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    I contenuti degli esercizi spirituali per i giovani



    Giorgio Gozzelino

    (NPG 1970-01-29)

    Un discorso sugli Esercizi Spirituali dei giovani, come quello che si fa in questo numero della rivista, mancherebbe del suo punto centrale se non considerasse anche la loro dimensione propriamente teologica. Psicologia, sociologia, pedagogia, esperienza personale pratica diretta o indiretta, infatti, hanno nel raggiungimento dei suoi fini un peso rilevantissimo, anzi decisivo. Ma questi fini sono la costruzione della fede viva come è posseduta nella santità della Chiesa e come è incessantemente approfondita e sviluppata anche dottrinalmente, secondo la logica di questa santità, precisamente dalla teologia. E dunque se mancasse l'aspetto teologico, gli Esercizi cesserebbero semplicemente di essere Spirituali, cesserebbero cioè di essere quella tecnica di consolidamento ed avanzamento della vita nello Spirito in cui consiste in fondo la loro essenza ed il loro paradosso. Questo è pacifico per tutti. Ogniqualvolta si deve avviare un corso, l'esigenza di una robusta base teologica si fa sentire pressante ed impellente, ed i responsabili avvertono la necessità di riverificare le cose sostanziali del messaggio cristiano da riproporre.
    Ma il problema sta nelle scelte e nei dosaggi. Non esiste predicatore o moderatore o regolatore di Esercizi (comunque lo si voglia chiamare, data la grande diversità di forme in cui essi ormai sono condotti) che non si chieda quali siano i temi della fede, tra i tanti, che egli deve proporre ai giovani nel caso concreto del corso che ha tra mano. Certo, in qualche modo è la totalità del messaggio cristiano che deve essere annunciata. Ma non si può dire tutto. Anzi, conviene positivamente non dire tutto. Su quali temi, allora, fermarsi? Su quali insistere? Quali possono essere lasciati in ombra?
    È chiaro; dicevamo, che la risposta a queste domande deve tener conto delle esigenze della psicologia, della sociologia e della pedagogia. È chiaro, anzi, che la parte principale deve venire da ciò che si potrebbe chiamare la sapienza profetica del responsabile, e cioè da quella capacità di cogliere con esattezza i problemi e di farne emergere i rispettivi significati cristiani che sola permette alla fede di essere stimolata dall'interno anziché venire artificiosamente sovrapposta dall'esterno. Ma forse non è sempre altrettanto palese che essa dipende anche dalla teologia stessa, che cioè la teologia non è solamente il deposito da cui trarre il materiale da sottoporre a cernita ed a composizione, ma anche essa stessa un ulteriore ed indispensabile criterio di cernita e di composizione.

    PARTIAMO DALLA SUMMA O DAL CATECHISMO OLANDESE?

    Il punto sta qui. Se è del tutto indifferente che il contenuto concreto della predicazione o della riflessione degli Esercizi sia determinato a partire dalla Summa Theologiae di S. Tommaso di Aquino anziché dal Nuovo Catechismo Olandese, il discorso sulla dimensione teologica degli Esercizi si chiude, almeno relativamente al loro contenuto, con l'opportuna esortazione a non intraprenderli senza assicurarsi di avere alla base l'una o l'altra o qualunque sintesi del genere che garantisca la proposizione delle verità di fondo della fede. In tal caso si suppone che la teologia sia un sapere intemporale ed astorico, capace di esprimersi in sintesi ugualmente adatte a qualsiasi epoca o mentalità. Se invece si ritiene che questa cosa indifferente non sia, il dosaggio dei temi che costituirà, dal punto di vista del contenuto teologico, la fisionomia di quel particolare corso, va fatto a partire da quei dosaggi, o equilibri dottrinali e vitali, ben più vasti e però essi stessi già particolari, che sono le teologie del momento (nel senso non dispregiativo, ma apprezzativo, del termine «momento»). In tal caso la teologia viene vista come una espressione tipica (magari più o meno riuscita, si noti della incarnazione della fede nel proprio tempo. E, correlativamente, il discorso sulla dimensione teologica degli Esercizi Spirituali diventa un discorso sui contenuti teologici degli Esercizi stessi, sui temi, specialmente spirituali, a cui le teologie del momento si mostrano più sensibili, su quelli che esse sviluppano di più e che prendono come punto di orientamento per quella penetrazione viva della totalità del mistero cristiano che è loro missione specifica.
    La posizione da tenere è evidentemente la seconda. Il principio della Incarnazione insegna l'esistenza di una chiara reciprocità tra la predicazione e la teologia, e dimostra che quest'ultima è una realtà essenzialmente storica. Dunque la corretta impostazione degli Esercizi richiede una sufficiente conoscenza delle tematiche, dei punti di orientamento e delle linee di sviluppo proprie della teologia contemporanea, specialmente spirituale. E questo è quanto cercheremo di presentare, in prima approssimazione ed in forma molto schematica, nelle pagine che seguiranno.

    Ci preme peraltro fare alcune precisazioni

    L'indicazione che daremo non può e non deve essere presa come uno schema prefabbricato da applicarsi, a sollievo dei predicatori e dei responsabili, così come si trova. Non ha per nulla un simile intento. Le teologie del momento sono già sintesi particolari, ma lo sono a livello generale perché valgono per settori della Chiesa vastissimi (come sarebbe la Chiesa Occidentale, o perlomeno europea), mentre gli Esercizi si applicano ad una comunità ben più ristretta ed a problematiche ben più delimitate. Non badare a quelle teologie significherebbe dimenticare che la comunità in Esercizi è parte viva della Chiesa e del suo momento storico, di cui quindi condivide l'originalità. Ma fermarsi solo a quelle equivarrebbe a chiudere gli occhi di fronte alla sua specifica particolarità, con conseguenze gravissime. In ogni caso la sintesi finale delle scelte e dei dosaggi può e deve essere fatta unicamente dai responsabili e sul posto. Presumibilmente dovrà essere ogni volta diversa, perché ogni volta diversi sono i destinatari. La nostra indicazione si giustifica quindi non come una scelta già fatta ma come presentazione di un criterio essenziale di scelta, e neppure l'unico. Diversamente scadrebbe a livello di quei prontuari che ultimamente soddisfano soltanto le richieste della accidia. A dire il vero, la nostra indicazione non pretende neppure di essere adeguata. Si accontenta, e non è davvero poco, di essere oggettiva in quel che dice. Questo perché il momento storico che attraversiamo è tanto complesso da traboccare dalle determinazioni troppo rigide.
    Neppure l'indicazione che faremo può essere presa come una implicita svalutazione degli equilibri dottrinali propri di altre epoche, magari anche molto recenti. Sarebbe qualcosa di acritico e di sostanzialmente ingiusto.
    Riteniamo utile richiamare dapprima quelle caratteristiche generiche del modo di pensare di oggi che più sembrano incidere sugli sviluppi della teologia. L'indicazione susseguente sarà fatta in un modo che risponde loro ma che non è che uno tra i tanti possibili.

    LE SENSIBILITÀ DEL TEMPO

    Forse è possibile raggruppare queste sensibilità attorno a cinque denominazioni che sono abbastanza note da lasciar trapelare sotto quel che si dice il molto che non vien detto. In tal caso potremmo asserire che nella mentalità contemporanea hanno parte larghissima il problematicismo, l'intuizionismo, il criticismo, il comunitarismo e l'umanesimo.

    - Il problematicismo è sensibilità acuta alla complessità del reale congiunta ad una ferma volontà di non lasciar nulla di intentato per chiarire i suoi misteri. Ha un non so che di paradossale: unisce alla tendenza allo scetticismo una lucida tensione razionalista al dominio sul mondo. Le sue radici si trovano nel profondo del mistero dell'uomo, perché esso resta per sua essenza quel che Aristotele l'ha definito, un animale pieno di curiosità e di domande. Ma oggi riceve uno straordinario impulso da dati nuovi del nostro tempo. Tali sono la trasmissione di idee operata dai mezzi di comunicazione sociale, grazie ai quali i problemi, le esperienze e le conquiste di un qualsiasi remoto angolo del mondo diventano rapidamente patrimonio comune di tutti; la rivoluzione scientifica e tecnologica, che ha fatto nascere, ed ora consolida, la convinzione di un mondo ormai adulto abitabile solo da soggetti intellettualmente adulti; il processo di urbanizzazione e la diffusione del benessere nella civiltà dei consumi, fonti di paurosi problemi sempre nuovi; l'avanzamento nella conquista dello spazio, che dà all'uomo la sensazione di un prodigioso aumento delle proprie dimensioni ma rende ancora più acuta l'amarezza delle questioni insolute sulla terra; e così via. Nei giovani questa sensibilità assume spesso la forma dello smarrimento, dello scetticismo e della ricerca ansiosa.

    - L'intuizionismo potrebbe anche chiamarsi esperienzialismo, o meglio ancora vitalismo, perché è sensibilità alla vita, alla concretezza, alla positività, alla immediatezza e tangibilità, alla pragmaticità. Fa parte di quel vasto movimento di reazione all'idealismo che ha caratterizzato gli ultimi trenta anni di vita della vecchia Europa, e che tuttora, malgrado qualche ritorno di fiamma agli antichi umori, è in pieno vigore. Di solito si traduce in marcata sfiducia nella metafisica. Con la metafisica tende a svalutare qualsiasi riferimento al trascendente. Lo alimentano la diffusione di una cultura prevalentemente tecnica e la evasività della vita urbana. Nei giovani prende facilmente la forma di una mistica dei fatti, o svalutazione dei principi dottrinali in favore della concretezza delle esperienze singolari, e si allea volentieri ad iniziative e movimenti di tipo sociale.

    - Per criticismo intendiamo la modalità in cui i due orientamenti qui descritti sono oggi vissuti. Consiste in una polemica di rottura con un passato ritenuto infantile e comunque superato. Nei soggetti più sensati però è piuttosto la ricerca di giustificazioni solide per quel che si è e quel che si fa. Lo favoriscono la democratizzazione della società, la diffusione della cultura e parzialmente anche la mentalità tecnica. Nei giovani ha preso l'espressione limite della contestazione globale e della rivoluzione violenta; però è anche più semplicemente una ricerca di equilibri nuovi ed una fede marcata nel pluralismo delle idee.
    - Il comunitarismo potrebbe, se il termine non avesse risonanze tecniche diverse, denominarsi anche associazionismo. È un fenomeno nuovo proprio nella espressione che ha preso nei giovani, quella di una classe a sé, convinta del proprio peso nel mondo. Nutre il senso dell'incontro e dell'appoggio al di là di ogni frontiera. Ha origine prossimamente dal mutato livello di sviluppo dei popoli del mondo e dalla diffusione di movimenti collettivisti come il marxismo; risponde ad una profonda esigenza umana e cristiana.

    - Chiave di volta e sbocco di tutti questi elementi è però l'umanesimo, e cioè la preoccupazione per l'uomo. Al centro del mondo di oggi sta l'uomo; e non l'uomo in astratto, ma quello concreto della terra in cui viviamo e del momento storico che attraversiamo. Ne è prova tra le più recenti il movimento cosiddetto della secolarizzazione. Come nel libro La città secolare ha mostrato lucidamente Harvey Cox, secolarizzazione vuol dire accentramento degli interessi e delle preoccupazioni sull'uomo di questo secolo, di questo mondo, di questa terra e di questa vita, perché egli sia sottratto alla schiavitù di potenze che gli sono inferiori (la natura, l'autorità dello Stato, i valori umani) e venga restituito alla propria autonomia. Secolarizzazione è umanesimo. Così come in buona parte è umanesimo l'ateismo contemporaneo (che per questo si incontra facilmente con la secolarizzazione), divenuto universale perché l'immagine di Dio è diventata sempre più estesamente quella di una potenza rivale dell'uomo e del suo sviluppo. Se la fede è in crisi ed il cristianesimo pare trovarsi, nelle coscienze di molti, in agonia, lo si deve anche al fatto che l'interesse per Dio e per il cielo sembra a tanti, come sembrò a Marx ed a Nietzsche, una alienazione dalla terra. In ogni caso, l'asse del dinamismo del mondo moderno si trova ormai totalmente ed esclusivamente nell'uomo e nei suoi problemi.

    Queste sono le sensibilità più vive del momento. Tutto questo ha lasciato tracce profondissime nello sviluppo della teologia. Del resto, una teologia che non ne risentisse avrebbe mostrato di essere un fossile congelato. La teologia contemporanea, cosciente della propria missione di prolungamento della Incarnazione, le ha incorporate, decantandole criticamente, ma prendendole dagli uomini stessi che la costruivano. E così sono nati i suoi nuovi equilibri.

    ORIENTAMENTI TIPICI DELLA TEOLOGIA CONTEMPORANEA

    L'originalità di questi nuovi equilibri sta dunque nella consumazione di una spinta che l'Occidente sente da almeno quattro secoli, quella dell'accentramento sulla antropologia.
    È un dato evidente in un certo numero di problemi oggi cocenti ed attualissimi e però non riguardanti direttamente l'area di interesse degli Esercizi: intendiamo dire la crisi del sacerdozio ministeriale, il dibattito sul pluralismo teologico, la disputa sul celibato, le domande sul senso della vita religiosa, quelle sui rapporti della gerarchia col laicato, della autorità con la libertà, della collegialità episcopale con il Papato, e la controversia sul valore della legge naturale. Alla radice di tutti e di ciascuno si trova l'umanesimo. Le domande sul sacerdozio sono domande sul come possano, nel mondo del profano, essere uomini e servire gli uomini i ministri del sacro. I problemi della vita religiosa hanno la stessa prospettiva. La disputa sul celibato cerca la composizione di un carisma molto particolare con l'espansione di forme particolari di vocazione umana. Le ricerche sul pluralismo e sulle integrazioni della gerarchia col laicato e così via rispondono alla volontà di promuovere i valori tipicamente umani del dialogo, della libera ricerca, della corresponsabilità. La discussione sulla legge naturale non è ultimamente che un tentativo di sottrarre l'uomo dalla soggezione a ciò che è subordinato a lui, per restituirlo al suo unico vero rapporto di dipendenza, quello da Dio. E così via.
    un dato che costateremo subito nei temi che direttamente e tradizionalmente intervengono a costituire il contenuto degli Esercizi Spirituali.
    È un dato che fu proprio del Vaticano Secondo stesso. Certo, l'impegno principale del Concilio è stato quello di una interrogazione della Chiesa su di se stessa; e perciò il suo documento base fu e resta la Costituzione sulla Chiesa. Ma questo impegno venne imposto dalla indilazionabile necessità di affrontare lealmente ed a fondo il problema del rapporto della Chiesa con quell'uomo al cui servizio essa è stata costituita. Il Vaticano Secondo è partito dalla Lumen Gentium per poter approdare alla Gaudium et Spes.
    Stando così le cose, ci sembra che i punti che interessano gli Esercizi debbano essere raccolti, al fine di soddisfare al loro contesto naturale, attorno a linee di orientamento ricalcanti le seguenti:
    1. ricerche e riflessioni teologiche e spirituali sul significato dell'uomo in sé, della sua struttura e del suo esserci.
    2. ricerche e riflessioni teologiche e spirituali sul significato dell'agire dell'uomo, della sua vita e della sua storia.
    3. ricerche e riflessioni teologiche e spirituali sul significato della inserzione dell'uomo nel mondo.

    SUL SIGNIFICATO DELL'UOMO

    È chiaro anzitutto che l'antica e classica introduzione agli Esercizi costituita dalle domande sul senso della vita e sul fine dell'uomo non solo non viene rinnegata ma risulta oggi più che mai attuale. La teologia spinge la sua ricerca anzitutto sull'uomo in sé, sulla sua struttura, sul significato del suo esserci. E lo fa secondo punti di interrogazione affini ai seguenti:

    1. Quale senso e quale valore deve essere attribuito all'uomo come spirito?
    2. Che cosa significa libertà dell'uomo? In che e con quali limiti essa si trova in lui?
    3. Quale è la funzione della corporalità umana?
    4. In quali rapporti sta il singolo con la comunità?
    5. Che funzione ha il Cristo nella autocomprensione dell'uomo?

    Come si vede, si tratta di una particolare prospettiva di accostamento a tratti che nel cristianesimo sono tipici e che possiamo denominare, secondo una terminologia ormai corrente, dimensione rispettivamente spiritualista, personalista, incarnazionista, comunitaria e cristica dell'uomo.

    - Il primo punto viene sviluppato secondo una angolazione marcatamente teocentrica. Ribadita con vigore l'unità sostanziale della doppia dimensione, nell'uomo, dello spirito e della materia, si torna a riconoscere che l'originalità distintiva dell'uomo sta nel suo essere uno spirito incarnato modellato sulla Comunità Trinitaria. Si concede allora il massimo rilievo alla categoria biblico-patristica dell'uomo immagine di Dio, connessa a quella, pure rivelata, dell'uomo gloria di Dio. Questa gloria viene ultimamente identificata nella comunione personale della Comunità Trinitaria con la comunità umana; di riflesso, la concezione della vita e della storia come dialogo di Dio e dell'uomo che salva l'uomo (ossia ne invera il senso) diventa il dato chiave ed il punto di riferimento di tutte le interpretazioni teologiche e di tutte le direttive spirituali.

    - Ne è prova immediata l'interesse per il secondo punto, nel quale pure trova conferma l'avvenuto ricupero delle dimensioni dialogiche, storiche, personalistiche e comunitarie, della condizione umana. La libertà viene presentata come la verità della appropriazione che l'uomo fa di qualcosa di tipico di Dio nel dialogo che Egli conduce con Lui: giacché Dio è fecondità infinita, la fecondità del Padre sul Figlio e del Padre col Figlio e del Padre col Figlio sullo Spirito, e la libertà dell'uomo consiste nella sua fecondità su di sé e sul mondo. In questa prospettiva uomo libero vuol dire uomo padrone di sé che costruisce sé ed il mondo, grazie a, ed in proporzione del suo rapporto con Dio. Si noti: a tale valore di autocreatività la teologia attribuisce una importanza semplicemente enorme, perché in esso vede il proprium dell'uomo terreno e la possibilità di chiarimento di punti fondamentali come quelli del peccato, della sofferenza, della temporalità, della struttura sacramentaria della vita ed altri. Parallelamente, l'accertare che la libertà dell'uomo si fonda e dipende dalla sua relazione a Dio permette alla teologia un vigoroso sforzo di rovesciamento delle posizioni dell'ateismo e l'approfondimento di temi, quali la gratuità della iniziativa divina ed il valore della preghiera, che sono attualissimi.

    - Il terzo punto è tra quelli che meglio dimostrano quanto sia mutata la sensibilità della teologia di oggi rispetto a quella del passato anche più prossimo. Per la teologia attuale la corporalità è tutto fuorché una caduta o una prigionia o una estraneità. Significa invece la reale appartenenza dell'uomo al mondo cosmico, la sua reale responsabilità su di esso, la sua reale dipendenza da esso per il dialogo interpersonale che lo definisce. Dalla sua comprensione la teologia si attende la giustificazione più vera dell'impegno vitale dell'uomo nel mondo terreno in quanto terreno e della capacità di integrazione con i valori dello spirito che hanno i dati umani-chiave del lavoro, della tecnica e della economia stessa. In essa vede più evidente il paradosso dell'uomo sintesi di grandezza e limite, e la inaudita gratuità, o misteriosità, del disegno di Dio di innalzare l'uomo ad un livello che trascende del tutto quello della materialità e pure non le toglie nulla di veramente suo. Sempre in connessione con questo punto si sviluppa la ricerca sulle forme e sul valore della povertà evangelica e quella parallela sul rapporto della città terrestre con la città di Dio.

    - Nel quarto punto la teologia completa il discorso sull'uomo come persona mostrandolo pienamente modellato sulla Trinità nella appartenenza alla Chiesa, luogo privilegiato e finale della comunione di Dio con l'uomo. In questa indicazione essa pone in risalto soprattutto tre cose: come cioè la persona sia definita appunto dal rapporto comunitario (e la persona umana dal rapporto sia con la comunità umana a cui appartiene che a quella divina da cui viene e a cui è destinato); come tale rapporto sia di fatto sacro ed assieme profano, ossia vincolato all'Eterno più direttamente e più indirettamente; e come, infine, il rapporto sacro sia concretamente quello filiale, o cristiano, che significa «legato al Cristo».

    - In tal modo la teologia giunge alla chiave veramente finale di tutti i suoi problemi e di tutte le sue domande sull'uomo, Gesù Salvatore, vero uomo, rivelazione suprema del mistero dell'uomo stesso. Non vi è dubbio che tra tutti i settori della teologia quello che ha segnato, con l'Ecclesiologia e l'Escatologia, un maggiore avanzamento in questi ultimi anni sia proprio la Cristologia. Ebbene, si noti, Gesù è visto soprattutto come uomo, tanto più autenticamente e significativamente uomo in quanto Persona divina, in quanto cioè uomo legato a Dio come nessuno mai al mondo, fino ad essere Dio in persona. Nella sua vita si legge l'itinerario di ogni uomo. I suoi atteggiamenti tipici sono l'interpretazione dei misteri tipici dell'uomo. Gesù è proposto come modello perché è riconosciuto spiegazione suprema dell'uomo. Oggi Egli è soprattutto il Secondo Adamo, luce degli uomini. La Sua passione, morte e risurrezione sono studiati e presentati come l'espressione più tipica dei tempi forti ed obbligati di ogni vita umana autenticamente riuscita.

    Nello sviluppo di questi temi, peraltro, il problematicismo causa una forte insistenza sul senso del mistero e della provvisorietà, l'intuizionismo determina la sparizione di quelle problematiche che anche solo lontanamente possono apparire accademiche e speculative, il criticismo spinge a fermarsi di prevalenza agli aspetti mistici non giuridici e non troppo sistematici, il comunitarismo dà un risalto di primo piano ai propri temi e l'umanesimo spiega, come si è detto, l'intero loro orientamento.

    SUL SIGNIFICATO DELL'AGIRE DELL'UOMO

    Il passaggio dalla considerazione dell'uomo in sé a quella dell'uomo nel suo agire comporta la ripresa di parte dei temi già indicati, di cui però vengono sviluppati gli aspetti appunto dinamico-operativi. Le linee di interesse di questa nuova area di considerazione teologica risultano, all'incirca, le seguenti:

    1. In che modo la libertà costruisce l'uomo, e quali conseguenze ha questo fatto nella sua situazione globale?
    2. Che senso ha la presenza del male nel mondo? che cosa farne?
    3. A quale sbocco conduce l'agire singolo e comunitario dell'uomo?
    4. Che funzione ha nella attività umana il Cristo?

    Sono punti direttamente indicativi della piega fortemente pragmatica e realista della mentalità dell'era industriale e tecnica. Dalla fede cristiana poesia e sogno (nel senso positivo dei termini) non sono certo espunti. Ma in primo piano sta una preoccupazione che potremmo chiamare di programmazione, che vuol darsi conto preciso sia dei capitali di partenza che delle mete, sia dei piani di sviluppo che dei rischi di involuzione. Il centro di interesse risiede nel «fare qui ed ora» dell'uomo della terra sulla terra.

    - La libertà costruttiva dell'uomo viene descritta come l'azione responsabile dell'uomo che rispondendo all'intento che Dio ha su di lui, prende la propria vita nelle proprie mani e la sviluppa con l'abilitarla alla condizione che dovrà essere la sua definitiva. Questo si compie nella appropriazione delle cose tipiche di tale situazione definitiva. Queste cose sono gli atteggiamenti propri di Dio stesso, sintetizzabili in un termine, l'amore: amore senza limiti, universale, totale, gratuito; amore, anzi, di tipo filiale, modellato su quello del Figlio, che tutto riceve per tutto dare; amore fatto di ricettività e di dono, di fedeltà e di distacco. In questo amore tutti gli altri valori tipicamente umani, come la pace, il benessere, lo sviluppo, la cultura, l'arte, la libertà stessa ecc., sono mantenuti ed esaltati; fuori di esso si corrompono perché si corrompe l'uomo. Le categorie della libertà e dell'amore disvelano il senso più profondo della vita umana, il suo essere una «storia della salvezza in atto», itinerario rischioso e sofferto di un popolo in stato di Esodo che cammina verso una Terra Promessa di beni umani inauditi perché divini. Esse mettono in risalto la sua dimensione storica, soteriologica ed agapica, e visualizzano sia il tempo che l'uomo in quella prospettiva che costituisce l'oggetto della cosiddetta «teologia della speranza», oggi molto sviluppata. Danno inoltre la spiegazione più reale di quell'altra dimensione tipicamente cristiana, e per ciò stesso umana, che è la sacramentalità. Tutto è sacramento, ossia tutto è assieme una epifania di Dio e del destino dell'uomo e suo nascondimento: ebbene, se così stanno le cose, se Dio sembra nascondersi e le domande sul senso dell'uomo sembrano infrangersi contro il muro dell'assurdo, è perché il rapporto diretto con la Realtà, che abolirebbe ogni velo, si trova precisamente non all'inizio né a metà dell'itinerario umano ma al suo punto di arrivo. Il mondo si spiega sull'uomo, i segni si spiegano sul senso della libertà. Qui pure trova giustificazione l'agire morale Qui dunque si inseriscono con naturalezza le direttive morali ed ascetiche necessarie a sostentare e sviluppare la vita di fede, speranza e carità

    - La visione dell'agire dell'uomo come libertà che si muove verso l'amore può sembrare smentita in radice dalla presenza nel mondo della sofferenza e del peccato. La teologia contemporanea è in grado di mostrare che è vero il contrario. Certo, essa non è sempre molto fedele alle sue possibilità: così, pur avendo raggiunto una penetrazione di questo punto rara per efficacia ed equilibrio, sembra restia a sottolineare la necessaria sua conseguenza pratica della vita come ascesi, assunzione coraggiosa e virile della Croce, mortificazione, distacco, lotta contro la presunzione e così via. Resta il fatto di questa penetrazione e del suo valore. Il male come peccato è interpretato come l'altra faccia, non intesa da Dio né inevitabile, della libertà ed assieme come la radice delle modalità più torturanti della sofferenza. Il male come sofferenza è capito come l'altra faccia, inevitabile, della vita come conquista, come passaggio, anzi, ad un qualcosa che per l'uomo è e resta sovra naturale, «soprannaturale», la situazione filiale; senza che si dimentichino le complicazioni del peccato. E questo, certo, ha una rilevanza dottrinale e pratica grandissima.

    - La risposta finale al problema del senso dell'agire, e dell'essere stesso, dell'uomo viene dalla indicazione dei suoi possibili sbocchi: sono le Realtà Ultime, che dunque nella tematica degli Esercizi Spirituali mantengono tutta la centralità di cui hanno goduto in passato. Molto diverse peraltro sono la loro prospettiva e la loro configurazione. La prospettiva non è più quella giuridica ed estrinsecista del premio o del castigo inflitti da un Dio Giustizia Infinita che dà infallibilmente a ciascuno il suo, m quella personalista ed interiorista dell'uomo che si trova nella eternità così, precisamente così, come si è voluto e si è fatto sulla terra. La configurazione non è più quella di una specie di «fisica dell'al di là» che s preoccupa del come il fuoco riesca a torturare le anime o del come i beato riesca ad avere di Dio una visione diretta, ma quella invece di un'antropologia teologica che, vedendo l'al di là come il compimento (o fallimento) dell'al di qua, si ferma a riflettere sul cielo allo scopo preciso di risolvere i problemi della terra, secondo il modo di considerare questi problemi che fu proprio di Gesù. In un tale ordine di idee la storia singolare e globale si spiega come assunzione (o rifiuto) individuale e collettiva dell'itinerario pasquale del Cristo, dalla Croce alla Risurrezione.

    - E questo permette la comprensione della funzione del Cristo nell'agire dell'uomo. Gesù non è soltanto la chiave di interpretazione ed il modello della vita umana, ma anche la sua energia definitiva, la sua forza viva che sola, può sostentarne l'autocreatività nel procedere verso la meta finale. La costruttività umana autentica si regge interamente su di Lui. La vita cosiddetta spirituale è interamente l'assimilazione dello Spirito di Lui. Fatti per Lui, gli uomini entrano nel Suo mistero col Battesimo, e raggiungono progressivamente la pienezza della loro espansione umana col maturare fino alla morte questo primo ingresso, sempre (come testifica la logica dei grandi Sacramenti, confluenti nella Eucaristia) sorretti da Lui. L'attività umana ha fini intermedi, strettamente temporali e secolari, distinti d quelli eterni qui richiamati. Ma anche questi fini incidono sull'uomo; e tale incidenza dipende dall'uomo stesso, dipende, in ultima istanza, dal consenso dell'uomo al Cristo. Al cuore di una prospettiva chiaramente sacramentale-ascetica si ritrova così ciò che può dar luce ai problemi sul senso del mondo.

    SUL SIGNIFICATO DEL MONDO

    L'interesse dell'uomo di oggi non sta nel mondo dell'al di là ma in quello dell'al di qua. È su questo mondo che egli si rivolge domande, e se le fa perché su di esso, e non su altro, ha coscienza di avere un potere diretto di intervento. Ebbene, sempre restando all'interno del punto di vista spirituale proprio degli Esercizi, possiamo dire che le tematiche corrispettive oggi più sviluppate sono le seguenti:
    1. Essenzialità e provvisorietà del mondo presente, sua continuità e sua diversità dal mondo futuro. È la problematica del rapporto del cosiddetto incarnazionismo col cosiddetto escatologismo.
    2. Spiritualità degli stati di vita, in particolare della vita laicale secolare.
    Ci basti un cenno.
    L'incarnazione sottolinea l'importanza spirituale decisiva della assunzione leale e sacrificata degli impegni e dei pesi del mondo connessi alla situazione personale di ciascuno. L'escatologismo rimarca la diversità e la trascendenza dello sviluppo spirituale dell'uomo rispetto alla sua attività secolare. I due non si escludono perché non si respingono, come è detto, né la essenzialità e provvisorietà del mondo presente, né la continuità e diversità sua col mondo futuro. La sintesi però è fatta mediante l'adesione personale al Cristo, perché il valore trascendente della attività profana viene solo da Lui.
    Le spiritualità degli stati di vita indicano allora precisamente le modalità di adesione al Cristo tipiche di ciascuna di tali situazioni. E così sviluppano riflessioni sul valore salvifico dell'amore, coniugale, familiare, amicale ecc., sull'impegno culturale o politico o artistico, sulla ricerca di pace, libertà, giustizia sociale per tutti, ecc., che sono tra le cose sentite come più necessarie oggi.

    CONCLUSIONE

    La conclusione ci riporta alle posizioni di partenza, che quindi risultano confermate.
    La teologia odierna, anche spirituale, si distingue dalle sue forme passate per l'assunzione del carattere più tipico del momento, l'umanesimo secolare. Essa è diventata decisamente una teologia delle realtà terrestri.
    Nel suo contesto umanesimo e secolarizzazione non significano posizioni di ambiguità o di deviazione. Se questo avviene in taluni, la responsabilità va attribuita unicamente alla loro personale immaturità, e non affatto a questa piega della teologia.
    Non solo: che la teologia abbia assunto un lineamento caratteristico del tempo è cosa normale, perché la teologia è cosa viva fatta dalla sintesi della fede con la cultura, che sono entrambe realtà storiche. Che essa, poi, non abbia, in questo, tradito la sua missione primaria di fedeltà al Cristo lo mostra, nel suo piccolo, anche quel che abbiamo qui riportato.
    Vi si ritrovano tutti i temi propri del messaggio evangelico.
    Nel mondo teocentrico dell'uomo biblico, e poi anche medievale, ove la fede era il punto di partenza indiscusso ed indiscutibile ed il problema dell'ateismo neppure si poneva, tutto partiva da Dio per tornare a Dio; il perno della vita era la sacralità. Nel mondo antropocentrico dell'uomo di oggi, ove la fede è un punto di arrivo e l'ateismo ha dimensioni universali, tutto parte dall'uomo per tornare all'uomo; il perno della vita si trova nella secolarità. L'una e l'altra sintesi contengono la totalità del mistero della salvezza. La seconda deve alla prima immensamente di più di quanto neppure di solito si immagini. Ma la risposta all'uomo del secolo ventesimo va data dalla fede del secolo ventesimo. Anche in quel settore particolare chiamato «degli Esercizi Spirituali». E tanto più per i giovani.


    T e r z a
    p a g i n A


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