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    Preadolescenza, età da evangelizzare?



    Roberto Giannatelli

    (NPG 1970-11-63)

    Continua la serie promessa di articoli sul problema scottante del «volto nuovo» della catechesi ai preadolescenti.
    Dopo l'esame sulla situazione attuale (1970, V), sono ora presi in considerazione gli obiettivi cui tendere.

    SECONDA PARTE
    GLI OBIETTIVI

    Il problema

    Oggi più che ieri il problema del fine della catechesi è al centro del discorso catechistico, per cui risulta abituale impostare un piano educativo e pastorale a partire dalla considerazione delle finalità remote e degli obiettivi prossimi da raggiungere.
    Per inquadrare poi questo prevalente interesse verso il fine della catechesi, si è soliti riscoprire nel movimento catechistico del nostro secolo tre momenti che ne caratterizzano lo sviluppo [1]:

    ♦ All'inizio del secolo l'interesse maggiore è stato rivolto agli aspetti metodologici. Di fronte alla crescente scristianizzazione delle masse, si poneva la domanda: perché la catechesi non è più capace di formare nuove generazioni di cristiani?
    Si riteneva allora di poter individuare la risposta sul piano del metodo:
    la catechesi non è efficace perché parla un linguaggio astratto ed estraneo alla psicologia del fanciullo, non usa metodi adeguati come invece si verifica per le materie profane, il libro di religione non presenta le qualità di un buon testo scolastico, ecc.
    Espressione di questo movimento di idee è il famoso «metodo di Monaco» elaborato dai catechisti tedeschi fin dall'inizio del secolo ma introdotto nel Catechismo ufficiale solo nel 1955 (si tratta del «Katholischer Katechismus» per i ragazzi di 10-13 anni), come pure l'accettazione e l'introduzione nella catechesi dei metodi attivi (Congresso di Vienna del 1928).

     I catechisti migliorarono dunque i loro metodi, ma i risultati conseguiti non sembravano corrispondere agli sforzi compiuti.
    Ritornava perciò a porsi la domanda: perché la catechesi non è efficace?
    Questa volta l'attenzione si rivolge alle questioni relative al contenuto: influiscono evidentemente sui catecheti la famosa controversia cherigmatica (Jungmann, 1936, ecc.), come pure i primi consolanti risultati ottenuti dal movimento biblico e liturgico. La catechesi non è efficace perché non è «vera», e non è vera perché non è fedele alla parola di Dio, troppo lontana dalle fonti vive della bibbia, della liturgia, della tradizione della Chiesa. Il movimento catechistico ha conosciuto brillanti realizzazioni ispirate a questo ritorno alle fonti della fede, come sono i catechismi di Colomb in Francia, il già ricordato catechismo tedesco del 1955, il catechismo australiano del 1963, ecc.
    Ma la domanda di prima ritorna incalzante e bruciante anche a proposito di queste catechesi rinnovate nel loro contenuto: perché non interessano i giovani d'oggi? perché non li «convincono»? perché sono incapaci di formare nelle loro personalità autentiche mentalità di fede?

     Questa volta la ricerca viene orientata nel senso del fine della catechesi. «Noi abbiamo fatto la metà del cammino: rinnovare la nostra catechesi attraverso un ritorno alle sue fonti bibliche, liturgiche, dottrinali; la seconda parte resta da fare: rinnovarla per mezzo di un riferimento nuovo all'uomo» [2].
    Il fine è l'uomo, l'uomo «teologale» da abilitare a vivere con «mentalità di fede» le situazioni significative dell'esistenza quotidiana, da impegnare nel gruppo cristiano in un coraggioso progetto di trasformazione del mondo, che avanza di giorno in giorno verso il compimento finale, quando Dio ci darà «cieli nuovi e terre nuove».

    Come si imposta il problema degli obiettivi

    Siamo soliti distinguere gli obiettivi dai fini della catechesi.
    I fini sono le mete ultime a cui tende tutta la dinamica catechistica. Il discorso sui fini contiene dunque le considerazioni di tipo generale sul senso dell'azione catechistica, su ciò che in ultima analisi deve conseguire se vuole essere e realizzare se stessa. È in fondo una teologia dell'atto di fede (come pure la riflessione teologica sull'azione della Chiesa) a illuminare questo problema.
    Quando parliamo di obiettivi, vogliamo invece indicare quei traguardi ravvicinati che l'educatore deve proporsi di far raggiungere ai propri soggetti in un certo arco di tempo (in questo anno scolastico, con questa catechesi d'iniziazione sacramentale, ecc.) inserendosi organicamente in un piano educativo e pastorale più vasto.
    A questo livello la riflessione teologica non è esclusiva. Essa rimane un punto di riferimento insostituibile, ma va integrata con altre considerazioni di tipo antropologico: la psicologia di un'età, il condizionamento sociologico che ne riceve, il contesto scolastico ed educativo in cui si inserisce l'opera catechistica, ecc. Sul piano degli obiettivi deve dunque verificarsi un incontro tra dato teologico e dato antropologico, per dar vita a un progetto originale e creativo che proponga un insieme di obiettivi, contenuti e metodi specifici per una data età e in un certo ambiente.
    Il discorso sugli obiettivi evita dunque l'astrattezza e i genericismi, per tentare di essere il più concreto e realistico possibile.
    Cercheremo ora di impostare il problema degli obiettivi riferendoci al periodo della preadolescenza, quello che va dagli 11 ai 14 anni circa, praticamente agli anni della scuola media.
    Come procederemo?

    Il fine della catechesi

    Un punto di riferimento obbligato sono, come si è detto, le considerazioni sul fine della catechesi. Un'indicazione valida e autorevole a questo riguardo ci viene dal «documento base» (DB) per il nuovo catechismo italiano che tratta appunto questa problematica nel suo insieme, senza scendere alle specificazioni che sarebbero richieste dalle singole età e periodi di sviluppo. Il DB (cap. 3°) sintetizza ed esprime ciò che intende per fine della catechesi, nella formula: mentalità di fede, intendendo con queste parole l'abitazione (o abito o virtù) a pensare e a giudicare secondo il pensiero di Cristo nelle situazioni quotidiane di vita, in vista di una piena inserzione nella Chiesa a servizio del mondo (n. 38). Secondo il DB, sono elementi costitutivi di una mentalità di fede:
    • l'esplicazione della fede battesimale: cioè la dimensione conoscitiva della propria adesione a Cristo nella Chiesa, una sufficiente «informazione» circa la fede cristiana. Non ogni informazione però è suscettibile di essere integrata nella mentalità di fede, ma solo quella che è capace di diventare «valore e motivo» (DB, n. 40) per la vita del cristiano. Per questo il DB si dilunga in seguito a precisare il modo con cui vanno presentate e strutturate «pedagogicamente» nel soggetto le verità della fede (cap. IV, V e VI);
    • l'iniziazione alla vita ecclesiale. La fede non è solo conoscenza, ma adesione al Dio di Gesù Cristo nella Chiesa. Ora questa adesione a Dio matura nel soggetto attraverso un processo di «socializzazione» per cui cresce in lui il senso di «appartenenza» alla Chiesa, alla sua fede, al suo culto, alla sua carità;
    • espressione concreta di questa iniziazione alla carità della Chiesa, è l'apertura agli altri, tra i quali il DB considera come categorie privilegiate i poveri d'ogni specie innanzitutto (DB, nn. 125-126), e poi i fratelli separati, i non cristiani, i non credenti (DB, nn. 49-51);
    • l'integrazione tra fede e vita. C'è «mentalità di fede», dove fede e vita, esperienza umana ed esperienza cristiana, impegno per la Chiesa e impegno per il mondo, non sono due realtà separate ma risultano integrate nell'unità della persona del credente (DB, n. 159).
    La fede non costituisce infatti un mondo a sé, ma si inserisce come «significato salvifico» nella «vita quotidiana dell'uomo» (DB, 52), come il lievito nella pasta.
    La mentalità di fede implica necessariamente un elemento informatore (la conoscenza della fede), ma ancora più un atteggiamento abituale, cioè l'inclinazione della volontà, della emotività, della sensibilità, di tutto l'uomo, a realizzare l'integrazione tra un fatto di esperienza e un punto di riferimento fisso e abituale: l'adesione di fede al piano di amore e di salvezza di Dio in Gesù Cristo [3].

    Le componenti psico-sociologiche

    In secondo luogo vanno tenute presenti le componenti psico-sociologiche dell'età della preadolescenza.
    Il DB ritiene che la proposta di fede vada attuata secondo il «bisogno di fede», la «vocazione e situazione» di ciascuno (n. 74; cfr. anche 75 dove si dice che la «misura e il modo» della catechesi sono «variabili e relativi alle attitudini e necessità di fede dei singoli cristiani e al contesto di cultura e di vita in cui si trovano»). Trova qui giustificazione il riferimento al soggetto della catechesi, e non solo alle esigenze oggettive della trasmissione di un astratto «deposito della fede». Nella formulazione degli obiettivi deve dunque trovar posto tutto quel mondo di cui vive il preadolescente:

    • le novità della sua crescita dal punto di vista psicologico: il passaggio dal pensiero logico-concreto al pensiero logico-formale con nuove possibilità di comprensione e organizzazione del messaggio cristiano; l'apparire della pubertà con nuovi bisogni e interessi; l'ampliamento delle esperienze sociali con la progressiva desatellizzazione dal nucleo familiare verso una sempre maggiore inserzione nel gruppo dei coetanei; lo sviluppo morale con l'affermarsi della coscienza autonoma sulla regola esterna imposta dagli adulti; il progressivo abbandono di una religiosità infantile, antropomorfica, magica, ricevuta per tradizione, verso una religiosità più personale e responsabile o purtroppo verso l'abbandono della pratica religiosa e della Chiesa, ecc.;

    • i condizionamenti di tipo sociologico, come sono la «rivoluzione scientifica e tecnologica, il processo di secolarizzazione, la diffusione del benessere e della civiltà dei consumi, gli squilibri sociali ed economici, il nuovo volto della famiglia nella società, la diffusione della cultura, la trasmissione di idee e di valori attraverso gli strumenti di comunicazione sociale, il pluralismo culturale e religioso, la urbanizzazione, la democratizzazione della società, la nuova coscienza della dignità e della responsabilità personale dell'uomo» (DB, n. 128). I preadolescenti sono sensibili all'evoluzione del mondo attuale, sono influenzati dalle sue conquiste, dalle scoperte, dal suo stile di vita che fanno del nostro mondo «un mondo che cambia»;

    • l'inserimento nella realtà della scuola media, con la pluralità di discipline, di testi e di insegnanti; il pluralismo delle idee e dei progetti (per cui la Chiesa appare sempre più in situazione di diaspora, come «piccolo gregge» in un grande mondo); i nuovi metodi di insegnamento e di conduzione della comunità scolastica, ecc.;

    • non va infine dimenticata l'ambiguità propria di questa tappa dello sviluppo umano: maturazione di una psicologia del fanciullo agli 11 anni e progressivo delineamento dei tratti di una personalità adolescenziale verso i 13-14; desatellizzazione della famiglia e, insieme, bisogno dei genitori e degli educatori; differenziazione accentuata della maturazione tra maschi e femmine (con un anticipo di quest'ultime) specialmente verso gli 11-13 anni, ecc.

    In una pastorale d'insieme

    È necessario inserirsi in un piano educativo e pastorale d'insieme.
    Il DB afferma che «ogni età dell'uomo ha il suo proprio significato in se stessa e la sua propria funzione per il raggiungimento della maturità», per cui «errori o inadempienze, verificatesi a una certa età, hanno talvolta conseguenze molto rilevanti per la personalità dell'uomo e del cristiano» (n. 134).
    Ogni età ha dunque il diritto a una adeguata catechesi, o, meglio, a un proprio catecumenato che consenta di scoprire di nuovo la fede e di farne una corrispondente esperienza nella comunità cristiana. Una condizione necessaria per questa maturazione della personalità, è che l'intervento catechistico si inserisca in un organico e completo piano di sviluppo che va dall'infanzia all'età matura. È questo il punto cruciale che attende i compilatori dei 4 o 5 «catechismi di base» previsti dal DB. Secondo quali principi si dovrà dunque inserire la catechesi della preadolescenza nel piano educativo e pastorale d'insieme?

    • Una prima ovvia considerazione è la seguente: si dovrà tener conto degli interventi catechistici che precedono questa età e di quelli che seguono. Ad es. della iniziazione biblica e liturgica già attuata nella fanciullezza, della completezza dell'esposizione della fede che verrà fatta nell'età adulta, ecc.

    • In secondo luogo, la catechesi non va isolata da altri interventi di carattere educativo e pastorale che si realizzano parallelamente durante la preadolescenza come sono l'esperienza liturgica e l'appartenenza a una comunità cristiana, ma inserita in una pastorale a tre dimensioni.
    Secondo G. C. Negri tutte le energie messe in moto dall'azione pastorale della Chiesa, si possono concentrare attorno a tre momenti principali che rappresentano altrettanti settori dell'attività del singolo e del gruppo umano [4]:
    1. il settore della coscienza (l'insieme dei concetti che uno si forma di sé, della vita, degli altri, del mondo; la «coscientizzazione» del gruppo), al quale corrisponde la pastorale catechistica;
    2. il settore dell'attività (il campo degli interventi personali e di gruppo sulla realtà, delle trasformazioni con cui l'uomo realizza se stesso e il mondo) cui corrisponde la pastorale liturgica e dei sacramenti;
    3. il settore della comunione (il mondo delle relazioni intersoggettive di cui l'uomo vive) cui corrisponde una pastorale di comunione per l'edificazione della comunità cristiana.
    Ora, il principio che regge il coordinamento della catechesi con il resto dell'attività pastorale, può essere espresso plasticamente così: «non tre catechesi, ma una catechesi, un'esperienza, una comunità». Non
    basta cioè moltiplicare le ore di catechismo, se queste non sono accompagnate e sostenute dall'esperienza del «fare cristiano» (la vita morale è il primo culto a Dio, che trova la fonte e il vertice nell'Eucaristia) e della comunità cristiana. Non solo circolazione di idee dunque, ma anche esperienza, attività e comunità amicale, come aveva bene intuito il metodo della Gioventù Studentesca. A questo proposito è significativo il titolo dato al cap. VIII del DB: «La catechesi nella pastorale della Chiesa locale».
    Non fatto isolato è dunque la catechesi, ma «momento centrale di ogni attività pastorale» perché la «parola di Dio è essenziale per ogni esperienza cristiana» (DB, n. 143).

    • Infine il piano organico degli obiettivi, deve tener presente gli ambienti in cui si attua la catechesi: famiglia, parrocchia, gruppo o associazione, scuola (cap. VIII del DB). Occorre evitare il fenomeno così attuale nella prassi catechistica dei doppioni, delle lacune, perfino delle contraddizioni, per curare una più sapiente caratterizzazione degli interventi, che non può «ridursi a una distribuzione quantitativa dei compiti o della materia da insegnare, né ad espedienti metodologici esteriori» (DB, n. 159).

    Obiettivi per una catechesi dei preadolescenti

    In base alle considerazioni fatte precedentemente, tentiamo ora di indicare alcuni obiettivi che ci sembrano essenziali in una pastorale catechistica per l'età della preadolescenza.

     Attuare una sufficiente proposta di fede. Si è già detto che la dimensione cognitiva fa parte della mentalità di fede. Anche per il preadolescente è dunque necessaria una adeguata «informazione» sulla propria fede. Si tenga presente che questa è l'età della «esplorazione», della «scoperta». L'educatore deve quindi allargare le esperienze del preadolescente (parrocchia, diocesi, chiesa missionaria, liturgia, ecc.), apportare elementi di novità alla sua conoscenza del cristianesimo, tentare una prima organizzazione dei dati della fede.
    La I e II media rappresentano forse un'ultima occasione per fondare nella coscienza del giovane cristiano i punti essenziali della fede. Poi ci si butterà (già a partire dalla III media) nei problemi dell'esistenza, per riprendere un discorso più «oggettivo» e sistematico solo nell'età adulta. Non si deve dunque perdere questa occasione per fornire alcuni punti di riferimento ben determinati, che sosterranno il modo di vedere e giudicare secondo la fede nell'età seguente.

     Realizzare l'integrazione tra la proposta di fede e l'esperienza quotidiana fino a far acquistare un senso cristiano della propria vita. Tutta la vita va assunta nella catechesi per essere confrontata con la Parola di Dio; tutta la vita va integrata nella fede, tutta la fede deve essere capace di impegnare la vita. Si tenga presente che la personalità del preadolescente è ancora in costruzione e ha perciò bisogno di essere sostenuta dall'educatore, di «identificarsi» nella personalità di adulti che rappresentano il suo «io ideale». Di qui nasce quella «pedagogia dell'eroe» che costituisce una caratteristica della catechesi in questa età. Eroi sono i personaggi della bibbia, i santi di altri tempi ma con più forza quelli nostri contemporanei, eroe è soprattutto Gesù Cristo.

     Iniziare alla lettura dei segni che Dio fa nella Chiesa.
    C'è chi ha concepito la catechesi come lettura e interpretazione dei segni che Dio fa nella Chiesa, cioè della vita di fede reale e concreta della comunità cristiana. Fa parte della catechesi della preadolescenza, l'esplorazione della comunità parrocchiale e diocesana (la sua organizzazione, le associazioni, le attività caritative e missionarie; i suoi testimoni: sacerdoti, religiosi e laici, ecc.); e possibilmente una conoscenza elementare della storia della Chiesa (perché non affrontare in parrocchia lo studio di questa meravigliosa storia della salvezza che si attua per mezzo della Chiesa?). Ma il miglior avvicinamento dei segni che Dio fa nella Chiesa, è quello che si attua per mezzo di forti personalità di credenti ed educatori cristiani
    Per questo è da sostenere e coadiuvare il compito dei genitori, e da rivalutare il ruolo dell'Azione Cattolica Ragazzi (o di associazioni simili) nell'ambito parrocchiale.

     Promuovere una adeguata espressione della fede.
    La fede, destata e approfondita nella catechesi, domanda di potersi esprimere secondo il grado di maturità raggiunta dal soggetto. La catechesi aiuterà il preadolescente a trovare un modo proprio e originale di manifestare la propria adesione a Cristo:
    • nell'agire cristiano: ricercando un comportamento morale conforme alla fede, e partecipando all'azione evangelizzatrice e alla testimonianza della Chiesa;
    • nell'espressione orale: il cristiano deve poter dire ciò che egli crede, aiutato in questo dalle formule di fede della Chiesa, dalle espressioni della preghiera liturgica, dal contenuto della catechesi;
    • nella celebrazione liturgica in cui si attua un'autentica «professi() fidei» personale e comunitaria.

     Sostenere e guidare l'appartenenza alla Chiesa e al mondo.
    proprio negli anni della preadolescenza, che i giovani cominciano ad abbandonare la pratica religiosa, e a sperimentare la difficoltà di conciliare le esigenze della Chiesa con quelle del mondo.
    Uno dei compiti principali della catechesi in questo periodo è perciò quello di sostenere il senso dell'appartenenza alla Chiesa sia tramite un'adeguata informazione sulla natura e missione della Chiesa nel mondo d'oggi, sia per mezzo dell'esperienza di gruppo. Nel gruppo dei coetanei, nel quale è ancora necessaria e richiesta la presenza dell'educatore, il preadolescente scoprirà in modo vivo e immediato il significato della Parola di Dio per la vita d'oggi, della preghiera condivisa con i fratelli, della «comunione» realizzata nel nome di Cristo.
    Soprattutto l'educatore farà notare che il progetto di realizzarsi nella Chiesa non estrania dal mondo. Il progetto cristiano ha come obiettivo l' «uomo nuovo» in un mondo rinnovato per la presenza del Cristo risorto.
    Tutto ciò che si opera per l'edificazione della pace, della giustizia, della fratellanza nel mondo, non è indifferente al Regno di Dio.

    Conclusione

    Il discorso che abbiamo fatto sugli obiettivi, realizza due esigenze imprescindibili della pastorale catechistica nell'età della preadolescenza:

     Tiene conto del nuovo concetto di catechesi, come è voluto dal DB, per cui catechesi non è:
    – un insegnamento anonimo e atemporale
    – una formazione individualistica
    – un metodo di indottrinamento
    – una formulazione astratta e nozionistica della fede
    – un programma da svolgere, degli esami da dare, un concorso a cui ottemperare, ecc.;
    ma «un'azione nella quale degli esseri concreti assumono secondo le proprie capacità la loro esistenza umana, ascoltano nella Chiesa la parola di Dio, riconoscono il senso cristiano della loro vita, ed esprimono la loro fede al Dio di Gesù Cristo» (DB francese per la catechesi nelle classi di 6a e 5a, p. 21 e 22).

     Si passa così da una catechesi-insegnamento a una catechesi-catecumenato.
    È infatti necessario che la catechesi si ponga a livello di esperienza catecumenale, dal momento che il battesimo viene amministrato ai bambini, e che né famiglia né società si assumono il compito di costituire per il battezzato un'esperienza di vita cristiana.
    La catechesi deve organizzarsi il più possibile come catecumenato, in cui accanto all'insegnamento si colloca l'esperienza dell'agire cristiano, la comunione realizzata in gruppo, la ricerca di un'espressione di fede adatta agli uomini del nostro tempo.

    NOTE

    [1] Si veda ad es. G.C. NEGRI, Una catechesi per la vita quotidiana, «Via, verità e vita», 1970, n. 29, p. 16.
    [2] J. AUDINET, Le renouveau catéchétique dans la situation contemporaine, «Catéchèse», 1969, p. 36.
    [3] U. GIANETTO, Natura e compiti della catechesi, in: «Il rinnovamento della catechesi in Italia», Edizioni PAS, 1970, p. 48.
    [4] G.C. NEGRI, Il coordinamento catechistico in vista dell'unità della persona, in: «Il rinnovamento della catechesi in Italia», Edizioni PAS, 1970, p. 135 ss.

     

      Roberto Giannatelli   (NPG 1970-11-63)     Continua la serie promessa di articoli sul problema scottante del «volto nuovo» della catechesi ai preadolescenti. Dopo l'esame sulla situazione attuale (1970, V), sono ora presi in considerazione gli obiettivi cui tendere.     SECONDA PARTE GLI OBIETTIVI   Il problema   Oggi più che ieri il problema del fine della catechesi è al centro del discorso catechistico, per cui risulta abituale impostare un piano educativo e pastorale a partire dalla considerazione delle finalità remote e degli obiettivi prossimi da raggiungere. Per inquadrare poi questo prevalente interesse verso il fine della catechesi, si è soliti riscoprire nel movimento catechistico del nostro secolo tre momenti che ne caratterizzano lo sviluppo [1]:   + All'inizio del secolo l'interesse maggiore è stato rivolto agli aspetti metodologici. Di fronte alla crescente scristianizzazione delle masse, si poneva la domanda: perché la catechesi non è più capace di formare nuove generazioni di cristiani? Si riteneva allora di poter individuare la risposta sul piano del metodo: la catechesi non è efficace perché parla un linguaggio astratto ed estraneo alla psicologia del fanciullo, non usa metodi adeguati come invece si verifica per le materie profane, il libro di religione non presenta le qualità di un buon testo scolastico, ecc. Espressione di questo movimento di idee è il famoso «metodo di Monaco» elaborato dai catechisti tedeschi fin dall'inizio del secolo ma introdotto nel Catechismo ufficiale solo nel 1955 (si tratta del «Katholischer Katechismus» per i ragazzi di 10-13 anni), come pure l'accettazione e l'introduzione nella catechesi dei metodi attivi (Congresso di Vienna del 1928).   ^ I catechisti migliorarono dunque i loro metodi, ma i risultati conseguiti non sembravano corrispondere agli sforzi compiuti. Ritornava perciò a porsi la domanda: perché la catechesi non è efficace? Questa volta l'attenzione si rivolge alle questioni relative al contenuto: influiscono evidentemente sui catecheti la famosa controversia cherigmatica (Jungmann, 1936, ecc.), come pure i primi consolanti risultati ottenuti dal movimento biblico e liturgico. La catechesi non è efficace perché non è «vera», e non è vera perché non è fedele alla parola di Dio, troppo lontana dalle fonti vive della bibbia, della liturgia, della tradizione della Chiesa. Il movimento catechistico ha conosciuto brillanti realizzazioni ispirate a questo ritorno alle fonti della fede, come sono i catechismi di Colomb in Francia, il già ricordato catechismo tedesco del 1955, il catechismo australiano del 1963, ecc. Ma la domanda di prima ritorna incalzante e bruciante anche a proposito di queste catechesi rinnovate nel loro contenuto: perché non interessano i giovani d'oggi? perché non li «convincono»? perché sono incapaci di formare nelle loro personalità autentiche mentalità di fede?   ^ Questa volta la ricerca viene orientata nel senso del fine della catechesi. «Noi abbiamo fatto la metà del cammino: rinnovare la nostra catechesi attraverso un ritorno alle sue fonti bibliche, liturgiche, dottrinali; la seconda parte resta da fare: rinnovarla per mezzo di un riferimento nuovo all'uomo» [2]. Il fine è l'uomo, l'uomo «teologale» da abilitare a vivere con «mentalità di fede» le situazioni significative dell'esistenza quotidiana, da impegnare nel gruppo cristiano in un coraggioso progetto di trasformazione del mondo, che avanza di giorno in giorno verso il compimento finale, quando Dio ci darà «cieli nuovi e terre nuove».   Come si imposta il problema degli obiettivi   Siamo soliti distinguere gli obiettivi dai fini della catechesi. I fini sono le mete ultime a cui tende tutta la dinamica catechistica. Il discorso sui fini contiene dunque le considerazioni di tipo generale sul senso dell'azione catechistica, su ciò che in ultima analisi deve conseguire se vuole essere e realizzare se stessa. È in fondo una teologia dell'atto di fede (come pure la riflessione teologica sull'azione della Chiesa) a illuminare questo problema. Quando parliamo di obiettivi, vogliamo invece indicare quei traguardi ravvicinati che l'educatore deve proporsi di far raggiungere ai propri soggetti in un certo arco di tempo (in questo anno scolastico, con questa catechesi d'iniziazione sacramentale, ecc.) inserendosi organicamente in un piano educativo e pastorale più vasto. A questo livello la riflessione teologica non è esclusiva. Essa rimane un punto di riferimento insostituibile, ma va integrata con altre considerazioni di tipo antropologico: la psicologia di un'età, il condizionamento sociologico che ne riceve, il contesto scolastico ed educativo in cui si inserisce l'opera catechistica, ecc. Sul piano degli obiettivi deve dunque verificarsi un incontro tra dato teologico e dato antropologico, per dar vita a un progetto originale e creativo che proponga un insieme di obiettivi, contenuti e metodi specifici per una data età e in un certo ambiente. Il discorso sugli obiettivi evita dunque l'astrattezza e i genericismi, per tentare di essere il più concreto e realistico possibile. Cercheremo ora di impostare il problema degli obiettivi riferendoci al periodo della preadolescenza, quello che va dagli 11 ai 14 anni circa, praticamente agli anni della scuola media. Come procederemo?   Il fine della catechesi   Un punto di riferimento obbligato sono, come si è detto, le considerazioni sul fine della catechesi. Un'indicazione valida e autorevole a questo riguardo ci viene dal «documento base» (DB) per il nuovo catechismo italiano che tratta appunto questa problematica nel suo insieme, senza scendere alle specificazioni che sarebbero richieste dalle singole età e periodi di sviluppo. Il DB (cap. 3°) sintetizza ed esprime ciò che intende per fine della catechesi, nella formula: mentalità di fede, intendendo con queste parole l'abitazione (o abito o virtù) a pensare e a giudicare secondo il pensiero di Cristo nelle situazioni quotidiane di vita, in vista di una piena inserzione nella Chiesa a servizio del mondo (n. 38). Secondo il DB, sono elementi costitutivi di una mentalità di fede: • l'esplicazione della fede battesimale: cioè la dimensione conoscitiva della propria adesione a Cristo nella Chiesa, una sufficiente «informazione» circa la fede cristiana. Non ogni informazione però è suscettibile di essere integrata nella mentalità di fede, ma solo quella che è capace di diventare «valore e motivo» (DB, n. 40) per la vita del cristiano. Per questo il DB si dilunga in seguito a precisare il modo con cui vanno presentate e strutturate «pedagogicamente» nel soggetto le verità della fede (cap. IV, V e VI); • l'iniziazione alla vita ecclesiale. La fede non è solo conoscenza, ma adesione al Dio di Gesù Cristo nella Chiesa. Ora questa adesione a Dio matura nel soggetto attraverso un processo di «socializzazione» per cui cresce in lui il senso di «appartenenza» alla Chiesa, alla sua fede, al suo culto, alla sua carità; • espressione concreta di questa iniziazione alla carità della Chiesa, è l'apertura agli altri, tra i quali il DB considera come categorie privilegiate i poveri d'ogni specie innanzitutto (DB, nn. 125-126), e poi i fratelli separati, i non cristiani, i non credenti (DB, nn. 49-51); • l'integrazione tra fede e vita. C'è «mentalità di fede», dove fede e vita, esperienza umana ed esperienza cristiana, impegno per la Chiesa e impegno per il mondo, non sono due realtà separate ma risultano integrate nell'unità della persona del credente (DB, n. 159). La fede non costituisce infatti un mondo a sé, ma si inserisce come «significato salvifico» nella «vita quotidiana dell'uomo» (DB, 52), come il lievito nella pasta. La mentalità di fede implica necessariamente un elemento informatore (la conoscenza della fede), ma ancora più un atteggiamento abituale, cioè l'inclinazione della volontà, della emotività, della sensibilità, di tutto l'uomo, a realizzare l'integrazione tra un fatto di esperienza e un punto di riferimento fisso e abituale: l'adesione di fede al piano di amore e di salvezza di Dio in Gesù Cristo [3].   Le componenti psico-sociologiche   In secondo luogo vanno tenute presenti le componenti psico-sociologiche dell'età della preadolescenza. Il DB ritiene che la proposta di fede vada attuata secondo il «bisogno di fede», la «vocazione e situazione» di ciascuno (n. 74; cfr. anche 75 dove si dice che la «misura e il modo» della catechesi sono «variabili e relativi alle attitudini e necessità di fede dei singoli cristiani e al contesto di cultura e di vita in cui si trovano»). Trova qui giustificazione il riferimento al soggetto della catechesi, e non solo alle esigenze oggettive della trasmissione di un astratto «deposito della fede». Nella formulazione degli obiettivi deve dunque trovar posto tutto quel mondo di cui vive il preadolescente:   • le novità della sua crescita dal punto di vista psicologico: il passaggio dal pensiero logico-concreto al pensiero logico-formale con nuove possibilità di comprensione e organizzazione del messaggio cristiano; l'apparire della pubertà con nuovi bisogni e interessi; l'ampliamento delle esperienze sociali con la progressiva desatellizzazione dal nucleo familiare verso una sempre maggiore inserzione nel gruppo dei coetanei; lo sviluppo morale con l'affermarsi della coscienza autonoma sulla regola esterna imposta dagli adulti; il progressivo abbandono di una religiosità infantile, antropomorfica, magica, ricevuta per tradizione, verso una religiosità più personale e responsabile o purtroppo verso l'abbandono della pratica religiosa e della Chiesa, ecc.;   • i condizionamenti di tipo sociologico, come sono la «rivoluzione scientifica e tecnologica, il processo di secolarizzazione, la diffusione del benessere e della civiltà dei consumi, gli squilibri sociali ed economici, il nuovo volto della famiglia nella società, la diffusione della cultura, la trasmissione di idee e di valori attraverso gli strumenti di comunicazione sociale, il pluralismo culturale e religioso, la urbanizzazione, la democratizzazione della società, la nuova coscienza della dignità e della responsabilità personale dell'uomo» (DB, n. 128). I preadolescenti sono sensibili all'evoluzione del mondo attuale, sono influenzati dalle sue conquiste, dalle scoperte, dal suo stile di vita che fanno del nostro mondo «un mondo che cambia»;   • l'inserimento nella realtà della scuola media, con la pluralità di discipline, di testi e di insegnanti; il pluralismo delle idee e dei progetti (per cui la Chiesa appare sempre più in situazione di diaspora, come «piccolo gregge» in un grande mondo); i nuovi metodi di insegnamento e di conduzione della comunità scolastica, ecc.;   • non va infine dimenticata l'ambiguità propria di questa tappa dello sviluppo umano: maturazione di una psicologia del fanciullo agli 11 anni e progressivo delineamento dei tratti di una personalità adolescenziale verso i 13-14; desatellizzazione della famiglia e, insieme, bisogno dei genitori e degli educatori; differenziazione accentuata della maturazione tra maschi e femmine (con un anticipo di quest'ultime) specialmente verso gli 11-13 anni, ecc.   In una pastorale d'insieme   È necessario inserirsi in un piano educativo e pastorale d'insieme. Il DB afferma che «ogni età dell'uomo ha il suo proprio significato in se stessa e la sua propria funzione per il raggiungimento della maturità», per cui «errori o inadempienze, verificatesi a una certa età, hanno talvolta conseguenze molto rilevanti per la personalità dell'uomo e del cristiano» (n. 134). Ogni età ha dunque il diritto a una adeguata catechesi, o, meglio, a un proprio catecumenato che consenta di scoprire di nuovo la fede e di farne una corrispondente esperienza nella comunità cristiana. Una condizione necessaria per questa maturazione della personalità, è che l'intervento catechistico si inserisca in un organico e completo piano di sviluppo che va dall'infanzia all'età matura. È questo il punto cruciale che attende i compilatori dei 4 o 5 «catechismi di base» previsti dal DB. Secondo quali principi si dovrà dunque inserire la catechesi della preadolescenza nel piano educativo e pastorale d'insieme?   • Una prima ovvia considerazione è la seguente: si dovrà tener conto degli interventi catechistici che precedono questa età e di quelli che seguono. Ad es. della iniziazione biblica e liturgica già attuata nella fanciullezza, della completezza dell'esposizione della fede che verrà fatta nell'età adulta, ecc.   • In secondo luogo, la catechesi non va isolata da altri interventi di carattere educativo e pastorale che si realizzano parallelamente durante la preadolescenza come sono l'esperienza liturgica e l'appartenenza a una comunità cristiana, ma inserita in una pastorale a tre dimensioni. Secondo G. C. Negri tutte le energie messe in moto dall'azione pastorale della Chiesa, si possono concentrare attorno a tre momenti principali che rappresentano altrettanti settori dell'attività del singolo e del gruppo umano [4]: 1. il settore della coscienza (l'insieme dei concetti che uno si forma di sé, della vita, degli altri, del mondo; la «coscientizzazione» del gruppo), al quale corrisponde la pastorale catechistica; 2. il settore dell'attività (il campo degli interventi personali e di gruppo sulla realtà, delle trasformazioni con cui l'uomo realizza se stesso e il mondo) cui corrisponde la pastorale liturgica e dei sacramenti; 3. il settore della comunione (il mondo delle relazioni intersoggettive di cui l'uomo vive) cui corrisponde una pastorale di comunione per l'edificazione della comunità cristiana. Ora, il principio che regge il coordinamento della catechesi con il resto dell'attività pastorale, può essere espresso plasticamente così: «non tre catechesi, ma una catechesi, un'esperienza, una comunità». Non basta cioè moltiplicare le ore di catechismo, se queste non sono accompagnate e sostenute dall'esperienza del «fare cristiano» (la vita morale è il primo culto a Dio, che trova la fonte e il vertice nell'Eucaristia) e della comunità cristiana. Non solo circolazione di idee dunque, ma anche esperienza, attività e comunità amicale, come aveva bene intuito il metodo della Gioventù Studentesca. A questo proposito è significativo il titolo dato al cap. VIII del DB: «La catechesi nella pastorale della Chiesa locale». Non fatto isolato è dunque la catechesi, ma «momento centrale di ogni attività pastorale» perché la «parola di Dio è essenziale per ogni esperienza cristiana» (DB, n. 143).   • Infine il piano organico degli obiettivi, deve tener presente gli ambienti in cui si attua la catechesi: famiglia, parrocchia, gruppo o associazione, scuola (cap. VIII del DB). Occorre evitare il fenomeno così attuale nella prassi catechistica dei doppioni, delle lacune, perfino delle contraddizioni, per curare una più sapiente caratterizzazione degli interventi, che non può «ridursi a una distribuzione quantitativa dei compiti o della materia da insegnare, né ad espedienti metodologici esteriori» (DB, n. 159) .   Obiettivi per una catechesi dei preadolescenti   In base alle considerazioni fatte precedentemente, tentiamo ora di indicare alcuni obiettivi che ci sembrano essenziali in una pastorale catechistica per l'età della preadolescenza.   ^ Attuare una sufficiente proposta di fede. Si è già detto che la dimensione cognitiva fa parte della mentalità di fede. Anche per il preadolescente è dunque necessaria una adeguata «informazione» sulla propria fede. Si tenga presente che questa è l'età della «esplorazione», della «scoperta». L'educatore deve quindi allargare le esperienze del preadolescente (parrocchia, diocesi, chiesa missionaria, liturgia, ecc.), apportare elementi di novità alla sua conoscenza del cristianesimo, tentare una prima organizzazione dei dati della fede. La I e II media rappresentano forse un'ultima occasione per fondare nella coscienza del giovane cristiano i punti essenziali della fede. Poi ci si butterà (già a partire dalla III media) nei problemi dell'esistenza, per riprendere un discorso più «oggettivo» e sistematico solo nell'età adulta. Non si deve dunque perdere questa occasione per fornire alcuni punti di riferimento ben determinati, che sosterranno il modo di vedere e giudicare secondo la fede nell'età seguente.   ^ Realizzare l'integrazione tra la proposta di fede e l'esperienza quotidiana fino a far acquistare un senso cristiano della propria vita. Tutta la vita va assunta nella catechesi per essere confrontata con la Parola di Dio; tutta la vita va integrata nella fede, tutta la fede deve essere capace di impegnare la vita. Si tenga presente che la personalità del preadolescente è ancora in costruzione e ha perciò bisogno di essere sostenuta dall'educatore, di «identificarsi» nella personalità di adulti che rappresentano il suo «io ideale». Di qui nasce quella «pedagogia dell'eroe» che costituisce una caratteristica della catechesi in questa età. Eroi sono i personaggi della bibbia, i santi di altri tempi ma con più forza quelli nostri contemporanei, eroe è soprattutto Gesù Cristo.   ^ Iniziare alla lettura dei segni che Dio fa nella Chiesa. C'è chi ha concepito la catechesi come lettura e interpretazione dei segni che Dio fa nella Chiesa, cioè della vita di fede reale e concreta della comunità cristiana. Fa parte della catechesi della preadolescenza, l'esplorazione della comunità parrocchiale e diocesana (la sua organizzazione, le associazioni, le attività caritative e missionarie; i suoi testimoni: sacerdoti, religiosi e laici, ecc.); e possibilmente una conoscenza elementare della storia della Chiesa (perché non affrontare in parrocchia lo studio di questa meravigliosa storia della salvezza che si attua per mezzo della Chiesa?) . Ma il miglior avvicinamento dei segni che Dio fa nella Chiesa, è quello che si attua per mezzo di forti personalità di credenti ed educatori cristiani Per questo è da sostenere e coadiuvare il compito dei genitori, e da rivalutare il ruolo dell'Azione Cattolica Ragazzi (o di associazioni simili) nell'ambito parrocchiale.   ^ Promuovere una adeguata espressione della fede. La fede, destata e approfondita nella catechesi, domanda di potersi esprimere secondo il grado di maturità raggiunta dal soggetto. La catechesi aiuterà il preadolescente a trovare un modo proprio e originale di manifestare la propria adesione a Cristo: • nell'agire cristiano: ricercando un comportamento morale conforme alla fede, e partecipando all'azione evangelizzatrice e alla testimonianza della Chiesa; • nell'espressione orale: il cristiano deve poter dire ciò che egli crede, aiutato in questo dalle formule di fede della Chiesa, dalle espressioni della preghiera liturgica, dal contenuto della catechesi; • nella celebrazione liturgica in cui si attua un'autentica «professi() fidei» personale e comunitaria.   ^ Sostenere e guidare l'appartenenza alla Chiesa e al mondo. proprio negli anni della preadolescenza, che i giovani cominciano ad abbandonare la pratica religiosa, e a sperimentare la difficoltà di conciliare le esigenze della Chiesa con quelle del mondo. Uno dei compiti principali della catechesi in questo periodo è perciò quello di sostenere il senso dell'appartenenza alla Chiesa sia tramite un'adeguata informazione sulla natura e missione della Chiesa nel mondo d'oggi, sia per mezzo dell'esperienza di gruppo. Nel gruppo dei coetanei, nel quale è ancora necessaria e richiesta la presenza dell'educatore, il preadolescente scoprirà in modo vivo e immediato il significato della Parola di Dio per la vita d'oggi, della preghiera condivisa con i fratelli, della «comunione» realizzata nel nome di Cristo. Soprattutto l'educatore farà notare che il progetto di realizzarsi nella Chiesa non estrania dal mondo. Il progetto cristiano ha come obiettivo 1' «uomo nuovo» in un mondo rinnovato per la presenza del Cristo risorto. Tutto ciò che si opera per l'edificazione della pace, della giustizia, della fratellanza nel mondo, non è indifferente al Regno di Dio.   Conclusione   Il discorso che abbiamo fatto sugli obiettivi, realizza due esigenze imprescindibili della pastorale catechistica nell'età della preadolescenza:   ^ Tiene conto del nuovo concetto di catechesi, come è voluto dal DB, per cui catechesi non è: – un insegnamento anonimo e atemporale – una formazione individualistica – un metodo di indottrinamento – una formulazione astratta e nozionistica della fede – un programma da svolgere, degli esami da dare, un concorso a cui ottemperare, ecc.; ma «un'azione nella quale degli esseri concreti assumono secondo le proprie capacità la loro esistenza umana, ascoltano nella Chiesa la parola di Dio, riconoscono il senso cristiano della loro vita, ed esprimono la loro fede al Dio di Gesù Cristo» (DB francese per la catechesi nelle classi di 6a e 5a, p. 21 e 22).   ^ Si passa così da una catechesi-insegnamento a una catechesi-catecumenato. È infatti necessario che la catechesi si ponga a livello di esperienza catecumenale, dal momento che il battesimo viene amministrato ai bambini, e che né famiglia né società si assumono il compito di costituire per il battezzato un'esperienza di vita cristiana. La catechesi deve organizzarsi il più possibile come catecumenato, in cui accanto all'insegnamento si colloca l'esperienza dell'agire cristiano, la comunione realizzata in gruppo, la ricerca di un'espressione di fede adatta agli uomini del nostro tempo.

     


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