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    La decisione all'interno dei gruppi e i problemi della corresponsabilità



    Mario Pollo

    (NPG 1970-12-43)

    Ogni realizzazione di corresponsabilità è mediata all'interno di un gruppo: gode dei suoi apporti e ne soffre i condizionamenti.
    La corresponsabilità non è solo questione di buona volontà o di ricerca di intesa. Anzi, una buona volontà che non diventi capacità professionale (e quindi conoscenza precisa dei dinamismi che sono in gioco) è un controsenso: un rifiuto pratico di quanto si afferma a parole.
    Il discorso è serio. Non è questa la sede per affrontarlo. Ci basta averlo indicato.
    Da qui, l'urgenza di uno studio a carattere scientifico sulla psico-sociologia della decisione all'interno dei gruppi e del conseguente problema della corresponsabilità dei membri.
    L'articolo che segue va letto con attenzione. Soprattutto per ritrovarvi le implicanze pratiche, proporzionate al proprio ambiente.
    Si tratta cioè di fare una traduzione in termini spiccioli e operativi di un insieme di sottolineature che possono fornirci una griglia di esame di coscienza, per la nostra gestione educativa e pastorale (ancora una volta ritorna la scelta di fondo della nostra linea pastorale: l'innesto).
    O che possono lasciare il tempo che trovano, se sono relegate acriticamente e affrettatamente tra le cose belle ma inutili, tra la «teoria» offerta a chi ha fame di praticità.

    La dinamica di gruppo e le altre branchie scientifiche che ed occupano dei problemi di opinione e delle modalità di decisione all'interno di aggregati umani, pur nella loro presunzione di aver iniziato l'esplorazione di questo dominio, hanno chiarito solo parzialmente e con molta approssimazione la struttura di questo fenomeno, alla comprensione del quale molti filosofi «vecchi» e «antichi» hanno dedicato parte non indifferente del loro lavoro.
    Ancora oggi il problema della decisione è un mistero, che solo la poesia e l'arte hanno illuminato con rapidi e fuggevoli sguardi che ne hanno evidenziato la bellezza, non spiegandolo però più di quanto possa essere spiegata la comparsa di un mitico fiore nel deserto.
    Ma perché parlarne allora?
    Perché esistono alcune «comprensioni» che pur non spiegandolo completamente hanno il dono di chiarire sul come fare perché la decisione non diventi falsa e non sia un comodo paravento dietro il quale spegnere la nostra incertezza e la nostra insicurezza.

    PROCESSI E DIFFICOLTÀ
    PER LA FORMAZIONE DI UNA OPINIONE

    L'opinione

    Lo studio della decisione deve concentrare la sua attenzione sul fenomeno dell'opinione, che è il momento precedente e condizionante l'atto libero di volontà della decisione.
    L'opinione è la fonte dei giudizi, l'espressione di sentimenti e di valori, che l'individuo vive in un determinato momento della sua storia. È il mezzo più rapido ed immediato per smorzare l'angoscia, l'insicurezza che deriva dal vivere un momento che coinvolge e richiede una risposta che ponga un punto fisso; che permetta un atteggiamento consono alla propria storia individuale e che non mini il proprio sistema di credenze e di valori e nello stesso tempo non isoli l'individuo dai suoi schemi sociali di riferimento.
    Se questo è valido quando l'individuo è costretto nell'ambito di una discussione, o coinvolto in una situazione, lo è altrettanto anche quando è spettatore dl qualcosa che non vuole comprendere od al quale non vuole partecipare. L'atteggiamento del non immischiarsi, del « sono cose che non mi riguardano », eccetera, pur nella sua passiva indifferenza, è la manifestazione di una opinione strettamente ancorata a schemi sociali di riferimento che permette all'individuo od al gruppo di non affrontare l'insicurezza, l'angoscia, la messa in forse di sistemi tradizionali. Per questa sua funzione immediata, vitale, fortemente influenzata da fattori sociali, l'opinione può variare nella sua forma a seconda del particolare gruppo sociale nel quale l'individuo si trova a manifestarla e dalla forza degli schemi di riferimento di natura sociale gruppale.
    È poi da notare che più l'individuo od il gruppo sociale sono informati intorno all'oggetto di opinione, tanto più questa tenderà a staccarsi dal soggettivo e stereotipo per tendere all'oggettivo. Infatti il non conoscere, il non poter giudicare intorno a qualche cosa della quale pur sappiamo l'esistenza, è fonte naturale di insicurezza. Per questo l'uomo ha elaborato dei mezzi che gli consentano di intendere quello che direttamente non può intendere, per ricordare una quantità di cose che la sua memoria non gli permetterebbe di ricordare, per vedere quello che il suo occhio non può direttamente osservare. E i mezzi di comunicazione puntualmente portano questi concentrati di conoscenza nella forma più consona alle credenze ed ai valori dei gruppi sociali ai quali sono destinati.
    Questa informazione a volte costituita da una immagine, da una parola, da un'impressione, è filtrata secondo il proprio schema di valori, e destinata ad aumentare ed a consolidare il bagaglio di opinioni soggettive e stereotipe.
    Tanto più invece l'informazione sarà estesa, ampia, a costo di mettere in crisi le proprie certezze i propri valori, tanto più la opinione si sposterà dal polo stereotipo a quello obbiettivo. L'informazione è perciò un altro aspetto molto importante (insieme all'opinione, ai sistemi di valori connessi alla storia individuale e sociale dell'individuo) al fine di comprendere il processo della decisione.

    PRESSIONE DI CONFORMITÀ E GRUPPO AUTORITARIO

    Si è parlato prima della possibilità di variazione della forma di opinione a seconda del gruppo nel quale l'individuo si trova a manifestarla e della forza degli schemi sociali di riferimento ai quali egli è soggetto.
    Si è qui in presenza del fenomeno della pressione di conformità che ogni gruppo esercita in maggiore o minore misura sui suoi membri. È chiaro che questa tanto sarà più forte e coercitiva, tanto più il margine di variazione concessa sarà piccolo, e il rischio di sanzioni per la non conformità sarà grande. La pressione di conformità avrà maggiore efficacia quanto più la informazione dei membri intorno all'oggetto di opinione sarà ridotta. Per cui nei gruppi molto coerciti si avrà a priori una selezione dell'informazione destinata ai membri, ed una concentrazione di questa agli alti gradi della struttura gerarchica formale.
    Il tipo di gruppo, democratico o autoritario, e la pressione di conformità
    da esso esercitata è un altro aspetto da tenere presente nell'esame del processo di decisione.
    Occorre inoltre tenere presente che la pressione di conformità oltre ad essere grande in assenza di informazione da parte dei membri del gruppo, od in strutture autoritarie molto rigide, lo è quando la decisione e l'opinione riguardano la realtà del gruppo e la sua esistenza. In questi casi si assiste all'unanimità, che spesse volte è lo strumento più comodo per assorbire i dissensi, le istanze di rinnovamento o i tentativi di scissione all'interno del gruppo. Si ha allora la creazione o l'ingigantimento di pericoli esterni, oppure si fa balenare l'immagine delle conseguenze umilianti connesse alla perdita dei privilegi della comunità e del gruppo.

    In rapporto alla maturità del gruppo

    Altri fattori importanti sono poi quelli connessi alla struttura informale
    dei gruppi, alla ripartizione della simpatia e antipatia che condizionano l'adesione o il rifiuto a certe formule di opinione.
    Tanto più questa struttura sarà accentuata, tanto più esse saranno condizionate, sia nell'adesione che nel rifiuto, dall'esistenza di sottogruppi e di leaders informali.
    Questi fattori tendono però a perdere importanza in rapporto direttamente proporzionale alla maturità del gruppo.
    A scanso di equivoci è bene chiarire ciò che si intende per maturità di gruppo.
    Un gruppo può considerarsi maturo quando ha toccato le seguenti tappe del suo processo evolutivo:
    • Quando i membri hanno trovato sicurezza nella situazione di gruppo e rinunciato alle loro maschere connesse alla posizione sociale ed al prestigio.
    • Quando i membri hanno realizzato la fiducia interpersonale e hanno perciò rinunciato ai loro atteggiamenti di difesa e di aggressione per accettare la tolleranza reciproca.
    • Quando ogni membro partecipa attivamente alla vita del gruppo, è provocato e si fa provocatore, accetta sia il ruolo di consenso che eventualmente quello di dissenso. Dà un contributo non formale o convenzionale ma quello che sgorga dalla sua esperienza e dalla sua storia. Nasce cioè la cooperazione.
    • Quando il gruppo si organizza, diventa funzionale e prende coscienza di sé, dei propri limiti, del proprio ruolo nel sistema sociale.
    • Quando è in grado di autogestirsi, di assorbire e regolare le tensioni negative in modo da poter intervenire attivamente nella modificazione della situazione nella quale vive il suo momento.
    A queste tappe classiche formulate dagli studiosi della dinamica di gruppo è opportuno aggiungere un aspetto qualitativo, ossia la democraticità, che consiste nella strutturazione del gruppo secondo modelli di comunicazione orizzontali e non gerarchizzati, e nell'ampio margine di tolleranza concesso al dissenso.

    Decisione e corresponsabilità

    Da quanto detto sino ad ora emerge in modo chiaro che una vera decisione di gruppo deve passare attraverso una reale partecipazione di ogni membro ad essa. Partecipazione che deve essere caratterizzata dall'effettivo contributo, e non dall'acquiescenza di comodo che evita ogni insicurezza, ogni angoscia e permette di dissociare dentro di sé, a mo' di alibi morale, le proprie responsabilità da quelle del gruppo. Tipico esempio di ciò è quello dato dagli ufficiali nazisti che accettarono tutte le decisioni del gruppo al quale appartenevano per poi giustificarsi con lo «Ho eseguito gli ordini», «Non potevo fare diversamente».

    Condizioni

    Ma perché questa corresponsabilità nella decisione esista occorre che il gruppo abbia innanzitutto un fine, uno scopo accettato generalmente da tutti i membri o per lo meno consenta anche a coloro che non lo condividono pienamente un contributo anche critico e dissenziale che stimoli il crescere insieme del gruppo e la sua approssimazione ai valori umani e sociali più evoluti.
    Tutti i membri devono essere accettati; la distribuzione della simpatia e dell'antipatia deve essere ottenuta dalla tolleranza e dalla scoperta del contributo di ogni storia ed esperienza individuale, ai fini della storia e dell'esperienza del gruppo.
    Ognuno deve poter usufruire, nella formulazione dell'opinione che porterà alla decisione, della stessa quantità di informazione e poter verificare senza inibizione la propria percezione con quella degli altri.
    Tutto questo non significa però la ricerca della unanimità (perché essa non è mai sintomo di libertà di decisione) ma delle capacità del gruppo di rendere funzionali e stimolanti anche le tensioni negative e il dissenso, in una struttura dialettica non preordinata da maggioranza e minoranza. Il gruppo poi deve possedere una struttura formale di decisione che non svilisca, con un calcolo quantitativo di voti intorno ad una formulazione di opinione, il contributo fondamentale di ognuno, ma formuli la sua decisione attraverso una struttura dialettica il più possibile comprensiva ed aperta.
    Per realizzare questo occorre che esista una reale comunicazione non mediata da strutture autoritarie tra tutti i membri; e che coloro che costituiscono sia la maggioranza che la minoranza siano disposti alla verifica più aperta possibile delle loro posizioni in ordine agli obiettivi di gruppo ed ai valori che esso persegue. Occorre in altre parole un contatto continuo del gruppo con la realtà della situazione nella quale è inserito, il rifiuto del gruppo per il gruppo, un confronto continuo di ogni membro con se stesso, gli altri e il gruppo. Occorre valorizzare perciò la capacità di rinnovare e di riconsiderare la propria esperienza in ogni momento, una estrema flessibilità e capacità di amore e comprensione degli altri e di se stessi, al di fuori di ruoli precostituiti ed abituali.

    La corresponsabilità come atto d'amore

    Tutto questo è senz'altro ideale, ma è un limite al quale bisogna tendere se si vuole dare un senso alla decisione di gruppo, al sacrificio di istanze egoistiche, per essere corresponsabili con altri nella costruzione e nell'edificazione di un progresso umano.
    La corresponsabilità è un atto d'amore che esiste nella misura in cui ognuno sa rischiare, sa sobbarcarsi la paura, l'angoscia, l'insicurezza, i timori, la gioia, e sa mettere in crisi continuamente (cento volte al minuto) se stesso, in un clima di effettiva libertà e partecipazione.
    La quiescenza, il condizionamento, la coercizione non portano una reale decisione, e rendono corresponsabili solamente del proprio egoismo, della propria incapacità di amare.

    Opinione non stereotipa, confrontata con disponibilità, in clima di partecipazione e libertà = decisione corresponsabile per il raggiungimento di un fine più umano.

    Strumenti di lettura di situazioni giovanili

    Note di Pastorale Giovanileha presentato una serie di questionari, utili per rilevamenti di situazioni giovanili. Li segnaliamo, pur ricordando che non ne esistono copie-estratto.

    Inchiesta in preparazione alla programmazione, 1968, VIII-IX, 69-70.
    Inchiesta per la determinazione del livello morale, 1969, I, 79-82.
    Inchiesta sui mezzi di comunicazione sociale, 1968, XI, 7578.
    Inchiesta (Un') sulla confessione degli adolescenti, 1968, X, 61-65.
    Inchiesta sulla educazione e formazione religiosa, 1969, V, 86-91.
    Per iniziare l'attività oratoriana, 1969, VIII-IX, 36-41.
    Ricerca d'opinione sui giovani, 1969, XI, 77-80.


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