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    Un giovane d'oggi dice con verità i salmi della creazione?



    Bartolino Bartolini

    (NPG 1973-10-54)

    La rubrica sulla educazione dei giovani a pregare i salmi continua con queste riflessioni di ordine antropologico.
    Dopo le due «premesse» di progettazione generale, il tema entra nel vivo delle problematiche: l'antropologia dei salmi è in sintonia con l'antropologia attuale? È possibile pronunciare con verità le parole del salterio se ci si trova in presenza di una dissonanza evidente?
    Evitare l'ostacolo significa precludersi la verità della preghiera con i salmi: le labbra non possono pronunciare ciò che la persona rifiuta.
    È necessario mettere in cantiere tutta una educazione a monte, per ricreare una nuova sintonia. Anche perché - ed è la tesi di questo intervento - il rapporto uomo natura dei salmi è più prossimo alla verità dell'uomo di molte dissacrazioni attuali.

    L'UOMO E IL MONDO

    I giovani oggi crescono e vivono in una cultura scientifico-tecnica. Hanno nel sangue l'interpretazione del mondo come mondo «di qua», con un proprio sistema di leggi e una propria funzione in cui ogni fenomeno deve essere spiegato senza ricorso a Dio, come mondo posto a disposizione dell'uomo e affidato alla sua responsabilità, come mondo programmato fabbricato, modellato e preparato per l'avvenire dell'uomo, nel quale l'uomo non è uno schiavo sottomesso, passivo e dominato, ma creatore e signore.
    Spontaneamente il giovane, per l'humus culturale in cui vive, sente il mondo «non più come regno di Dio, come campo espressivo e manifestativo di Dio, bensì come campo espressivo e manifestativo dell'uomo il quale deve servirsene trasformandolo ed umanizzandolo per realizzare e umanizzare la propria esistenza» (Gevaert, Antropologia e Catechesi, LDC).
    È vero, l'uomo ha potere sulla natura. Però gestire un «potere» in modo tale che sia a servizio dell'uomo è sempre un problema: usare il potere per l'amore e la vita e non per l'egoismo privato o collettivo e per la morte è una delle cose più difficili all'uomo. E tanto maggiore è il potere, tanto più grande è la possibilità di distruzione: il dramma ecologico ne è una testimonianza. L'industrializzazione è fonte di un progressivo inquinamento in molta parte irreversibile: sostanze inquinanti non degradabili e non distruggibili per la loro composizione chimica particolarmente stabile, sono oggi presenti nell'atmosfera, nel terreno, nelle acque... Siamo forse incamminati verso un suicidio ecologico? Non è possibile oggi muoversi nel mondo senza incontrare insieme i segni della grandezza dell'uomo e della sua malvagità.
    Non c'è potere senza responsabilità. Se l'uomo ha potere sulla natura è responsabile della natura. Non è un peso troppo grande per le sue spalle? Perciò accanto all'atteggiamento di dominio e di responsabilità, in questi ultimi tempi ce n'è un altro di fatalismo che si manifesta nella rinascita dell'astrologia, della magia, della superstizione. Le pubblicazioni su questi argomenti ormai non si contano più: vi sono riviste specializzate, altre hanno una rubrica fissa. C'è sotto certamente una gonfiatura commerciale. Ma non solo. Psicologi e sociologi stanno chiedendosi perché nella nostra civiltà disincantata e tecnica rifioriscono fenomeni che sembravano archiviati per sempre.
    Nessuno di questi tre atteggiamenti, se non sono purificati e superati, possono essere una premessa alla «lettura» dei salmi.

    L'UOMO COME VIA A DIO

    Questa nuova sensibilità fa sì che oggi per il giovane la via per giungere a Dio è forse quella che parte dai rapporti intersoggettivi. La visione scientifico-tecnica ha desacralizzato il mondo non solo liberandolo dal sacro inautentico-immanente e magico, ma anche rendendo difficile la «percezione» del sacro autentico e facendo rinascere nuove forme magiche.
    Sicché il mondo resta parola di Dio in sé, ma di fatto non è più «facilmente» parola di Dio per l'uomo moderno secolarizzato. Allora non va scelta la via «etica» del rapporto intersoggettivo per incontrare Dio? Penso che se si proponessero a giovani credenti i due testi seguenti, essi si sentirebbero espressi più dal secondo che dal primo, quantunque siano veri entrambi.
    - «La migliore preparazione all'incontro con Dio è il contatto con la grandezza delle cose, col silenzio solenne della notte, con lo splendore del giorno. Le creature per sé non realizzano una nostra comunione con Dio, ma fanno l'anima attenta, la preparano all'incontro divino, la introducono alla divina presenza» (D. Barsotti).
    - «Per l'uomo moderno la traccia per arrivare a Dio è la natura etica dell'uomo, ossia del rapporto che si produce nell'epifania dell'altro, cioè nella comparsa dell'altro come di qualcuno che si rivolge a me, che interpella la mia libertà, che sollecita la mia bontà a suo riguardo.
    Ogni persona, chiunque essa sia, conosciuta o ignota, avanza verso di me come uno straniero che viene da lontano paese e che nella sua nudità, chiede di essere accolto nella mia casa.
    Ora c'è in questo incontro come un'asimmetria morale e metafisica: io posso dare la mia vita per lui, ma non posso esigere che egli offra la sua vita per me. Tutto accade come se nella comparsa del suo aspetto io fossi interpellato dall'altro: la mia libertà e la mia autonomia sono messe in discussione.
    L'altro, benché sia un mio simile, mi richiama alla responsabilità, come se fosse investito dell'autorità e della potenza dell'Altissimo.
    Attraverso il volto visibile dell'altro, mi trovo per dire così davanti al volto dell'Altro, del Trascendente invisibile e sono giudicato da lui. Nella bontà nei confronti del prossimo si compie la vera conoscenza e il vero riconoscimento di Dio. È questo il significato ultimo della proibizione biblica di fabbricare delle immagini di Dio.
    La vera traccia che ci lascia la visitazione di Dio è il volto dell'uomo che attraverso la sua nudità si rivolge alla nostra generosità. Non può esistere alcuna conoscenza di Dio separata dalla relazione con gli uomini».
    (Il testo è di A. Dondeyne; egli riassume in esso il pensiero del filosofo Levinas in «Ateismo e secolarizzazione»).

    VERITÀ DELL'UOMO NEL RAPPORTO VERO CON IL MONDO

    Il giovane sente oggi il suo rapporto con la natura in termini di dominio tecnico-scientifico, di utilità e, in alcuni casi, di magia; sente il mare e la montagna come un bene di consumo. Il credente vive il suo rapporto con Dio più facilmente all'interno dei rapporti umani. L'educatore dovrà assecondare questo suo modo di rapportarsi alla natura e a Dio oppure dovrà aiutarlo ad una visione più completa?
    L'uomo vive, respira e cresce unicamente nella verità. Ora è vero che le cose non sono semplici materiali per il nostro lavoro, sono insieme linguaggio, sono segni che rimandano al di là di se stessi, che rimandano ad un mistero.
    Le cose non sono «conosciute» solo per il fatto che si è conosciuta la loro costituzione fisica, giacché così sfuggirebbe anche tutta una dimensione della loro realtà: la loro trasparenza alla potenza creatrice di Dio, dalla quale hanno origine e alla quale vogliono condurre.
    La comprensione simbolica del mondo non nega affatto la realtà terrena delle cose, ma rimanda ad un contenuto che rimane inaccessibile all'analisi chimica e che tuttavia non cessa di essere reale. Rimanda alla dimensione dell'eterno che si renda visibile e presente attraverso ciò che è nel tempo.
    Questa lettura in trasparenza non ci introduce solamente nella «verità» delle cose, ma dice qualcosa di decisivo sulla verità dell'uomo. Se le cose non sono solo oggetti di manipolazione, così anche l'uomo non è solo «faber». È nell'atto di leggere in profondità e in trasparenza la realtà immediata fino a scoprirne il fondamento originario ed eterno che l'uomo sperimenta la sua più vera e completa identità: di essere «chiamato da Dio e a Dio». Sicché l'uomo a cui manca questo rapporto gratuito con la natura, questa capacità di lettura in trasparenza, è un essere mutilato.

    ALLA SCUOLA DELL'UOMO DEI SALMI

    Ma come aiutare il giovane della tecnopoli secolare ad imparare questo nuovo modo di leggere e di rapportarsi alla natura? Non essendo oggi spontaneo e immediato sarà frutto della riflessione e della volontà. All'inizio costerà anche fatica. Forse come prima cosa si dovranno curare delle «esperienze nuove» della natura. Esperienze di contemplazione gratuita. Oggi molti giovani, anche di città, hanno dei periodi di contatto con la natura, però solo in atteggiamento di consumo. Sciare, fare un bagno, prendere il sole, sono cose belle: la natura è anche per questo, ma non solo per questo.
    L'esperienza di contemplazione della natura è descritta da Carlo Carretto:
    «Basta una linea orizzontale, un po' di cielo in alto e un po' di sabbia in basso. E tu seduto là sopra a guardare, guardare, guardare» (Al di là delle cose, Assisi 1970, pagg. 22-29).
    Ma oltre a questa esperienza diretta è molto utile farsi discepoli dei grandi uomini che hanno vissuto ed espresso questa esperienza di comunione con Dio attraverso la natura. L'uomo del 2000 ha molto da imparare dai suoi antichi antenati sulla verità di se stesso e delle cose.
    Da questo punto di vista, per rieducarci alla lettura in trasparenza del mondo, i salmi di contemplazione della natura sono un passaggio obbligato.

    SUGGERIMENTI CONCRETI PER LEGGERE I SALMI DELLA NATURA

    Ma come farlo in concreto?
    C'è un lavoro previo e questo sarà proprio dell'animatore. Egli dovrà prepararsi seriamente per proporre in modo sintetico una lettura storico-esegetica del salmo per renderlo intelligibile nelle sue espressioni. A questo livello sarà importante presentare l'immagine del mondo che sottostà ai salmi. Per i giovani però questo momento non è sufficiente. Ci sembra necessario usare altri mezzi per far diventare i salmi espressione di gruppo.
    Qui diamo alcune indicazioni pratiche con qualche esempio per stimolare la creatività dell'animatore e dei giovani.

    - Inserire un salmo nel contesto biblico con una celebrazione della Parola. Il giovane scoprirà facilmente il salmo come trasposizione lirica «pregata» di un «avvenimento» della storia della salvezza.
    Leggere, ad esempio, il primo capitolo della Genesi nella creazione, e poi il salmo 8.
    Nella Genesi la natura viene distinta da Dio e l'uomo dalla natura. Il sole e la luna divengono «creazioni» di Dio, sospesi nel cielo ad illuminare il mondo per l'uomo: non sono né dèi né esseri semidivini.
    Le stelle non esercitano alcuna influenza sulla vita dell'uomo: anch'esse sono fatte da Dio. Nessuno dei corpi celesti o terrestri può rivendicare alcun diritto alla venerazione o al culto.
    Parimenti nella Genesi l'uomo è sì nella natura, ma è distinto da essa, la trascende. La natura non gli è congiunta da legami di parentela, né è il suo Dio, e pertanto non gli offre salvezza.
    Subito dopo la creazione, all'uomo è affidata la responsabilità decisiva di dare un nome agli animali: egli è il loro signore e dominatore; suo compito è soggiogare la terra.
    Questa visione la troviamo espressa liricamente nel salmo 8. L'uomo che lascia penetrare profondamente in sé l'anima di questo salmo, ne viene plasmato e lentamente acquista un nuovo modo di «situarsi» di fronte al mondo e a Dio.
    Un altro esempio: leggere i primi tre capitoli del Genesi e poi il salmo 103. Come nota Divo Barsotti:
    «Il salmo 103, di fatto, canta con un meraviglioso splendore di immagini e stupenda ricchezza di poesia, l'opera della creazione. Più schematico, il primo capitolo della Genesi aveva celebrato l'azione creatrice di Dio che aveva tratto dal nulla l'universo e aveva compiuto l'opera sua con la creazione dell'uomo, re del creato. Così l'aveva visto il salmista anzi, all'inizio del Salterio (salmo 8). Poi il peccato dell'uomo, l'esperienza del male sembravano aver cancellato perfino il ricordo di questa grandezza e la bellezza della creazione. E la terra era stata maledetta, e la terra non produceva più che spine e triboli (Gen 3,18).
    Ora tutto risorge. Il Regno di Dio si realizza nella creazione intera invasa dalla gloria, e la creazione è il regno stesso dell'uomo. Egli, nella luce del giorno, procede all'opera sua, continuando l'opera stessa di Dio.
    La presenza di Dio, al contrario di cancellare la presenza dell'uomo, pone l'uomo al centro dell'universo. L'uomo e Dio non stanno di fronte, non vi è opposizione fra loro. Sembra che soprattutto nell'uomo, al contrario, si riveli la potenza e la gloria. Gli animali sono a servizio dell'uomo, i frutti della terra sono per lui. Ma la generosità di Dio trabocca su tutto, a tutto dà vita, dà gioia. Al contrario di essere motivo di spavento e di raccapriccio, perfino il Leviatan è elemento di un gioco divino» (Divo Barsotti, Introduzione ai salmi, Brescia 1972).

    - Confronto per opposizione fra un salmo e un testo moderno.

    A. Confrontare, ad esempio, il salmo 8 con il testo che segue di Jean Rostand.
    La visione della realtà contenuta nei due testi è veramente opposta. Nell'uno c'è uno sguardo freddo e lucido sul «non senso» dell'uomo e del mondo. Un uomo ed un mondo «disabitato da Dio». Un senso di angoscia e di disperazione, derivanti da una esistenza votata «fin da principio allo scacco e alla tenebra infinita». Nel salmo 8 invece, si respira la sicurezza che nasce dal senso di tutto.
    Un uomo in comunione con tutta la realtà, immerso in un mondo che «parla» di Dio e del suo amore. Un uomo «signore» e sacerdote del creato.
    Opposizione più forte non è possibile: siamo al sì e al no. Nel confronto la novità del salmo emerge immediatamente: è un invito a scegliere fra le due letture della realtà. Fatta la scelta il salmo diventa una professione di fede, l'espressione verbale e lirica del proprio atteggiamento di fronte al mondo, a Dio ed a se stesso.

    La specie umana passerà,
    come sono passati
    i dinosauri e gli stegocefali.
    Poco a poco,
    la piccola stella che ci serve da sole
    perderà la luce e il suo calore.
    Ogni vita allora
    sarà cessata sulla terra che,
    astro inutile,
    continuerà a volgersi senza fine
    negli spazi senza confini.
    Allora ogni civiltà
    umana e sovrumana,
    scoperte,
    filosofie,
    ideali,
    religioni,
    nulla sussisterà.
    Di noi non resterà nemmeno
    ciò che resta dell'uomo di Neanderthal,
    di cui almeno alcuni fossili
    hanno trovato asilo
    nei musei del suo successore.
    In questo minuscolo angolo dell'universo
    sarà annullato per sempre
    la strana avventura del protoplasma,
    avventura
    che già forse si è compiuta in altri mondi,
    avventura
    che su altri mondi forse si rinnoverà.
    Dovunque
    sostenuta dalle stesse illusioni,
    creatrice degli stessi tormenti,
    dovunque
    altrettanto assurda,
    altrettanto vana,
    altrettanto necessariamente orientata,
    fin dal principio,
    allo scacco finale
    e alla tenebra infinita. (Jean Rostand)

    O Signore, nostro Dio,
    come è grande il tuo nome su tutta la terra!
    La tua grandezza oltre i cieli è cantata
    dalla bocca di bambini e lattanti;
    contro i nemici con forza l'hai fondata
    per domare avversari e ribelli.
    Guardo il cielo, opera delle tue dita,
    la luna e le stelle che hai fissato:
    che cosa è l'uomo, che di lui ti ricordi?
    un figlio d'uomo, che lo vuoi visitare?
    L'hai fatto poco meno di un dio,
    coronato di gloria e di onore,
    padrone delle opere delle tue mani,
    e tutto hai messo sotto i suoi piedi.
    E tutte le greggi e gli armenti
    e gli stessi animali della steppa,
    uccelli dell'aria e pesci del mare,
    ciò che percorre i sentieri dei mari.
    O Signore, nostro Dio,
    come è grande il tuo nome su tutta la terra! (Salmo 8)

    B. Oggi, come abbiamo detto sopra, assistiamo al fenomeno della ripresa dell'astrologia.
    Scegliere su qualche rivista lettere di giovani sull'argomento, oppure testi pubblicitari, e accostarli, ad esempio, al salmo 148 o al cantico delle creature di Daniele.
    In questi troviamo un rapporto «libero» e liberante con gli astri del cielo e con gli esseri della terra; un uomo «pacificato» che conosce il suo posto nella realtà, la cui vita ha un senso ed una sicurezza. Un uomo libero e responsabile. Ben diverso è il modello di umanità che traspare da testi come i seguenti, da questa lettera e dalla risposta.
    Toro Ascendente Toro. Gli astri mi vogliono male? Sono stata piantata per la seconda volta dal mio ragazzo Cancro. Il mio fallimento è completo. Ho deciso di andare all'Università di Lingue. È una scelta adatta al mio carattere? (Manuela).
    Gli astri non vogliono male a nessuno: ci mancherebbe altro! Stai solo subendo il transito di Saturno sul tuo Giove di nascita, nonché su Venere. Di qui lo spreco di energia affettiva e le delusioni sentimentali. È solo una fase (che subiamo tutti) strettamente legata alla tua età, il cui risultato deve essere una maturazione psichica. Il Cancro, terribilmente egoista come molti nati in quel segno, merita il tuo distacco. Senza molti rimpianti. Per quel che riguarda gli studi, vedo più adatta al Toro una professione che permetta maggior prestigio. Potrebbe essere medicina, giurisprudenza o architettura. Auguri.
    Oppure da queste pubblicità di amuleti:
    * La rana è sacra per l'amicizia
    Le rane d'oro o d'argento sono divertenti amuleti per ottenere amore e amicizia. Già in Egitto la rana era ritenuta un animale sacro, poiché rappresentava la metamorfosi. Anche a Roma essa ebbe i suoi «adoratori»: Plinio, per esempio tramanda che un gioiello a forma di rana aiuta nel mantenere gli affetti più cari.
    * Il gatto difende la tua libertà
    Il gatto era ritenuto sacro nell'antico Egitto, come simbolo della libertà individuale. E ancora oggi «porta buono» ospitare un micio in casa. Chi ha problemi «di alloggio» può ripiegare su un pupazzo raffigurante un micio.
    * Un serpente attorno al braccio
    Il serpente, animale sacro in antichità, e ce lo dimostrano gli affreschi, protegge da ogni genere di fastidi. Sarebbe quindi auspicabile che le ragazze portassero sul braccio un amuleto d'oro o d'argento a forma di serpente.
    - Confronto «per complementarietà» con testi poetici. I salmi sono poesia, una poesia tutta speciale.
    Ora ci sembra che un mezzo non trascurabile per percepire la «novità» dei salmi è metterli a confronto con altri testi poetici contemporanei. Abbiamo detto «confronto per complementarietà» perché fra il modo con cui i salmi «leggono» la natura e il modo con cui la leggono molti poeti contemporanei non c'è spesso opposizione ma complementarietà. Non sarà difficile trovare nei nostri grandi lirici come Leopardi, Foscolo Pascoli... fino ai contemporanei Ungaretti, Cardarelli, Montale, Quasimodo... delle poesie conosciute dai giovani per metterle a confronto con alcuni salmi sulla creazione.

    COME RECITARE I SALMI Dl CONTEMPLAZIONE DEL CREATO?

    I salmi possono essere recitati «dal di fuori», senza intima partecipazione e comprensione. Far diventare vere nelle nostre labbra le parole dei salmi è un cammino lento. È necessario che nascano da «atteggiamenti» profondi.
    - L'uomo deve sentirsi «signore» della natura. Ma egli deve prenderne possesso, assoggettarla, secondo l'indicazione della Genesi, per poterla offrire a Dio che è il termine diretto. L'uomo non ascende solo a Dio, ma deve portare nella sua ascesa tutta la creazione. L'uomo è re del creato per essere il sacerdote del creato. Il primo atteggiamento profondo nel dire i salmi della natura (creazione) è l'offerta.
    - L'uomo deve sentirsi «voce» del creato. Tutti i salmi cantano il rapporto dell'uomo con Dio, ma quelli della creazione vedono realizzarsi questo rapporto in un mondo che è insieme rivelazione di Dio e regno dell'uomo. La funzione dell'uomo, quindi, è quella di leggere questa parola di Dio, di pronunciarla, di rispondere.
    Dio parla attraverso le cose e sono le creature tutte che parlano e rispondono a Dio attraverso l'uomo. Egli è veramente la voce dell'universo.
    Nel salmo 148 l'uomo invita, chiama tutte le creature del cielo, della terra, del mare a lodare Dio, o meglio è l'uomo stesso che presta la sua voce a questa lode universale in cui trova significato e compimento la creazione intera. È l'uomo che con la sua parola dà significato alle creature tutte.
    - L'uomo recitando i salmi della creazione deve avere un atteggiamento ecumenico.
    L'umanità nella sua storia passa attraverso tre grandi economie religiose che dipendono dal progresso di una rivelazione che ha il suo compimento in Cristo. La rivelazione è unica, ma progressiva. Prima Dio si rivela nella creazione; poi, avvicinandosi all'uomo, si rivela nella storia, nella elezione di un popolo e nella parola di una promessa e di un'alleanza. Infine si rivela definitivamente in Gesù Cristo. I tre momenti sono successivi ed insieme contemporanei: l'uno non annulla l'altro, lo porta a pienezza.
    Ora il cristiano che prega un salmo della creazione si unisce a tutti gli uomini di buona volontà di tutti i tempi.


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