%
    la chiesa è l'insieme degli uomini di buona volontà: 81.4%
    risposta libera: rifiuto totalmente il problema: 2.8%
    risposta libera: altre risposte: 2.4%

    «La chiesa è l'insieme degli uomini di buona volontà»: questa definizione ampia di chiesa ha avuto più dell'80% delle adesioni dei giovani. Sembra quindi che nel pensiero dei giovani possa appartenere alla chiesa ogni persona che opera la pace e la giustizia, al di là della propria confessione religiosa, della adesione alla fede, e della pratica religiosa. Ciò fa supporre che non sia necessario, per questi giovani, essere coscienti dell'appartenere a questo «movimento» per farvi parte: è sufficiente essere «uomini di buona volontà».
    Il 13.4% restringe invece i confini dell'appartenenza alla chiesa facendoli passare attraverso l'adesione alla fede e al riconoscimento del legame con la gerarchia.
    L'ipotesi iniziale è in parte da riformulare. La confluenza dei giovani nella definizione ampia di chiesa è molto più elevata di quanto potevamo immaginare. Ciò significa che una parte dei giovani che ritengono la chiesa solamente una organizzazione umana, la definisce come «insieme di uomini di buona volontà».
    Per omettere equivoci ricordiamo che in questo contesto i giovani non dovevano rispondere tenendo presente la reale percezione che hanno della chiesa, quanto il suo dover essere. La stragrande maggioranza dei giovani vorrebbe pertanto una chiesa che fosse, «l'insieme degli uomini di buona volontà».

    1.2 In che modo è da viversi l'esperienza di Chiesa

    Una costante del comportamento giovanile sembra essere la tendenza ad affossare barriere ed etichette, accanto all'istanza di rispetto delle altrui esperienze. Questa costatazione, calata nel vivo del discorso sul «dover essere» della chiesa, ci fa supporre che la maggioranza dei giovani di istruzione elevata ritenga che l'appartenenza alla chiesa debba essere caratterizzata dall'accettazione del pluralismo e dal collegamento con tutti.

    IN CHE MODO È DA VIVERSI L'ESPERIENZA DI CHIESA
    costituiscono la chiesa i gruppi di persone credenti che si riuniscono nel nome di Cristo e vanno d'accordo tra di loro: 17.2%
    per far parte della chiesa bisogna sentirsi in collegamento con tutti nonostante la diversità di mentalità e di idee: 74.8%
    risposta libera: rifiuto totalmente il problema: 3.1%
    risposta libera: risposte varie: 4.9%

    Per quasi il 75% far parte della chiesa significa accettare il pluralismo di esperienze e idee e rimanere collegati con tutti.
    A questo accento fa riscontro il 17.2% del campione per il quale l'esperienza di chiesa è da viversi soprattutto in gruppi omogenei.
    Da notare che per quasi la metà dei giovani classificati nelle risposte varie l'esperienza di chiesa è da viversi nel completamento del senso delle due frasi che il questionario proponeva, togliendo quanto di opposizione c'è tra di esse: l'esperienza di chiesa è da viversi in piccoli gruppi che siano però collegati con tutti e che accettino il pluralismo.
    In conclusione si può affermare che la tendenza ipotizzata si è in questo caso verificata. Ad una maggioranza evidente di giovani che definiscono la chiesa come l'insieme degli uomini di buona volontà, fa riscontro un'altra chiara maggioranza che indica nel pluralismo e nel rispetto il modo di vivere l'esperienza di chiesa.

    1.3 Necessità delle strutture

    Le caratteristiche di elevata scolarità del campione ci fanno supporre che il problema delle strutture e istituzioni della chiesa non sia indifferente per i giovani intervistati.
    Pur pensando che quanti ammettono la chiesa come società non abbiano difficoltà a pensarla costituita da strutture che formano il volto concreto di ogni organizzazione, ipotizziamo però che una fascia di giovani diffidente verso le istituzioni della chiesa abbia a negare la loro necessità per il compito che questa vuole espletare nel mondo. Nelle nostre previsioni questa dovrebbe essere comunque una minoranza.

    NECESSITA' DELLE STRUTTURE
    ogni struttura ed istituzione tradiscono la missione spirituale della chiesa: 18.6%
    siccome è composta di uomini la chiesa ha sempre bisogno di strutture ed istituzioni: 75.2%
    rifiuto totalmente il problema: 3.1%
    altre risposte: 3.1%

    La grande maggioranza dei giovani è a favore della necessità delle strutture ed istituzioni per la chiesa.
    Al contrario il 18.6% avverte che le strutture impediscono alla chiesa lo svolgimento della missione spirituale. L'invito è quindi a dissociarsi dalle istituzioni per vivere una maggior autenticità.
    Se a questi aggiungiamo il 3.1% che rifiuta totalmente il problema, si ha il 21.7% del campione (oltre 1/5) che è contro la necessità delle strutture per la chiesa.

    1.4 Necessità della gerarchia

    Contrariamente a quanto ipotizzavamo nella costruzione delle domande precedenti pensiamo che su questo argomento i giovani non presenteranno una maggioranza così schiacciante ad un polo del problema. È chiaro che la criticità propria dei giovani verso ogni forma di apparato di gestione avrà anche in questo caso la sua influenza accresciuta dal fatto che molti credenti non ritengono affatto necessaria la gerarchia per la sopravvivenza della chiesa. Pensiamo inoltre che i giovani rispondano a questa domanda logicamente influenzati dall'immagine di gerarchia che si sono formati, e che quindi un'immagine negativa possa condizionare il loro giudizio anche a livello di dover essere della chiesa.

    NECESSITA' DELLA GERARCHIA
    senza il papa e i vescovi non ci potrebbe essere la chiesa: 45.0%
    si possono rifiutare il papa e i vescovi e pensare di essere ancora nella chiesa: 47.4%
    rifiuto totalmente il problema: 4.5%
    altre risposte: 3.1%

    È necessaria la gerarchia per la chiesa?
    Questo problema è nel pensiero dei giovani intervistati assai contrastato. Lo dimostra il 45.0% a favore della necessità della gerarchia e il 47.4% contro tale necessità.
    La lieve pendenza contro la necessità viene resa più consistente dal 4.5% del campione che nella risposta libera afferma di rifiutare totalmente il problema o perché non crede nella chiesa o perché non crede nella gerarchia.
    Pertanto il 51.9%, più della metà dei giovani intervistati, ritiene perlomeno che la gerarchia non sia necessaria alla chiesa.
    Paragonando i presenti dati con quelli che rivelano la posizione dei giovani circa l'origine della chiesa, possiamo affermare che una parte considerevole di giovani per i quali la chiesa è una società di origine divina si è schierata contro la necessità della gerarchia per la chiesa stessa.

    Analisi di tendenze

    Dalle tavole precedentemente considerate sorgono alcune tendenze che è bene evidenziare.

    1. Come i giovani definiscono la chiesa

    La grande maggioranza di giovani è decisamente schierata, a livello di dover essere, per una definizione ampia di chiesa, per la necessità delle strutture, e per il modo pluralistico e di rispetto in cui è da viversi l'esperienza di chiesa.
    Se da un lato queste indicazioni rivelano un atteggiamento generalmente favorevole alla chiesa, dall'altra sembrano palesare uno stemperarsi di che cosa significhi realmente«essere chiesa» e il fenomeno chiesa.
    Il pretendere che la chiesa diventi un movimento di persone unite dal denominatore comune della buona volontà e della promozione umana, sembra evidenziare la riduzione di fatto della chiesa a dimensioni puramente umane, dimenticando il suo compito soprannaturale.
    Inoltre la sottolineatura del pluralismo e del rispetto di idee ed esperienze diverse può sconfinare in una reale perdita di identità da parte di coloro che costituiscono la chiesa stessa. All'insegna del pluralismo possono infatti ritrovarsi sotto un comune tetto persone che, alla luce di una fede rivendicata identica, palesano una visione ideologica e un modo di agire completamente contrapposti.

    2. Il pensiero sulla necessità della gerarchia

    La maggioranza dei giovani ritiene non necessaria la gerarchia per la chiesa. È questo un dato di notevole importanza se si considera la dimensione del dover essere con cui abbiamo formulato queste domande. Anche se avrà logicamente influito il modo con cui di fatto è recepita la gerarchia, è ovvio che questo risultato mette in rilievo che, perché ci sia la chiesa, non è necessaria nessuna gerarchia. Ciò ancora non vuol dire che i giovani desiderino una chiesa senza autorità. Ma solo che a livello di costituzione di chiesa questo tipo di autorità (papa e vescovi) non sono parte necessaria.

    3. Il rifiuto alla considerazione delle domande

    Analizzando le risposte libere possiamo notare come le percentuali si distribuiscano in tutte le domande a livelli più o meno analoghi. Riassumendo si può pensare che circa un 3% dei giovani rifiuti totalmente i problemi presentati perché rifiuta in blocco la chiesa stessa. È questa una cifra estensibile se si prendessero in esame l'altro gruppo di risposte libere, classificato a parte nelle varie domande.

    2. Come i giovani vorrebbero la Chiesa: compiti della Chiesa

    Non poteva mancare nella considerazione di come i giovani vorrebbero la chiesa una indagine precisa sui compiti ad essa attribuiti. La constatazione dell'importanza dell'argomento si accompagna a quella della difficoltà nel rilevare la valutazione dei giovani su questo fenomeno. E ciò soprattutto tenendo presente l'esigenza di fondo di una descrizione dettagliata del pensiero dei giovani che caratterizza la ricerca, e che è di riflesso presente anche in questo settore.
    Nel tentativo di dipanare la matassa degli eventuali compiti che possono essere attribuiti alla chiesa, crediamo di poter procedere in generale ad una prima distinzione in due blocchi: da una parte i compiti direttamente derivanti alla chiesa dalla sua missione e per i quali essa si differenzia dalle altre società ed istituzioni; dall'altra quelli che nascono dalla messa in pratica del messaggio che annuncia.
    Questi ultimi che sono nell'ambito della promozione umana e sociale, possono essere distinti in un generale impegno in favore dell'uomo, oppure nel tentativo di perseguire lo stesso fine ad un livello che deriva alla chiesa dalla sua influenza e distribuzione mondiale. L'evidenziare esplicitamente alcuni compiti che in ultima analisi richiamano all'azione istituzionale della chiesa, ha lo scopo di meglio caratterizzare il pensiero dei giovani su questo fenomeno.
    Nel sottofondo di queste distinzioni è latente la considerazione che parlare in modo esauriente dei compiti della chiesa significa mettere in evidenza anche il suo ruolo all'interno della società. Nel nostro caso si tratta di sondare come i giovani vorrebbero i rapporti della chiesa con la società. Per non lasciar cadere nessuno dei predetti aspetti e per far fronte adeguatamente alla complessità con cui il fenomeno sembrava caratterizzarsi, si è creduto opportuno sottoporre ai giovani due gruppi di domande circa i compiti della chiesa.
    Il primo ha lo scopo di sondare in generale l'orientamento dei giovani. Questi sono invitati a distribuire su un'unica scala di importanza i principali compiti «specifici» e di «promozione umana e sociale» attribuiti alla chiesa. Questo procedimento permette di vagliare mediante l'importanza assegnata ai vari compiti. Stupirà forse il fatto di trovare in questo settore, mescolato alle altre dimensioni, il compito «lottare contro il comunismo». La sua presenza nel questionario è giustificata a livello immediato dalla curiosità di analizzare se e in che misura questo aspetto potesse essere considerato un'opera di promozione umana, e a livello più ampio per evidenziare un indicatore del rispetto che la chiesa deve avere per altri movimenti ed ideologie.
    Il secondo blocco di compiti tende a meglio precisare gli orientamenti iniziali dei giovani e soprattutto a chiarire il loro pensiero su alcune funzioni oggetto di acceso dibattito da parte delle frange più vive del mondo giovanile.
    Con questi due gruppi di domande compenetrantesi si pensa di poter adeguatamente esaurire il Pensiero dei giovani sui compiti che la chiesa dovrebbe espletare. L'accuratezza nella ricerca di strumenti opportuni per cogliere questa dimensione sottolinea l'importanza che per noi riveste questo settore del presente lavoro.

    2.1 La valutazione dei compiti in base ad un'unica scala di importanza

    Prendiamo in considerazione anzitutto il primo blocco di compiti. Con questo pensiamo di poter misurare anzitutto tre dimensioni:
    - o spazio e il significato che i giovani attribuiscono ai compiti specifici della chiesa;
    - la valutazione che assegnano ai compiti di «generale» promozione umana;
    - la considerazione riservata ad un compito di promozione sociale a livello istituzionale.
    Oltre alla costatazione del tipo di compiti attribuiti in prevalenza alla chiesa pensiamo di poter osservare attraverso queste domande la percentuale di giovani che aldilà delle differenze di religiosità rifiutano totalmente la chiesa.
    In questo ambito i giovani vengono infatti interpellati sul come dovrebbe essere la chiesa. Logicamente, di fronte ad alcuni compiti specifici, i non credenti potrebbero valutarli in maniera negativa. Ma chi desse questa valutazione anche per i compiti ritenuti senza ambiguità e da tutti, di promozione umana, rivelerebbe non tanto una divergenza su questo livello specifico, quanto un rifiuto totale della chiesa. Pensiamo infatti che possa ritenere «falso» per la chiesa il compito «aiutare chi ha bisogno e soffre», solo chi ricusa totalmente il fenomeno chiesa, anche a livello di semplice organizzazione umana.
    Tutti questi intenti sono incastonati in una ipotesi di fondo comune alla letteratura di sociologia religiosa che si occupa di questo fenomeno. Ipotizziamo che in generale i giovani rivelino la tendenza ad accentuare l'importanza per la chiesa dei compiti «umanizzanti». Su questo punto dovrebbe verificarsi una convergenza tale da ridurre al minimo il rifiuto totale di queste dimensioni e in ultima analisi della stessa chiesa, considerata anche come semplice istituzione umana.
    Come già abbiamo accennato, l'aver introdotto l'aspetto istituzionale della promozione sociale ci permette di meglio caratterizzare la valutazione dei giovani, soprattutto in un tempo in cui l'importanza della dimensione politica e strutturale del fenomeno ha assunto, nel contesto culturale, un posto rilevante.

    Si possono fare le seguenti osservazioni

    1. C'è anzitutto un primo nucleo di compiti che costituiscono un «raggruppamento elevato». Si tratta di un raggruppamento abbastanza omogeneo, nel senso che rispetto alla scala complessiva dei punteggi non presenta sbalzi notevoli tra le frequenze assegnate ai vari compiti.
    In questo gruppo riceve le maggiori preferenze il compito «aiutare chi ha bisogno e soffre», seguito da «annunciare Cristo e il vangelo» e da «favorire la pace tra le nazioni».
    Due su tre sono compiti che derivano alla chiesa dalla messa in pratica del messaggio che annuncia. Solo uno, il secondo, è un compito specifico della chiesa, derivante dalla sua missione per cui la chiesa stessa viene differenziata dalle altre società.
    In questo contesto l'«annunciare Cristo e il vangelo» sembra rivelare la tendenza da parte dei giovani di considerarlo come un mezzo per «umanizzare» la società, così come lo sono l'«aiutare chi ha bisogno e soffre» e il «favorire la pace tra le nazioni». La qual cosa, se fosse vera, avrebbe bisogno di essere maggiormente approfondita per verificare se il riconoscere al vangelo un potere umanizzante comprende od esclude l'aspetto soprannaturale di questo messaggio. Si tratta in altri termini di chiarire se i giovani ritengano importante questo compito per la chiesa solo perché ha la possibilità di condurre alla promozione dell'uomo. E di conseguenza se accettano la chiesa solo come agenzia di promozione umana, senza alcun riferimento alla possibilità di essere fautrice di incontro col trascendente.
    C'è ancora da mettere in evidenza la priorità di importanza assegnata mediamente dai giovani alla voce a aiutare chi ha bisogno e soffre». Tra i vari compiti è quello che rivela il maggior grado di «genericità» e nello stesso tempo quasi l'invito ad agire preferenzialmente ad un livello informale, lontano dai pericoli che un determinato supporto istituzionale può celare.
    Crediamo inoltre che sia stata decisiva, per la scelta preferenziale che ha ottenuto dai giovani tanto da essere collocata nel raggruppamento «elevato», la formulazione particolare della funzione «pacificatrice» attribuita alla chiesa. Se al posto di «favorire la pace» i giovani avessero rinvenuto l'espressione «fare la pace», ipotizziamo che avrebbero molto meno gradito questa formulazione che implica un intervento diretto della chiesa a livello sociale, in questo campo. Crediamo quindi che sia stata confermata l'impressione che ci ha guidato a questa scelta durante il pre-testing.

    2. Tra il raggruppamento elevato e quello successivo che chiameremo «medio» c'è uno scarto considerevole.
    In questo secondo gruppo troviamo in ordine i seguenti compiti: «conservare e difendere da errori la dottrina e la fede», «dare i sacramenti», «educare e istruire i giovani», «insegnare ciò che è bene e ciò che è male».
    Anche in questo caso c'è omogeneità, ma mentre tra il primo e il terzo compito c'è uno scarto di rispettivamente 17 e 24 punti tra il primo e il quarto c'è la differenza rispettivamente di 64 e 93 punti. Il quarto compito incluso in questo raggruppamento appare quindi nettamente staccato dagli altri tre.
    Facciamo alcune considerazioni sui vari compiti presenti in questo gruppo. Appare abbastanza sorprendente che il compito «conservare e difendere da errori la dottrina e la fede» occupi il primo posto di questo raggruppamento e il quarto in senso assoluto. Sarà interessante confrontare questo punto con il pensiero dei giovani sulla funzione del magistero della chiesa. Qui comunque sembra che sia stato recepito dai giovani l'accento posto sul diritto-dovere della chiesa di esercitare questa funzione, più che sulle implicanze negative che una difesa della dottrina può comportare.
    Più o meno sullo stesso livello «dare i sacramenti» ed «educare e istruire i giovani». Anche per la domanda sulla funzione sacramentale della chiesa sarà necessario mettere in evidenza con raffronti successivi il valore che viene dato dai giovani a questo aspetto della chiesa, così come essi la vorrebbero.
    Da notare che «educare e istruire i giovani» è molto più accettato che«insegnare ciò che è bene e ciò che è male». I due occupano rispettivamente il terzultimo e penultimo posto nella scala positiva dei compiti, anche se il distacco tra loro, come abbiamo fatto rilevare, è notevole.
    Analizzando la tavola si può notare che «insegnare ciò che è bene e ciò che è male» è stato percepito dai giovani in modo più contrastante e meno univoco rispetto a tutti gli altri compiti. Il suo significato si è pertanto prestato a interpretazioni ambigue.
    In generale comunque si può ipotizzare che nel clima di libertà e di relativizzazione di ogni idea e proposta proprio del mondo giovanile, i giovani non vedano di buon grado una chiesa che sale in cattedra ad impartire la nozione del bene e del male, di ciò che si deve fare e di ciò che si deve tralasciare.
    In questo caso sembra trovare conferma l'istanza alla libertà e al rispetto.

    3. Un ultimo compito rimane al fondo delle graduatorie, molto staccato dagli altri. Si tratta di «lottare contro il comunismo».
    Non è un ultimo posto per pura mancanza di peso positivo. Anzi, al contrario, l'intensità negativa con cui i giovani giudicano questa voce è tale da paragonarla alle intensità più forti ricevute dai tre compiti positivi principali. Il «rigetto» di questo compito è quindi forte, almeno quanto lo è l'affermazione dei compiti positivi del primo raggruppamento.
    Con questa risposta i giovani sembrano voler spezzare un'altra lancia in favore della libertà di opinione e di espressione.
    Solo l'8.6 afferma che è almeno importante che la Chiesa combatta il comunismo. Sarà interessante sondare la visione politica e il grado di religiosità di queste persone.

    Analisi delle tendenze globali

    Le osservazioni e le riflessioni fin qui condotte ci danno la possibilità di tentare una analisi più globale delle tendenze emergenti dalla valutazione di questo gruppo di compiti.

    1. I compiti di promozione umana e sociale

    Nel gruppo di compiti che sono stati considerati erano molti quelli che potevano essere colti come umanizzanti. L'accento messo dai giovani su alcuni di questi e la collocazione in secondo piano di altri sta ad indicare l'importanza assegnata al modo con cui essi vengono esplicati.
    Sembra che i giovani accettino e invitino la chiesa ad una funzione di umanizzazione in campi e modi che non abbiano a presentare carattere di ambiguità e che siano percepiti come caratterizzati da una «promozione umana» a livello immediato.
    La chiesa sembra pertanto essere invitata ad una funzione di «umanizzazione trasparente», in cui l'intenzione di una promozione umana e sociale non risulti corrosa da una gestione paternalistica e possa essere nello stesso tempo avvertita da tutti. È l'eterno problema della «buona fede» invitata a sposare mezzi adeguati per raggiungere gli obiettivi che si propone.
    In questo contesto è confermata l'ipotesi iniziale che vedeva ridotto al minimo il rifiuto dei compiti specificatamente umanizzanti per la chiesa. In particolare possiamo notare come la percentuale di giovani che ritengano falsi i compiti «aiutare chi ha bisogno e soffre» e «annunciare Cristo e il vangelo» non superi il 6%. Questo stesso numero, secondo quanto abbiamo anticipato, dovrebbe anche indicarci la percentuale di giovani che non accettando questa dimensione specificamente umanizzante per la chiesa, rifiutano completamente la chiesa stessa e non la accettano neppure a livello di semplice istituzione umana. Per costoro la presenza della chiesa nel mondo non ha senso, così come non ha senso nessuna sua funzione.

    2. I compiti «specifici» della chiesa

    I compiti specifici della chiesa (la funzione sacramentale e di difesa della dottrina) vengono nel complesso riconosciuti di una certa importanza, ma ad un livello nettamente inferiore rispetto all'altro compito specifico (annuncio del vangelo), valutato più positivamente per l'aspetto di immediata umanizzazione con cui sembra essere stato recepito.
    In particolare è significativo che la maggioranza dei giovani (quasi il 70%) definisca almeno importante il compito «conservare e difendere da errori la dottrina e la fede». Segno quindi che riconoscono l'importanza della funzione di magistero per la chiesa, anche se in questo caso l'accento era messo prevalentemente sull'atteggiamento di salvaguardia da errori più che di intervento attivo nell'emissione di norme e regole di comportamento.

    3. L'azione istituzionale della chiesa

    L'unica dimensione che sottolineava questa funzione («favorire la pace tra le nazioni»), è stata collocata tra i compiti che hanno ricevuto le maggiori adesioni. Anche se questo dato sarà da considerare alla luce di ulteriori indicazioni possiamo affermare che è presente nella maggioranza dei giovani l'idea che la chiesa debba agire per promuovere umanamente e socialmente anche a livello istituzionale, mettendo in atto le possibilità di influenza e di azione a livello mondiale.

    4. Istanza di rispetto delle competenze e della libertà

    Dall'analisi della importanza che i giovani hanno assegnato ai vari compiti emerge l'invito alla chiesa di espletare una funzione liberante in una dimensione di gestione non costrittiva delle sue funzioni e di rispetto dei campi specifici.
    Ci pare che questa tendenza sia presente nel contrasto di valutazione che caratterizza i compiti «insegnare ciò che è bene e ciò che è male» e nell'«educare e istruire i giovani». Mentre il primo può evidenziare il rifiuto da parte di molti giovani di una chiesa monopolio della verità da impartire da una posizione di superiorità e sufficienza, il contrasto presente nella seconda dimensione sembra voler sottolineare che alcuni giovani ritengono che questo compito non sia proprio della chiesa e la invitano a rispettare le competenze e a non sostituirsi alla società in un ambito che non le è proprio. risultati emersi dalla valutazione del compito «lottare contro il comunismo» sembrano ampiamente sostenere l'istanza di libertà di espressione di movimenti e ideologie differenti nella società e il rispetto che verso di esse è invitata ad avere anche la chiesa.
    L'analisi della valutazione di importanza del primo gruppo di compiti aveva lo scopo di rilevare l'orientamento generale dei giovani e di mettere in evidenza alcune linee di tendenza.
    Ora per non soffermarci a questo panorama generale e per mettere a frutto le primizie che in esso si sono rivelate consideriamo l'altro gruppo di domande introdotto nel questionario a questo scopo.
    Da una parte si tratterà di riprendere alcune tematiche già affiorate per meglio esplicitare il pensiero dei giovani al riguardo; dall'altra occorrerà soprattutto inquadrare a fondo il pensiero degli intervistati circa il modo con cui la chiesa dovrebbe rapportarsi con la società, analizzando alcuni indicatori significativi ed espliciti di questo fenomeno e integrando la loro lettura con quanto è già potuto emergere su questo problema dalle domande precedenti.

    2.2 Funzione di risposta ai problemi umani

    Abbiamo ampiamente parlato della funzione di promozione umana che viene richiesta alla chiesa. Cerchiamo ora di meglio definirla, o almeno di specificare il pensiero dei giovani su uno dei modi e campi possibili di umanizzazione. Vorremmo in pratica valutare se i giovani siano d'accordo che la chiesa, utilizzando il proprio messaggio e i mezzi di cui è a disposizione, cerchi di formulare un tentativo di risposta ai grandi quesiti sottoposti dalla vita all'uomo.

    FUNZIONE DI RISPOSTA AI PROBLEMI UMANI
    È d'accordo o non con questa affermazione: «la chiesa dovrebbe essere una società che attraverso le pratiche religiose e il messaggio che annuncia dà una risposta ai problemi più importanti dell'uomo»?
    d'accordo: 42.4%
    in parte d'accordo: 42.4%
    non d'accordo: 15.2%

    La posizione dei giovani di fronte a questo problema è assai contrastata. Da una parte il 15.2% rifiuta decisamente questo ruolo da parte della chiesa. Gli altri si dividono a metà di fronte alle due rimanenti possibilità di risposta.
    Quindi solo il 42.4% è pienamente d'accordo che la chiesa cerchi di gestire il ruolo che, nella sociologia della religione, l'impostazione funzionalista tende ad attribuire alla religione stessa all'interno della società: la risposta ultima ai problemi umani rimasti insoluti.
    Sembra pertanto che i giovani in generale accettino globalmente o almeno in parte questa funzione della chiesa. È probabile che nella voce in parte d'accordo siano confluiti quanti hanno creduto che questo compito non dovesse esaurire la dimensione di «umanizzazione» della chiesa oppure quanti ritengono che la funzione di risposta ai problemi umani non sia esclusiva della chiesa stessa.

    2.3 La funzione di magistero

    Commentando i dati riguardanti il compito «conservare e difendere da errori la dottrina e la fede», abbiamo già messo in evidenza come la maggioranza dei giovani abbia definito questa dimensione almeno «importante» per la chiesa. Sappiamo inoltre che questo compito, nella graduatoria assoluta di importanza, è risultato al quarto posto, denotando una posizione di rilievo anche se notevolmente staccata dai compiti del primo raggruppamento.
    Ricordando ancora che la formulazione di questa dimensione metteva l'accento sul diritto della chiesa di salvaguardare il proprio messaggio, pensiamo che sia ora necessario vagliare il pensiero dei giovani sulla funzione attiva del magistero della chiesa, sulla pertinenza cioè che la chiesa esplichi, a vari livelli, delle regole di comportamento a cui invita ad attenersi.
    Con queste due dimensioni pensiamo di poter avere un quadro sufficientemente completo sul pensiero dei giovani circa il dover essere nella funzione di magistero della chiesa.
    L'ipotesi che ci guida è che i giovani, in generale, accettino maggiormente il diritto della chiesa di salvaguardare il proprio messaggio che non quello di emettere norme di comportamento in vari campi.

    LA FUNZIONE DI MAGISTERO DELLA CHIESA
    la chiesa deve dare norme chiare e precise: 4.1%
    deve esporre chiaramente il suo pensiero con la preoccupazione di far fare alle persone scelte autonome e responsabili: 64.5%
    deve limitarsi alle norme che ci sono nel vangelo: 7.9%
    non deve dare norme ma tener conto di quello che dicono i fedeli: 8.3%
    non ha senso che la chiesa dia norme: 15.2%
    Il 4,1% afferma che è compito della chiesa dare norme chiare e precise.

    La maggioranza degli intervistati (il 64.5%) è confluita nella seconda alternativa che il questionario suggeriva su questo punto. L'accento qui è messo non solo sul dovere che la chiesa ha di esporre chiaramente il suo pensiero nei vari campi ma anche sul modo: e naturalmente si tratta di un invito al pieno rispetto dell'autonomia e della libertà della persona.
    C'è un pericolo sotteso a questa risposta: lo sfornare norme su norme senza aiutare le persone ad un critico esame e ad una eventuale intelligente accettazione può portare ad una dipendenza «da automa» che non è funzionale alla maturazione umana.
    Il 7,9% afferma poi che la chiesa non deve dare regole sul modo di comportarsi, poiché c'è già molto nel vangelo. Per costoro quindi è sufficiente che la chiesa si limiti ad esso.
    L'8.3% rovescia la tradizionale posizione chiesa-fedeli su questo punto. Mentre il rapporto è sempre stato di attenzione da parte del fedele alle norme che la chiesa credeva opportuno di emettere, ora la chiesa stessa dovrebbe assumere un atteggiamento di ascolto di fronte alle necessità ed urgenze dei fedeli, senza preoccuparsi della sua funzione di magistero. Infine il 15.2% nega totalmente la funzione di magistero della chiesa: «non ha senso che la chiesa dia norme».
    In complesso quindi, sommando le ultime tre accezioni, pur con motivazioni assai diverse, il 31.4% di giovani intervistati è del parere che la chiesa non debba dare norme.
    Considerando questi dati alla luce del giudizio di importanza dato dagli intervistati al compito «conservare e difendere da errori la dottrina e la fede», ci pare che le valutazioni di entrambi i compiti rispecchino, in generale, un comune orientamento verso la funzione di magistero della chiesa. Sembra che i giovani in generale, non abbiano riservato una diversa valutazione agli aspetti che volevamo evidenziare con queste domande. Contrariamente al senso comune la funzione di magistero non è negata alla chiesa. giovani, mediamente, ritengono che sia nel diritto della chiesa esplicare questa funzione. Ma la maggior parte di essi è preoccupata del modo con cui la chiesa debba espletare il compito, e accompagna il riconoscimento del diritto-dovere di esporre il proprio pensiero con l'invito al rispetto della libertà personale.
    Accanto a questa maggioranza una certa aliquota non crede nella funzione di magistero della chiesa o comunque si schiera contro una gestione autoritaria del messaggio invocando un tener conto della base o un puro limitarsi al vangelo in luogo della pretesa normativa.

    2.4 Funzione di promozione di cambio sociale

    Accanto alla funzione di «pacificatrice tra le nazioni» vogliamo sentire il parere dei giovani su un altro compito della chiesa a livello istituzionale: la funzione di promozione di cambio sociale.
    La dimensione complessa di questo problema ci ha consigliato una domanda a parte. Si trattava anzitutto di indagare se i giovani ritenessero la situazione sociale degna di essere mantenuta o di essere cambiata. In secondo luogo se a loro avviso la chiesa potesse favorire, almeno a livello indiretto, la conservazione o il cambio. In terzo luogo si trattava di chiedere a quanti si fossero schierati per il compito di favorire il cambio sociale da parte della chiesa, in che modo pensassero che essa potesse espletarlo.
    Alla base di questa domanda complessa c'è il desiderio di cogliere se i giovani ritengano pertinente o meno questo compito per la chiesa, e in secondo luogo la necessità di constatare quanti giovani di quelli che sono d'accordo sulla funzione di cambio sociale della chiesa accettino il suo impegno a livello istituzionale.
    In questa maniera si vuole approfondire il discorso sul parere dei giovani sulla funzione istituzionale della chiesa, già iniziato nella domanda precedentemente considerata.

    LA FUNZIONE DI PROMOZIONE DI CAMBIO SOCIALE
    la chiesa deve cercare di mantenere la situazione che c'è oggi nella società: 1.8%
    la chiesa deve favorire il cambio della situazione sociale attuale: 60.7%
    non è compito della chiesa né mantenere né favorire il cambio sociale: 37.5%
    Se secondo lei è compito della chiesa favorire il cambio della situazione sociale di oggi, in che modo deve farlo?
    deve impegnarsi come istituzione per cambiare la situazione sociale: 44.2%
    deve solamente criticare le ingiustizie sociali: 6.3%
    deve limitarsi ad annunciare il vangelo: 10.2%

    Per l'1,8% del campione la chiesa deve cercare di mantenere la situazione che oggi viviamo nella società.
    Per il 37.5% non è compito della chiesa favorire il cambio e nemmeno cercare di mantenere la situazione che c'è attualmente: questo problema non rientra nei compiti della chiesa.
    Di fatto quindi quasi il 40% non vuole che la chiesa sia promotrice di un cambio sociale.
    Dell'opposto avviso la maggioranza del campione (60.7%) che si differenzia però per quanto riguarda il modo in cui la chiesa dovrebbe operare per favorire il cambio sociale.
    Per il 44.2% la chiesa deve far pesare sulla bilancia del cambio sociale la forza che le deriva dall'essere istituzione (anche se si può pensare che il termine sia stato qui usato sgravato dalle implicanze negative avvertite dai giovani nella storia e nella loro personale esperienza).
    Il 6.3% rivendica la possibilità alla chiesa di essere fautrice di un cambio sociale solo usando del ruolo critico verso le ingiustizie presenti nel mondo.
    Per il 10.2% la chiesa favorisce il cambio annunciando il vangelo: qui è già presente il principio per un cambio sociale.

    Due dati ci sembrano degni di attenzione: non è facilmente interpretabile il consistente 37.5% che non vuole nemmeno un'azione indiretta della chiesa circa il problema del mantenimento o del cambio della società attuale. Si tratta di emarginare la chiesa da dove si fa la storia oppure si vuol sottolineare la non ingerenza in ,campi dove non è direttamente competente e quindi un invito a restringere i campi di intervento e il relegamento a funzioni a lei più specifiche? Pensiamo che pur con ponderazioni diverse tutte e due le dimensioni siano presenti in questa voce. Una prevalenza dovrebbe però riguardare quelli che si schierano per una non ingerenza della chiesa in campi che non la riguardano e le rivendicano compiti più attinenti. Infatti una forte percentuale di giovani che intendesse con questa voce emarginare la chiesa da dove si gestisce la storia, dovrebbe trovare riscontro in altri punti del dover essere della chiesa. Ci pare che invece caratterizzi questa parte del questionario un clima di sostanziale fiducia verso un determinato tipo di chiesa.
    Inoltre è significativo il 44.2% del campione che sottolinea l'importanza (quasi la necessità) che la chiesa si impegni come istituzione nel cambio sociale.
    Implicitamente ci può essere la conferma che i giovani avvertano che il cambio sociale si operi a livello istituzionale, al livello delle strutture, e d'altra parte che la purificazione della chiesa (e procedendo avremo modo di costatare se e quanto la ritengano impura) avvenga solo attraverso una sua precisa conversione a questo livello. L'impegnarsi come istituzione in questo campo sarebbe il segno più eloquente e una logica conseguenza, ad un tempo, di questa conversione.
    Paragonando i dati di questa domanda e quelli della funzione pacificatrice della chiesa, pur nella diversità dei criteri di valutazione, possiamo affermare che i giovani sembrano in generale accettare di più che la chiesa promuova a livello mondiale la pace che non si interessi della promozione o del cambio sociale o del mantenimento della situazione attuale.
    Questa tendenza mette in evidenza che attorno alla parola «pace» si ritrova una convergenza molto più ampia che non intorno al concetto di «cambio sociale». Per raggiungere la prima si accetta in generale una mediazione della chiesa; parlando della seconda dimensione cresce l'impressione dell'ingerenza della chiesa in problemi a lei estranei. Sembra di trovarci di fronte ad un indicatore che forse può rivelare la maturità politica delle persone. Sarebbe infatti illusione pensare che la chiesa come istituzione, con le sue influenze, con la capacità di raggiungere le persone, la possibilità di coscientizzare, con la ricchezza dello stesso messaggio che annuncia, non abbia il potere di diventare promotrice di cambio sociale o momento o istanza di integrazione conservatrice. Ci pare che non possa essere sfuggita a giovani di elevata scolarità questa dimensione presente, almeno a livello implicito, nella domanda. A meno che la mancanza di maturità politica e di capacità di analisi non abbia permesso di coglierlo.

    2.5 Funzione di supplenza sociale

    Dai generali quesiti sul come dovrebbe agire la chiesa-istituzione a livello di ampia promozione sociale passiamo a considerare le opinioni più concrete che i giovani esprimono sulla opportunità che la chiesa continui la sua opera di supplenza sociale. È il discorso sulle istituzioni attraverso le quali la chiesa, a vari livelli, è presente nel mondo.
    Deve o non la chiesa avere proprie istituzioni?
    Il discorso abbraccia il problema globalmente, non permettendo distinzioni tra tipi di istituzioni e tra luoghi in cui queste istituzioni dovrebbero esistere. Del resto la prospettiva «come i giovani vorrebbero la chiesa» guida anche questa domanda. È chiaro quindi che si parli di istituzioni capaci di espletare la funzione per cui possono sorgere, «positive» insomma.
    Analizziamo le risposte.

    LA FUNZIONE Dl SUPPLENZA SOCIALE
    la chiesa deve avere proprie istituzioni: 5.2%
    fa bene ad avere istituzioni nei settori in cui la società non provvede: 44.8%
    deve favorire il sorgere di istituzioni civili che prendano il posto: 33.1%
    la chiesa non deve avere proprie istituzioni: 16.9%

    Il 5.2% afferma decisamente di sì. Il 16.9% dice che la chiesa non deve avere proprie istituzioni. Gli altri sono su posizioni intermedie. La maggioranza di questi 44.8%) pensa che la chiesa faccia bene a supplire con proprie istituzioni dove e quando lo stato e la società non provvedono con opere civili. I rimanenti (33.1%) pur accettando la funzione suppletiva ecclesiale mettono però l'accento sull'importanza che la chiesa stessa non si adagi su questa posizione di supplenza, favorendo così la stagnazione o la morte delle tensioni provocate dai conflitti o dalle urgenze più importanti: al contrario deve «darsi da fare» per favorire il sorgere di istituzioni civili che mettano fine al suo ruolo di supplenza.
    Il 77.9% dei giovani intervistati è quindi favorevole al ruolo di supplenza della chiesa anche se con modi diversi di pensare questa supplenza: da una parte una funzione suppletiva che lascia alla società il compito di far fronte alle carenze che la stessa supplenza ecclesiale denota; dall'altra una supplenza fautrice di pressioni per giungere ad una risoluzione delle carenze sociali.

    2.6 Funzione di neutralità tra le classi

    Nel tentativo di delineare il pensiero dei giovani sul dover essere della chiesa a livello sociale, non poteva mancare il giudizio sulla posizione che la chiesa deve avere nei confronti delle varie classi sociali. Ci pare un passaggio obbligato, di viva attualità e di interesse scottante, ampiamente presente nella problematica giovanile.
    Trattandosi di giovani di scolarità discretamente elevata, riteniamo che debba risultare assai scarsa la percentuale di adesione all'ultima modalità che il questionario propone su questo punto. Pensiamo che la maggioranza degli intervistati abbia a schierarsi per una scelta preferenziale dei poveri da parte della chiesa oppure per un atteggiamento neutrale.

    LA POSIZIONE DELLA CHIESA VERSO LE CLASSI
    la chiesa deve fare la scelta degli sfruttati escludendo le altre classi: 4.8%
    non deve escludere nessuno: però deve di preferenza aiutare chi è oppresso: 60.8%
    deve essere neutrale: 18.8%
    deve fare in modo che tutti vadano d'accordo invitando i poveri a sopportare e i ricchi ad essere generosi: 15.6%

    Contro la neutralità della chiesa verso le classi sociali si schiera anzitutto il 4.8% dei giovani intervistati: per essi la chiesa deve scegliere decisamente gli sfruttati ed escludere di conseguenza tutte le altre classi. Di avviso contrario è il 18.8% che richiede alla chiesa un atteggiamento di assoluta neutralità in questo campo.
    La maggioranza (il 60.8%), pur affermando che la chiesa non «deve escludere nessuno», l'invita però a fare una scelta preferenziale delle classi più oppresse e bisognose.
    Assai indicativa la frequenza delle risposte all'ultima alternativa che la domanda del questionario offriva. Il 15.6% è infatti dell'avviso che la chiesa debba avere una funzione di «cuscinetto» tra le tensioni che esistono a livello sociale tra ricchi e poveri.
    Con la formulazione di tale voce c'era l'esigenza di descrivere un atteggiamento bonario da parte della chiesa che con la politica del «vogliamoci bene» cerca di risolvere le tensioni sociali con i sani rimedi del paternalismo e dell'invito alla rassegnazione .
    Per questo sottofondo che ci pare presente nel testo riteniamo interessante la frequenza di adesioni registrata. Sarà necessario vagliare più efficacemente il senso di questa scelta e la coscienza politica e religiosa di chi l'ha gestita.
    Le nostre previsioni iniziali non sono risultate molto precise. Alla grande maggioranza di giovani per i quali la chiesa dovrebbe fare la scelta preferenziale di chi è oppresso, fa riscontro una percentuale più alta del previsto che invita la chiesa a tenere un atteggiamento paternalistico.
    Questa osservazione, unita a quella effettuata nella domanda sulla funzione di promozione di cambio sociale della chiesa, acuisce l'impressione di trovarci di fronte a una certa aliquota del campione di scarsa sensibilità politica e sociale.

    Analisi delle tendenze globali

    1. I compiti che indicano l'azione istituzionale della chiesa

    I giovani intervistati, schierandosi in media per un'azione istituzionale della chiesa, denotano una coerente continuità con la tendenza fornita nella domanda sulla necessità delle strutture e delle istituzioni per la chiesa.
    I compiti che richiedono un'azione istituzionale della chiesa ricevono l'adesione dalla maggioranza dei giovani. E ciò vale in parte per le funzioni che tratteggiano un'azione istituzionale più generale, ma soprattutto per quelle che descrivono un impegno istituzionale più concreto, più vicino all'esperienza di quanti rispondono alle domande.
    Nel primo caso l'intensità di adesione è subordinata al campo di impegno. L'azione pacificatrice della chiesa riceve molti più consensi che la promozione di cambio sociale a livello istituzionale.
    Nel livello più concreto le funzioni di supplenza sociale e di magistero evidenziano che la maggioranza dei giovani è favorevole all'azione della chiesa.
    Ci siamo soffermati a mettere in evidenza solo gli aspetti espliciti di questo fenomeno. Da essi già risulta che la media dei giovani del nostro campione, contrariamente a quanto si potrebbe supporre analizzando alcune tendenze del mondo giovanile, vorrebbe una chiesa in cui l'azione istituzionale trovi quello spazio necessario ad ogni società che vuole operare nel mondo.

    2. Il problema dell'autorità

    Commentando la distribuzione dei giovani circa la domanda sulla necessità della gerarchia facevamo presente come il trovarsi di fronte ad una maggioranza di giovani che non ritiene necessari il papa e i vescovi per la chiesa non voglia ancora significare il rifiuto di qualsiasi autorità nella chiesa.
    Ci pare di trovare una conferma diretta di questa tesi nel pensiero dei giovani circa la funzione di magistero della chiesa. Ammettere il compito di dare norme in diversi campi, o di conservare e difendere da errori la dottrina e la fede, comporta accettare implicitamente un'autorità che, pur in una gestione il più possibile democratica, si assuma in ultima istanza l'onere di operare delle scelte.
    La maggioranza dei giovani non desidera quindi una chiesa anarchica, in cui non vi sia traccia di autorità. Il fatto che buona parte di essi rifiuti di considerare necessaria per la chiesa la gerarchia e la continua insistenza sul rispetto della libertà che deve caratterizzare l'azione della chiesa, possono essere indicatori precisi di un nuovo modo con cui essi desiderano intendere l'autorità nella chiesa.

    3. Il concetto di libertà

    Abbiamo avuto modo di mettere in evidenza come il concetto di libertà sembri essere la chiave di volta con cui i giovani indicano il dover essere della chiesa. Si tratta di una medaglia a due facce. Da un lato le funzioni più specifiche della chiesa vengono accettate dalla maggioranza dei giovani. Dall'altra c'è l'impressione che questa accettazione sia subordinata al rispetto della libertà degli individui.
    Sembra pertanto che la maggioranza dei giovani non abbia alcun motivo per non accettare nella società la presenza attiva della chiesa. Ad un preciso patto, però!

    4. Il rifiuto dei compiti della chiesa

    Come abbiamo accennato in precedenza, vagliando l'opinione sui compiti è possibile risalire all'atteggiamento di rifiuto totale della chiesa come istituzione. Già parlando dei compiti valutati su un'unica scala di importanza è stato notato un 6% circa del campione che rifiuta totalmente anche i compiti umanizzanti e quindi tutta la chiesa. È ovvio che nell'esame del rapporto chiesa-società e di altre funzioni la percentuale di giovani che sceglievano l'accezione negativa presente in ogni domanda sia aumentata. A quelli che rifiutavano la chiesa in blocco, anche come organizzazione umana, si aggiungevano quelli che sceglievano l'istanza più negativa presente nella domanda in questione, perché non d'accordo sull'azione della chiesa a quel determinato livello. In alcuni quesiti in cui non era direttamente espressa l'accezione di rifiuto del problema i giovani anziché ricorrere alla risposta libera hanno preferito situarsi nel contesto. È questo il caso verificatosi nella risposta alla funzione di neutralità tra le classi da parte della chiesa.

    5. Il rapporto chiesa e società

    Come i giovani vorrebbero la presenza della chiesa nella società?
    Essenzialmente come una funzione «umanizzante», di promozione umana e sociale. La maggioranza dei giovani sostiene anche che la chiesa debba agire a livello istituzionale per un'azione pacificatrice tra le nazioni e per la promozione di un cambio dell'attuale situazione sociale. In generale ancora viene accettata la funzione suppletiva della chiesa nei campi in cui la società non provvede e viene richiesta una scelta preferenziale verso gli oppressi.
    Oltre a queste generali tendenze si riscontrano pullulare alcuni timori di indebite ingerenze della chiesa in certi campi della realtà sociale ed opinioni arcaiche ferme ad una interpretazione paternalistica del rapporto della chiesa con le classi sociali.

    Questo quadro generale evidenzia alcune caratteristiche delle tendenze dei giovani. Anzitutto una certa aspettativa verso la chiesa, un clima di attesa che nei suoi toni più generici sembra assumere più peso rispetto alle istanze specifiche. L'adesione media dei giovani cioè riguarda più i compiti generici della chiesa che non i compiti specifici... In secondo luogo emerge, seppur non in una proporzione rilevante, una certa incoerenza ideologica che sembra affondare le sue radici nella mancanza di una chiara analisi politica. Queste constatazioni ci richiamano alle caratteristiche del campione della ricerca. Il presente lavoro non è uno studio sull'immagine di chiesa di alcune frange più sensibili ed impegnate del mondo giovanile. Le risposte che abbiamo tra mano sono il rispecchio del pensiero medio dei giovani «medi», in possesso di un certo grado di istruzione. E il pensiero medio di questi giovani sembra essere un buon indicatore del modo con cui tutto il sistema sociale di un certo livello vorrebbe la chiesa. Nasce quindi l'ipotesi di trovarci di fronte al pensiero di una fascia giovanile che riflette mediamente l'atteggiamento che la società borghese rivela nei confronti della chiesa. All'interno della società sembra esserci ampio spazio anche per la chiesa a cui si richiede più che una funzione specifica, un'azione umanizzante, dai confini non ben definibili. Non crediamo che questa impressione, rilevata in questo contesto, sia ad esso ristretta. L'averla evidenziata a questo livello potrà risultare di notevole aiuto nell'analisi degli altri ambiti della ricerca.

    COME I GIOVANI COSTATANO LA CHIESA

    Dall'analisi dettagliata del modo con cui i giovani vorrebbero la chiesa passiamo a considerare come essi la percepiscano di fatto.

    1. Percezione del modo di rapportarsi della chiesa alla realtà sociale

    L'ambito nel quale la chiesa è forse maggiormente considerata è quello dei suoi rapporti con la società.
    Il fatto che la chiesa agisca nel mondo, prenda iniziative, esprima il suo pensiero, intervenga a vari livelli, fa sì che le persone la percepiscano in un atteggiamento dinamico che diventa oggetto di analisi e di giudizio. In questo ambito vorremmo evidenziare la percezione che i giovani hanno del modo di rapportarsi della istituzione ecclesiale con la società.
    A livello generale vorremmo indagare qual è il giudizio dei giovani sul pensiero sociale della chiesa, sul ruolo critico verso le ingiustizie sociali e sulla compromissione col potere. Pensiamo che i giovani avvertano queste tre dimensioni strettamente collegate tra di loro. Una chiesa di fatto compromessa con i potenti sarà critica in maniera solo velata o in campi appariscenti ma non essenziali, e non potrà essere portatrice di un pensiero sociale apertamente contrastante con la «politica» attuata dalle forze con cui è legata. Viceversa una chiesa libera ha davanti a sé più spazio per un autonomo pensiero sociale e per un ruolo di critica denuncia.
    Siamo consapevoli del limite di un giudizio generale su questi problemi formulato nella considerazione dell'atteggiamento e comportamento di tutta la chiesa. Del resto a noi interessa rilevare la valutazione globale che ogni persona fa del fenomeno, aldilà di possibili giudizi parziali sul modo di agire e pensare di sottogruppi presenti all'interno del complesso fenomeno ecclesiale.
    Il nostro tentativo si inquadra in una precisa ipotesi di fondo. Sembra essere un punto fermo della cultura giovanile la convinzione che la chiesa sia largamente compromessa col potere, in tutte le sue accezioni, economico, politico, culturale. In questa posizione l'annuncio del messaggio evangelico da parte della chiesa suona come pura enunciazione a cui manca la forza della testimonianza e la ricerca e possibilità di incarnarlo nelle situazioni storiche contemporanee.
    Da questa analisi scaturirebbe l'opinione che la contaminazione della chiesa passa proprio attraverso il suo essere istituzionale. Il liberarsi da interessi mondani per ritornare ad un interesse specifico di evangelizzazione umanizzante dovrebbe avere come primo impegno l'abbandono di quelle strutture che più palesemente si rivelano canali della sua compromissione.
    L'ipotesi che i giovani percepiscano una chiesa largamente compromessa al potere indirizza anche la nostra ricerca.
    Nell'attribuire in particolare al nostro campione l'ipotesi di una elevata criticità dei giovani verso i fenomeni che stiamo per considerare, ci sorge il dubbio di trovarci di fronte ad un senso comune che notato in una minoranza attiva di giovani è stato attribuito di peso alla grande maggioranza. Ovviamente le conseguenze negative di questa trasposizione dovrebbero risultare ridotte nel nostro caso dalle caratteristiche del campione. Pensiamo però che l'intento di verifica di un senso comune possa qualificare questo ambito della ricerca.

    1.1 Il pensiero sociale della Chiesa

    Alle indicazioni generali precedentemente enunciate si accompagna una ipotesi specifica che riguarda la distribuzione dei giovani nella domanda sul pensiero sociale della chiesa.
    Prima di chiedere la valutazione su questo fenomeno il pre-testing ha reso indispensabile l'introduzione di una domanda sull'esistenza dello stesso pensiero sociale della chiesa. Lo scopo era di cautelarci verso quei giovani che avessero la convinzione che la chiesa non enuncia un suo pensiero sui problemi della società, del mondo del lavoro, dei rapporti tra le classi sociali.
    Pur avendo immesso nel questionario questa precisazione per comprendere tutte le possibili opinioni, pensiamo che le già ricordate caratteristiche di elevata scolarità del nostro campione ridurranno al minimo la percentuale di giovani che afferma che la chiesa non ha, oppure di non sapere che la chiesa abbia, un proprio pensiero sociale.

    IL PENSIERO SOCIALE DELLA CHIESA
    Le pare che la chiesa parli dei problemi della società, del mondo del lavoro, dello sviluppo dell'uomo, dei rapporti tra ricchi e poveri...?
    sì: 81.4%
    no: 10.7%
    non so: 7.9%

    GIUDIZIO SUL PENSIERO SOCIALE DELLA CHIESA
    Se ha risposto affermativamente alla domanda precedente, come giudica gli interventi della chiesa su questi problemi della società, del lavoro, ecc.? Scelga una tra le seguenti affermazioni:
    la chiesa è la prima a dare norme giuste: 2.1%
    parla in maniera sufficientemente valida e tempestiva: 10.0%
    crea solo una sensibilità senza però dare i mezzi per affrontare la realtà: 36.2%
    parla in maniera generica e in ritardo: 24.8%
    la chiesa non ha un suo pensiero sociale chiaro
    perché non capisce quel che avviene nella società: 8.3%

    Il 18.6% dei giovani intervistati o non sa o afferma che la chiesa non ha un suo pensiero sociale. Si tratta di mancanza di possibilità di informazione dovuta al poco spazio che i normali mezzi di comunicazione offrono a questo campo oppure influiscono su questa risposta altri fattori quali l'interesse religioso, l'apatia ai problemi sociali e politici, la quasi nulla informazione sul fenomeno «chiesa»? Il 12.1% esprime un giudizio positivo sul pensiero sociale della chiesa, mentre all'opposto il 33.1% esprime un giudizio negativo.
    Di questi ultimi 1/4 è decisamente critico nei confronti del pensiero sociale della chiesa facendo risalire la mancanza di tale pensiero ad una miopia della chiesa stessa che le impedisce la visione della realtà.
    Il 24.8% denuncia invece più pacatamente la genericità e il ritardo con cui il messaggio sociale della chiesa affronta le urgenze sociali.
    C'è ancora il 36.2% da considerare. Non è facile esaminare questo risultato per la doppia possibilità con cui poteva venir inteso. Alcuni scegliendo questa accezione hanno avuto un intento tutto sommato positivo: per questi la chiesa adempie al suo dovere sociale se riesce a creare una sensibilità ai problemi lasciando poi che le singole persone scoprano i mezzi adeguati per tradurre operativamente questa sensibilità.
    Per altri invece ciò rappresenta un limite del pensiero sociale: ancora una volta la chiesa si limiterebbe a mettere in onda istanze generali di sensibilizzazione senza però scendere sul piano concreto, senza indicare una via precisa in cui sia necessario muoversi. Rivelerebbe cioè ambiguità ed inconcludenza.
    Confrontando questi dati con le ipotesi iniziali si può anzitutto rilevare come la percentuale di giovani per i quali la chiesa non ha, oppure che affermano di non sapere che la chiesa abbia un pensiero sociale è molto più consistente rispetto alle nostre previsioni. Quasi un giovane su cinque occupa questo raggruppamento. E ciò è tanto più rilevante se si considerano, come già abbiamo ampiamente ricordato, le caratteristiche del campione. Si può ritenere infatti che ad un livello discreto di scolarità corrisponda anche un maggior grado di informazione sui vari avvenimenti che riguardano l'ambito sociale.
    Diversamente da questa costatazione le previsioni di fondo si sono sostanzialmente verificate anche se non nelle accentuazioni ipotizzate. A ciò forse ha contribuito l'alta collocazione di giovani nel giudizio rivelatosi difficilmente decifrabile. Pensando che una parte dei giovani che ha formulato questo giudizio sia stata spinta da motivazioni negative; ipotizzando che una parte di chi ritiene che la chiesa non abbia un pensiero sociale abbia a condannare in questo ambito la chiesa stessa; avvalendoci soprattutto della considerazione che un giovane su tre dell'intero campione ha formulato un giudizio negativo nei confronti del pensiero sociale della chiesa, possiamo affermare che su questo punto la maggioranza dei giovani intervistati evidenzia un considerevole grado di criticità.

    1.2 Il ruolo critico della Chiesa a livello sociale

    Dall'analisi delle valutazioni del pensiero sociale della chiesa passiamo ora a considerare le opinioni dei giovani circa il ruolo critico della chiesa a livello sociale.

    GIUDIZIO SUL RUOLO CRITICO DELLA CHIESA A LIVELLO SOCIALE
    la chiesa è sempre critica verso le ingiustizie sociali: 41.4%
    è critica solamente dove e quando rompe l'alleanza coi ricchi e i potenti: 11.7%
    è critica solo quando le conviene: 30.3%
    la chiesa non è critica verso le ingiustizie sociali: 16.6%

    Per il 41.4% dei giovani intervistati la chiesa esercita sempre il ruolo critico verso la società.
    All'opposto per il 16.6% la chiesa non è assolutamente critica. Il 42.0% afferma che la chiesa è critica a pesanti condizioni. Alla fascia notevole del campione che afferma che la chiesa è sempre critica (41.4%) fa riscontro quindi il 46.9% per i quali la chiesa o non è critica o lo è solo per convenienza. In particolare questa valutazione «tatticistica» del ruolo critico della chiesa a livello sociale riceve molti consensi e vuol denunciare un carattere di ambiguità della chiesa stessa.
    Quasi il 12% poi si affianca alla valutazione negativa dell'affermazione della domanda mettendo in evidenza che la chiesa esercita la funzione in questione alla pura condizione che riesca a svincolarsi dal legame col potere.
    Nel complesso quindi la maggioranza dei giovani giudica in maniera decisamente negativa il ruolo critico della chiesa a livello sociale. E ciò conforta le nostre ipotesi iniziali.
    Senonché una considerevole percentuale di giovani ritiene che la chiesa esplichi di fatto questa sua funzione nei riguardi delle ingiustizie sociali. Il 41.4% di giovani per i quali la chiesa presenta un valido ruolo critico ha il potere di ridimensionare, almeno in questo ambito, la previsione di elevata criticità che i giovani rivelerebbero nella percezione dei rapporti della chiesa con la società.

    1.3 La compromissione della Chiesa col potere politico ed economico

    Non ci resta che rivolgerci alla domanda sulla «compromissione della chiesa col potere», che più direttamente può chiarire la pertinenza dell'ipotesi di elevata criticità che sarebbe propria dei giovani che analizzano i rapporti della chiesa con la società.

    GIUDIZIO SULLA COMPROMISSIONE DELLA CHIESA COL POTERE POLITICO ED ECONOMICO
    la chiesa non è legata ai ricchi e ai potenti: 13.1%
    è un po' legata ma non in modo da tradire la sua missione di annuncio del vangelo: 31.0%
    è legata ai ricchi e ai potenti da cui lentamente si sta staccando: 16.9%
    è tutt'ora legata ai ricchi e ai potenti: 39.0%

    Solo il 13% afferma che la chiesa non è legata col potere politico ed economico. L'86.9% del campione denuncia invece tale legame anche se però questa costatazione viene giudicata in modi molto diversi: per il 31.0% non intacca la missione specifica della chiesa: si tratta di un legame che tutto sommato non condiziona la chiesa al punto di dover rinunciare alla propria missione che la contraddistingue; per il 16.9% è un legame in via di lento scioglimento; per gli altri, e rappresentano un'ampia fascia, quasi il 40% dell'intero campione, la chiesa è tutt'ora connivente con il potere.
    Anche se una parte avverte un cambiamento all'interno di questa compromissione, il 55.9% dei giovani intervistati denuncia quindi una situazione di legame al potere che connota e fotografa tutt'oggi la realtà della chiesa.
    La risposta dei giovani a questa domanda nodale sembra confermare le impressioni ricavate dall'analisi dei dati delle domande precedenti. Accanto alla maggioranza di giovani che denuncia la compromissione della chiesa col potere fa riscontro una percentuale considerevole di giovani per i quali la chiesa non è compromessa, o lo è ma in modo non pregiudiziale per la sua missione. Queste valutazioni del rapporto della chiesa con la società pur confermando che la maggioranza dei giovani è assai critica verso la chiesa nei punti considerati, ci fanno però ritenere che l'ipotesi di fondo sia in parte da riformulare.

    Analisi delle tendenze

    Avevamo già espresso l'impressione di trovarci di fronte ad un fenomeno di attribuzione alla totalità dei giovani di un giudizio la cui elevata criticità è sentita solo da una minoranza.
    Dai presenti dati l'impressione diventa certezza. Accanto a una maggioranza di giovani che in tutte e tre le dimensioni considerate rivela una percezione critica della posizione della chiesa, è presente una percentuale considerevole di giovani che rivelano una immagine completamente diversa.
    Oltre a questa costatazione globale si possono far risaltare all'interno dei vari aspetti considerati alcune differenziazioni interessanti.
    I giovani che nelle varie dimensioni dimostrano complessivamente un minor grado di criticità verso la chiesa sembrano accentuare l'effettivo ruolo critico della chiesa a livello sociale più che l'assoluta mancanza di compromissione. Allo stesso modo chi nei diversi aspetti rivela una più accentuata criticità preferisce mettere l'accento sull'opportunismo che la chiesa presenta a livello di ruolo critico piuttosto che affermare la mancanza di questa funzione da parte della chiesa; viceversa nel giudizio sulla compromissione le adesioni più forti riguardano la valutazione di un legame perdurante più che la considerazione di un'alleanza che sta a poco a poco venendo meno.
    Queste indicazioni rivelano che mediamente l'accento dei giovani è caduto più sulla denuncia di compromissione che non sulla denuncia di mancanza di ruolo critico verso le ingiustizie sociali.
    È una osservazione che arricchisce il quadro ma non muta le caratteristiche principali, già enunciate: l'ipotesi che in generale i giovani ritengano la chiesa largamente compromessa non trova adeguata conferma. È vero che la maggioranza rivela elevata criticità in questo campo dell'immagine della chiesa. È anche vero però che una percentuale considerevole di giovani presenta una percezione decisamente differente sulle medesime posizioni.
    A fianco di queste considerazioni sembra anche confermata la previsione secondo la quale i giovani percepiscano strettamente collegate tra di loro le dimensioni prese in esame. Il semplice accostamento dei dati non rivela infatti sostanziali divergenze tra i vari aspetti. Questa omogeneità in superficie può voler indicare lo specchio fedele di una omogeneità più profonda presente a livello di connessione di giudizi.

    I motivi della compromissione della Chiesa col potere

    Vogliamo approfondire il punto focale di questa prima analisi sulla percezione che i giovani hanno dei rapporti della chiesa con la società. Pensiamo che sia importante non limitarci al solo giudizio sulla compromissione della chiesa col potere politico ed economico, ma anche indagare quali sono, secondo i giovani, i motivi reali che hanno portato la chiesa in questa posizione di ambiguità e connivenza.
    Naturalmente sono invitati a prendere in esame questo ampliamento della domanda solo coloro che ritengono la chiesa compromessa col potere. In questo modo pensiamo di poter adeguatamente definire la valutazione fatta dai giovani su questo punto essenziale.

    Analisi delle tendenze

    In conclusione queste osservazioni ci permettono di rilevare che:

    1. L'adesione positiva a questi motivi non è stata notevole

    L'85% del campione, in base alle considerazioni precedenti, ha valutato questa serie di motivi della compromissione.
    Una buona parte dei giovani li ha definiti «falsi», come dimostra l'alta percentuale di adesioni a questa voce.
    Da ciò si può dedurre che il questionario proponeva motivi di compromissione ritenuti non validi?
    Non lo pensiamo.
    Infatti anzitutto non sono state rivolte critiche a questa parte del questionario, né risposte libere che avrebbero indicato diverse preferenze ed orientamenti.
    Inoltre crediamo che la distribuzione dei giudizi in queste voci rispecchi chiaramente la distribuzione delle frequenze che ha caratterizzato la domanda sulla compromissione della chiesa col potere.
    Ipotizziamo infatti che parte del 31.0% del campione che ha risposto che la «chiesa è un po' legata ma non in modo da tradire la sua missione di annuncio del vangelo» e parte del 16.9% che ha risposto «è legata ai ricchi e ai potenti da cui lentamente si sta staccando» si siano orientati verso la risposta «falso» circa i motivi della compromissione, eccetto per quelli ritenuti principali.
    Sarebbe infatti mancanza di logica per chi non ritiene molto compromessa la chiesa col potere, sottolineare come «veri» molti dei motivi possibili di questa compromissione.
    Inoltre ci può essere un giudizio globale severo circa la compromissione della chiesa col potere ma costatare che questo legame si stia a poco a poco sciogliendo: il ritenere che qualcosa stia cambiando e la costatazione quindi della non adeguata validità attuale di questo giudizio severo sulla compromissione della chiesa col potere, può portare chi deve dare una preferenza a non pesare col proprio voto su motivi di compromissione formulati in modo netto così come prevedeva il questionario: «la chiesa è legata a... perché...»; ecc.
    Nasce quindi l'ipotesi che le forti aliquote che in genere contraddistinguono le voci «falso» e «vero in parte» nei motivi della compromissione sono dovuti alla adesione di quanti ritengono la chiesa compromessa col potere ma con attenuanti: o non in modo da tradire l'annuncio del vangelo: o in un progressivo scioglimento di questo legame.

    2. I risultati più evidenti di questa domanda riguardano il primo e l'ultimo motivo delle graduatorie

    Per la maggioranza dei giovani intervistati che ritengono la chiesa compromessa il motivo primo di questa compromissione è storico. La critica quindi che viene rivolta alla chiesa è essenzialmente quella di essersi legata nel corso della storia al potere politico ed economico. Viene invece decisamente negato il motivo che tendeva a vedere la chiesa legata a giochi di potere e sottomessa alla legge di sopravvivenza a cui dovrebbe sottoporsi ogni istituzione che cerca di giocare un ruolo nel sistema capitalistico.

    3. C'è da rilevare una tendenza presente, anche se in modo tenue, che vede nell'«imborghesimento della gerarchia» e nella ricerca del «puro vantaggio economico» due motivi di compromissione col potere.

    4. Dalla globalità dei risultati chi ritiene compromessa la chiesa mette di più l'accento su motivi conseguenti ad errori di chi guidava o guida la chiesa (errori storici; imborghesimento della gerarchia; ricerca di puro guadagno economico), che ad una scelta precisa che lega la chiesa alla classe dei potenti situandola in un contesto di superiorità della propria posizione istituzionale.

    [1] G.E. RUSCONI, Giovani e secolarizzazione, Vallecchi editrice, Firenze 1969, pp. 22-26.


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