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    Il posto della Madonna nel mondo secolare



    Giorgio Gozzelino

    (NPG 1974-05-27)


    In questi ultimissimi anni stiamo assistendo alla riscoperta di molte cose, dopo il vuoto improvviso che avevano creato nei giovani la spinta contestativa e il relativo desiderio di autenticità e concretezza.
    Si pensi alla preghiera, alla persona di Cristo, alla «Chiesa», al silenzio del «deserto», al pellegrinaggio... per non ripetere che alcuni dei temi più rilevanti.
    Si potrà dire che non tutto è autentico. Ma i fatti restano, inconfutabili. Segno, almeno, di una ricerca facilmente autenticabile.
    Ci pare che la «devozione mariana» non rientri in queste riscoperte: l'indice di presa segna valori progressivamente più bassi.
    Vorremmo essere smentiti. Anche perché crediamo di significato essenziale nell'esperienza cristiana e quindi nella pastorale giovanile, la presenza di Maria.
    Qualcuno si ferma alla costatazione e ripensa con nostalgia ai bei tempi passati.
    Ci pare più utile, invece, indagare, con coraggio, sulle cause di questo «vuoto di attenzione».
    Possono essere molte. Alcuni interventi comparsi sulla rivista ne hanno tentato un'analisi.
    A monte di tutto, però, ci pare stia il problema che viene affrontato in questo studio, davvero stimolante: la «secolarità» che respiriamo non sembra far spazio alla figura di Maria.
    Ha un posto Maria in questo nostro mondo secolare?
    La risposta che ne scaturisce è un si incondizionato e largamente motivato. C'è però un modo «diverso» di affermarne la presenza: un modo più rispondente all'oggettività di Maria e alla sensibilità attuale.
    Su questa strada passa la «riconversione» culturale di molti educatori della fede, un po' responsabili - magari remotamente - della crisi di significato che riveste oggi la devozione mariana in molti giovani, proprio per il loro modo di presentare Maria.
    Anche in questo contesto, assume rilevanza particolare quella affermazione del RdC che dovrebbe inquietarci tutti, quotidianamente: «Si tratta di un vasto impegno di coerenza al Vangelo, dalla cui attuazione dipende la sorte stessa del cristianesimo, particolarmente presso le generazioni dei giovani» (RdC 97, cf anche 77).

    Un modo secolare di impostare il problema

    Il mondo contemporaneo, specialmente occidentale, ama chiamarsi mondo secolare perché ha sviluppato in sé una straordinaria sensibilità per il «secolo», ossia per questa vita terrena in quanto terrena, per l'oggi delle cose che si vedono e si toccano legato al domani di altre cose che si dovranno ugualmente vedere e toccare ma che ci saranno o non ci saranno in relazione a quello che si opera adesso.
    Il contesto mentale specifico di questo mondo, inoltre, si qualifica per l'esigenza critica di giustificare razionalmente le scelte che si fanno, di non andare avanti mai alla cieca, ad occhi chiusi, ma sulla base di programmazioni che si fondino su di una idea chiara del posto che ciascuno degli elementi di un problema ha nel problema stesso.
    L'uomo secolare sa che il presente ed il futuro immediato dell'uomo stesso e del mondo dipendono da lui, e perciò si concentra sulle sue responsabilità e cerca di veder chiaro in ogni cosa lo riguardi.
    Tra queste cose per il credente si trova la presenza di Maria. Se è un uomo d'oggi, ossia un uomo secolare, le sue reazioni a riguardo di tale presenza risentiranno inevitabilmente delle caratteristiche della sua mentalità. Si chiederà, in un modo che potrà sembrare irriverente, ma che, dopo tutto, serve egregiamente a chiarire le idee: che funzione ha questa donna? A che cosa serve? Quale posto ha nel giuoco tanto aspro ed amaro del quotidiano concreto? E cercherà la risposta in direzione della rilevanza o meno della sua presenza nella soluzione dei problemi del mondo d'oggi. Credenti secolari lo siamo ormai un po' tutti. La qualifica «secolare» non deve spaventare nessuno. Che ci siano, in questa direzione, deviazioni ed errori è innegabile. Ma un corpo non si giudica solo per le sue malattie.
    La secolarità è e rimane un valore per tutto, anche per la fede, né la volontà di sopprimere le malattie deve portare a sopprimere con esse l'eventuale malato.
    Accettiamo dunque l'impostazione secolare del problema di Maria. E le diamo un taglio particolare. Dato che il valore di una presenza sovente non è veramente apprezzato che quando essa è perduta, poniamo le domande secolari al negativo, e ci chiediamo: che cosa saremmo senza Maria? Che cosa mancherebbe a noi se ella non esistesse?
    Poiché la secolarità fa corpo con noi, dalla risposta verrà l'indicazione concreta del posto di Maria nel mondo secolare.

    NEL CUORE DELLA TERRA PERCHÉ NEL CUORE DEL CIELO

    Naturalmente il punto di partenza della ricerca può trovarsi soltanto nella identità concreta di Maria. Si può sapere che cosa viene a mancare con l'assenza di qualcuno solo se si conosce qualcosa dei suoi tratti specifici. La ricerca della identità di Maria non è nata oggi e neppure ieri. È una costante di tutta la storia del cristianesimo, che ha riflettuto, pregato, meditato su di essa per secoli. La sua presenza ormai non è quella di una anonima. Si definisce per caratteri molto concreti e precisi e per un dosaggio che non si può inventare ma soltanto costatare sulla base della applicazione del metodo adeguato della parola di Dio vissuta e sviluppata nella Chiesa.

    Maria, la più «santa» delle creature

    Ora, la risultanza di tali riflessioni e costatazioni è che Maria può e deve definirsi la donna più santa tra tutti i membri della Chiesa, la cristiana più autentica e profonda tra tutti, la creatura più glorificata in cielo, naturalmente dopo Gesù. Per indicare questa sua identità si parla tradizionalmente di santità totale, e recentemente è tornata in primo piano la denominazione di Archetipo della Chiesa. In entrambi i casi si vuol dire che la comunità dei cristiani, sia quella che ha ancora una forma istituzionalizzata e cioè la Chiesa viatrice, sia quella definitiva del Regno dei glorificati, trova in Maria il suo vertice, la sua punta, il massimo di ciò che essa è, a livello di santità.
    Come dimostra la scelta del Vaticano Il che ha tratto il mistero di Maria all'interno del documento sulla Chiesa e non in forma a sé stante, questa qualificazione di santità vertice è più parlante ancora di quella importantissima e tradizionale di madre di Dio. La quale, infatti, ha sì il vantaggio di rivelare di colpo il tipo particolare di legame che Maria ha con Dio e la sua differenza da chiunque, ma tende ad isolarla dal suo contesto concreto, a farne una specie di superdonna astrale che sembra non avere altra funzione che quella di destare ammirazione e stupore. Come ama vano ripetere, con il loro tipico linguaggio icastico, i Padri, Maria h< generato Dio ben prima con la mente che con il ventre. Ciò significa (quando si badi che generare con la mente significa credere, e la fede è santità) che la maternità di Maria si spiega a partire dalla sua santità Certo, Dio la fece immacolata, ossia le diede la possibilità di questa santità vertice, al fine di farla Madre. Ma ella divenne tale perché in lei quella possibilità trovò una risposta completa. Senza quella risposta, nulla si sarebbe compiuto; perciò è in quella risposta, realizzata da un capo all'altro della sua vita, e cioè è nella sua santità, che si trova la sintesi e la chiave di interpretazione del suo segreto.

    Dunque lontana dai drammi dell'uomo?

    Dunque Maria è la più santa tra tutte le creature. Anzi, poiché ora ella è ormai in cielo, è la più glorificata tra tutte.
    E questa è una conclusione che all'uomo secolare può dare di primo acchito l'impressione di una mazzata sul capo. D'un tratto Maria pare sbalzata, arpa o scettro in mano ed aureola sul capo, bene in alto oltre le nuvole tra fumi d'incenso e musiche eteree in un mondo abbastanza lontano dal nostro da mettere lei al sicuro dal contraccolpo delle nostre crisi, di energia o democrazia che siano, e da assicurare noi che ormai il discorso con lei è sostanzialmente chiuso.
    Fortunatamente arpe ed aureole sono immediatamente reimballate per essere rispedite nella fantasia dei poeti dalla realtà della risurrezione di Gesù. A fare ridiscendere sulla terra la nostra immagine di Maria basta la più elementare riflessione sulla collocazione di Gesù risorto. Con la sua esaltazione, Gesù è salito al cielo, certo. Ma questo cielo non è il pian terreno luminoso, sano, e pieno di calore, di una casa il cui scantinato, tenebroso, freddo, umido, sia costituito dalla crosta del pianeta terra. Il cielo è un nuovo modo di essere, una nuova situazione. Ed il suo indirizzo rimane tuttora quello del nostro vecchio pianeta.
    Ai discepoli che stanno a contemplare le nuvole che hanno sottratto ai loro occhi il Cristo asceso, gli angeli degli Atti degli Apostoli chiedono di guardare altrove, in direzione della terra. La glorificazione di Gesù ha collocato Gesù al cuore del mondo facendolo Signore vivo ed efficacemente presente a tutti in ogni tempo e luogo. La glorificazione di Maria, come quella di qualunque santo perché ella è santa, e più di quella di qualunque santo perché è santa più di chiunque, è l'avere da Gesù le cose di Gesù, e dunque è anche e prima di tutto il ricevere da lui questa radicazione nel mondo e la possibilità d'una presenza viva ed efficace agli uomini della terra.
    Dunque Maria perché santa ha una azione reale nel mondo. Anzi, perché più santa tra tutti i cristiani, ha l'azione reale più profonda ed intensa che si dia tra tutti i cristiani. Questo dimostra che la domanda sul suo posto nel mondo ha perfettamente senso: giacché lei nel mondo c'è davvero.
    Certo, tale domanda ha senso supponendo la fede. La presenza di Maria non è sensibile come quella della regina Elisabetta d'Inghilterra o di una vicina di casa, né si costata con mezzi sperimentali, di qualunque tipo o modello possano essere. Ma mettersi nella fede non significa giuocare a rimpiattino con la ragione. Vuol dire accettare di cogliere una emittente col sintonizzarsi sulla lunghezza d'onda su cui effettivamente trasmette anziché su altre. Ogni realtà ha la sua propria via d'accesso. A queste realtà, che sono le più profonde tra tutte, si accede solo mediante la parola di Dio. In verità, alla esigenza razionale del credente secolare la fede non chiede altra mortificazione che quella di essere, costi quel che costi, estremamente secolare, ossia estremamente critica e consapevole dell'uso specifico, della portata propria, e dei limiti di ciascuno degli strumenti di cui si serve.
    Diciamo allora con sicurezza: Maria è sulla terra non malgrado sia in cielo ma proprio perché è in cielo. Il linguaggio cielo e terra è spaziale per mancanza di forme espressive più felici non perché voglia dar corpo a realtà spaziali. Il cielo di Maria è il suo modo (un modo completamente diverso dal nostro attuale e quindi soggetto ad una metodologia completamente diversa dalla nostra corrente) di essere attivamente presente sulla terra. Correlativamente la domanda, lo ripetiamo, sul posto di Maria nel mondo è pienamente significativa.

    LA DONNA CHIAMATA AUSILIATRICE

    Accertare che la domanda ha un senso non equivale ancora a dire, però, che essa abbia una risposta qualificata. Questa presenza di Maria sulla terra in che cosa consiste? E davvero attiva? Che cosa fa Maria nel mondo, e come lo fa?
    La soluzione viene sempre dalla fede. L'impegno di Maria nel mondo è veramente efficace. Consiste in due attività fondamentali, rispettivamente di illuminazione e di sostentamento. Maria illumina, ossia rivela, insegna, chiarisce, manifesta la logica profonda della vita con le sue leggi, i suoi mezzi di promozione, i suoi paradossi, i suoi segreti. Ed assieme sostenta, ossia anima, promuove, dà forza, aiuta a superare le perplessità, le inerzie, le frustrazioni, le involuzioni proprie del cammino di ogni giorno. Nel primo senso è maestra di vita ed esperta di umanità. Nel secondo è guida animatrice e forza portante del divenire più radicale del mondo.

    Una presenza silenziosa per rispetto alla nostra libertà

    Sia l'uno sia l'altro compito sono compiuti da lei secondo uno stile del tutto particolare che imita e riproduce quello di Gesù servo e perciò le merita la denominazione di serva. E uno stile che ha come caratteri base una discrezione senza fondo ed una silenziosità di inconcepibile intensità, tali da giungere addirittura a suscitare nei più sprovveduti la tentazione oscura della incredulità. Si esprime ultimamente proprio nella invisibilità di Maria, che non è segno di una assenza come si sarebbe immediatamente tentati di pensare, ma invece di un modo particolare di esserci definibile come modo di promozione. L'invisibilità di Maria, infatti, come quella di Gesù ed a modo di sua partecipazione, è ciò che permette a Maria di essere presente senza essere ingombrante ed ultimamente mortificante; è ciò che le consente di far fare a ciascuno la sua parte anziché farla al posto loro ed alle loro spalle; di sostentare, appunto, anziché soppiantare. Maria è glorificata. Se fosse presente come chiunque lo sarebbe appunto a modo di chi è glorificato, cioè in modo sfolgorante e senza i limiti della condizione terrena. Ciò causerebbe il suo imporsi su molti come donna superiore, donna del destino, una specie di imperatrice del bene che bisogna accettare per forza. E ne andrebbe di mezzo la nostra libertà ossia la nostra autenticità. Giacché allora la Madonna accetterebbe ciò che Gesù ha respinto con violenza nelle tentazioni del deserto: un messianismo di potenza che si impone con lo straordinario esonerando gli uomini dal loro vivere effettivo. Ella diverrebbe ciò che molti fedeli, ad imitazione di quello che i primi ascoltatori di Gesù si aspettavano da lui, non cessano di chiederle confondendo l'eccezione con la regola: una donna dal miracolo facile, la donna delle soluzioni sbrigative dei casi difficili od insolubili della vita. E così cesserebbe di essere una cristiana. Giacché il cristiano vive come il Cristo, che è salvatore non nel senso di chi costruisce al posto degli altri, ma nel senso di chi abilita a farsi la propria vita.
    La fede è tanto poco una alienazione dai compiti della vita da qualificare come non cristiana qualunque tipo di presenza paternalistica o di mammismo che tenda sotto qualsiasi colore a vivere al posto degli altri anziché con gli altri. Anche questo è un aspetto del messaggio di Maria.
    Del resto Maria, a differenza di molti suoi devoti, non è mai stata la donna delle parate o dei grandi discorsi. Ella compie la sua opera di illuminazione e di sostegno con un solo gesto, quello efficacissimo, continuo, e permanente, per quanto silenzioso, del rimando a Gesù. Il suo dono è Gesù, la luce che ella dona è Gesù, la forza che ella offre è ancora Gesù. Come ogni cristiano, e più di ogni cristiano data la qualità superiore del suo modo di essere cristiana, Maria offre al mondo secolare un solo codice di vita ed una sola energia motrice, quella dell'amore gratuito fatto uomo in Gesù di Nazaret. In tal senso ella è vero aiuto dei cristiani e del mondo.

    DIALETTICA DEL DEFINITIVO E DEL PROVVISORIO

    Senza Maria dunque mancheremmo di una vera maestra e guida nei compiti della vita. Ma di quali compiti si tratta? Forse di quelli che più stanno a cuore all'uomo secolare, ossia di quelli della profanità, quali lo sviluppo del progresso tecnico ed industriale, la stabilizzazione dei prezzi, la politica degli investimenti, la promozione delle arti, delle scienze, della economia? Pare di no. Nessuno si sognerebbe di considerare Maria come una componente del mondo della politica o dell'arte o della finanza o della amministrazione della giustizia. L'originalità del suo contributo non si qualifica per questa strada.
    Per quale allora?
    L'illuminazione e lo stimolo di Maria non riguardano direttamente la profanità bensì la definitività, e cioè in concreto, come abbiamo già accennato, quel valore supremo che si chiama amore gratuito. L'amore gratuito definisce il mistero stesso di Dio. Col passaggio dal modo di vivere provvisorio della nostra vita terrena a quello definitivo della vita oltre il salto della morte, esso non scompare affatto, al contrario si totalizza, diventando completamente se stesso. Ebbene, l'apporto specifico di Maria riguarda la comprensione dell'importanza decisiva e l'assunzione effettiva dell'amore gratuito. Maria è maestra perché insegna un tale amore, ed è guida perché anima e sorregge l'aspro cammino che porta ciascuno ad incarnarlo nella propria vita. Siccome anzi questo amore è lo stile di vita del Padre tradotto in termini umani in Gesù risorto, l'insegnamento e l'apporto di Maria sono ultimamente l'aiuto che ella dà a ciascuno ad assimilarsi di più a Gesù.

    Ma allora... «fuori dal nostro mondo»?

    Questa risposta è l'unica valida, ma può lasciare una traccia d'amaro nella bocca del credente secolare, e forse anche ridare un po' di alimento segreto alla sua impressione, dura a morire, che il mondo della fede sia un «altro mondo» da quello reale, cioè sia un mondo costruito sopra o sotto od a fianco di questo ma sempre in modo staccato da esso.
    Ciò però è un errore. Anzitutto, il mondo della fede non è un mondo diverso da quello in cui viviamo e muoriamo. Quel suo valore definiente, l'amore fatto uomo, si impianta e si sviluppa proprio negli uomini di questa terra, non affatto altrove. Esso inoltre è detto mondo della fede per sottolineare che l'identità di quell'amore e la sua realizzazione si raggiungono mediante la via originale della fede, non per altro.
    In secondo luogo, se è vero che esiste il definitivo ma anche il provvisorio, è altrettanto vero l'inverso. Dal momento che l'uomo è fatto da entrambe le dimensioni, sono autentici sia il contributo dato all'una sia quello dato all'altra. In questo senso Maria aiuta l'uomo secolare a non essere solo secolare ma anche credente; gli consente di essere un uomo a due dimensioni anziché ad una sola; gli restituisce metà di se stesso, la metà più profonda.
    Infine, tra il provvisorio (ossia la profanità) ed il definitivo (ossia l'amore cristiano) esiste una dialettica paragonabile a quella tra le fondamenta della casa e la casa stessa. Le une e l'altra si costruiscono con tecniche e criteri diversi, perché le une non sono le altre. Ma senza le prime la casa non si regge. E se l'intervento sulle fondamenta non è direttamente intervento sui muri della casa, tutto ciò che è dato alla stabilità delle fondamenta è concesso alla stabilità dei muri della casa. Fuori metafora, la pace terrena, la giustizia sociale, il progresso umano terreno non coincidono con l'amore gratuito né si sviluppano con la metodologia dello sviluppo dell'amore gratuito. E tuttavia non si reggono senza di esso, sicché quel che è concesso all'amore gratuito è concesso realmente, anche se mediatamente (attraverso cioè l'impatto dell'amore sul profano), anche ad esse.
    L'amore cristiano in quanto è concreto, ossia in quanto è amore dell'uomo integrale nella totalità delle sue dimensioni, esige l'intervento efficace, costante e leale nella promozione del profano. Ed in quanto è fondamento della stabilità dell'uomo dà a tale promozione un contributo indiretto ma indispensabile e di prima qualità. Allora uno spazio per l'opera di Maria esiste, e ben definito: senza tale opera il mondo secolare mancherebbe di una spinta efficacissima allo sviluppo della sua dimensione trascendente, di un appello permanente all'impegno nel profano, e di un riflesso importante sulla continuità dello sviluppo della città terrestre.

    UN POSTO DI LAVORO PER MARIA

    E sia. C'è spazio per il lavoro di Maria. Ma si dà spazio anche per Maria stessa?
    Dire infatti che esiste un posto di lavoro non equivale a dire che debba proprio essere Maria ad assumerlo, o che ella debba possederlo senza soluzione di continuità ed in modo definitivo. Non ci potrebbe essere una rotazione? Non potrebbe avvenire un cambio, non dico per raggiunti limiti di età ma almeno per naturale avvicendamento di impegni o per una ristrutturazione, come avviene nel profano? Inoltre, non è già Gesù che fa tutto questo con il suo Spirito? E non ci sono anche i santi?
    Queste domande, per quanto formulate in un modo che può apparire impertinente, mettono a fuoco un problema reale. Una volta stabilita la legittimità e la rilevanza dell'azione di un cristiano nel mondo, ci si imbatte nell'eterno dilemma della distribuzione degli oneri e delle responsabilità. E Dio che fa tutto, è il Cristo che dona l'amore, è lo Spirito che lo conferisce: ma allora l'uomo non fa parte dello spettacolo, è solo uno spettatore che si sprofonda nella sua poltrona e batte le mani (perché, dopo tutto, gli attori sono eccellenti), o sbadiglia e s'arrabbia a seconda degli umori, per la verità sempre alquanto instabili? O c'è forse una inversione di parti? Recita l'uomo e, presumibilmente, sbadiglia o magari fischia, Dio? Neppure questo è accettabile. Come non è accettabile l'interpretazione della rotazione, che vede spettatori ed attori cambiare periodicamente posto ed impegno: giacché nella vita, secondo la fede, non ci sono spettatori ma solo attori.
    La verità è che gli avvicendamenti esistono e sono necessari nel provvisorio proprio perché è provvisorio, mentre non possono esserci nel definitivo precisamente perché è definitivo. Ritorniamo alla idea già ribadita dalla invisibilità, di Gesù come di Maria come dei santi del cielo: tutti sono attori, tutti sono responsabili di sé e del mondo. Ciascuno a modo suo, si capisce, ma tutti sono veramente così.
    Questa è una verità dura. Il tepore della poltrona ha un suo fascino sottile, e la mano che strappa da essa per restituire ciascuno alla sua originalità, butta su di un palcoscenico in cui tutto è difficile e costoso, e perciò può apparire molto odiosa. Gli uomini non finiscono di scandalizzarsi dei silenzi di Dio e di inseguire sogni millenaristici di una infallibile garanzia dall'alto che intervenga con puntualità, tempestività e senza oneri, a modo di un capitale straniero che risana continuamente i bilanci senza chiedere contropartite.
    Ma là ove regna un Dio tappabuchi, cessa di vivere un uomo responsabile di sé e del mondo. In ogni caso, Dio non è così. Il Padre non cancella Gesù: lo manda, così lo fa salvatore e Signore. Il Cristo non cancella lo Spirito: lo dona, e in tal modo lo rende Spirito della Chiesa. Né Gesù né lo Spirito cancellano Maria ed i santi: anzi li collocano al cuore del mondo, ove ciascun opera senza cancellare gli altri, bensì abilitando, sostentando, ed appunto inviando. Lo stile dell'amore è paterno, ossia dona per suscitare. Esso riverbera da un capo all'altro dell'ambito cristiano e si ritrova in tutte le tappe della sua storia. Nella costruzione del definitivo non esistono dunque turni di lavoro n differenze tra funzione e persona che facciano sì che una funzione possa essere svolta indifferentemente da un soggetto o da un altro. Tutti hanno una identica funzione di costruzione, come tutti sono persona. Però ognuno la possiede e la realizza in modo originale ed irrepetibile come e quanto è originale ed irrepetibile la persona. Applicato a Maria, ciò significa che il posto permanente del lavoro di Maria è anche il posto definitivo di Maria stessa.

    L'ORIGINALITÀ ULTIMA DI MARIA

    Ma quale è questo posto originale di Maria specifico soltanto di lei? Se le cose che ella fa sono le cose che fanno Gesù ed i santi, che cosa mancherebbe realmente se mancasse lei?
    Torniamo a guardare alla sua identità di fondo. Vista la parità tra persona e funzione, non esiste altra via di soluzione. Maria è, dopo Gesù e grazie a Gesù, la donna più santa, e quindi più glorificata, tra tutti i salvati. E il membro della Chiesa, come comunità di salvati, in cui la Chiesa raggiunge il massimo di se stessa. Dunque la sua originalità è di essere ciò che sono la Chiesa ed i santi in un modo superiore a tutti, ossia in un modo vertice. Ella è maestra e guida, ossia ausiliatrice, come lo sono la Chiesa ed i santi, però in una forma più intensa di chiunque. Allora senza Maria mancherebbe il vertice di quella efficienza direttamente rivolta al definitivo e mediatamente al provvisorio che è propria di tutti coloro che vivono nel Cristo.
    Per essere il più possibile concreti, esemplifichiamo alcuni aspetti di questa efficienza.

    La logica dell'amore gratuito

    Maria con l'esito della sua vita insegna che l'amore gratuito rende. Per quanto distante da questo valore possa essere la logica del mondo di violenza in cui viviamo, per quanto aspro sia l'essergli fedeli in un contesto così opposto, e malgrado tutte le apparenze di sconfitta, l'amore gratuito ha veramente l'ultima parola. Vale la pena vivere, e vivere così. Maria lo dimostra ed aiuta a farlo.
    Nella crescita dell'amore gratuito la strada è costantemente aperta dalla forza di Dio. Tale forza agisce in modo diverso da quello che ci attendiamo, ossia in modo non miracolistico, ma esiste veramente e sostenta realmente. C'è una speranza che garantisce il futuro senza abolirlo come futuro. A questa speranza Maria si è abbandonata senza limiti. Questa speranza ella propone incessantemente con la propria vita, animando ad accoglierla.
    La forza di Dio non è speranza se non per chi l'accoglie e la rispetta, per chi non si ribella di fronte al suo stile di nascondimento e di apparente impotenza. Maria, chiamata ad avere il legame più forte con questa speranza, cioè il legame della maternità divina, è fatta degna di generarla nel Cristo, suo figlio, perché non la discute, non la critica, non tenta di ridimensionarla sul metro dei suoi giudizi ma l'accetta come è senza condizioni. Ella dice che con Dio non c'è spazio per compromessi. Ella rivela che Dio è un Padre che vuole dei figli integri, ed aiuta gli uomini a starci. Nella traiettoria storica di Maria gli unici eventi eccezionali sono i tempi forti della vita e missione di Gesù: la concezione di Gesù, la sua morte in croce, la pentecoste. Il suo destino non ha richiesto un capovolgimento della prassi consueta della sua vita, che infatti è rimasta quella di una qualunque ragazza e sposa e madre del suo tempo. Ella insegna che la riuscita nella vita non consiste nel fare cose diverse da quelle richieste dal quotidiano e dalla fedeltà alla terra, bensì nel fare queste cose in modo diverso, precisamente nel modo dell'amore gratuito, che pulisce gli occhi permettendo di vedere meglio le cose, ed anima a farle anche quando sono costose.
    L'uniformità degli eventi del destino di Maria dimostra che il suo approdo trascendente, e quindi la sua riuscita nella vita, è stato costruito lungo tutto l'arco del suo quotidiano, momento per momento, nella fedeltà agli impegni di ogni giorno qualunque fossero. La glorificazione di Maria come quella di Gesù invita a sollevare gli occhi non verso le nuvole ma verso la terra, per entrarci dentro nell'unico modo che sia veramente al riparo da ogni retorica, quello della fedeltà ai compiti del momento. Ed aiuta a farlo.
    In Maria l'amore è tutto fuorché lirismo etereo o poesia mistificatrice. La sua vita è la traduzione letterale del principio di promozione indica da Gesù ai suoi discepoli: se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo tutti ed il servo di tutti (Mc 9,35). Il suo amore è vero servizio, do totale di sé alle persone concrete accanto alle quali e per le quali de vivere: prima tra tutte Gesù, e poi i discepoli, che l'hanno come madre alla scomparsa visibile di Gesù come l'ebbe come madre Gesù. Ella ribadisce la verità della indispensabilità della comunione umana e della v come servizio di tutti. E sostenta gli uomini ad accettarla.
    Soprattutto Maria rivela con efficacia unica per la qualità eccezionale c suo rapporto a Gesù, che il giuoco decisivo dell'uomo si svolge in relazione all'accoglimento od al rifiuto di Gesù. Gesù è il vero escatos, vera realtà finale assoluta in ogni uomo, la forza che salva coloro che concedono di entrare nella loro vita e condanna, proprio in quanto perché lasciato fuori, coloro che lo rifiutano. Nulla nel mondo può cambiare se non cambia il cuore dell'uomo. Anche il cambiamento delle strutture non serve a nulla senza il cambiamento dei cuori. Ma il cuore m per la forza del Cristo accolto. Maria ripete al mondo secolare che segreto ultimo delle nuove strutture che esso dovrà inventare sta ultimamente negli uomini che ci staranno dentro, e che questi uomini saran nuovi e validi oppure corrosi e putridi in proporzione alla apertura, magari non sempre cosciente di sé ma reale, a Gesù di Nazaret. Lo ripete ed aiuta ad accettarlo.

    In Maria una proposta-vertice

    Questi sono alcuni degli aspetti del messaggio efficace di Maria. Ma quel che importa capire è che in lei queste indicazioni e queste spinte hanno una intensità unica. A ben vedere, infatti, un simile messaggio è propri di qualunque santo, anzi, in qualche misura, di qualunque credente questo mondo. La logica di Maria è la logica dei santi e dei credenti. Ella sta o cade con essi. Ma ciascuno quell'identico messaggio lo vive, lo propone pone, lo sostenta, con modalità, forme e sfumature diverse. E l'originalità di Maria sta nell'averlo e proporlo in forma vertice, la forma più profonda e quindi più parlante tra quelle di tutti i santi; e, naturalmente, secondo le modalità concrete della vita di una donna.
    Senza di lei il mondo secolare non mancherebbe di richiami efficaci e di spinte a quei valori essenziali che abbiamo già indicato, ma resterebbe privo del più grande, del più intenso, e del più manifestativo tra di essi.

    LA LOGICA DI UNA CHIESA CHE È L'IMMAGINE DI DIO

    Viste queste conclusioni, nella scia delle esigenze critiche della mentalità secolare siamo portati a chiederci, allora, se ed in quale misura la eventuale mancanza di un simile vertice potrebbe dirsi cosa grave o dannosa. Oppure, girando la domanda, se era proprio necessario che un tale vertice esistesse.
    La fede come sempre procede dai fatti, non da teorie o da principi prestabiliti. La presenza del vertice chiamato Maria non è il frutto di un postulato ma di una costatazione. Allora potremmo dire: questo vertice esiste e tanto basti. Esso è certamente una ricchezza, e ciò è sufficiente. Le questioni ipotetiche, ossia i «se» artificiali, non servono a nulla.
    Invece giudichiamo che queste domande abbiano una utilità perché crediamo che nei fatti che interessano la nostra maturazione definitiva ci stia la logica della sapienza di Dio, trascendente sì, ma sempre vera logica. Dove c'è logica ci sono motivazioni. E fare comunione col Padre è anche cogliere le ragioni della sua logica. Proviamo dunque a chiederci quali siano tali ragioni.
    A giudizio della Tradizione della Chiesa sono almeno due.
    La prima valorizza l'importanza della maternità divina di Maria senza assumerla come un assoluto isolato dal suo contesto globale. Gesù è la salvezza della umanità. Poiché tale salvezza è anzitutto un dono di Dio, egli è anzitutto concepito dallo Spirito, ossia il Figlio dall'alto. Ma non esiste salvezza senza la risposta dell'uomo. Quindi Gesù è anche il frutto dal basso, ossia il punto di approdo della lunga marcia di avvicinamento della umanità alla capacità effettiva di generare la salvezza. Tale marcia si conclude in Maria, identificata da Luca quale Figlia di Sion definitiva e vertice di Israele. Dunque Gesù è nato dalla vergine Maria perché frutto della terra, e senza Maria mancherebbe l'anello finale che corona la realizzazione della dimensione dal basso del Cristo salvatore. Occorre un vertice, cioè, perché è nel vertice che l'umanità totalizza e concretizza il suo apporto alla costituzione della salvezza.
    Tutto ciò può dirsi in questo altro modo. La Chiesa è immagine di un Dio che è creatore, e dunque è fatta di membri che hanno la vocazione della creazione. La prima creazione della Chiesa è la Chiesa stessa: opera di Dio, ella deve essere pure opera di se stessa. In conformità a queste esigenze, la Chiesa ha una preparazione di se stessa che si chiama Israele. E genera se stessa, generando il Cristo, proprio mediante un vertice, Maria, perché per la Chiesa il momento della generazione è un momento vertice.
    La seconda motivazione si fonda anch'essa sulla tematica della immagine di Dio. La Chiesa è la comunità degli assimilati al mistero di Dio. In essa si riproduce la struttura del mistero di Dio. Ma la struttura di tale miste è quella di una comunità stabilita su di un perno: Figlio e Spirito infatti provengono dal Padre e si fondano su di Lui. Allora la Chiesa assume prolunga tale struttura, a riguardo della dimensione della santità, nel riferimento dei membri della Chiesa con Maria.
    In conclusione, senza questo vertice chiamato Maria la Chiesa non sarebbe una comunità di uomini liberi, cioè di uomini veramente creatori di s giacché il suo status di comunità di salvezza sarebbe soltanto opera Dio e non anche dell'uomo. Senza questa donna, inoltre, la Chiesa n potrebbe realmente essere quel che la definisce S. Cipriano, e cioè popolo adunato nel nome (nella realtà) del Padre, del Figlio e del Spirito Santo.

    LO SPAZIO PROPRIO DI MARIA NELLA MENTE E NEL CUORE DEL CREDENTE SECOLARE

    Tutto ciò non manca di avere conseguenze rilevantissime nel rapporto concreto del credente con Maria. Supponendo che si tratti di noi, ossia di credenti di oggi che sono e si sentono secolari, nel senso spiegato questo rapporto viene a configurarsi in modo tanto originale quanto lo è Maria stessa nel contesto secolare.
    Maria deve avere nella mente e nel cuore del cristiano il posto che hanno la Chiesa ed i santi. Allora ella, come loro, non può essere concepita come l'asso nella manica dei problemi profani insolubili. Sicuramente la fedi cristiana continuerà ad alimentare un movimento spontaneo di appello a lei nei momenti difficili della vita. Questo però deve essere un appello che non pretende soluzioni miracolistiche, né le equivoca se vengono, un appello quindi che non dispensa dal fare ciò che è in proprio potere né fa puntare i pugni se al posto di una risposta ne viene un'altra. A Maria, del resto, ben più che appoggio per i problemi profani deve essere chiesto un sostentamento che sia tipico del suo ambito specifico, quello del definitivo. Il vero credente secolare le domanda non tanto la promozione nella carriera o la salute quanto piuttosto la capacità di amare come ama lei, ispirandosi in ciò proprio a lei ed ai santi, che certo non hanno atteso il nostro secolo per essere in tal senso terribilmente secolari. Maria non è una consolatrice che dispensi dai compiti laceranti della terra, bensì l'ausiliatrice che rimanda a tali compiti col proprio sostegno e la propria animazione purificatrice. Maria cambia il mondo facendolo cambiare dagli uomini secondo le tecniche proprie di ciascuno degli aspetti del mondo. Ma tutto questo bisogna che avvenga sempre nel riconoscimento della originalità di Maria quale vertice della Chiesa. Ciò implica nel credente un riflettere ed un meditare su di lei e sul suo messaggio in modo più esplicito e profondo di quello che si possa dare con qualunque altro santo. E l'intrattenere con lei un rapporto di confidenza, di amore, di ricorso e di ringraziamento più riflesso e centrale che con qualunque altro membro della Chiesa. Giacché, là ove si dà più grazia, si dà pure l'esigenza di una risposta e di un rapporto più intensi ed espliciti.

    «Nel culto alla Vergine si devono tenere in attenta considerazione anche le acquisizioni sicure e comprovate delle scienze umane, perché ciò concorrerà ad eliminare una delle cause del disagio che si avverte nel campo del culto alla Madre del Signore: il divario, cioè, tra certi suoi contenuti e le odierne concezioni antropologiche e la realtà psicosociologica, profondamente mutata, in cui gli uomini del nostro tempo vivono e operano.
    Si osserva infatti che e difficile inquadrare l'immagine della Vergine, quale risulta da certa letteratura devozionale, nelle condizioni di vita della società contemporanea e, in particolare, di quelle della donna, sia nell'ambiente domestico, dove le leggi e la evoluzione del costume, tendono giustamente a riconoscerle l'uguaglianza e la corresponsabilità con l'uomo nella direzione della vita familiare; sia nel campo politico, dove essa ha conquistato in molti paesi un potere di intervento nella cosa pubblica pari a quello dell'uomo; sia nel campo sociale, dove essa svolge la sua attività nei più svariati settori operativi, lasciando ogni giorno di più l'ambiente ristretto del focolare...
    La Chiesa, quando considera la lunga storia della pietà mariana, si rallegra costatando la continuità del fatto cultuale, ma non si lega agli schemi rappresentativi delle varie epoche culturali né alle particolari concezioni antropologiche che stanno alla loro base» (Paolo VI).

    (da «L'esortazione apostolica sul culto mariano»).


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