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    La comunità educativa nella scuola dopo i decreti delegati



    G. Proverbio - E. Scotti

    (NPG 1974-12-34)

    Da tempo «Note di Pastorale Giovanile» parla dì «comunità educativa»nella scuola, anticipando problematiche e realizzazioni che oggi corrono sotto la voce di «gestione sociale».
    Abbiamo sempre cercato di fare un discorso «educativo», di corresponsabilità operativa, come «dovere»di ogni membro di una comunità in tensione di crescita pastorale, superando così le istanze tipicamente rivendicazionistiche e dando uno spessore di servizio anche alla affermazione degli innegabili diritti. In questo clima si è indicato spesso l'ascolto «reale»dei giovani come momento qualificante di un discorso educativo; e si è sottolineato il contributo irrinunciabile di tutte le forze che di fatto compongono l'insieme sociale concreto, come esigenza di serietà professionale e di maturità di interventi.
    Ormai tali argomenti sono abbastanza pacifici: le motivazioni sono state interiorizzate da tutte le componenti educative, timidi tentativi di sperimentazioni confermano che la strada è quella buona.
    In questo contesto si inseriscono oggi i «decreti delegati»per la gestione sociale della scuola. Pur nella compresenza di pregi e limiti, avvallano, con il prestigio legislativo, una pista di cammino che molte comunità educative hanno da tempo intravvisto e percorso.
    Sui decreti delegati si è scritto molto, in questi mesi.
    II nostro intervento non vuole essere il tributo pagato ad una esigenza giornalistica, ma un modesto, concreto contributo in avanti: in quella direzione «educativa»di cui si parlava poco sopra. Per questo la valutazione è unicamente sul taglio educativo e alle interpretazioni e giudizi tecnici sentiamo il bisogno di aggiungere pagine di riflessioni tipicamente pastorali.
    Con l'augurio di «parlare»a tutti i lettori. A coloro che sono nella scuola e che quindi si sentono interpellati in prima persona. E a coloro che ne sono «fuori»: fuori dalla «struttura», ma non certamente fuori da una «gestione»che deve investire, per forza di cose, tutta la comunità ecclesiale.

    GESTIONE NELLA SCUOLA 
    O GESTIONE NELLA SCUOLA?

    Germano Proverbio

    IL DECRETO DELEGATO SUL GOVERNO DELLA SCUOLA

    L'anno 1974-75 vedrà in azione gli organi collegiali nel governo della scuola, e non già per semplici esortazioni affidate a circolari ministeriali, che non sono mancate in questi ultimi anni (cfr. Circolare ministeriale n. 375 del 23 novembre 1970), ma per un preciso dettato legislativo contenuto nel decreto delegato sull'Istituzione e riordinamento di organi collegiali della scuola, dal quale si evince che, per la prima volta, al governo della scuola parteciperanno coloro che usufruiscono di questo fondamentale e primario servizio civile: gli studenti, le loro famiglie e le forze sociali.
    Vorremmo considerare come scontata la conoscenza del documento da parte dei lettori di questa nota: per rendere tuttavia più comprensibili alcuni riferimenti, può forse essere utile elencare gli organi collegiali a livello di circolo e di istituto, a livello distrettuale, provinciale e nazionale, indicandone brevemente la composizione e le loro principali competenze.

    A livello di circolo e di istituto

    Consiglio di interclasse e di classe

    È composto dai docenti dei gruppi di classi parallele dello stesso circolo e dello stesso plesso nella scuola elementare e dai docenti di ogni classe nella secondaria. Ad essi si aggiungono i rappresentanti eletti dai genitori degli alunni (uno per ogni classe nella scuola elementare, quattro nella scuola media, e due nella scuola secondaria superiore) e due rappresentanti degli studenti nella scuola secondaria superiore. La presiede il direttore didattico o il preside (oppure un docente loro delegato).
    Compito del consiglio di interclasse e di classe è di formulare proposte in ordine all'azione educativa e didattica, e ad iniziative di sperimentazione.

    Collegio dei docenti 

    È composto dal personale insegnante ed è presieduto dal direttore didattico o dal preside.
    Ha potere deliberante in materia di funzionamento didattico, sentiti i consigli di interclasse e di classe (adozione dei libri di testo) e il consiglio di circolo o di istituto (programmi di sperimentazione). Inoltre elegge: i docenti incaricati di collaborare con il direttore didattico o con il preside; i rappresentanti nel consiglio di circolo o di istituto, nel consiglio di disciplina degli alunni e nel comitato per la valutazione del servizio del personale insegnante.

    Consiglio di circolo o di istituto

    È costituito da 14 componenti nelle scuole con popolazione scolastica fino a 500 alunni: 6 rappresentanti del personale insegnante, 1 del personale non insegnante, 6 dei genitori, il direttore didattico o il preside. Nelle scuole con più di 500 alunni i componenti sono 19: 8 rappresentanti del personale docente, 2 del personale non docente, 8 dei genitori, il direttore didattico o il preside. Nella scuola secondaria superiore il 50% della rappresentanza familiare è coperto dagli studenti di età non inferiore ai 16 anni compiuti (tre, quindi, o quattro). Il consiglio è presieduto da uno dei suoi membri, eletto da tutti i componenti fra i rappresentanti dei genitori; esso elegge inoltre una giunta composta di un docente, di un non docente, di due genitori (o di un genitore e di uno studente nelle secondarie superiori), del direttore didattico o del preside, che ne è il presidente, e del capo dei servizi di segreteria.
    Il detto consiglio ha potere deliberante su proposta della giunta:

    – nell'adozione del regolamento interno del circolo o dell'istituto (funzionamento della biblioteca, uso delle attrezzature culturali, didattiche e sportive...);
    – nell'acquisto, rinnovo e conservazione delle attrezzature tecnico-scientifiche e dei sussidi didattici;
    – nell'adattamento del calendario scolastico alle esigenze ambientali; 36
    – nel definire i criteri per la programmazione e l'attuazione delle attività parascolastiche, interscolastiche, extrascolastiche;
    – nelle iniziative assistenziali che possono essere assunte dal circolo o dall'istituto.

    Consiglio di disciplina degli alunni

    È istituito presso ogni istituto scolastico ed è composto da 5 membri: il preside (che lo presiede), 2 membri eletti dal collegio dei docenti nel suo seno e 2 eletti dai genitori degli alunni (o da 1 eletto dai genitori e da 1 eletto dagli studenti negli istituti di istruzione secondaria superiore).
    È organo deliberante in materia disciplinare degli alunni, in ordine alle punizioni che il regolamento di disciplina attribuisce alla competenza degli organi collegiali.

    Comitato per la valutazione del servizio degli insegnanti

    È istituito presso ogni circolo didattico ed ogni istituto scolastico ed è formato dal direttore didattico o dal preside (presidente) e da 2 o 4 insegnanti, eletti dal collegio dei docenti, a seconda che la scuola abbia fino a 50 oppure più di 50 docenti.
    La valutazione del servizio ha luogo solo su richiesta dell'interessato.

    A livello distrettuale

    Consiglio scolastico distrettuale

    È l'organo di governo dei distretti scolastici, ossia dei comprensori, o parti di territorio, in cui le Regioni verranno suddivise, con decreto del ministro per la Pubblica Istruzione, su proposta delle stesse Regioni.
    Il distretto scolastico è l'organo destinato a realizzare la partecipazione democratica delle comunità locali e delle forze sociali alla vita e alla gestione della scuola.
    Esso è così composto:

    – 3 rappresentanti eletti dal personale direttivo delle scuole statali;
    – 5 rappresentanti eletti dal personale docente delle scuole statali;
    – 1 rappresentante eletto dal personale direttivo e 1 dal personale docente delle scuole non statali (pareggiate, parificate, legalmente riconosciute);
    – 7 rappresentanti eletti dai genitori degli alunni;
    – 3 membri designati dai sindacati dei lavoratori dipendenti e 2 rappresentanti dei lavoratori autonomi, designati dai rispettivi sindacati;
    – 3 rappresentanti delle forze sociali (1 degli imprenditori e 2, designati dal Consiglio provinciale, che siano espressione di enti, associazioni e istituzioni culturali);
    – 7 rappresentanti del Comune, di cui 2 riservati alla minoranza.
    Il consiglio scolastico distrettuale elegge fra i suoi componenti il proprio presidente; può eleggere inoltre una giunta composta dal presidente del consiglio stesso e da non più di altri quattro membri.
    La funzione del consiglio scolastico distrettuale consiste nell'elaborare, entro il mese di luglio di ogni anno, un programma per l'anno scolastico successivo, attinente:
    – alle attività parascolastiche, extrascolastiche e interscolastiche;
    – ai servizi di orientamento scolastico e professionale, e a quelli di assistenza scolastica ed educativa;
    – ai servizi di medicina scolastica e di assistenza socio-psico-pedagogica;
    – ai corsi di scuola popolare, di istruzione degli adulti e alle attività di educazione permanente e di istruzione ricorrente;
    – alle attività culturali e sportive destinate agli alunni;
    – ad attività di sperimentazione.

    Il consiglio scolastico distrettuale, inoltre, formula proposte:
    – al provveditore agli studi, alle Regioni, agli enti locali per quanto concerne l'istituzione, la localizzazione e il potenziamento delle istituzioni scolastiche, nonché l'organizzazione e lo sviluppo dei servizi e delle strutture relative;
    – al ministro per la Pubblica Istruzione ed al provveditore agli studi per la miglior utilizzazione del personale della scuola;
    – al ministro per la Pubblica Istruzione per l'inserimento nei programmi di studi e di ricerche utili alla miglior conoscenza delle realtà locali.

    A livello provinciale

    Consiglio scolastico provinciale

    Comprende nell'ambito della sua competenza tutti gli ordini di scuola della Provincia (materna, elementare e secondaria), ed è composto da:

    – 6 membri di diritto: il provveditore agli studi, 3 rappresentanti dei Comuni della Provincia, l'assessore alla Pubblica Istruzione dell'Amministrazione provinciale, i rappresentanti del consiglio regionale;
    – i rappresentanti del personale direttivo e docente delle scuole statali;
    – i rappresentanti del personale non insegnante;
    – i rappresentanti del personale degli uffici dell'amministrazione scolastica periferica;
    – i rappresentanti del personale direttivo e docente delle scuole pareggiate, parificate e legalmente riconosciute;
    – i rappresentanti dei genitori degli alunni;
    – i rappresentanti del mondo dell'economia e del lavoro.

    Il consiglio scolastico provinciale elegge il proprio presidente, la giunta esecutiva presieduta dal provveditore e tre consigli di disciplina (per il personale docente della scuola materna, della scuola elementare e della scuola media), anch'essi presieduti dal provveditore agli studi.
    Le sue principali funzioni, tenuto conto delle proposte e dei programmi formulati dai consigli distrettuali, sono:

    – esprime pareri al provveditore agli studi e alla Regione sui piani annuali e pluriennali di sviluppo e di distribuzione territoriale delle istituzioni scolastiche ed educative;
    – indica i criteri per il coordinamento dei servizi di orientamento scolastico, di medicina scolastica e di assistenza psico-pedagogica;
    – formula proposte al ministro e alla Regione in materia di adempimento dell'obbligo scolastico, di diritto allo studio, di educazione permanente;
    – accerta e indica il fabbisogno di edilizia scolastica;
    – esprime al provveditore pareri obbligatori sui ritardi di promozione, sulla decadenza, sulla dispensa e riammissione in servizio; e pareri vincolanti sui trasferimenti d'ufficio del personale docente della scuola materna, elementare e media;
    – esprime al provveditore parere obbligatorio sulle proposte di ripartizione dei fondi destinati alle spese di funzionamento dei distretti, dei circoli didattici e degli istituti.

    A livello nazionale

    Consiglio nazionale della pubblica istruzione 

    È presieduto dal ministro per la Pubblica Istruzione ed è formato da 71 componenti:

    – 47 rappresentanti del personale docente delle scuole statali;
    – 3 del personale docente delle scuole pareggiate, parificate e legalmente riconosciute;
    – 3 degli ispettori tecnici eletti dal corrispondente personale di ruolo;
    – 3 rappresentanti dei presidi, 2 dei direttori didattici e 1 del personale dirigente delle scuole pareggiate, parificate e legalmente riconosciute;
    – 3 rappresentanti del personale non docente delle scuole statali;
    – 5 rappresentanti del mondo dell'economia e del lavoro;
    – 2 rappresentanti dell'amministrazione scolastica centrale e periferica; e 2 della I sezione del consiglio superiore della Pubblica Istruzione.

    Il consiglio nazionale elegge un vice presidente; l'ufficio di presidenza; il consiglio di disciplina per il personale ispettivo tecnico; il consiglio di disciplina per il personale direttivo delle scuole statali; e il consiglio di disciplina per il personale docente delle scuole secondarie superiori statali.
    Esso svolge le seguenti funzioni:

    – formula annualmente una valutazione sull'andamento generale dell'attività scolastica;
    – formula proposte in ordine alla promozione della sperimentazione e della innovazione;
    – esprime pareri su proposte o disegni di legge in materia scolastica;
    – esprime pareri obbligatori sui ritardi di promozione, sulla decadenza, sulla dispensa e riammissione in servizio del personale direttivo e ispettivo delle scuole di ogni ordine e grado, e del personale docente della scuola secondaria superiore; e pareri vincolanti sui trasferimenti d'ufficio del personale appartenente a ruoli nazionali.

    Assemblee

    Gli studenti della scuola secondaria superiore e i genitori degli alunni della scuola di ogni ordine e grado hanno diritto di riunirsi in assemblee nei locali della scuola.

    Assemblee studentesche 

    Costituiscono l'occasione di partecipazione democratica degli studenti per l'approfondimento dei problemi della scuola e della società in funzione della formazione culturale e civile degli studenti. Possono essere di classe o di istituto. È prevista una assemblea di istituto ogni mese, che può durare per tutte le ore di lezione di una giornata; così un'assemblea di classe mensile, della durata di due ore di lezione. Altra assemblea mensile può svolgersi fuori dell'orario delle lezioni.
    L'assemblea d'istituto deve darsi un regolamento, inviato poi in visione al consiglio di istituto.
    A tutte le assemblee può assistere il preside e gli insegnanti che lo desiderano; alle assemblee di istituto svolte durante l'orario delle lezioni possono partecipare esperti di problemi sociali, culturali, scientifici... indicati dagli studenti e autorizzati dal consiglio di istituto.
    È prevista inoltre la formazione di un comitato studentesco di istituto, composto dai rappresentanti degli studenti nei consigli di classe; il comitato e il presidente eletto dall'assemblea garantiscono l'esercizio democratico dei diritti dei partecipanti.
    Per la convocazione dell'assemblea di istituto la richiesta deve essere presentata dalla maggioranza del comitato studentesco o dal 10% degli studenti.

    Assemblea dei genitori 

    Sono anch'esse di classe o di istituto. Anche in questo caso è possibile costituire un comitato, espresso dai rappresentanti dei genitori nei consigli di interclasse o di classe.
    Non esistono norme per la convocazione dell'assemblea dei genitori fuori dei locali del circolo didattico o dell'istituto; mentre per le riunioni nei locali della scuola, la data e l'orario – che in ogni caso non può collocarsi durante le lezioni – debbono essere concordati con il direttore didattico o con il preside. La convocazione inoltre deve avvenire, per l'assemblea di classe su richiesta dei genitori eletti nei consigli di interclasse o di classe; l'assemblea di istituto invece è convocata su richiesta del presidente, o della maggioranza del Comitato dei genitori, e da 100 genitori nella scuola con popolazione fino a 500 alunni, da 200 se la popolazione è di 1.000 alunni, 300 negli altri casi.
    L'assemblea dei genitori deve darsi un regolamento, inviato in visione al consiglio di circolo o di istituto; ad essa possono partecipare, con diritto di parola, il direttore o il preside, e gli insegnanti che lo desiderano.

    LETTURA DEL DOCUMENTO

    Una lettura del documento ci induce, anche in prima approssimazione, a rilevarne gli aspetti positivi e, insieme, le più evidenti pregiudiziali negative. Incominciamo dai primi.

    Aspetti positivi del decreto

    ♦ Il decreto segna innanzi tutto la fine del principio della delega: gli insegnanti non potranno più delegare il «potere»al capo d'istituto, né i genitori e gli studenti potranno più delegare agli insegnanti l'intera organizzazione degli studi.

    ♦ A cominciare dagli insegnanti, sarà data loro l'opportunità, attraverso strumenti collegiali o rappresentativi, di superare l'individualismo e l'isolazionismo, che ha contraddistinto da tempo il corpo docente, provocando nelle giovani reclute gravi crisi di socializzazione nel sistema scolastico, e suscitando in tutti la facile tentazione di gestire «in proprio»il potere, nel delicato rapporto didattico-educativo con gli allievi.

     Quanto ai genitori, essi sono coinvolti rappresentativamente in tutti gli organi di governo (escluso il collegio dei docenti) aventi poteri anche limitatamente deliberanti, e a tutti i livelli, fatta eccezione del consiglio nazionale della Pubblica Istruzione: occasioni di autoeducazione degli adulti, di ripensamento del compito educativo a cui la famiglia non può neppur parzialmente rinunciare per delegarlo alla scuola, e momenti, infine, di esercizio della democrazia e di azione politica.

     I genitori, inoltre, nel consiglio di circolo o di istituto, sono gli unici aventi diritto di essere eletti a presidenti, mentre nel consiglio scolastico distrettuale e provinciale hanno, teoricamente, pari diritto rispetto agli altri componenti.

     Nella scuola secondaria superiore la partecipazione rappresentativa ad alcuni organi di governo è estesa anche agli studenti (consiglio di classe, consiglio di istituto, consiglio di disciplina degli alunni): iniziazione pratica ad una azione politica responsabile, culturale, non estrinseca, e momento di incontro dove i conflitti generazionali assumono un valore dialettico, critico e costruttivo.

     Particolare importanza nella gestione delle scuole e degli istituti dovranno acquistare gli organismi assembleari, sia dei genitori sia degli studenti, non tanto per i poteri loro conferiti, quanto piuttosto perché essi rappresentano l'unico momento in cui tutti gli utenti più diretti della scuola sono chiamati ad «amministrare»in nome della società e per la società il capitale umano e culturale depositato nella istituzione scolastica: le assemblee sono infatti gli organismi meno istituzionalizzati – ad esse è affidato, per esempio, il compito di darsi il proprio regolamento – e rappresentano pertanto il momento in cui si esprime la volontà politica di una autentica partecipazione sociale, supporto necessario per affrancare la scuola e i suoi «addetti»dai condizionamenti attuali e facilmente ricorrenti delle «strutture»e della burocratizzazione (l'assemblea dei genitori, in particolare, stando al dettato del decreto, può godere della più ampia libertà di convocazione, quanto ai tempi e ai modi, nel caso che essa si svolga al di fuori dei locali di circolo o di istituto).

     Infine, il distretto scolastico, i cui limiti – che non mancheremo di rilevare – non sono privi di qualche aspetto positivo: per la prima volta, infatti, in un sistema dove tutto è stato rigidamente prescritto, ci troviamo di fronte ad un organismo scarsamente definito nella sua configurazione giuridica e nei suoi compiti, che attua tuttavia l'interazione di persone giuridiche diverse e soprattutto la partecipazione del mondo del lavoro e delle forze sociali e culturali; e che, pur limitandosi per naturale costituzione a programmare e a formulare proposte senza poteri decisionali, crea tuttavia spazi in cui potranno confluire il potere legislativo centrale e regionale, che diventeranno i suoi interlocutori («il distretto come cerniera»).

    Perplessità e riserve

    Esse riguardano particolarmente i poteri attribuiti ai diversi organi di governo, soprattutto a livello di circolo o di istituto dove la partecipazione è chiamata in causa più direttamente per gli interessi che sono in gioco; ora, si avverte che:

     Nei consigli di interclasse e di classe i genitori, e quindi anche gli studenti per la secondaria superiore, sono esclusi dalle competenze relative alla realizzazione del coordinamento didattico e dei rapporti interdisciplinari; nella scuola secondaria (inferiore e superiore) sono inoltre esclusi dalle competenze relative alla valutazione periodica e finale degli alunni.

     Il potere deliberante, e quindi anche condizionante, è affidato completamente al collegio dei docenti – dal quale è esclusa ogni presenza rappresentativa di genitori e di studenti – in materia di tale importanza (i richiami più gravi possono essere quelli relativi all'adozione dei libri di testo e alla sperimentazione) per cui i correttivi «sentiti i consigli di interclasse o di classe»o «sentito il consiglio di circolo o di istituto»ci sembrano troppo deboli e poco efficaci.

    ♦ Così il potere deliberante attribuito al consiglio di circolo o di istituto (il cui presidente, come si è detto, è un rappresentante dei genitori) e già per sé ridotto ad ambiti e a settori ancora «subordinati»in una certa concezione del funzionamento didattico (biblioteca, attrezzature, calendario scolastico, attività parascolastiche, interscolastiche, extrascolastiche...), viene ulteriormente limitato in quanto è sottoposto dal testo del decreto, alla «proposta della giunta», che è presieduta dal direttore didattico o dal preside, ed è composta da quattro membri: un docente, un non docente, due genitori, e il capo servizi di segreteria.

     Quanto al distretto, oltre i «limiti positivi»già rilevati e una prima ed immediata considerazione sulla mancanza di una presenza degli studenti, si constata soprattutto una certa ambiguità istituzionale che si esprime in una ambiguità di rapporti con la Regione e, in minor misura, con i Comuni e con le Province: in concreto, la competenza delle Regioni nella istituzione dei distretti quale possibilità conferisce loro di realizzare una organica gestione del diritto allo studio se la maggior parte delle competenze che dovrebbero qualificare questi interventi non sono trasferite alle Regioni ma restano ancora competenza del ministero e delle sue articolazioni periferiche? Il fatto si fa senza dubbio evidente nella sovrapposizione di competenze del consiglio distrettuale scolastico e del consiglio provinciale scolastico e nei condizionamenti che il secondo può causare all'azione del primo. Si consideri solo il particolare per cui il decreto prevede che il consiglio provinciale elegga il proprio presidente, ma nel contempo impone che la giunta esecutiva e i tre consigli di disciplina per il personale docente della scuola materna, della scuola elementare e della scuola media siano presieduti dallo stesso provveditore agli studi. Questi ed altri richiami critici che si potrebbero fare in ordine al distretto scolastico e ai suoi rapporti con i vari enti e gli altri organi, si vuole che servano perché, passando dal dibattito all'azione, non si incorra in errori che aggravino i limiti della legge.

    INTERROGATIVI E PROSPETTIVE

    Riflettendo sul futuro della scuola italiana, si può ragionevolmente ritenere che le sue sorti verranno decise dal momento in cui entreranno in vigore i nuovi modi di gestirne il governo. Ed è proprio questa prospettiva – carica di attese – che può destare gravi preoccupazioni e timori: viene, per esempio, il dubbio non infondato – se ripensiamo a non lontane esperienze – che lo «spirito»da cui la legge, pur nella sua perfettibilità, è radicalmente «informata», possa vedersi facilmente mortificato da una assunzione troppo «letterale»di essa, e quindi lentamente vanificato dalla cristallizzazione e dalla istituzionalizzazione dei nuovi «istituti»od organi.

    Ancora una gestione per delega?

    Per chiarire il pensiero e per riferirci a ciò che – malauguratamente –sembra più facile ipotizzare nel nuovo assetto della scuola, il pericolo che minaccia la riforma e che ne compromette gli esiti anche minimali, consiste, a nostro avviso, nel fatto che la gestione della scuola possa diventare «una gestione di delegati», cioè dei soli che «ci capiranno qualcosa», siano essi genitori, studenti, rappresentati del mondo del lavoro, delle forze sociali... In tal modo il principio della «delega»che ritenevamo sconfitto e superato, rientrerebbe vincente sotto mutate spoglie, a privilegiare ancora la «cultura»come eredità sociale di quelli che «sanno»e sanno di sapere, e ad emarginare la «cultura»umanizzata, intesa cioè come camprensione della realtà per una costruzione di un mondo più umano.
    Si rinnoverebbe, in sostanza, una gestione nella scuola come «piramide chiusa», una gestione corporativistica, assai lontana dalla auspicata e proclamata gestione sociale della scuola.
    Si può far sì che tutto questo non accada, dopo averlo previsto? Si tratta, ancora una volta, di evitare un modo settoriale, politicamente e civilmente scorretto, di affrontare il problema della scuola come una realtà separata. Concretamente, la gestione sociale della scuola si verificherà soltanto nella misura in cui cresce e matura la partecipazione dei cittadini all'intera gestione sociale: non ci si improvvisa gestori nella scuola, quando la partecipazione non si estende ad una azione politica che comprenda il comune, il quartiere e tutti i momenti della vita democratica. In questo senso si può intendere e condividere l'affermazione di chi sostiene che «è necessario affrontare i problemi della scuola nel modo meno scolastico possibile».
    La stessa partecipazione agli organi collegiali e assembleari – collegio degli insegnanti, assemblee dei genitori e degli studenti – che è la misura minima per garantirci dal non ripetere i limiti della «delega», è ancora insufficiente, se si esaurisce in se stessa, in una estraneità rispetto a tutti i problemi civili e sociali in cui dovremmo sentirci coinvolti.
    La misura «infallibile»potrebbe essere segnata allora da una maturazione personale, da una crescita nel sentire che l'uomo si realizza solo nella totalità, nella comunità-comunione, in cui ci si riscatti continuamente dall'impotenza collettiva di amare, che tende a dividerci.

    Impegno per un cristiano

    A questo punto, il discorso non può non coinvolgerci come cristiani, e «non per imporre una fede ed una pratica religiosa a chi non la vuole», ma «per ripensare una propria presenza nel mondo della scuola in chiave di partecipazione e di maturazione»(Commissione diocesana milanese per la scuola), per offrire un servizio alla promozione dell'uomo, come impegno compreso nella stessa evangelizzazione. Né tanto meno si tratta di una volontà di conquista del «potere», ma piuttosto di una doverosa attenzione ad usare gli strumenti della democrazia per essere presenti, in ogni caso come singoli cittadini soggetti di diritti e di doveri, e in alcune situazioni e modalità anche come espressione di una comunità ecclesiale operante in precise località e territori: il richiamo più immediato, in questo momento, ci viene dalla istituzione del consiglio scolastico distrettuale. Non è certamente umiliare la comunità cristiana se, sul piano civile, essa si presenta e si impone come una delle «forze sociali», che il distretto mira a responsabilizzare nel governo della scuola. Potrebbe anzi essere un diritto da rivendicare da parte della comunità cristiana, nella misura in cui essa, in una totale disponibilità di presenza e di servizio, e «al di là di ogni «integrismo»e di ogni tentativo di imposizione, tenderà ad elaborare via via una concreta proposta di vita cristiana sempre più «incarnata»nelle situazioni e sospingerà ad una azione sempre più efficace perché, nel confronto con altre forze presenti nella scuola, anche una prospettiva e un'esperienza di fede abbiano un loro spazio e una loro possibilità di incidenza»(Commissione diocesana milanese per la scuola).

    PER UN IMPEGNO PASTORALE
    NELLA GESTIONE SOCIALE 

    Elio Scotti

    (NPG 1974-12-46)

    UNA RESPONSABILITÀ PER UNA FEDE MATURA E IMPEGNATA 

    La coscienza della missione di educatori dà rilievo al momento scolastico come incontro privilegiato per una più intensa possibilità di realizzare una crescita ed una maturazione dei giovani. Infatti la scuola offre possibilità di esposizione più completa delle verità acquisite dalla scienza e dalla fede, di continuità di dialogo, di ricerca, di approfondimento, di spazio temporale sufficiente per interiorizzare quelle abitudini necessarie all'uomo normale per una equilibrata crescita della persona.
    L'introduzione di una programmazione educativa, proposta dalla legge a livello di distretto e di classe, la richiesta di una verifica e revisione dello sviluppo e del progresso sia culturale che formativo, proposte e verificate a livello di compartecipazione corresponsabile, anche senza l'autorità decisionale, invita ogni cristiano cosciente ad un impegno di qualificazione e di testimonianza, che è segno di fede e di amore al prossimo.
    Se la professione cristiana non impegna insegnanti, educatori, genitori e la stessa comunità ecclesiale a questa graduale partecipazione al fatto educativo della nuova scuola, c'è da prendere atto di un'autentica frattura tra pratica della fede e vita cristiana nel quotidiano.
    Questo significa che cade ogni forma di atteggiamento individualistico, legato alle comuni formule «ai miei figli ci penso io», «i miei allievi li educo io», «io insegno bene, essi imparino bene», o di atteggiamento evasivo di delega ai professori, con riserva di sostenerli o criticarli in proporzione della loro capacità di integrare nella vita di famiglia o della società il docile allievo, reso studioso e tranquillo.

    NUOVI ATTEGGIAMENTI PER L'EDUCATORE

    La legge 477 e i «decreti delegati»costituiscono una occasione insolita per uno stimolo di rinnovamento. Al senso difensivo del privilegio dell'autorità scolastica che gestisce la scuola in proprio o al senso familistico
    con cui molte comunità educative trovano l'intesa a cui, con più o meno convinzione, s'adeguavano gli allievi, deve subentrare ora un allargamento di visuale nel modo di sentire la scuola: è la società che impone una gestione più ampia per creare un tipo di educazione e di formazione dell'uomo socializzato e dialogante per un mondo pluralista.
    L'educatore cristiano è provocato alla conversione di mentalità per una metodologia di ricerca, di senso comunitario a servizio delle persone, di autocontrollo per avere il consenso sociale; di impegno per porsi come testimone esemplare di apertura nella sperimentazione e nella collaborazione.
    Il tentativo di smobilitare innanzi alle consuete difficoltà da superare, per creare i presupposti di un dialogo di ricerca tra diverse componenti, sarà la posizione di molti insegnanti che si porranno in contrasto con la pressione di altri per riqualificarsi didatticamente e socialmente, per ridimensionare orari, leggi, tradizioni e strutture. La scelta cristiana parte da una conversione personale, procede per la conversione di gruppo, e persegue la conversione della mentalità e volontà politica di tutte le componenti della scuola per il rinnovamento della scuola.
    La coscienza di un giusto rapporto Chiesa-mondo deve trascinare la comunità ecclesiale a sentirsi fermento animatore e stimolatore del carattere comunitario della nuova gestione della scuola. È il popolo di Dio che, quale soggetto pastorale della costruzione del Regno, stimola tutti gli uomini a prendere coscienza del momento scolastico come luogo di crescita dell'intera società.

    ANCHE LA «GESTIONE SOCIALE» IN UNA PASTORALE D'INSIEME

    Nel popolo di Dio tocca alla gerarchia e a tutti i responsabili primi dei settori di catechesi e di apostolato, di stimolare i sacerdoti impegnati nella scuola, gli operatori pastorali delle parrocchie e gruppi giovanili, gli animatori di associazioni a una intesa per una pastorale d'insieme che concretizzi il proprio impegno attorno al rinnovamento della scuola.
    Il campo pastorale è aperto e fecondo di realizzazione. In particolare, il senso critico del cristiano e della comunità cristiana:

    impedirà una esecuzione burocratica dei «decreti»per risalire allo spirito della legge «continuo e autonomo processo di elaborazione della cultura, in stretto rapporto con la società, per il pieno sviluppo della personalità dell'alunno»(legge 477);

    interpreterà la legge a favore dell'uomo, stimolando genitori e giovani a non ripetere deleghe fisse a pochi esperti, ma a sviluppare in molti la capacità di continue interazioni per un rinnovamento di quadri con persone capaci di rappresentare le esigenze vere di crescita della comunità scolastica;

    svilupperà un vivo senso di socialità e di coscienza che la scuola è il momento più delicato in cui un nuovo tipo di società deve preparare e formare i propri membri, capaci di rinnovarla e farla maturare nella sintesi di valori perenni e di nuovi valori che il progresso stesso propone e realizza;

    aprirà la propria azione pastorale all'interventismo coraggioso e rispettoso, superando il senso di conquista, di potere o di assenteismo, per rendere ogni cristiano più sociale, aperto a tutti e a tutto, senza integrismi e senza timidezze, perché il rinnovamento dell'umanità sia proiettato nella scia di Cristo risorto.

    Sul tema dell'azione pastorale nella scuola, raccomandiamo due libri concreti e stimolanti:

    A. Brien
    SCUOLA CATTOLICA E EDUCAZIONE ALLA FEDE IN UN MONDO SECOLARIZZATO
    pp. 208 - L. 1.200
    Centro Salesiano Pastorale Giovanile

    EVANGELIZZARE NELLA SCUOLA? pp. 88 - L. 900
    Elle Di Ci - 10096 Torino-Leumann


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