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    I giovani di oggi di fronte al sacro: un tentativo di tipologia religiosa



    Giancarlo Milanesi

    (NPG 1974-7/8-15)

    Seconda premessa: ricerca sull'atteggiamento dei giovani nei confronti del sacro. L'analisi di Milanesi, ben documentata nelle radici sociologiche, è largamente pastorale. E cioè tesa ad indicare agli educatori i diversi comportamenti giovanili nei confronti della religiosità (da quella istituzionale-ufficiale a quella spontanea e naturale).
    La rassegna si inquadra nella monografia come «classificazione oggettiva», di situazioni di partenza, per evitare il genericismo di sintesi e di proposte.
    Definiti «così» i giovani, ne scegliamo, come oggetto della monografia, una fascia (se ne parlerà a lungo nelle pagine che seguono) e su questa sintonizziamo il successivo discorso.

    Il tema che mi è stato affidato è molto ampio e complesso. Si impone quindi una chiarificazione preliminare circa la portata del discorso che intendiamo fare, onde evitare confusioni inopportune e controproducenti. Si impone anche una consapevole prudenza nella interpretazione dei fatti e nella valutazione delle teorie, tanto più che il nostro approccio è di tipo fenomenologico, si avvale cioè di scienze, come la sociologia e la psicologia, che si servono dell'osservazione empirica, e quest'ultima, com'è noto, è condizionata da molti limiti.

    QUALI GIOVANI E QUALE SACRO

    Una prima precisazione riguarda la definizione psico-sociologica di «giovane».

    Criteri soggettivi e obiettivi

    Non è agevole fare un discorso generico sui «giovani», perché essi non costituiscono necessariamente una «condizione» o «classe sociale» omogenea, almeno nel nostro Paese; si suddividono invece in gruppi o categorie abbastanza diversi tra di loro, caratterizzati in base ad alcuni criteri soggettivi ed obiettivi, che hanno rilevanza in rapporto agli atteggiamenti religiosi:
    1. Un primo criterio può essere quello dell'età. Gli atteggiamenti religiosi possono infatti subire delle trasformazioni anche radicali nel giro dei pochi anni che portano dall'adolescenza all'età adulta.
    2. Un secondo criterio è quello del sesso. Da molte osservazioni empiriche si ricava facilmente che le ragazze hanno atteggiamenti diversificati rispetto ai ragazzi per quanto concerne la religiosità individuale e collettiva.
    3. Un terzo criterio è l'appartenenza di classe. Non sembra escludibile una diversità di risposte religiose in soggetti appartenenti a classi diverse della struttura professionale (giovani studenti, operai, agricoltori, impiegati, ecc.) o a classi diverse della struttura socioeconomica (giovani borghesi, giovani proletari, giovani sotto-proletari). E anche importante sottolineare che questa diversità di appartenenze si concretizza in differenti modalità di socializzazione e di educazione, e quindi in differenti reazioni di fronte alle molteplici modalità del sacro.
    Mancano tuttavia sufficienti ricerche per impostare un discorso articolato, rispettoso delle sfumature proprie delle singole categorie di giovani; l'analisi che faremo sarà, dunque, da questo punto di vista, piuttosto complessiva, riservando qualche approfondimento specifico a quelle aree di interesse per le quali esistono studi validi.

    Duplice accezione di «sacro»

    Un secondo termine da precisare è quello di «sacro».
    Possiamo dire che vi sono a questo riguardo due tipi di approccio facilmente distinguibili:
    1. Il «sacro» può essere studiato con metodo sostanzialmente filosofico e teologico, e in questo caso si presenta come una realtà ontologicamente consistente, un quid «divino» (variamente inteso), come realtà radicalmente diversa, ma allo stesso tempo presente al mondo (e diverse sono le interpretazioni di questa radicale diversità e di questa presenza).
    2. Il «sacro» può essere anche studiato con metodo fenomenologico, cioè a livello dell'analisi psicologica, sociologica, storica, culturale. In questo caso non si analizza la struttura ontologica del quid divino, ma piuttosto il comportamento umano, individuale e collettivo, di fronte a quello che (forza o persona) viene riconosciuto radicalmente «diverso» dall'uomo e dal mondo.
    È questo tipo di analisi che interessa soprattutto il nostro discorso.

    Esperienza del sacro

    Prima di affrontare lo studio delle diverse modalità di atteggiamento dei giovani di fronte all'ipotesi del sacro, conviene tener presente la struttura complessa di questo comportamento umano; sembra infatti che esso sia caratterizzato da una tensione dialettica tra componenti di segno opposto e a funzione complementare.
    Una prima coppia di dimensioni dell'esperienza del sacro è data dal livello soggettivo e da quello oggettivo; nel primo si esprimono soprattutto gli atteggiamenti individuali e nel secondo quelli collettivi (istituzionali e culturali) di tale esperienza.
    Ma, ancora, a livello soggettivo si può distinguere un'intuizione pre-razionale e una sistemazione globale e totalizzante, come momenti dialettici di un atteggiamento che viene maturando lentamente e non solo lungo la dimensione temporale. In termini cristiani il primo momento può corrispondere alla fede come atto, che si caratterizza come esperienza religiosa episodica e segmentale; il secondo momento può invece realizzare il concetto della fede come abito, che tende all'integrazione abituale tra religione e vita.
    A livello oggettivo, si possono distinguere, parallelamente, due dimensioni della esperienza collettiva del sacro: il processo secondo cui l'esperienza religiosa si fa «cultura», cioè sistema normativo di credenze, valori, riti, tradizioni, usanze, e il processo secondo cui essa si fa «struttura», cioè sistema organico di rapporti tra persone (gruppi e istituzioni) aventi in comune una certa cultura religiosa.

    Alcune accentuazioni della religiosità

    Il comportamento religioso dell'uomo medio (e perciò del giovane) è abitualmente analizzabile sia a livello soggettivo sia a livello oggettivo; esso è, a un tempo, frutto di una progressiva storia religiosa individuale e riflesso delle forme culturali e istituzionali che l'esperienza religiosa è venuta elaborando in determinati contesti storici. Per questo è sempre importante riferirsi alle modalità o accentuazioni che la religiosità evidenzia nel suo complesso evolvere nel tempo e ,nello spazio.
    Se ne possono tener presenti alcune di particolare rilievo e attualità:

    - Nel modo di percepire il «divino»
    Nel modo di percepire il «divino» e il suo rapporto con l'uomo e con il mondo, si notano diverse sfumature e polarizzazioni.
    Parliamo di esperienza del sacro di tipo «sacrale» quando il divino è percepito come presenza immanente al mondo, facilmente manipolabile in un rapporto di carattere magico-superstizioso e reso strumentalmente funzionale ai singoli bisogni dell'individuo.
    Parliamo invece di un'esperienza del sacro di tipo «secolare», quando il divino è in rapporto dell'uomo in termini di trascendenza, cioè è presente in modo da non mortificarne l'autenticità e l'autonomia, ma da costituirne l'orizzonte significativo ultimo.
    Queste due forme coesistono in proporzione diversa presso persone e gruppi e si polarizzano, accentuandosi, sotto la spinta di condizioni socio-culturali diverse.

    - Nel modo di obiettivare l'esperienza religiosa
    Nel modo di obiettivare in forme culturali e istituzionali l'esperienza religiosa, si possono avere diverse sfumature strutturali: in alcuni contesti sociali i gruppi religiosi si organizzano in forme comunitarie-carismatiche, in altri in forme istituzionali-burocratiche. Spesso si verificano anche forme miste e talora si ha un rapporto dialettico, all'interno della stessa esperienza religiosa, tra le due forme-limite.

    - Nelle fasi di trasformazione
    Nelle fasi di trasformazione, il passaggio da esperienze sacrali a esperienze secolari e da strutture comunitarie-carismatiche a strutture istituzionali-burocratiche o viceversa non è automatico. Spesso, anzi, nei momenti di transizione vi sono individui e gruppi che si pongono addirittura al di fuori dello schema, negando la plausibilità di ogni forma di esperienza del sacro (ateismo o secolarismo radicale) o la necessità di una dimensione ecclesiale dell'esperienza religiosa (si hanno allora forme extra-istituzionali di esperienza del sacro, di diversa rilevanza sociale).
    Le distinzioni che abbiamo avanzato dovrebbero essere tenute presenti quando si voglia studiare la complessa fenomenologia degli atteggiamenti giovanili di fronte al sacro; essa infatti comprende sia le diverse forme individuali di esperienza religiosa sia le molteplici prese di posizione verso le forme istituzionali di essa.

    Atteggiamento religioso nei giovani d'oggi

    Su questa base proponiamo una griglia di analisi che comprende quattro diverse ipotesi di atteggiamento religioso nei giovani d'oggi (sempre con riferimento alla situazione italiana):
    a) di fronte al sacro istituzionalizzato ecclesialmente;
    b) di fronte al sacro contenuto nel messaggio cristiano;
    c) di fronte al sacro contenuto nell'ipotesi teista;
    d) di fronte al sacro radicale.
    Ci proponiamo in un secondo momento di evidenziare alcune modalità di aggancio e di dialogo con i giovani appartenenti alle diverse categorie di esperienza religiosa riferite alle ipotesi sovraesposte.

    I GIOVANI DI FRONTE AL SACRO ISTITUZZIONALIZZATO

    Non è difficile documentare una progressiva disaffezione dei giovani nei confronti dell'istituzione ecclesiale, che comporta il rifiuto della religiosità gestita e mediata da quella. In concreto tale disaffezione si manifesta come abbandono delle pratiche religiose, cui l'istituzione attribuisce importanza determinante (Messa, Sacramenti, preghiera individuale), ed anche come dubbio e critica nei confronti delle formulazioni dottrinali elaborate dalla istituzione ecclesiale (sia dogmatiche che disciplinari).
    Si può ritenere che a livello di giovani adulti tale atteggiamento sia diffuso nella maggioranza dei soggetti.
    Quali le cause del rifiuto? Ne possiamo elencare alcune:

    - Clima di secolarizzazione
    Incide anzitutto il clima generale di secolarizzazione, che comporta la crisi di credibilità dell'istituzione ecclesiale, destinata progressivamente a giocare un ruolo marginale nella complessiva dinamica sociale e a perdere di rilevanza nella struttura pluralista delle società industriali.
    Il clima di secolarizzazione si configura anche come crisi della religiosità sacrale, che molti giovani identificano con la religiosità istituzionale, benché non sempre tale identificazione sia certa e univoca.
    A rafforzare gli effetti della secolarizzazione sembrano aggiungersi oggi alcuni fatti nuovi, primo fra tutti la scoperta della politica come valore totalizzante dell'esperienza umana. Da questa scoperta segue l'opzione innovativa-rivoluzionaria e il rifiuto di soluzioni moderate e riformiste, e quindi la condanna di tutte le istituzioni e dei gruppi che di quelle si fanno sostenitori. Per molti giovani la Chiesa è tra questi.

    - Opposizione anti-istituzionale
    La disaffezione verso le forme religiose mediate dall'istituzione è stata rafforzata da una crescente e generalizzata opposizione anti-istituzionale. La contestazione giovanile degli ultimi anni ha portato alla negazione (spesso dogmatica e intransigente) di ogni istituzione, intesa come strumento di autoritarismo, verticismo, gerontocrazia, abuso di potere. Di qui l'instaurazione di un clima di estrema flessibilità nei riguardi di tutte le istituzioni e il tentativo di trovare nuove forme di vita collettiva (anche a livello di esperienza religiosa) al di fuori della secolare tradizione istituzionale.

    - Sfiducia nei valori tradizionali
    Il distacco dal sacro istituzionalizzato si può anche riferire ad una generale sfiducia nei riguardi dei valori tradizionali, di cui la religione di Chiesa costituisce agli occhi dei giovani un esempio cospicuo. La ricerca costante di nuovi modelli di comportamento, stimolata dal generale clima di sviluppo e cambio sociale, porta alla relativizzazione delle prescrizioni di comportamento gestite dalle istituzioni religiose.

    Quale sbocco?

    Il progressivo abbandono della religiosità di Chiesa non significa però in tutti i casi una scomparsa di ogni tipo di religiosità; gli esiti di questo processo di trasformazione della religiosità giovanile sono molteplici:

    - Ricerca di nuove forme di religiosità
    Il rifiuto del sacro istituzionalizzato porta alcuni giovani alla ricerca di una nuova forma di religiosità comunitaria, spesso polemicamente antitetica nei riguardi della religione di Chiesa, ma esplicitamente intenzionata a costituire all'interno della realtà ecclesiale una soluzione alternativa e innovatrice. È così implicito in questa ricerca il progetto di un nuovo tipo di sacro istituzionale, liberato dalle ipoteche della burocrazia e aperto alle esperienze carismatiche.

    - Ricerca di nuove esperienze collettive
    In altri giovani il rifiuto del sacro istituzionale porta alla ricerca di nuove esperienze collettive, fuori del solco della tradizione religiosa ecclesiale. Spesso questi nuovi gruppi si trasformano rapidamente, sostituendo agli interessi religiosi iniziali altri motivi di ricerca e di impegno (di tipo politico, culturale, sociale). Questi gruppi del dissenso religioso rischiano però di sottostare alla dinamica delle «sette» religiose, destinate a rapida scomparsa se non trovano modo di rafforzarsi anche istituzionalmente.

    - Spinta verso forme «personali» di religiosità
    In altri giovani ancora rimane, al di là del rifiuto del sacro istituzionale, la spinta verso forme «personali» di religiosità privata, ispirata nel contesto italiano o a valori evangelici, o a vaghe ideologie teiste, o più raramente a forme esoteriche (religioni asiatiche, yoga, zen, ecc.).

    - Indifferenza religiosa
    Per un'aliquota non trascurabile la crisi si risolve in un atteggiamento di indifferenza religiosa, nella quale ai vecchi modelli istituzionali o sacrali si sostituiscono i nuovi idoli, per lo più derivati dalla mitizzazione dei falsi valori della società consumistica o dalla assolutizzazione di bisogni immediati e materiali.

    - Scelta integralmente secolare
    Pochi sono i giovani che nella crisi del sacro istituzionale si orientano definitivamente verso una scelta integralmente secolare, dove l'ateismo costituisce una scelta davvero alternativa, in quanto si configura come un umanesimo ideologicamente fondato e motivato. Ma anche per questi soggetti non sembra esclusa una radicale esperienza religiosa, come andremo annotando in seguito.

    I GIOVANI DI FRONTE AL SACRO CONTENUTO NELLA PROPOSTA CRISTIANA

    Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, vi sono giovani nei quali, al di là della disaffezione verso il sacro istituzionalizzato, rimane un profondo interesse per le problematiche religiose, soprattutto (nel nostro contesto culturale) per la proposta di valori contenuta nel messaggio cristiano.
    Gli atteggiamenti verso il cristianesimo (sia pure spogliato della sua veste istituzionale cattolica) sono però molto articolati:

    - Accettazione globale del messaggio cristiano
    Un'aliquota ridotta accetta il messaggio cristiano nella sua globale esigenza anche soprannaturale. Il Cristo del Vangelo è riconosciuto sia nella sua dimensione umana piena e perfetta sia nella sua dimensione divina. Egli rappresenta il modello vivente di un progetto di integrazione tra un umanesimo maturo e una prospettiva trascendente. In altre parole, anche al di là dell'abbandono delle pratiche e delle credenze tipicamente istituzionalizzate, questi giovani conservano la convinzione che il Cristianesimo offra una possibilità di esperienza soddisfacente e profonda.
    Le forme di realizzazione di tale convinzione si orientano solitamente verso un robusto impegno di questi giovani in iniziative di carattere politico, sociale, professionale, culturale (non gestite dalla istituzione ecclesiale), cui fa da sostegno una costante ricerca di motivazioni cristiane; di qui l'elaborazione di diverse «teologie delle realtà terrestri» (teologia della liberazione, della rivoluzione, della politica, ecc.) e il bisogno di esprimere anche in modo culturale (sia pure «anomalo») la fede nei valori cristiani.

    - Accentuazione delle dimensioni «umanistiche» del messaggio cristiano
    Vi sono però altri giovani per i quali l'interesse verso la proposta cristiana si riduce alla sottolineatura o accentuazione delle dimensioni umanistiche del messaggio stesso. Accettando come storicamente rilevante la dottrina e la figura stessa di Cristo, ne ricavano soprattutto il contenuto morale, sociale, politico. Si riconosce all'esperienza secolare cristiana il valore di una grande testimonianza di fede nell'uomo, e perciò si attribuisce volentieri ai cristiani un ruolo decisivo nella lotta per la trasformazione del mondo. Ma è implicita in questa valutazione la negazione del carattere soprannaturale dell'esperienza cristiana. Perciò gli interessi esplicitamente religiosi sono assai ridotti in questa aliquota di giovani e difficilmente si concretizzano in una esperienza cultuale.

    - Atteggiamento del tutto critico
    Altri ancora si pongono di fronte alla proposta cristiana con atteggiamento molto più critico. Partendo da analisi politiche e culturali e storiche essi giudicano fallito sul piano concreto il progetto cristiano di trasformare il mondo; per essi il Cristianesimo, pur rappresentando storicamente un contributo significativo alla maturazione globale della coscienza umana. si rivela incapace di capire e perciò di risolvere i problemi dell'uomo contemporaneo.
    Molti dei giovani che rifiutano in blocco la proposta cristiana conservano tuttavia una certa disponibilità per un'ipotesi teista, che viene però coltivata a livello di esperienza strettamente privata e che incontra quindi notevoli difficoltà di sopravvivenza.
    È evidente che le incertezze di fronte alla proposta cristiana dipendono in gran parte dalla percezione (generalmente negativa) che i giovani hanno dei rapporti esistenti tra messaggio evangelico e sua realizzazione storico-istituzionale nella Chiesa. L'impressione che l'istituzione abbia tradito e svilito l'autenticità del Vangelo in una progressiva burocratizzazione e formalizzazione della sua organizzazione, della dottrina e del culto e che, contemporaneamente, abbia ceduto alle pressioni manipolatrici di una società sostanzialmente disumana e ingiusta, provoca necessariamente anche un dubbio sulla validità del messaggio.
    Solo recentemente sembra che si sia rafforzata in molti giovani la convinzione che è possibile distinguere tra messaggio e sue realizzazioni storico-istituzionali e quindi perseguire al di fuori della istituzione i valori che il messaggio propone. Quanto sia equivoca questa scelta non è qui il caso di approfondire; basterà accennare al fatto che in questa prospettiva si nega all'istituzione il diritto di rappresentare il luogo naturale dove avviene l'esperienza comunitaria dei valori cristiani, che è quanto dire che la Chiesa ha perso il suo significato di «comunità dei credenti» per assumere o mantenere solo quello di istituzione politica, economica, culturale. Se per alcuni ciò prelude ad un maggior impegno per «ricondurre» l'istituzione alle sue finalità tipicamente evangeliche, per altri rappresenta un primo passo verso forme di religiosità extra-ecclesiali che possono concludersi con una separazione definitiva.

    I GIOVANI DI FRONTE AL SACRO CONTENUTO NELL'IPOTESI TEISTA

    Abbiamo già accennato in precedenza alle difficoltà che i giovani incontrano nel riconoscere autenticità all'esperienza religiosa che si compie nell'ambito della istituzione ecclesiale o delle religioni storiche. Alcuni ne ricevono uno stimolo per ricercare nuove forme di religiosità al di fuori della tradizione. Impossibilitati ad accettare le immagini di Dio mediate da un discorso culturale, che essi ritengono non attuale, sono alla ricerca di un nuovo volto del divino.
    Non è agevole descrivere la complessa fenomenologia di questa ricerca di un sacro di marca teista al di fuori del solco della istituzione religiosa; ne elenchiamo alcuni aspetti problematici.

    - Religiosità secolarizzata
    Per alcuni giovani risulta ancora importante il bisogno di dare un fondamento assoluto ai valori e alle esperienze che si vengono scoprendo nella vita impegnata di ogni giorno. Dio risulta essere, in questa ricerca, il termine complessivo che racchiude e conclude la tensione interiore verso il Bene, la Giustizia, la Libertà, la Bellezza. Non sempre si configura come Persona, ma assolve alla funzione di assicurare un orizzonte significativo alla vita, fondato su valori trascendenti.
    Si tratta però di una religiosità chiaramente secolarizzata. Il volto del nuovo Dio, di cui questi giovani vanno scoprendo la realtà, è un volto umano; nessuna «rivelazione» soprannaturale lo può giustificare, né alcuna Chiesa ritenerlo come un'eredità esclusiva.
    Si tratta anche di una conquista strettamente personale, privata; come tale corre continuamente il rischio di svanire di fronte alle molte difficoltà quotidiane, proprio per la mancanza di un supporto comunitario di carattere esperienziale.
    È in questo senso che molti giovani affermano di sé di essere ancora «credenti in Dio», aggiungendo di avere un proprio Dio, che non coincide né con quello delle Chiese, né con quello delle diverse rivelazioni positive. La privatizzazione della religiosità giovanile è certamente un sintomo della crescente diffusione del processo di secolarizzazione, ma allo stesso tempo documenta quanto sia radicato il problema religioso nei suoi termini essenziali.
    Per scoprire le radici psicologiche, oltre che culturali, di questa persistente ricerca di trascendenza occorre certamente rifarsi alla storia individuale dei singoli soggetti, che documenta in molti casi la presenza di condizionamenti positivi nei riguardi della religiosità radicale fin dalla prima infanzia; condizionamenti che non vengono facilmente sradicati dalla crisi delle religiosità istituzionali e positive. Ma occorre tener conto che nel nostro ambiente culturale, nonostante l'avanzata secolarizzazione, il problema religioso è ancora per molte ragioni assai rilevante e stimolante.

    - Sbocchi apparentemente non religiosi
    La ricerca di un assoluto al di fuori della tradizione religiosa e culturale può anche indirizzarsi verso altri sbocchi apparentemente non religiosi: filosofie vitalistiche, parapsicologia, esperienze mistiche prodotte artificialmente (droga), forme di ascesi a sfondo volontaristico (yoga, zen e simili) possono costituire un «sostituto funzionale» delle abituali credenze e pratiche religiose.
    Queste scelte infatti sono in grado di fornire allo psichismo del soggetto quel minimo di stimolo totalizzante che ne assicura la vitalità e il funzionamento unitario, pur non raggiungendo i gradi di integrazione e di gratificazione offerti da una filosofia di vita esplicitamente religiosa.
    Abbiamo parlato di sbocchi apparentemente non religiosi; infatti si può dire che queste condotte, benché non contengano una chiara opzione teistica, si muovono nel senso della ricerca di quelle certezze assolute che corrispondono all'immagine di Dio.

    - Mete solo intermedie
    Diverso è il caso in cui le tensioni verso sbocchi trascendenti si esauriscono e si appagano in mete che si devono considerare solo intermedie, non potendo soddisfare che bisogni segmentali e immediati. Tale è il caso dei giovani che scelgono come «assoluti» lo sport, il sesso, il denaro, il successo e simili.
    Anche se psicologicamente tali mete possono conferire una certa giustificazione, è certo che non rispondono ai bisogni di «significazione ultima» che ogni giovane sperimenta quotidianamente. Si verifica quindi in questi casi una distorsione del bisogno profondo di soluzioni trascendenti, che solo una difficile opera di recupero educativo può raddrizzare.
    Lo studio delle forme extra-ecclesiali di religiosità giovanile è quasi ancora tutto da fare, anche perché non è ancora possibile usufruire di categorie esplicative originali; si tende infatti a giudicare le nuove forme di religiosità sul metro delle precedenti esperienze religiose istituzionalizzate, senza tener conto che si tratta invece di un fatto nuovo che, sebbene legato alla tradizione (almeno antiteticamente), esige una diversa comprensione.

    I GIOVANI DI FRONTE AL SACRO RADICALE

    Lo stesso problema si pone anche per l'interpretazione di certe condotte giovanili, lontanissime dalle forme religiose conosciute, che rivelano tuttavia una radicale opzione religiosa. Questa esperienza primigenia del sacro si esprime, per noi, nella fiducia verso la vita, nell'accettazione di essa come realtà impegnativa e responsabile che rivela valori non illusori e che nei suoi stessi limiti indica una strada da percorrere per diventare uomini maturi. È una fede che accetta i valori come realtà che esistono senza, prima e fuori dell'uomo singolo, come «presenze» che chiamano e condizionano. Come tale questa fede nella vita è inverificabile; è un atto integralmente gratuito, è un'opzione personale e totale.
    Su questo tipo di esperienza radicale del sacro occorre fare alcune osservazioni:

    - Condizione essenziale per le altre esperienze religiose
    Benché chiaramente del tutto secolarizzata, questa radicale esperienza della vita come valore sembra essere richiesta come condizione essenziale delle altre esperienze più esplicitamente religiose, come la fede esplicita in Dio e in Gesù Cristo. Si tratta infatti di un atteggiamento che implica anzitutto una disponibilità totale di apertura verso la realtà che ci circonda, verso l'altro, e allo stesso tempo comprende una dimensione di amore e di speranza; e sembra che senza queste componenti sia difficile parlare di esperienza religiosa.
    La psicologia della religione potrà inoltre suggerire che queste disponibilità religiose radicali vengono formate fin dalla prima infanzia nell'insieme di rapporti emotivi e affettivi che legano il bambino alle immagini materne e paterne, e quindi vengono sottoposte alle difficili verifiche dell'età successiva e condizionate dalla presenza o meno di interventi educativi facilitanti.

    - Esperienze e testimonianze dirette
    Dato il carattere assolutamente pre-razionale della scelta fiduciale nella vita, sembra che questo atteggiamento si possa formare nei giovani principalmente attraverso un'esperienza di testimonianza diretta. Essi scelgono una concezione positiva dell'esistenza solo quando sono circondati da persone che tale concezione vivono e interpretano nel modo migliore. A questo livello viene recuperato il significato decisivo della dimensione comunitaria di ogni lavoro educativo e pastorale con i giovani; in particolare viene messa in evidenza la funzione maturante della presenza di adulti equilibrati e fiduciosi nella vita. La loro testimonianza si carica infatti di un senso religioso profondo, anche se non fa ricorso esplicitamente ad una catechesi religiosa o cristiana.

    - Una esigua minoranza di giovani
    Occorre dire che questa opzione fondamentale per la vita, che è alla base di ogni opzione religiosa, viene forse realizzata consapevolmente da un'esigua minoranza di giovani. Questo spiega la crisi generale delle forme più complesse di esperienza del sacro, come l'ipotesi teista, la fede nel Cristo, la fiducia nell'istituzione ecclesiale.
    Se questa osservazione fosse davvero confermata su scala più ampia, si dovrebbe concludere che da qui si deve cominciare, metodologicamente, per arrivare ad un recupero più vasto delle capacità di fare un'esperienza religiosa, che i giovani ancora possiedono.
    Il discorso però va impostato con maggiore larghezza di premesse, proprio per la complessità educativa che esso implica.
    È mia convinzione, suffragata da letture e riflessioni, che vi sia ancora tanta parte dei nostri giovani animata da seri interessi religiosi. Non è ancora persa la capacità radicale di una lettura religiosa della vita, anche se non tutte le forme religiose si possono considerare mature e riuscite. Di qui nasce la necessità di programmare un piano articolato di interventi educativi e pastorali, adatto alle diversissime situazioni religiose delle varie categorie di giovani.


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