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    Che cosa pensa della vocazione religiosa una ragazza degli anni 70



    Magda Fiori

    (NPG 1971-03-24)

    L'articolo «Perché poche ragazze si fanno suore», pubblicato su questa Rivista (1969-XI), a qualche critico aveva lasciato l'impressione di non essere sufficientemente fondato, per la limitatezza del campione.
    In questo periodo l'A. ha avuto l'occasione di verificare le impressioni ricavate dal suo primo sommario sondaggio. Per questo, ci è parso interessante riprendere il discorso: le fonti di questo nuovo intervento sono:
    1. I risultati di un'inchiesta sulla vocazione religiosa femminile, svolta nel 1968 a cura del Centro vocazioni di Brescia, ed elaborata in parte dal Centro d'Orientamento di Conegliano Veneto. Questa parte ha interessato un campione di circa 300 ragazze tra i 15/25 anni in prevalenza del Nord-Italia, scelte tra studenti e insegnanti, impiegate e infermiere, operaie, sarte, magliaie, commesse, inservienti, casalinghe.
    2. I risultati di un rapido sondaggio del febbraio 1970 tra le alunne delle classi terminali di una scuola diretta da religiose (circa 50 ragazze).
    3. I risultati di un'inchiesta-lampo, svolta pure nel febbraio 1970 da un sacerdote, durante gli esercizi spirituali di un gruppo di ragazze di 15/18 anni, studentesse di un Istituto privato di Gorizia, diretto da religiose. Ha interessato 125 ragazze.
    4. Il confronto con un'indagine più vasta, condotta nel 1968 da Sabine Villatte, nell'Ovest-Francia. Ha interessato un gruppo di oltre 600 ragazze e giovani donne fra i 17/30 anni, tutte alunne o ex-alunne di Istituti diretti da religiose insegnanti.
    Per una verifica della curva di sviluppo del processo vocazionale anche femminile, rimandiamo alla tabella pubblicata su questo numero della Rivista, a pag. 23.

    RISULTATI DI UN'INCHIESTA
    SULLA VOCAZIONE RELIGIOSA FEMMINILE 

    Per l'inchiesta sono stati realizzati due tipi di questionario: uno a domande chiuse; l'altro a domande aperte.

    QUESTIONARIO A DOMANDE APERTE 

    Attualità della vocazione religiosa

    1. – Vale la spesa per te che una ragazza d'oggi accetti tra i suoi pensieri anche quello della vita religiosa?

    Circa il 96% delle ragazze interrogate giudica che una ragazza d'oggi può e deve proporsi, tra le possibili scelte, anche quella della vita religiosa. Il 46% circa ritiene ancora valido l'ideale di vita religiosa così com'è realizzato oggi: le motivazioni addotte sono in genere serie e fondate; il 36% risponde un sì condizionato; solo il 17% oppone un no deciso.

    3. – Se «ideale» si considera «qualcosa cui val la pena di aspirare», la vita religiosa, come oggi la vedi realizzata, rappresenta – secondo te – un ideale valido che soddisfa le esigenze umane?

    Alla domanda 3, affine alla prima, l'82% risponde sì (48% sì deciso, 38% sì condizionato a un se); solo il 17% oppone un no deciso. E riteniamo che l'ultima parte della domanda sia un po' in causa in questi no, per la sua ambiguità.

    Accettazione e rifiuto

    2. – Conosci la vita delle suore? che cosa in essa ti attira o ti ripugna o ti sconcerta di più?

    Il 57% circa dichiara ammirazione e attrattiva per l'ideale della consacrazione religiosa. Le motivazioni addotte sono valide: dedizione a Dio, donazione completa e dimenticanza di sè, disponibilità completa, amore per tutti, rinuncia, abnegazione, coraggio...
    In numero di circa 44% se ne sentono sconcertate, impaurite, sgomente, e lo rifiutano.
    Le motivazioni addotte sono: la difficoltà di capire la rinuncia alla libertà, l'obbedienza, «anche quando l'ordine contrasta con le proprie convinzioni», l'impressione dell'impossibilità, quindi, di realizzarsi come persona, anche per la rinuncia completa a ciò che rappresenta la vita normale di una donna: famiglia, maternità, ecc.; il fatto che le suore danno talvolta l'impressione di pensare «astratto, disincarnato, fuori della realtà...»; il fatto che spesso rivelano mentalità ristretta, mancanza d'apertura, pedanteria, tendenza a dar rilievo a piccolezze come fossero fatti importanti; un eccessivo rifuggire dall'affrontare problemi specifici del settore sessuale, come se ne avessero paura; poca dinamicità, mancanza di disponibilità, mediocrità...
    Altri motivi del rifiuto sono: l'impressione di slealtà, opportunismo, ipocrisia, manierismo che talvolta le suore danno; impressione di formalismo, tradizionalismo, immobilismo; l'aver notato talvolta tra loro spirito di critica, antipatia delle une verso le altre, pettegolezzi; la poca comprensione del mondo giovanile; l'impressione di freddezza, di poca cordialità e umanità.
    Infine anche il timore della monotonia, della vita chiusa, della convivenza tra elementi tanto diversi, della rilassatezza, di cose fatte per abitudine.
    A distanza, e con minore accentuazione: l'amore al proprio comodo, la mancanza di povertà, l'autoritarismo, e pure l'anacronismo dell'abito. Ma anche, per alcune, lo sgomento che suscitano il continuo spirito di sacrificio, le continue rinunce, la bontà, la remissività, la severità che notano nelle suore e che una vita religiosa esige.

    Reazioni personali

    4. – Tu non hai mai pensato all'ideale della vita religiosa come possibile per te? Se l'hai eliminato, perché?

    Circa il 67% dichiara di non averlo mai pensato, alcune (l'8%) con un no deciso, altre (16%) con un no motivato; la maggioranza (43%) ammette di averlo pensato come possibile, ma di averlo eliminato. Solo il 34% risponde sì.

    • I principali «perché» addotti a spiegazione del «no alla vocazione religiosa» sono:
    – Non è per me, non ho vocazione, ho altri ideali, voglio famiglia, figli, non ho le doti... (35%).
    – È duro, comporta rinuncia, privazioni... esige forza, coraggio... È segno d'egoismo, di fuga dalla vita (20%).
    – Richiede limitazione di libertà, di aspirazioni umane (11%); non lo ritengo ideale valido (3%). Motivi di delusione per esempi negativi di suore (3%); per opposizione da parte dei genitori (3%).

    • Per il «sì alla vocazione religiosa» le motivazioni addotte sono piuttosto deludenti: il 45% non dà alcuna motivazione; il 54% dà motivazioni vaghe, fantastiche, insufficienti...
    A confronto con le motivazioni valide, addotte da non poche ragazze nelle risposte alla prima e seconda domanda aperta, questi sì scialbi farebbero supporre che a scegliere la vita religiosa non sono sempre le ragazze che sanno realisticamente quello che vogliono. Sarebbe un'ipotesi da verificare, perché potrebbe collocarsi fra i motivi della scarsa riuscita di alcune vocazioni e dei tardi ripensamenti di chi se ne va.

    Opinioni correnti

    5. – Nel tuo ambiente familiare come viene giudicata la ragazza che sceglie la vita religiosa? e nell'ambiente scolastico o di lavoro? presso i tuoi amici?

    L'ultima domanda chiede di esporre le opinioni che la ragazza avverte sulla vita religiosa nell'ambiente familiare, scolastico e di lavoro. Nella maggioranza si tratta di opinioni negative, sia nell'ambiente familiare, sia in quello della scuola e del lavoro: fuga dall'impegno e dalle preoccupazioni; un estraniarsi dal mondo e dai suoi problemi; fuga dalla fatica, vita sprecata, destino...
    Da qualcuna la vita religiosa è vista con ripulsa per impressioni negative date da suore o, più sarcasticamente ancora, specie nell'ambiente di lavoro, è considerata segno di anormalità, di «pazzia», di personalità debole e influenzabile, o è vista con indifferenza, o peggio con senso di compassione e di derisione.
    Piuttosto scarse le opinioni positive, con una lieve accentuazione nell'ambiente familiare, in alcuni casi più proclive a considerare la ragazza che si fa suora con rispetto e ammirazione, come una che ha un ideale, che ha coraggio, che è vista come un «modello da realizzare».

    QUESTIONARIO A DOMANDE CHIUSE 

    Il questionario

    1. – Secondo me la vita religiosa consiste soprattutto:
    (segnane non più di tre specificando l'ordine di preferenza con i n. 1, 2, 3)

    – in una rinuncia completa a ciò che il mondo offre
    – nella rinuncia agli impegni di una famiglia
    – nel mettersi al servizio dei fratelli in una donazione di se stessa a Dio
    – nello sfuggire alle insidie e cattiverie del mondo
    – nel disprezzo di ciò che è «mondo» (valori materiali, non spirituali)
    – in una sistemazione sociale ed economica dignitosa

    2. – Cosa si aspetta il mondo di oggi dalle religiose?
    (segnane non più di tre specificando l'ordine di preferenza con i n. 1, 2, 3)

    – poco o niente
    – un vago aiuto spirituale
    – che si impegnino di più a migliorare la società
    – che incoraggino e testimonino una autentica vita cristiana
    – che conducano una vita più povera che siano più sante, più buone più aperte alle «cose» del mondo
    – più comprensive dei problemi dei giovani che adattino le loro divise ai tempi attuali che preghino
    – che vadano in missione
    – che continuino a fare come hanno fatto finora
    – che lascino il convento e vadano a lavorare tra la gente

    3. – Abitualmente cosa dice la gente di una ragazza che si fa suora?
    (segnane non più di tre specificando l'ordine di preferenza con i n. 1, 2, 3)

    – lascia indifferenti
    – che è una ragazza sprecata: fa compassione che ha avuto un colpo di testa
    che è stata influenzata dalle suore
    – che avrebbe potuto fare maggior bene se non si fosse fatta suora
    – che è una ragazza in gamba, coraggiosa
    – che non avrebbe saputo fare altro di meglio che si è decisa dopo una delusione «si vede che quello era il suo destino» che ha avuto paura di affrontare la vita
    – che ha capito che la vita è anche un dono agli altri e a Dio
    – «non sa cos'è il mondo»
    – che Dio l'ha chiamata

    4. – In genere incontrando una suora sento per lei:
    (sottolinea solo ciò che più condividi)

    – una grande stima
    – una certa qual stima indifferenza
    – compassione
    – ripugnanza

    Le risposte

    Sarà rapida la relazione sui risultati del questionario, più facilmente riassumibili per il carattere di «domanda chiusa» dei suoi 4 items.

    ♦ Secondo me la vita religiosa consiste soprattutto in:
    Il 92% vede la vita religiosa in chiave di donazione a Dio e di servizio agli altri, il 34% circa, soprattutto in chiave di rinuncia completa; il 24% in chiave di rinuncia particolarmente alla famiglia e ai figli; solo il 20% circa come fuga dal mondo e disprezzo dei valori terreni.

    ♦ Cosa si aspetta il mondo di oggi dalle religiose? Raccogliendo le voci simili, le attese della società d'oggi in rapporto alle suore, secondo le ragazze interrogate, hanno la massima convergenza, in graduatoria, sui 3 items:
    1) che incoraggino e testimonino un'autentica vita cristiana
    2) che si impegnino di più a migliorare la società
    3) che siano più sante
    con una massiccia accentuazione sulla testimonianza incoraggiante di autentica vita cristiana.
    Specchiandosi in queste attese, ogni suora e ogni comunità hanno materiale in abbondanza per una seria revisione di vita personale e comunitaria.

    ♦ Poste in graduatoria, queste sono le voci che hanno raccolto il maggior numero delle scelte da parte delle ragazze interrogate, per la terza domanda:
    oltre la metà risponde:

    1) Dio l'ha chiamata
    poi a notevole distanza:
    2) che si è decisa dopo una delusione
    3) che è stata influenzata dalle suore
    4) che ha avuto paura di affrontare la vita
    5) che è una ragazza coraggiosa
    6) che avrebbe potuto fare maggior bene se non si fosse fatta suora
    7) che è una ragazza sprecata.

    ♦ A proposito della quarta domanda, la graduatoria è
    1) una grande stima
    2) una certa stima
    3) indifferenza (a notevolissima distanza).

    Dai risultati di questa inchiesta (che ha avuto intento di semplice sondaggio, senza alcuna pretesa scientifica) emergono due costatazioni confortanti:
    1) L'ideale della vita religiosa è comprensibile e affascinante anche per la ragazza d'oggi.
    2) Le attese che la ragazza 1970 rivela circa l'attuazione della vita consacrata nella società in cui vive sono esigenti, e si ispirano alla più pura e austera concezione di vita religiosa.

    RISULTATI DI UN SONDAGGIO FRA LE
    RAGAZZE DELLE CLASSI TERMINALI DI
    UNA SCUOLA DIRETTA DA RELIGIOSE 

    Per verificare cosa pensi della vita religiosa una ragazza 1970, si sono poste all'improvviso a circa 50 ragazze delle classi terminali d'una scuola diretta da religiose quattro domande-lampo, pregando di rispondere anonimo, per iscritto, in 15 minuti:

    Che cosa diresti a un'amica che ti confida di voler «farsi suora»?

    1) Quanto alla consacrazione verginale in sé: per te ha ancora senso?
    2) Quanto alla limitazione di libertà.
    3) Quanto al fatto di non poter disporre di denaro.
    4) Quanto ad altri particolari che tu noti in genere, nella vita delle suore.
    Si è evitato – deliberatamente – il termine «voto», per non creare prevenzioni.

    CONSACRAZIONE VERGINALE

    Le risposte ottenute sostanzialmente concordano con quelle della ricerca precedente: le ragazze intuiscono la consacrazione verginale come atto di donazione completa a Dio e di disponibilità a tutti gli altri; qualcuna ne misura, con ammirazione, il sacrificio che esige; per altre tale sacrificio comporta l'impossibilità di realizzarsi in pieno come persona e lascerebbe la donna incompleta.
    C'è pure chi individuerebbe tale incompiutezza nella mancata esperienza materna, per cui alla suora rimarrebbe difficile «capire certe situazioni», «capire i problemi delle ragazze» e rischierebbe di «chiudersi in se stessa, anziché aprirsi all'amore verso tutti».

    IMPOSSIBILITÀ DI DISPORRE DI DENARO

    In genere, le ragazze interrogate trascurano il fattore denaro: forse perché non ne conoscono ancora bene il valore; forse perché non sanno chiaramente in che cosa consista il voto di povertà; forse perché non vedono testimoniata dalle suore una visibile povertà. Basti, per tutte, la citazione di un parere alquanto umoristico: «Io credo che quando hanno delle necessità, il denaro ce l'abbiano. Non credo che le suore abbiano il privilegio di non pagare».
    C'è chi vede nell'impossibilità di disporre di denaro un aspetto della limitazione di libertà; ma c'è anche chi vede nella povertà una caratteristica che dovrebbe essere di ogni cristiano: «Non poter disporre di denaro non è un vero problema. Avere il necessario e non avere il superfluo potrebbe essere di ogni vero cristiano. Il denaro nella vita serve, ma la nostra società va decisamente verso il «troppo».

    LIMITAZIONE DI LIBERTÀ

    Quanto alla limitazione di libertà, è interessante il realismo con cui non poche delle ragazze interrogate la considerano un fatto normale, connesso con l'esistenza stessa, che pone limiti ad ogni uomo, in qualunque situazione lo si consideri.
    Vista più precisamente come «obbedienza», è considerata – da qualcuna in particolare – come mezzo per temprare il carattere, e per creare «tra le componenti di un certo gruppo una viva e completa armonia», come segno di «sacrificio del proprio io e come dominio di se stessi... vero senso di libertà... mezzo per realizzare pienamente la propria umanità».
    Qualcuna la vede come esigenza sociale della vita di gruppo, indispensabile per evitare «il caos».
    Ma non poche giudicano l'obbedienza – nella forma in cui, più o meno bene intesa, pare presentarsi ai loro occhi – qualcosa di anacronistico e di mortificante la libera espansione della personalità. Varie ragazze espongono questo loro punto di vista in termini ben precisi, secchi e talvolta persino taglienti: «Certe limitazioni non mi sembrano adeguate ai nostri tempi»;
    «Non trovo accettabile dover limitarsi dentro certi schemi e poter pensare con la propria testa solo fino a un certo punto»;
    «Colei che non può disporre della propria libertà, secondo me è da considerarsi un'immatura»;
    «L'obbedienza è necessaria, però non deve essere una obbedienza a occhi chiusi, ma in aperto dialogo, dopo uno scambio di vedute. Il superiore deve rendersi conto di non possedere – da solo – il vero e il giusto». Particolarmente incisive le osservazioni delle ragazze interrogate sul rapporto libertà-personalità-responsabilità:

    •spersonalizzare
    «Io trovo che il più delle volte vivere in una comunità che ha uno scopo ben preciso, regolamenti fissati, che ha un tenore di vita sempre uguale può spersonalizzare una donna e creare quindi un livellamento»;
    «Non vedo molto bene questa vita di comunità, che pare soffocare la personalità dei singoli, che pare offrire uno schema di pensiero "standard" e appiattire tutte»;

    appiattimento
    «Trovo che certe mie suore hanno perso molto della loro personalità, proprio per questo loro continuo obbedire. È vero che una personalità grande (sic) non può essere menomata, ma anche quella meno appariscente ha il diritto di espandersi»;
    «Non trovo giusto che per ogni decisione le mie suore debbano sempre rivolgersi prima alla capo-suora (sic)»;
    «E poi penso che non sia giusto che la responsabilità del buon andamento del convento debba dipendere tutto dalla superiora».

    • immobilismo
    Una crede di individuare addirittura una causa dell'immobilismo nell'obbedienza:
    «Trovo che con la scusa di Dio e del dono delle nostre obbedienze, in fondo quest'ordine di vita religioso resti sempre invariato, quindi sempre più lontano dalla nostra mentalità, quindi sempre più difficile da attuare».

    ALTRI PARTICOLARI NOTATI NELLA VITA DELLE SUORE

    Le ragazze interrogate trovano le suore: «un po' utopistiche... vorrei che vivessero realmente certi momenti di vita...»;
    «troppo chiuse: il mondo si è evoluto e quindi non devono rimaner sempre con certe idee»;
    troppo staccate dalla realtà: «... hanno troppo pochi contatti col mondo»; «io oggi non vedo la suora chiusa in convento, la vedo meglio nella società, più libera di fare il bene»;
    poco femminili: «... direi alla mia amica di restare prima di tutto una donna, una donna moderna»; «di capire di più i problemi del mondo» e in particolare i problemi giovanili; poco cordiali nei loro rapporti, e in particolare nei rapporti superiora-suddite: «per quanto ho notato (la sottolineatura è della ragazza) mi pare che tra "una suora normale" (virgolette della ragazza) e una "superiora" ci sia troppa freddezza di rapporti...».

    RISULTATI DI UN'INCHIESTA-LAMPO SVOLTA
    FRA 125 RAGAZZE STUDENTESSE
    DI UN ISTITUTO PRIVATO DI GORIZIA

    L'Istituto è diretto da suore. Il sacerdote che guidò gli Esercizi Spirituali pregò le ragazze, alla fine dei tre giorni, di rispondere anonimamente a un questionario, realizzato per verificare l'indice di gradimento dell'incontro. Mi limiterò a riferire sulle risposte alle due domande che interessano il nostro argomento:

    1. – Hai pensato che ci potrebbe essere per te una vocazione religiosa di consacrazione a Dio?
    Rispondi: sì o no.
    2. – Che consigli daresti – in generale e in particolare – alle tue suore?

    Alla prima domanda, le ragazze – tranne pochi casi – rispondono no. Non erano state chieste motivazioni, tuttavia alcune ne danno, specialmente per il sì: sono per lo più motivi di incertezza e di sfiducia circa la possibilità di realizzare una vocazione religiosa. Ritengo che a questi timidi sì manchi, per fiorire in decisione, oltre una catechesi adeguata, una buona direzione spirituale.
    I rilievi più interessanti riguardano i consigli che queste ragazze darebbero alle suore. Infatti le impressioni concordano di nuovo con quelle espresse nelle ricerche precedenti: concordemente le vorrebbero più comprensive verso la loro età e i loro problemi; più fiduciose nelle ragazze; più realiste, più aperte ai problemi del mondo esterno, più umane; più rispettose dell'altrui libertà, dei diritti delle ragazze, meno rigide, meno portate alla censura e al sospetto, meno attente a disapprovare minuzie, particolari, piccolezze, specie nei riguardi dell'abbigliamento e dei cosmetici; più obiettive, più serene e amabili.
    Vorrebbero che le suore creassero loro intorno un ambiente di libertà, specie evitando di imporre preghiere, Messa, esercizi spirituali... Un ambiente di fiducia e di serenità. E dicono tutto questo in termini espliciti e talvolta assai poco riguardosi, fidando nell'anonimato e nel fatto che le risposte sono riservate al solo sacerdote.
    Anche da questa inchiesta riemerge il rifiuto del ruolo della religiosa-educatrice (almeno così come appare oggi rappresentato a queste nuove generazioni insofferenti e critiche), che si è potuto notare in altre indagini affini, condotte negli anni precedenti. Come pure riemerge la carenza di una testimonianza positiva, attraente ed efficace della credibilità esistenziale di un ideale di vita femminile consacrata, oggi.

    CONFRONTO CON L'INDAGINE CONDOTTA NEL 1968
    DA SABINE VILLATTE NELL'OVEST FRANCIA 

    L'indagine è raccolta nel volumetto: La gioventù d'oggi di fronte alla vita religiosa. Non mi indugerò ad esporne il carattere e i limiti. Mi fermerò invece brevemente sulle conclusioni. La scrittrice fa notare che dall'inchiesta da lei condotta sono emerse due opposte immagini della religiosa.

    IMMAGINE POSITIVA DELLA RELIGIOSA

    «La religiosa che si vorrebbe, quella la cui vita sarebbe "segno di Dio" per l'uomo d'oggi, dovrebbe essere una donna pienamente donna, che, votando a Dio la propria castità, non abbia rinunciato in nulla alla propria femminilità in ciò che essa ha di più autentico. In lei dovrebbero esser sviluppati i veri valori umani, e la sua personalità dovrebbe essere liberamente e serenamente affermata. Così testimonierebbe una fede che ha saputo unificare tutto il suo essere – pur nella rinuncia fondamentale richiesta dai suoi voti – e l'ha resa vicina agli altri, attenta ai loro bisogni e alle loro difficoltà, aperta al mondo attuale, tanto più umana quanto più vive di Dio. Si vorrebbe vederla condurre una vita il più semplice e il più normale possibile, senza osservanze monastiche che siano incompatibili con un impegno professionale, mescolata al mondo, pur vivendo in comunità» [1].

    IMMAGINE NEGATIVA

    Gli stessi elementi sono scelti per contrasto con ciò che le ragazze interrogate hanno osservato nelle suore, e nella prospettiva di ciò che dovrebbe cambiare, perché la vita religiosa parli veramente di Dio al mondo attuale.

    • «Ad una povertà che si presenta loro esclusivamente come dipendenza, e ripiegata su una società chiusa, che basta a se stessa e mette le religiose al riparo dalle vere difficoltà dei contemporanei, oppongono la disponibilità di una povertà pronta a ricevere tutto per tutto dividere, al di fuori come al di dentro della comunità.

    • Vedono l'obbedienza come una sottomissione passiva, un rifiuto d'accettare la propria vita con i rischi dell'iniziativa e della creatività, mentre la vorrebbero adesione piena di una persona adulta alla volontà del Padre, manifestata non solo in avvenimenti esteriori, ma nel dinamismo stesso d'una personalità cristiana, che si è messa totalmente al servizio della Chiesa, e che si esprime in un dialogo sincero e fraterno con l'autorità religiosa: "più libertà ci sarà nella vita d'una religiosa e più obbedienza ci sarà" scrive una di loro.

    • Il voto di castità agli occhi delle adolescenti più mature, fa della religiosa una donna moralmente e spiritualmente sola, una donna incompleta, mutilata nella sua personalità. Per le più anziane che sono state intervistate – fatto ancor più grave – la religiosa è tanto poco donna, che dimenticano che possa avere difficoltà sul piano sessuale e sul piano affettivo. Soltanto un piccolo numero intravvede nella verginità consacrata un'unione nuziale col Cristo, un mistero d'amore e di dono [2].

    • La vita comune, così come esse la vedono praticata, è una vita collettiva alienante per la personalità, che pone i membri uno accanto all'altro, lasciandoli isolati, invece che unirli mediante una vera amicizia. È un ambiente di vita che congloba totalmente e spersonalizza, dove l'individuo è assorbito in un gruppo strettamente gerarchizzato e ridotto al solo ruolo funzionale. Tuttavia avvertono per la vita comunitaria una certa attrattiva e sentono che i più alti valori cristiani vi sarebbero impegnati in uno stile di vita, che potrebbe essere "il simbolo di un mondo unito".

    Dall'insieme di queste risposte risulta, con singolare rilievo, l'immagine della religiosa insegnante come quella di "un essere a parte", separata dal mondo reale da una cornice comunitaria fittizia, con usi e costumi separati, che le danno una mentalità di "separata".
    In alcune intervistate questa immagine è circondata di rispetto e anche di ammirazione. Non vedono più la religiosa come una donna comune: la vogliono saggia, virtuosa, buona, perfetta.
    Ma l'immagine – negativa o positiva – è sempre quella di un essere che ha rifiutato la vita reale e che non partecipa né alle lotte e alle preoccupazioni dell'uomo d'oggi, né al suo dinamismo creatore».

    NON VITA PIÙ FACILE
    MA VITA PIÙ AUTENTICA

    Dopo aver precisato che le osservazioni esposte non equivalgono per nulla a una proposta di revisione della vita religiosa nel senso di una riduzione di difficoltà, né di una proposta di vita più facile, ma anzi sono un'istanza a vivere la propria consacrazione in tutte le sue esigenze di libertà, di responsabilità e di dono, che ne contraddistinguono il carattere di mistero nuziale, la scrittrice ricorda che 435 Padri del Concilio avevano richiesto l'esame della struttura delle comunità. La domanda riguardava soprattutto le religiose e tendeva a instaurare una cooperazione attiva e adulta di tutti i membri dell'istituto.
    «Questo compito si impone tanto più chiaramente, se si considera che la Chiesa intera ha riesaminato il regime del suo governo affermando il principio della collegialità» [3].
    Fatta quindi una breve sintesi storica dell'ambiente socio-culturale cui si sono ispirati i vari fondatori di comunità religiose, la scrittrice prosegue:
    «Possiamo tracciare le grandi linee di una comunità che, secondo noi, sarebbe fedele alle esigenze del nostro tempo e della Chiesa attuale? Noi la vediamo come:
    • una comunità in cui ciascuna abbia piena responsabilità del settore a lei affidato, secondo la sua competenza, con tutte le iniziative e le relazioni con l'esterno che questa responsabilità implica;
    • ma una comunità in cui i problemi vengono messi in comune, discussi in assemblee di famiglia, a cui tutte le suore prendono parte e possono manifestare il loro parere, dopo aver ricevuto le necessarie informazioni;
    • alla superiora spetta l'ultima decisione nelle deliberazioni e il coordinamento delle iniziative e della attività delle suore, cosa che la collocherebbe nel suo vero ruolo, quello di legame di unità» [4].

    CONCLUSIONE 

    I principi – più o meno consciamente avvertiti – intorno a cui convergono, nelle varie inchieste qui accennate, i giudizi e le attese delle ragazze interrogate, sono, come rileva Sabine Villatte:
    • Il senso della persona umana e del rispetto che le è dovuto,
    • L'importanza primordiale della relazione inter-umana,
    • La nozione di comunità umana.
    Se l'idea di consacrazione a Dio e dei tre voti religiosi è unanimemente accettata dalla ragazza italiana 1970, e ciò che la sconcerta è il modo con cui le pare realizzata, è su questo modo che occorre prima di tutto riflettere e agire.
    Se l'immagine di suora che la ragazza rifiuta è precisamente quella di chi pare aver abdicato alla propria femminilità e alla propria personalità, occorre riflettere sulle cause di questa almeno apparente spersonalizzazione e standardizzazione, che la ragazza lega all'idea di suora.
    È troppo facile liquidare la questione «con le solite accuse ai "tempi" e alla gioventù che rifiuta il sacrificio», che è immatura e volubile, e perciò non merita considerazione... e simili.

    NOTE

    [1] Op. cit., pag. 207.
    [2] Le ragazze del nord-Italia sono meno negative circa l'interpretazione della verginità consacrata.
    [3] P. Galot, Vie consacrée, Gennaio 1966.
    [4] Op. cit., pag. 233.


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