Attesi dal suo amore
    Proposta pastorale 2024-25 

    MGS 24 triennio

    Materiali di approfondimento


    Letti 
    & apprezzati


    Il numero di NPG
    luglio-agosto 2024
    600 cop 2024 2


    Il numero di NPG
    speciale sussidio 2024
    600 cop 2024 2


    Newsletter
    luglio-agosto 2024
    LUGLIO AGOSTO 2024


    Newsletter
    SPECIALE 2024
    SPECIALE SUSSIDIO 2024


    P. Pino Puglisi
    e NPG
    PPP e NPG


    Pensieri, parole
    ed emozioni


    Post it

    • On line il numero di LUGLIO-AGOSTO di NPG sul tema degli IRC, e quello SPECIALE con gli approfondimenti della proposta pastorale.  E qui le corrispondenti NEWSLETTER: luglio-agostospeciale.
    • Attivate nel sito (colonna di destra "Terza paginA") varie nuove rubriche per il 2024.
    • Linkati tutti i DOSSIER del 2020 col corrispettivo PDF.
    • Messa on line l'ANNATA 2020: 118 articoli usufruibili per la lettura, lo studio, la pratica, la diffusione (citando gentilmente la fonte).
    • Due nuove rubriche on line: RECENSIONI E SEGNALAZIONI. I libri recenti più interessanti e utili per l'operatore pastorale, e PENSIERI, PAROLE

    Le ANNATE di NPG 
    1967-2024 


    I DOSSIER di NPG 
    (dall'ultimo ai primi) 


    Le RUBRICHE NPG 
    (in ordine alfabetico
    e cronologico)
     


    Gli AUTORI di NPG
    ieri e oggi


    Gli EDITORIALI NPG 
    1967-2024 


    VOCI TEMATICHE 
    di NPG
    (in ordine alfabetico) 


    I LIBRI di NPG 
    Giovani e ragazzi,
    educazione, pastorale

     


    I SEMPREVERDI
    I migliori DOSSIER NPG
    fino al 2000 


    Animazione,
    animatori, sussidi


    Un giorno di maggio 
    La canzone del sito
    Margherita Pirri 


    WEB TV


    NPG Facebook

    x 2024 400


    NPG X

    x 2024 400



    Note di pastorale giovanile
    via Giacomo Costamagna 6
    00181 Roma

    Telefono
    06 4940442

    Email

    Mai Eucarestia senza politica e mai politica senza Eucarestia



    Giancarlo Negri

    (NPG 1972-01-02)

    Nell'annata scorsa, a molti livelli, abbiamo posto le premesse fondanti un impegno politico giovanile. Il progetto editoriale 1972 prevede la continuazione del discorso, soprattutto in termini concreti. Vogliamo rispondere alla domanda, spontanea in molti operatori pastorali: «D'accordo con l'educazione all'impegno politico. Ma che fare, in termini spiccioli?».
    La crisi di molti gruppi giovanili sta proprio qui: nel dilemma, strascinato fino alla esasperazione, tra gesti quotidiani e grosse motivazioni.
    Se i «gesti» non sono direttamente ancorati alle motivazioni, se la fede, la carità e la speranza non sono avvertite immediatamente coinvolte nelle singole azioni... presto la «motivazione» praticamente inefficace viene emarginata di fatto. La fede è rigettata nel bagaglio degli elementi puramente privati, o, peggio, tra i valori che non contano. Ma senza motivazioni non si può agire, se si vuole agire «da uomini». Per cui, il campo sgomberato viene presto colmato di «altre» motivazioni.
    Sull'altro versante, incombe lo stesso rischio. Le parole grosse, non tradotte in azioni, non incantano più i giovani. L'azione è la verifica della riflessione, della «parola». Contenuti e valori non immediatamente tradotti nel ritmo quotidiano sono reputati inutili, dannosi e quindi rifiutati. «Parlare di fede senza sporcarsi le mani» è stato il punto che ha fatto saltare un sacco di gruppi, impegnatissimi sul fronte cattolico fino a quando non esistevano alternative interessanti altrove. «L'azione per l'azione» di molti altri gruppi sta producendo una lenta ma inevitabile autodistruzione.
    L'analisi condotta da Milanesi sul libro di Rusconi-Saraceno (cf 1971/12) ci ha fatto toccare con mano un altro pericolo, più grave perché meno avvertito superficialmente. La scoperta della «politica» ha segnato la morte di molti gruppi cattolici. I giovani si sono sentiti al centro del conflitto tra religione-di-chiesa, utilizzata spesso come sistema di legittimazione dell'attuale «ordine costituito» così spesso simile al... disordine, e necessità di «lavorare» per cambiare il sistema sociale vigente. Cambiare la società, per molti di essi, significa scontrarsi con la religione istituzionale: o si accettava lo status quo per non rompere con la religione, o si rompeva con la religione per cambiare il sistema.
    Il dilemma può avere una via di uscita.
    Ma va trovata. Prima che sia troppo tardi.
    Queste riflessioni ci permettono di inquadrare il progetto editoriale in corso di realizzazione.
    * La rivista desidera presentare «esperienze» concrete di azione politica, desumendole dalla realtà vissuta e dalle urgenze più assillanti.
    All'interno delle esperienze, soprattutto con un lavoro in sede di redazione, si cercherà di sottolineare il collegamento con le annotazioni teoriche suggerite nei molti articoli precedenti.
    Lo stile è quello utilizzato per la presentazione del «doposcuola» (cf 1971/12). Tutto ciò per ancorare gesti e motivazioni.
    * In parallelo vogliamo portare avanti il discorso di collegamento tra fede (nella accezione più densa e quotidiana del termine: «eucaristia» dice l'articolo di G. Negri) e impegno politico. Per avanzare ipotesi di soluzione (sono «proposte» per gli operatori pastorali: essi se ne faranno «mediatori» nel colloquio con i giovani) del dilemma «politica o fede?», denunciato da Rusconi-Saraceno. Da qui una serie di articoli di ordine soprattutto metodologico. Questo di Negri apre la rassegna.
    Se vogliamo fare un servizio serio, non possiamo che procedere sull'accordo dei lettori. Attendiamo quindi pareri e suggerimenti, esperienze e realizzazioni.

    UNA FORMULA PER LA PERSEVERANZA DEI GRUPPI

    Scoraggiamenti e perplessità

    Partiamo da fatti concreti e vissuti: i gruppi in genere non durano. Partono con un certo entusiasmo e poi in poco tempo muoiono. Facciamo una diagnosi più precisa e utile di questo fenomeno:
    * i gruppi muoiono per mancato funzionamento delle leggi vitali del gruppo (leadership, obbiettivi adatti, progressività, coesione affettiva, motivazione approfondita);
    * i gruppi muoiono per mancanza di spazio vitale (strutture e regolamenti che assorbono troppo; mancata integrazione tra gruppi singoli e comunità nel suo insieme);
    * i gruppi muoiono per mancato intergruppo o scambio di valori, d'interessi e critiche con gruppi analoghi, interni ed esterni;
    * i gruppi muoiono per mancata padronanza dello stile di animatore;
    * i gruppi muoiono per sovraccarico di ruoli nei singoli appartenenti (impegni in vari settori; non aiuto a riorganizzarsi la vita; mancate tecniche di ripresa dalle fatiche e dal logorio);
    * i gruppi muoiono per insufficiente persistenza degli animatori e insieme per insufficiente rotazione dei leaders;
    * i gruppi muoiono per mancato funzionamento del dialogo interpersonale e collettivo, che è motore centrale del meccanismo;
    ma soprattutto
    * i gruppi muoiono per mancanza di incarnazione nella realtà locale, cioè per mancanza di impegno politico, maturato nella eucaristia (su questo aspetto facciamo una diagnosi più approfondita).
    Come si reagisce davanti alla verifica della stentata vita dei gruppi? Alcuni ritornano alle strutture tradizionali, ma ciò è contro natura, perché i giovani vivono in tempi e ambienti sempre più nuovi rispetto al passato. Altri gettano le armi, accontentandosi di tirare avanti secondo le prime idee che vengono loro in mente volta per volta. Ma è controproducente, in quanto non matura nemmeno una «forte personalità», come è richiesto fortemente dal nostro tempo (Gaudium et Spes, p. 31).
    Altri focalizzano soltanto i difetti e gli sbagli di alcuni innovatori, dimenticando quanto è giusto, valido e rispondente alle attese del mondo e della Chiesa.
    Non potremmo invece scegliere la via di riprese più solide, serie, ben costruite e intelligentemente guidate? È proprio difficile rendersi conto che dopo secoli e secoli di un sistema costantiniano non è possibile rendere solido e consistente un altro sistema educativo in pochi anni? Non si potrebbe diventare devoti di quel Don Bosco che ebbe la tenacia di ricominciare da capo sei volte tutta la sua opera quando i primi tentativi erano falliti?
    Mettiamoci insieme, quanti siamo in sintonia con questo Don Bosco e tentiamo di imboccare la stessa via, cioè riprendere da capo con più cognizione di causa, più competenza, più utilizzazione di quelle scoperte scientifiche, che lo Spirito Santo si aspetta che noi assumiamo per collaborare onestamente con Lui alla crescita delle persone umane (si veda l'ampio significato del par. 8 della Lumen Gentium).

    Focalizzazione di un punto preciso della dinamica dei gruppi

    Tra i vari meccanismi i quali, se non funzionanti, producono l'arresto della vita del gruppo, si è elencato il «mancato impegno politico, maturato nella eucaristia».
    Occorre adesso far luce più dettagliatamente su questa parte dell'organismo del gruppo.
    Partiamo ancora da fatti concreti: i gruppi che mostrano di avere più lunga vita sono quelli che ruotano su un concreto impegno sociale (terzo mondo) o politico (cioè impegno sociale ma dentro la comunità in cui si vive).
    Sorge il sospetto che questo aspetto della vita di gruppo sia essenziale e decisivo per la stessa vita del gruppo; vi sono inclusi infatti valori ovviamente funzionanti, come quello della «attività»:
    - un gruppo di sole discussioni e conferenze muore in brevissimo tempo;
    - un gruppo di sole amicizie («trovarsi insieme») si inaridisce in coppiette e gruppuscoli;
    - un gruppo di sola spiritualità (gruppi del vangelo, ecc.) si estranea facilmente.
    Anche lo scoutismo punta sulla «attività», quella del grande gioco, ma proprio perché si tratta di gioco, cioè di attività non integrate con la realtà politica e sociale del luogo, viene presto snobbato dall'ambiente e dagli stessi iniziatori (si veda la revisione in atto dappertutto dello scoutismo). Ci sono poi i sempre funzionanti gruppi sportivi, ma, se in essi la attività fortemente interessante produce un duraturo funzionamento del gruppo, la difficoltà di integrare in essa un lavoro educativo, maturante «forti personalità», è da tutti sperimentata, mentre sorge anche l'accusa di evasione dagli estremi richiami di una società che sanguina da tutte le parti.
    Ci sono infine i gruppi di apostolato, che diventano sempre più analoghi a quei giovani Testimoni di Jéova, i quali nelle stazioni italiane, armati di cartelloni illustrativi alti un metro e mezzo, richiamano la gente alla Bibbia. Sappiamo tutti come questi gruppi non hanno vita lunga, proprio per l'affiorare della inconsistenza oggi di un apostolato anacronistico e impostato in maniera disincarnata.
    Fioriscono i gruppi di catechisti, almeno relativamente, e ciò sostiene la tesi che cerchiamo di portare avanti, cioè di gruppi imperniati su attività d'impegno sociale e politico. Evidentemente anche questi gruppi possono morire affrettatamente, se le altre parti del meccanismo non funzionano, ma è un fatto che in molte chiese locali si registra un perdurare relativamente maggiore di questi gruppi rispetto ad altri.
    Le attività di impegno sociale-politico appaiono dunque come un punto decisivo, perché un gruppo funzioni solidamente, superi le crisi di crescenza (abbandono dei velleitari) e sia fecondo (normale ricambio tra vecchi e nuovi, un certo crescere del numero).
    Un esempio: un metodo di gruppo (misto, preadolescenti con alcuni giovani adulti), esperimentato in una grossa parrocchia di periferia (Vedi G. Villata, Esperienze di un gruppo parrocchiale, in Catechesi, fasc. B, luglio-agosto 1971) passò presto dai soli sottogruppi per interessi (musica, teatro, turismo, ecc.) ai sottogruppi per zona parrocchiale, integrando così solidamente la vita del gruppo con la vita locale e quotidiana.

    Ambivalenza degli impegni sociali e politici

    Ma le attività di impegno sociale-politico hanno una particolare delicatezza, cioè possono portare in breve tempo i presenti a fare le cose in nome di Carlo Marx o di Mao, non riuscendo essi a vivere questi impegni in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
    Questo è dovuto in parte alla vicinanza degli unici gruppi attivi che sono in circolazione e cioè i gruppi giovanili di impegno rivoluzionario e reazionario: da quelli extraparlamentari a quelli dei movimenti studenteschi. La vivacità di molti di questi gruppi (anche se più reclamizzata che altro), la lucidità più che chiarezza delle loro convinzioni, la più robusta formula di dinamica di gruppo, coinvolgono molto sovente i giovani cattolici, maturati ad un serio impegno in una prima esperienza di gruppi cattolici.
    Ma ci sembra che questo slittamento provenga ancor più dalla incapacità cronica della nostra catechesi di portare una «Parola che si fa carne»: le nostre parole non si fanno mai carne, cioè non si innestano, non si incarnano nel realismo della carne (vita locale, realtà storica immediata, eventi, urgenze locali, ecc.).
    Allora avvengono due mali: la carne rimane senza Parola, cioè l'impegno della vita rimane accostato ma non permeato dal lievito (eucaristia, bibbia, unione con Dio) ed allora, bisognosi ineluttabilmente d'un lievito, si finisce con l'accogliere un'altra parola lievitante; d'altra parte la Parola rimane disincarnata, non diventa come una sostanza dentro i segni efficaci della realtà carnale (vita locale, urgenze, vocazioni ed impegni locali) ed a poco a poco viene messa in soffitta, come oggetto fuori uso.

    Incarnazione reale e incarnazione illusoria

    Occorre mettere in guardia dalle formule illusorie di incarnazione, cioè quei certi impegni o buoni propositi, che si prendono alla fine di una lettura biblica o di una eucaristia o di una riconciliazione con il Padre (o sacramento della confessione). Si dichiarano «formule illusorie di incarnazione» questi propositi pratici, per il fatto di essere pratici ma non realistici: sono impegni, ma «extra viam», cioè non adeguati, non rispondenti al realismo delle attese, non incarnati nelle modalità reali e culturali della comunità locale, non commisurati alla problematica sperimentata quotidianamente da coloro a cui si intende far del bene: sovente queste «buone azioni» sono come dare una torta a chi ha invece urgente bisogno di un flacone di penicillina.
    La carità di questi propositi e progetti illusori manca di verità, cioè di vero incarnarsi, e questo avviene nel linguaggio usato nelle riflessioni, nel modo di intendere i passi biblici, leggendoli senza tener conto dell'incarnazione. E ciò avviene perché quando usiamo a proposito di Gesù i termini «uomo», «natura umana», «farsi uomo», ecc., ci limitiamo alla umanità filosoficamente intesa (natura umana), quindi distinta dalla storia umana, dal realismo esistenziale dell'uomo fenomenico, dai fatti umani reali.
    Prova di questo: quanti i catechisti, insegnanti di religione, teologi che parlano dell'umanità, del farsi uomo di Cristo, dell'incarnazione, non sentono il bisogno di prendere in mano le descrizioni dell'uomo storico, fenomenico, esistente in concreta realtà di eventi e di cronaca, cioè non prendono abitualmente in mano i giornali ed i libri di antropologia positiva e sperimentale (psicologia, sociologia, antropologia culturale, ecc.) e come parlano di umanità in astratto, così descrivono Gesù Cristo uomo in astratto, progettano un regno di Dio astrattamente umano.
    Invece, come precisò il Concilio di Calcedonia, Gesù Cristo si fa uomo non solo ontologicamente, ma storicamente, diventando protagonista personale degli stessi eventi storici in cui sono implicati gli uomini concreti: gli ebrei in Egitto, poi gli ebrei esiliati in Babilonia, poi gli ebrei sottoposti al censimento di Cesare Augusto...
    La teologia razionalistica di due secoli ci rende quasi antipatico questo parlare dell'incarnazione in termini realisticamente storici e questo cercar di capire l'incarnazione non solo con la Bibbia ma coinvolgendo i giornali, che indicano eventi reali umani, le descrizioni positive dell'umanità storica, concreta, esistente nei suoi eventi. Eppure Gesù Cristo è capo di «questa» umanità, quindi è protagonista personale degli eventi quotidiani della gente quotidiana: «Cristo può essere accolto - ci ricordano i vescovi italiani uniti insieme - se è presentato come evento salvifico presente nelle vicende quotidiane degli uomini» (Doc. Base par. 55). Basta con le «applicazioni morali» alla vita, dobbiamo concludere! Se Gesù Cristo è già presente e come evento salvifico nelle umane vicende quotidiane, non si tratta di applicare dottrine, ma si tratta di unirsi a Cristo là dove è presente ed attivo e collaborare con lui perché l'evento si realizzi con la Salvezza e non contro o senza.

    Se la chiesa non è locale non è chiesa

    Conoscevamo le «note» della vera chiesa: una, santa, cattolica ecc., ora proprio in esplicitazione di quell'aggettivo «cattolica», occorre porre l'aggettivo «locale», cioè dovunque incarnata, «presente come evento salvifico dentro le vicende quotidiane degli abitanti di quel luogo preciso e storico».
    La messa in luce della chiesa in quanto locale deriva dal progresso nel capire il realismo storico-biblico del farsi uomo di Dio. Questo diventare uomo, questo entrare da protagonista storico nell'umanità storica, si realizza dentro e attraverso il diventare «locale» della chiesa.
    Se non fa chiesa locale, la gente di chiesa si illude di fare la vera chiesa di Cristo, poiché questa gente, questi discepoli di Cristo non si incarnano come Cristo, non prendono la carne, cioè l'insieme degli eventi storici, dei coabitanti in un certo luogo.
    La costituzione conciliare Gaudium et Spes insiste parecchie volte su questo punto, a cominciare dalla famosa equivalenza dell'inizio:
    * «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi... sono le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo...»
    * (la chiesa) «si sente intimamente e realmente solidale con il genere umano e con la sua storia» (par. 1)
    * «il mondo che (il concilio) ha presente è perciò quello degli uomini, ossia l'intera famiglia umana nel contesto di tutte quelle realtà entro le quali essa vive» (par. 2)
    * (la Chiesa) «cammina con l'umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena» (par. 40).
    Ora da questa incarnazione procede tutto il nostro discorso sugli impegni sociali «politici».
    L'aggettivo «politico», qui sottolineato, significa una incarnazione realistica nella «polis», cioè un prendere carne nella realtà storica degli uomini circostanti, quella stessa loro carne che è intessuta delle loro esperienze, del loro linguaggio, del loro modo di sentire i problemi umani, delle urgenze locali, dei tentativi locali di venirne fuori, degli schemi di comportamento comuni per risolvere il problema del pane quotidiano e dello stare a galla nella marea dei problemi. La «polis» è il concretizzarsi preciso dell'umanità vivente, in un certo tempo e luogo, con maniere e modi particolari. In riferimento a queste realtà è lo stesso dire «la chiesa diventa locale» oppure: «la chiesa diventa politica».
    Ma come la mettiamo con il discorso tradizionale: «la chiesa non faccia politica»?
    È chiaro che bisogna fare precise e concrete distinzioni. C'è il gioco dei politici e c'è la realtà politica umana. Il gioco dei politici, il loro organizzarsi in partiti, in complessi rapporti di clientelato, di compromessi, di pressioni di potere è stato sempre contrapposto alla realtà politica che include il bene e il male comune, le attese comuni e l'organizzarsi comune, (e qui sono inclusi i politici), per liberarsi dal male, promuovere il bene e soddisfare le attese. Occorre solo ricordare che dicendo «bene e male comuni» si sottolinea sia l'insieme degli individui (insieme mondiale, insieme nazionale, insieme regionale, provinciale, comunale, di quartiere o raggruppamento di famiglie) sia le modalità «locali» (spazio-temporali) delle condizioni di vita con attese e tentativi per uscirne di un certo insieme umano.
    Questa è umanità reale e non solo metafisica, quindi la reale incarnazione la prende su di sé: «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi... sono le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo».

    Se i gruppi non diventano chiesa locale non durano come gruppi

    Tornando ai gruppi che vivacchiano e si spengono, occorre ora essere precisi anche dal punto di vista naturale, psicologico e sociologico. In altre parole occorre dire che se i gruppi non diventano d'impegno politico-locale non durano a lungo, anche i gruppi di adolescenti.
    Il motivo è concreto: la vicenda localizzata e quotidiana di ognuno domina il suo campo di coscienza con i problemi, le notizie sensazionali, le correnti di opinione pubblica, gli stati d'animo collettivi della vita locale. Quando gli individui si radunano in gruppo, non cessano di restare figli della propria terra, intrisi della vita locale, interessati e messi in tensione da essa (problematizzati).
    Se il gruppo è alienante, morirà prima il gruppo che non il proprio appartenere alla comunità locale, ovviamente. Se invece il gruppo fa chiesa locale, allora la durata della vita locale sostiene la durata della vita del gruppo, diventato funzione, meccanismo con cui ognuno è aiutato a vivere la sua vita quotidiana, locale.
    Come si vede il ragionamento è abbastanza semplice. Si stia solo attenti a non illudersi: non basta dire a parole che si prega per i bisogni della comunità, che si pensa alla comunità locale, se poi il linguaggio, i problemi affrontati, gli aspetti del mistero di Cristo, le cose che si trattano
    nelle azioni eucaristiche non appartengono alla comunità locale, non assumono in questo senso la dimensione politica. Per essere concreti: quali sono normalmente i temi delle riunioni di gruppo?

    esempi di temi disincarnati
    * una tre sere sulla fede;
    * la libertà nel vangelo giovanneo;
    * visione cristiana del problema politico.

    esempi di riflessione disincarnata
    * un nostro concittadino e coetaneo è finito in prigione, che cosa facciamo come cristiani?
    * si diffonde la droga tra i nostri studenti...
    * c'è urgente bisogno dell'asilo...
    * c'è uno sciopero...

    Mai eucaristia senza politica, viene a questo punto da dire in risposta a coloro che criticano i temi incarnati come temi «non religiosi», mentre la chiesa si deve occupare del problema religioso.
    Ma che cosa è la religione cattolica? Quale religione si vive con il Cristo? Un grande biblista ha scritto recentemente che non si trova nella Bibbia una cristologia che non sia anche soteriologia, cioè non c'è un Gesù Cristo che dia gloria al Padre in altro modo, diverso da quello di sacrificarsi per far risorgere da morte i figli del Padre. Ora essere «religati» a questo Gesù Cristo significa collaborare con lui all'«opera del Padre», cioè «non condannare ma salvare il mondo» (Giov c. 3), cioè dar gloria al Padre dandosi da fare con la preghiera e con l'azione per ricondurre alla casa del Padre, cioè alla vita sana, serena, buona, lieta, filiale, come vuole Dio, tutti i suoi figli dispersi. In altre parole non c'è religione cristiana, non c'è eucaristia senza politica, cioè senza impegno per far tornare da morte a vita la gente e questo nel realismo della gente del luogo, del bene e male comune di qui, adesso.
    D'altra parte mai politica senza eucaristia, per il cristiano, il che ha due sensi precisi, come rivedremo:
    I) da una parte non c'è bene e male comune, locale, che non abbia una superficie ed un profondo, dove nel profondo incontriamo il bisogno reale nella gente di fondare le proprie cose in un Padre divino, siano esse amore coniugale, sport, benessere, turismo, economia;
    II) dall'altra troviamo che il passare da morte a vita, per qualsiasi uomo, si compie sempre con la nostra collaborazione, ma «in Cristo, con Cristo, per mezzo di Cristo», che è appunto la nostra pasqua, sotto tutti gli aspetti: non solo per cieli nuovi, ma anche per mondi nuovi.
    Allora se si comincia dal «passare da morte a vita» quanto alle urgenze economiche, è anche perché il buon senso e non solo s. Tommaso dice che si comincia di lì, ma non si intende affatto fermarsi all'economico, bensì già questo primo atto è convergente al centro del passaggio pasquale, in cui ogni uomo passa da morte a vita nell'insieme della sua personalità e in consapevole unione con Gesù Cristo.
    Ma tornando ai «temi» per le riunioni, si insiste nel dire che questo è punto decisivo per la vita o la morte del gruppo. Se sono argomenti «vivi nella vita locale», allora si imbocca la via della vita del gruppo, per quel ragionamento che si è detto; se sono argomenti vivi altrove, interessanti i giovani ma che li distolgono dal vivo della loro vicenda quotidiana, allora si imbocca insensibilmente la via dell'estinzione, per lo stesso ragionamento portato.

    Per essere molto pratici, ecco alcune scelte operative precise e concrete:
    * Muoversi sul terreno dei giornali locali o altri mezzi per assumere i fatti ed eventi locali che più afferrano i cuori dei giovani. Se per caso fossero distratti, basta poco per trovare il grosso filone di interessamento spontaneo per la «loro» vita.
    * Usare un linguaggio, un insieme di ritorni, allusioni, riferimenti che riguardano concretamente i vari aspetti delle vicende locali mostrando così di essere «dentro» la vita, da protagonisti e non da spettatori.
    * Avere uno schema di Revisione di vita, cioè di «commento ai fatti del giorno» che includa una superficie e un profondo centro reale, a cui si converge, coinvolgendo strada facendo gli interessi più dominanti dei giovani (libertà, amore, domani, costruttività, azione, giustizia, rivoluzione, felicità); si deve poi sempre trattare di un commento per agire, su un progetto... e non astratto.
    * Possedere un modo di rivelare i misteri di Cristo «incarnati», cioè ben innestati come modalità, come azione, come fine, come motivo con il reale esistere umano della gente del luogo («far passare da morte a vita»; vita con valori centrali e valori espressivi dei valori centrali in cui tutto ha senso e posto: corpo e anima, sport e lavoro, terra e cielo).
    * Muoversi su un piano eucaristico, cioè di azione, d'intervento «adesso, qui, per noi» comunitario (dimensione politica), con Dio protagonista, «architetto e costruttore» (Ebr. 11,10) e con noi entusiasti collaboratori: dall'impegno eucaristico all'impegno politico reale.
    Ciascuno di questi punti richiede molto spazio per esempi, indicazioni, schemi. Qualcosa si farà in questi articoli sulla conversione dei gruppi alla chiesa locale, ma è anche lavoro di ognuno, paziente e tenace, quello di mettere a punto un suo personale metodo in ciascuno dei punti indicati.

    PIANO DI CONVERSIONE DEI GRUPPI ALLO STILE DI CHIESA LOCALE

    Se dobbiamo introdurre decisamente e solidamente gli impegni politici «locali» nella vita di ogni gruppo, occorre pensarci su debitamente con un piano di certezze e di attività ben adeguato e realistico.
    Per tracciare un iter di lavoro presumibilmente adeguato, proponiamo cinque fasi di lavorazione degli animatori dei gruppi.

    Fare chiesa locale

    Questo significa una opzione di fondo, globale, che riguarda tutto: eucaristia, bibbia, letture, temi, progetti, programmazioni, stati emotivi, interessi, preoccupazioni e soprattutto teologia, che vuol dire unione e convivenza consapevole con Gesù Cristo, pensato come «incarnato» con tutta la realtà.
    Quanto ai gruppi in particolare questa fase prevede che si maturi nelle convinzioni, nei modi di vedere e di agire su questi aspetti precisi:
    - Superamento delle «associazioni», come entità programmate da un centro posto altrove rispetto alla comunità locale e precisamente quelle associazioni (missionaria, ACI, scoutismo, ex-alunni, ecc.) che vivono rivolte e collegate a sedi di programmazione, distaccate dalle urgenze locali: i centri nazionali e internazionali, le regole dei religiosi, le virtù di un santo o di una tradizione, staccate dal contesto della chiesa locale. Due osservazioni importanti:
    * non si tratta di escludere programmazioni promosse altrove, ma di subordinarle e comporle rispetto alle programmazioni o meglio vocazioni urgenti, provenienti dalla comunità locale;
    * non si tratta di rigettare lo spirito di una congregazione, ma di renderlo funzionale alle situazioni e vocazioni locali, cioè non è giusto imporre nel luogo le proprie devozioni speciali, ma è giusto mettere al servizio della chiesa locale i carismi, le conquiste, le ricchezze del proprio fondatore o della propria tradizione.
    - Puntare decisamente all'«intergruppo» (Note di Pastorale Giovanile, 1970/6-7) cioè coalizione dei vari gruppi, diversi per livello, per interesse, per modalità, in funzione della comunità locale, avendo come denominatore comune il «localizzarsi» del Regno di Dio, cioè il prendere la carne (problemi, istanze, modi, linguaggio, caratteristiche) reale dei propri fratelli.
    - Avere in mente un chiesa locale come concretezza di una realtà universale (l'insieme dell'umanità storica e l'insieme dei credenti) e non come entità chiusa ed a sé stante; ad esempio: non c'è una sana comunità locale senza apertura al Terzo Mondo.

    Ricapitolare tutta la teologia in un «progetto d'uomo secondo Cristo»

    È fondamentale avere non solo un intento locale ma anche una teologia «locale», cioè incarnata, prendente corpo nella concreta esistenza dell'insieme dei figli di Dio che vivono e crescono in questo luogo. È utile per questo tener conto di alcuni punti fermi:
    * Mai eucaristia senza politica e mai politica senza eucaristia, cioè mai un movimento di unione a Dio che non sia unione al vero Dio, attivamente impegnato a salvare chi è caduto nel male o nel dolore e che chiama noi a collaborare. Sorge sempre perciò un progetto di azione, che diventa politica per il fatto di guardare all'insieme e per il fatto di prendere le forme ed i modi del luogo, s'intende sempre convertendoli secondo la misura di Cristo.
    * La vita parrocchiale è in funzione salvifica della vita cittadina, è lievito nella pasta; quando si vive da parrocchiano si «diventa più uomo» (G.S. 41) e, nel concreto, più cittadino, cioè impegnato, incarnato e rinnovatore della realtà locale.
    * A scanso di equivoci, quanto si è detto sopra non va interpretato nel senso che se un cristiano vive la vita parrocchiale, «automaticamente» diventa più uomo, ma solo se vive una vita parrocchiale «incarnata», cioè avente come «gioie e speranze, tristezze ed angosce», le gioie e speranze, tristezze ed angosce dei suoi concittadini (G.S. 1). Questa indicazione è molto precisa per le prediche, le omelie, le confessioni, i propositi, i temi di esercizi.

    «Chiesa locale, autocritica della comunità locale»

    Si giunge qui alle conseguenze pratiche, ai piani di azione coerenti con Cristo, Salvatore e incarnato, per cui l'animazione cristiana del mondo diventa l'assillo, il compito, la politica di quanti partecipano seriamente all'eucaristia, cioè a Colui che sta facendo continuamente la «pasqua dell'umanità».
    È opportuno tener presenti questi punti pratici:
    * Si dice «autocritica» e non critica della comunità locale. Il secondo termine non presuppone una identificazione, ma anzi una divisione, mentre, dicendo «autocritica», presupponiamo una tale identificazione per cui è la comunità locale che nei suoi membri, credenti in Cristo, fa la sua autocritica.
    * Inoltre dire «autocritica» è dire qualcosa di attivo, compiuto dai soggetti stessi. In altre parole la chiesa cerca di convertire le persone ad autocriticarsi da sole e non fa loro la predica o la critica. Quindi i cittadini credenti in Cristo non si isolano a fare una loro città dentro la città, esemplare e modello fin che si vuole, ma sono dialogici, intrecciano rapporti, capillarmente, come il lievito, convivono, partecipano, sforzandosi di provocare nei fratelli quella autocritica, che essi già hanno maturato, grazie a Gesù Cristo, presente anche nella loro città.
    * L'autocritica cristiana si muove nella «via» che è Gesù Cristo, cioè fin dall'inizio imposta il discorso sull'uomo e sul progetto d'uomo nuovo «secondo Gesù Cristo», che è anche secondo le scienze più fondate, dato che fede e ragione si armonizzano, anzi hanno un mutuo appoggio vicendevole (G.S. 40 e 44).

    Conseguenze operative più dettagliate

    Da queste precise scelte provengono precise linee di lavoro quotidiano e superquotidiano, cioè occasionale e organizzato, capillare e globale. Tali linee di azione dovrebbero diventare comuni, costanti e familiari a chiunque, in varie spiritualità, fa chiesa locale attorno all'eucaristia locale dentro la comunità locale.
    * Primarietà del dialogo sia di contenuti e sia tra persone. Quanto ai contenuti va vissuto il monito dei vescovi d'Italia: sviluppare la fede «in un incessante confronto e dialogo della Parola di Dio con le parole dell'uomo e con i suoi problemi per inserirla nel tessuto vivo delle nuove situazioni in cui viene a trovarsi di continuo l'umanità» (CEI, Teologia e Magistero, 16 gennaio 1968). Quando si viene a conoscere programmi di esercizi, piani di associazioni, progetti catechistici, ci si domanda come mai queste direttive non vengono prese sul serio.
    Quanto al dialogo esteriore tra persone, occorre esercitarsi seriamente, soprattutto attraverso metodi tipo revisione di vita, finché si diventa abilitati al dialogo pastorale. (Qualcosa sulle quattro funzioni del dialogo nel libro Pastorale e dinamica di gruppo, e nel libro di K. Tilmann, Dialogo con gli altri).
    * Primarietà dei piccoli gruppi funzionali,[1] come cuore rispetto al corpo, in rapporto alle strutture, ai gruppi sociali del luogo, evitando la tentazione dell'isolamento aristocratico (i gruppi nella vita ad intra).
    * Primarietà di tre entità sociali, massimamente interpersonali e non ancora strutturalizzate, quanto alla vita ad extra dei gruppi: servizio pasquale ai
    - comitati di quartiere
    - alle assemblee studentesche
    - ai sindacati
    Questo è il punto più concreto ed incarnato nel vivo delle realtà locali, intese come comunità e non come individui singoli.
    Sono realtà concatenate con tutte le sovrastanti strutture (comune, prefettura, stato, istituto scolastico, provveditorato, ministero, sede di lavoro, partiti, governo), quindi possono operare dal di dentro un rinnovamento. Sono realtà interpersonali, cioè ancora a livello di rapporti primari (vicinato, gruppi di famiglie, ecc.) e non strutturalizzate in forma massiccia.
    Sono entità locali, dove la comunità diventa operativa e trasformatrice del suo modus vivendi, senza anarchismi e dispersione di forze.
    Sulla politica di intervento pasquale entro queste realtà locali si parlerà più a lungo.

    La politica della persona sopra le strutture e le etichette

    Dall'eucaristia procede un preciso schema e intento di lavoro, quello cioè che punta sul far prevalere la persona sulle strutture e le etichette. Le persone hanno insieme dei denominatori comuni che come etichette (cattolici, comunisti, missini, liberali) non hanno: i comitati di quartiere radunano persone, cittadini al di dentro delle loro etichette ed ideologie e questo «radunare i figli dispersi» è già una prima pasqua, una prima evangelizzazione. In alcune chiese locali i cattolici, visto che i comunisti avevano lanciato i comitati di quartiere, diedero inizio ai «loro» comitati di quartiere cattolici. È chiaro l'errore di disincarnazione e di prevalenza delle etichette sulle persone: dovevano entrare nei comitati di quartiere che c'erano ed operare una conversione alle persone, superando le etichette partitiche.

    CONCLUSIONE

    Se si ricorda come Don Bosco voleva educare «buoni cristiani ed onesti cittadini», queste linee operative per i gruppi, che si cercherà di descrivere nei dettagli pratici, corrispondono bene e quindi lo slogan che vorremmo lanciare: «mai eucaristia senza politica e mai politica senza eucaristia» è uno sviluppo dei «buoni cristiani ed onesti cittadini» del secolo scorso e dovrebbe trovare consenzienti quanti amano Don Bosco.


    [1] Qui funzionale significa che quanto si fa nel gruppo: eucaristia, letture bibliche, discussioni, revisioni di vita, ammonizioni reciproche, deve ruotare su un qualcosa da fare fuori, dopo il gruppo, come in un quartier generale, come gente che riflette, si appassiona ad un progetto attorno a cui lavora. Questo progetto è la pasqua della gente, situata nelle sue vicende concrete: la giunta, il comitato di quartiere, il consiglio di classe, il condominio, il gruppo abituale al bar, ecc. Entrare nei loro discorsi, progetti, problemi e portarci aperture nuove, cristiane, ampliamenti e ridimensionamenti nuovi, cristiani...
    Allora nell'interno dei gruppi ecclesiali si lavora a mettere a punto risposte, chiarificazioni, interventi, autocritiche, proposte, impegni, che poi si attueranno al di dentro dei gruppi locali...
    Anche il buonsenso mostra come questo è così naturale, così rispondente e agganciante, poiché ci si appassiona facilmente alla vita locale e ci si appassiona a quel momento - il gruppo ecclesiale - dove si mettono a punto le novità da portare, le parole con cui portarle, le risposte da dare, le conversioni, in una parola, da operare, conversioni umane, ma ben incarnate nella vita.
    È ciò è squisitamente soprannaturale, se i vescovi d'Italia nel Documento Base ci dicono che il mistero cristiano deve apparire ad ognuno come:
    «Risposta alle proprie domande apertura ai propri problemi allargamento ai propri valori soddisfazione alle proprie aspirazioni più profonde» (Doc. Base par. 52). In tal modo la novità del vivere è materia per continue nuove scoperte della salvezza del nostro vivere; ricerche e scoperte perché appaia così ad ognuno della comunità locale.


    T e r z a
    p a g i n A


    NOVITÀ 2024


    Saper essere
    Competenze trasversali


    L'umano
    nella letteratura


    I sogni dei giovani x
    una Chiesa sinodale


    Strumenti e metodi
    per formare ancora


    Per una
    "buona" politica


    Sport e
    vita cristiana
    rubrica sport


    PROSEGUE DAL 2023


    Assetati d'eterno 
    Nostalgia di Dio e arte


    Abitare la Parola
    Incontrare Gesù


    Dove incontrare
    oggi il Signore


    PG: apprendistato
    alla vita cristiana


    Passeggiate nel
    mondo contemporaneo
     


    NOVITÀ ON LINE


    Di felicità, d'amore,
    di morte e altro
    (Dio compreso)
    Chiara e don Massimo


    Vent'anni di vantaggio
    Universitari in ricerca
    rubrica studio


    Storie di volontari
    A cura del SxS


    Voci dal
    mondo interiore
    A cura dei giovani MGS

    MGS-interiore


    Quello in cui crediamo
    Giovani e ricerca

    Rivista "Testimonianze"


    Universitari in ricerca
    Riflessioni e testimonianze FUCI


    Un "canone" letterario
    per i giovani oggi


    Sguardi in sala
    Tra cinema e teatro

    A cura del CGS


    Recensioni  
    e SEGNALAZIONI

    invetrina2

    Etty Hillesum
    una spiritualità
    per i giovani
     Etty


    Semi e cammini 
    di spiritualità
    Il senso nei frammenti
    spighe


    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


     

    Main Menu