(NPG 1972-12-03)
DATI E FATTI
I GIOVANI OGGI PREGANO?
Di risposte all'interrogativo... ce ne sono per tutti i gusti. L'arco delle affermazioni è vastissimo: si passa dai toni più entusiastici a quelli più sconsolati.
La cosa è abbastanza naturale: ogni generalizzazione comporta la parzialità di vedute. Da qui le affermazioni categoriche. Entusiasmo e depressione corrispondono a situazioni reali, anche se diverse:
• È un fatto che mai come oggi i giovani cercano la preghiera di contemplazione: il silenzio, il «deserto», le lunghe e sofferte giornate di ritiro. Taizé è il simbolo di questa riscoperta.
• Nello stesso tempo, molti giovani rifiutano i modelli tradizionali di preghiera; qualche volta contestano a priori la stessa preghiera formale. Il portato della secolarizzazione fa mettere l'accento sulla prassi, sull'impegno politico. E la caduta di molti modelli ufficiali mette in crisi troppi educatori.
• Il clima di edonismo, di disimpegno che avviluppa una buona fetta dì giovani – oggi come ieri – fa preferire il divertimento e l'evasione... alla preghiera.
Come vanno le cose?
Guardiamoci attorno. E sentiamo gli interessati. Che ne dicono giovani, educatori, sociologi? Il campione rappresentato dalle pagine che seguono è estremamente limitato. E quindi insignificante a livello scientifico. Ma certo stimolante a livello di prassi pastorale.
Le affermazioni, i problemi aperti, le crisi denunciate creano il fondale della ricerca contenuta in questo studio monografico. E ne dicono il significato: offrire del materiale di prima mano, perché chiunque si sente in causa maturi una sua risposta all'interrogativo.
STUDI
APPUNTI PER UNA EDUCAZIONE DEI GIOVANI ALLA PREGHIERA
La letteratura sulla preghiera è vastissima. Pretendere di dire cose nuove è impresa assurda.
La tentazione di... aggiornare l'argomento, scavalcando così l'ostacolo, è emersa più di una volta in redazione. Alla fine, però, è prevalso questo progetto: parlare di educazione alla preghiera, ma secondo due direttrici complementari:
• offrire «appunti» per una educazione alla preghiera più attraverso il confronto con esperienze significative che mediante riflessioni teoriche;
• presentare le necessarie riflessioni teoriche all'interno della chiave di lettura che vorrebbe caratterizzare la linea redazione di Note di Pastorale Giovanile.
In concreto, gli «studi» sono segnati da tre piste:
1. Il gruppo come luogo normale di educazione alla preghiera. Da molte parti si chiede: prima la preghiera personale o prima l'esperienza comunitaria? Una risposta è difficile, anche perché esigerebbe delle generalizzazioni che uccidono l'irripetibile individualità di ogni persona. Per i giovani, la nostra risposta di sintesi è questa: la scoperta di una preghiera intensa e esplicita avviene all'interno di un gruppo che sa pregare.
2. L'educazione alla preghiera, come l'educazione alla fede, va impostata in sintonia con i dinamismi che caratterizzano l'educazione «umana».
3. La verità della preghiera, come la verità di ogni annuncio, richiede lo sforzo di reinterpretare nell'oggi i valori di sempre. Non è possibile, in un contesto culturale come il nostro, offrire valori e proposte rivestiti di forme strutturate per tempi diversi. Lo studio di Gevaert offre un esempio assai pregevole di reinterpretazione. Si tratta di un esempio, forse quello più cruciale, perché la secolarizzazione ha posto in vera crisi la «preghiera di domanda».
Su questa falsariga vanno recuperati tutti i valori perenni della preghiera cristiana.
(Articoli di Bartolino Bartolini e Giuseppe Gevaert)
ESPERIENZE
SI IMPARA A PREGARE PER PARTECIPAZIONE
Il titolo situa con esattezza, pur nella rigidità della formulazione, il significato della rassegna di esperienze che forma il cuore di questo studio monografico.
I giovani imparano a pregare partecipando alla preghiera di comunità che pregano intensamente e significativamente.
La riscoperta della preghiera per molti giovani e gruppi passa attraverso il contatto con esperienze capaci di colpire. Taizé fa scuola.
Presentiamo tre di queste «esperienze». La descrizione può fornire uno stimolo a chi non sa dove andare a battere la testa e un fascio di contenuti con cui confrontarsi, per coloro che hanno già vissuto l'esperienza descritta e sentono il bisogno di interiorizzarla con maggior intensità. L'operatore pastorale accorto vi troverà anche un campionario molto interessante di materiale per aggiornare le sue proposte e la sua prassi.
Qualche chiave di lettura può rendere più comprensibili le pagine che seguono.
1. I gruppi (e i singoli) sono sempre minacciati di chiusura: diventano presto ghetto, assolutizzando la propria esperienza e il proprio linguaggio. Hanno, tutti, bisogno urgente di un «contrappeso di valori», di esperienze che equilibrino, con i fatti, i valori che ogni gruppo vive in stato di punta. I gruppi giovanili protesi ad un impegno attivo soprattutto: o trovano uno spazio di «deserto» o presto si sentiranno fagocitati dalla loro stessa vita.
2. Ogni gruppo ha urgenza dell'appoggio all'impegno che scaturisce dal contatto con altri gruppi, impegnati e decisi. Il contatto con gruppi costringe al confronto e quindi offre il conforto di una conferma o lo stimolo alla conversione. I gruppi bloccati, timorosi di novità, chiusi nelle proprie quattro bellissime mura, sono gruppi condannati a morte sicura.
3. È significativa la «dialettica» che si vive in queste esperienze. Bose, Spello, Cuneo... non sono la vita normale. La vita normale è quella vissuta a casa propria. Questi luoghi sono il «riferimento», il posto di ricarica.
Il materiale acquistato qui va vivisezionato, interiorizzato, macinato a casa propria. Nel quotidiano, nelle comuni appartenenze, si vive e si verifica quanto è stato maturato a Bose, Spello, Cuneo...
I responsabili di questi «luoghi» lo ripetono a iosa. Anche per non moltiplicare la necessità di «frequentarli»: ci si ammalerebbe di «alienazione da turismo spirituale»...
In sintesi, la dinamica passa tra esperienza quotidiana e esperienza di punta. L'una al servizio dell'altra; il quotidiano, la vita vera, al centro e come perno. Tra i due momenti, nella conduzione pastorale dei gruppi e delle convivenze, si situa un altro dato: il ritiro – comunque a titoli e forme diverse – nei luoghi istituzionali (case di esercizi, luoghi particolarmente raccolti...). Questi momenti ci sembrano assai importanti, proprio per un ritmo maturo.
Il come e il quando non dipendono da formule precostituite. Ogni gruppo deve farsi un suo «calendario».
Come sempre, l'inventività, l'amore e la disponibilità, sono le strade su cui cammina il servizio pastorale.