Attesi dal suo amore
    Proposta pastorale 2024-25 

    MGS 24 triennio

    Materiali di approfondimento


    Letti 
    & apprezzati


    Il numero di NPG
    luglio-agosto 2024
    600 cop 2024 2


    Il numero di NPG
    speciale sussidio 2024
    600 cop 2024 2


    Newsletter
    luglio-agosto 2024
    LUGLIO AGOSTO 2024


    Newsletter
    SPECIALE 2024
    SPECIALE SUSSIDIO 2024


    P. Pino Puglisi
    e NPG
    PPP e NPG


    Pensieri, parole
    ed emozioni


    Post it

    • On line il numero di LUGLIO-AGOSTO di NPG sul tema degli IRC, e quello SPECIALE con gli approfondimenti della proposta pastorale.  E qui le corrispondenti NEWSLETTER: luglio-agostospeciale.
    • Attivate nel sito (colonna di destra "Terza paginA") varie nuove rubriche per il 2024.
    • Linkati tutti i DOSSIER del 2020 col corrispettivo PDF.
    • Messa on line l'ANNATA 2020: 118 articoli usufruibili per la lettura, lo studio, la pratica, la diffusione (citando gentilmente la fonte).
    • Due nuove rubriche on line: RECENSIONI E SEGNALAZIONI. I libri recenti più interessanti e utili per l'operatore pastorale, e PENSIERI, PAROLE

    Le ANNATE di NPG 
    1967-2024 


    I DOSSIER di NPG 
    (dall'ultimo ai primi) 


    Le RUBRICHE NPG 
    (in ordine alfabetico
    e cronologico)
     


    Gli AUTORI di NPG
    ieri e oggi


    Gli EDITORIALI NPG 
    1967-2024 


    VOCI TEMATICHE 
    di NPG
    (in ordine alfabetico) 


    I LIBRI di NPG 
    Giovani e ragazzi,
    educazione, pastorale

     


    I SEMPREVERDI
    I migliori DOSSIER NPG
    fino al 2000 


    Animazione,
    animatori, sussidi


    Un giorno di maggio 
    La canzone del sito
    Margherita Pirri 


    WEB TV


    NPG Facebook

    x 2024 400


    NPG X

    x 2024 400



    Note di pastorale giovanile
    via Giacomo Costamagna 6
    00181 Roma

    Telefono
    06 4940442

    Email

    Esercizi Spirituali che educano contro esercizi spirituali che non educano



    Giancarlo Negri

    (NPG 1970-01-58)

    LE PREMESSE

    Ci possono essere Esercizi Spirituali che non educano? Può essere fatta una domanda del genere? Gli Esercizi, comunque siano, non fanno sempre bene? non danno almeno uno scossone? non fanno riflettere? non portano a confessarsi? non fanno pregare?
    Tutto sta capire che cosa vuol dire educazione. La Parola di Dio, il ritiro, gli esami di coscienza sono cose in sé buone; ma non si può tirare subito la conseguenza: dunque fanno del bene, comunque siano date. Vi è realmente un modo diseducativo di organizzare prediche, preghiere, silenzi, liturgie, ed un modo invece educativo.
    Il male del modo diseducativo è duplice: da una parte gli Esercizi sono un tempo forte, una esperienza straordinaria e se è fatta male, lo sarà di conseguenza in modo «forte e straordinario»; d'altra parte Esercizi diseducativi occupano una occasione così rara di fare del bene e di far progredire nell'unione al Salvatore.
    Non è facile capire quando gli Esercizi non sono educativi, perché il fatto che prediche, silenzi, esami, preghiere sono in sé cose buone vela lo sguardo e rende corrivi e facili alle conclusioni ottimistiche.
    L'esempio chiarificatore che adopero è quello biblico di Saul e Davide nell'imminenza del duello con il gigante Golia.

    Il complesso di Saul

    Il re Saul ritiene in perfetta buona fede che la sua armatura, la migliore dell'esercito, sia utile a Davide quando incontrerà Golia e gliela fa indossare. Ma Davide si sente subito impacciato, perde la sua spavalda sicurezza, non si trova in quella corazza e prega Saul di lasciarlo combattere a modo suo: questa maniera lo fa sentire più sicuro e deciso. Questo Davide che prega Saul di lasciarlo combattere a modo suo fa pensare alle migliaia di giovani che pregano i loro educatori di non imporre le loro armature, che chiedono di portarli a combattere con il modo più congeniale a loro, e non all'educatore.
    Come nasce negli educatori il complesso di Saul?

    * per fiducia in se stessi, nella propria esperienza, che è la cosa che più facilmente viene in mente senza tanto cercare;
    * per la convinzione acritica che quanto è andato bene per tanti anni, deve andar bene anche adesso;
    * per una indebita sacralizzazione delle tradizioni «venerabili» ritenute valide e indiscutibili come il depositum fìdei;
    * per una proiezione di sé, generalmente inconscia, per cui inventano l'educando a loro immagine e somiglianza e quindi lo trattano premurosamente come capiscono se stessi.

    Il Signore dando a Davide la vittoria, presumibilmente, ha anche approvato il modo di fare di Davide ed in certo senso sconfessato gli educatori che hanno il complesso di Saul.

    Il vecchio, il nuovo o l'empatia?

    La dimensione pedagogica non vuol dire l'eccesso opposto di buttar via tutte le tradizioni e di inventare tutto, ma vuol dire un criterio di scelta, di dosaggio tra «nova et vetera», che almeno è diverso dai quattro criteri educativi che abbiamo ritrovato nel complesso di Saul.
    Si tratta di mettersi davanti formule vecchie e nuove, venerabili tradizioni, tanto efficaci una volta, e ipotesi nuove e tutto guardare non con il criterio del vecchio e neppure con il criterio del nuovo, ma con il criterio realistico dello sviluppo completo, armonico e dinamico dei giovani. «Empatia» è una parola nuova, un po' rivelata dalla parola analoga «simpatia», messa in circolazione nel mondo dallo psicologo Rogers, utile perché serve molto a capire la prospettiva educativa, diversa sia dal fissismo nel vecchio, sia dal fissismo nel nuovo. Empatia significa in sostanza identificazione con la reale situazione interiore di un educando non solo per quanto riguarda il suo bene e il suo male, oggettivamente intesi, ma anche per quanto riguarda il significato che egli dà alle parole «bene» ,e «male», come importante o meno, come giusto, valido, prezioso ecc. Anche se ci fossero molti sbagli in questo, comunque è il suo mondo e con l'empatia noi ne diventiamo come degli abitanti per scoprire da quel punto di vista due cose:

    * l'iter ad Deum (e perciò a tutto il resto) che è il più giusto da quel punto di partenza;
    * i mezzi ed i modi per percorrerlo, partendo da quella situazione iniziale.

    Il criterio educativo nasce da questa empatia dell'educatore e coinvolge, come si vede, una attenzione all'individuo, un affiatamento, una comprensione del suo stato d'animo che deve essere superiore all'attenzione che rivolgiamo alle norme scritte, alle tradizioni, come pure alle novità che fanno notizia. Teologicamente è vicinissimo all'incarnazione del Figlio di Dio a cui in pratica ci si deve ispirare.
    Le necessità e le esigenze per crescere, il livello raggiunto, le spontanee inclinazioni, le spontanee ribellioni, le ignoranze, le illusioni, i misconoscimenti (i qui pro quo) dell'io da educare diventano così il pane quotidiano dell'educatore. Egli scoprirà allora una maggiore sensibilità alle reazioni dell'educando in un giusto dosaggio tra imposizione e condiscendenza programmata, tra l'io reale, l'io spontaneo e l'io ideale degli educandi. Spieghiamoci con un esempio: un rettore di seminario è in conflitto con una classe che vuole Esercizi senza silenzio; egli, con il suo complesso di Saul, insiste in buona fede, mentre i seminaristi, pure in buona fede, contestano. Alla fine il rettore cede, gli Esercizi sono fatti senza alcun silenzio, oltre quello del sonno, e riescono male a detta dei seminaristi stessi. Giudizio: quella era stata una condiscendenza non programmata, non impostata con un completo piano educativo e progressivo.

    Esigenze da salvare

    Un criterio educativo imposta un intervento, come sono gli Esercizi, in modo completo, armonico e dinamico.

    Completo nei fattori necessari

    Si tratta di scegliere la forma di Esercizi pensando che la persona reagisce con tutti i suoi dinamismi. Occorre di conseguenza tenerne conto; ad esempio:
    * il passato ed il futuro di colui che farà gli Esercizi, il suo stato attuale di creatura (valori creaturali) e di peccatore (grado di disordine interiore);
    * tutti i punti di forza con cui si impianta nell'animo il nuovo contenuto, che con gli Esercizi si intende innestare;
    * completo nel senso della gradualità, per cui si rendono consistenti prima i gradini precedenti un certo livello di personalità che vogliamo far raggiungere, pronti anche a cambiare formula di Esercizi fin dalla prima sera, se ne risulta chiaro il bisogno.

    Armonico nei collegamenti tra fattori

    Si tratta qui del delicato momento di ogni operazione quando si collega il nuovo con quanto già esiste.
    Un elemento nuovo posto dentro senza collegamenti, senza innesti, senza suture ed ugualmente un elemento nuovo che non riordini quanto già esiste nello spirito, produce presto una reazione di rigetto. Per essere concreti:

    * armonia come accettazione: anche i conflitti interiori tra lo pseudo-io (il vecchio uomo) e il vero-io (l'uomo nuovo) hanno da essere armonici, nel senso che hanno significato comprensibile, accettabile nel contesto della esperienza interiore degli ascoltatori: il metodo delle parabole di Cristo è fortemente esemplare per questo prendere a piene mani l'esperienza vissuta degli ascoltatori per proporre per via analogica il mistero rivelato.
    * armonia come insieme organico: quando cioè si fa amare Dio «con tutta l'anima, con tutto il cuore, con tutte le forze», in altre parole, si mobilitano, si organizzano tutte le energie e non solo l'intelligenza logica: nervi, fantasia, emozione, muscoli, tensioni, idee, memoria, aspirazioni, ecc.

    - Dinamico nelle novità

    Si tocca qui un punto centrale della educazione, poiché nel cristianesimo noi non formiamo l'uomo ad un puro sapere, ma lo formiamo a fare degli atti, precisamente gli atti di fede, speranza, carità, che sono salvifici. L'ascoltare una spiegazione su come guidare un motore non significa già avere le abilità per guidarlo. Noi siamo troppo facili a dare per scontato l'apprendistato, il far provare, l'allenare, in una parola il far acquisire l'abilità a fare atti. Noi pensiamo che l'aver spiegato basti già ed è così che gli Esercizi sono ancora troppo pieni di discorsi in generale.
    Occorre invece persuadersi che un giovane si salva non per la quantità di «notitia Dei» che possiede ma per gli «assensus Deo» che nella fede compie: atti di condiscendenza, di consenso, di accordo, di alleanza, di dedizione.

    Dinamica degli atti salvifici

    A proposito di questi «atti», ai quali si viene abilitati dal faticoso lavoro dell'educatore, che qui è molto vicino a quello dell'allenatore, vi sono alcune cose da notare:

    Dinamica degli Esercizi in vista del dopo Esercizi

    Cioè orientamento nell'ideare, proporre ed esercitare gli atti dell'alleanza in quei momenti, in quelle situazioni che sono tipiche della vita quotidiana degli esercitanti, situazioni nelle quali il giovane è costretto a fare degli atti di decisione, di scelta, di presa di posizione: la vita «sfida l'uomo e quasi lo costringe a darsi una risposta» (Gaudium et Spes, 4). In vista di queste situazioni sfidanti vengono scelte le formule di Esercizi che allenano, abilitano, danno la sostanza. Questo pragmatismo pastorale è uno dei punti cardini del rinnovamento anche degli Esercizi: essi risultano veramente al di dentro di un contesto che è la storia sacra delle persone, intessuta di interventi di Dio e di atti salvifici, di attive collaborazioni dell'uomo.
    Una splendida emozione religiosa durante gli Esercizi che non abbia continuità alcuna con le reali situazioni del vivere quotidiano, denuncia Esercizi antistorici, quindi antibiblici, per quanta Bibbia si citi in essi.

    Dinamica nei contenuti

    La varietà delle vite quotidiane e quindi degli atti salvifici da compiere in risposta alle sfide più frequenti di una certa esistenza (tipiche tentazioni, tipiche amicizie, tipici costumi, tipico ambiente, tipici inviti, tipiche correnti di moda, ecc.) costringe una pastorale degli Esercizi che voglia essere educativa ad una varietà, sempre parziale, di contenuti. Ora in genere i contenuti sono standardizzati da quattro secoli: sono i temi abituali (e fin qui non vi sarebbe tanta deviazione educativa), espressi in clichés sempre uguali, in organizzazioni monotone di contenuti, mentre per la ricchezza delle spiritualità esistenti e riconosciute dalla Chiesa vi potrebbero essere Esercizi incentrati sul Cristo eucaristico. Esercizi incentrati sul Cristo mistico, Esercizi incentrati sul Cristo storico, sullo Spirito Santo, sulla Pasqua, sulla speranza, su Dio Padre, ecc. e non solo nominalmente, ma con un reale e solido comporsi delle parti in una «visione organica».
    Queste scelte teologiche sono necessarie perché una più dell'altra può nutrire gli atti salvifici di un cristiano nelle circostanze tipiche della sua vita quotidiana, può dinamizzare cristianamente l'animo quando si trova nel vivo delle situazioni che lo sfidano a rispondere.

    Dinamica nei rapporti

    Gli atti salvifici non si possono fare ignorando i compagni di vita, di lavoro, di quartiere: non si vive nascostamente il proprio rapporto con Dio, quasi sottraendolo agli sguardi altrui (la vita privata). Solo una parte è così. L'altra parte è comunione di verità, di interventi divini, poiché ciascun cristiano vero «quello che ha, lo dà» (Atti, 3,6), per cui bisogna tener conto del suo dialogo con il prossimo suo, nel suo vivere con Gesù Cristo ed i contenuti saranno presentati tenendo conto anche di questa dinamica di dialogo con i vicini, di intervento attivo nelle discussioni con giudizi e rivelazioni secondo Cristo, ma nello stesso tempo innestate nel vivo della conversazione.

    Problemi di identificazione

    Vi sono molte cose da dire circa la preoccupazione educativa come preoccupazione degli «atti salvifici» da compiere. L'empatia porta qui l'educatore, il direttore di Esercizi o l'animatore, il predicatore, ecc., a identificarsi con il domani dei giovani, quando dovranno trovarsi nel vivo delle urgenze che richiedono gli atti salvifici. Oggi poi che la corrente va verso comportamenti contrari a Cristo, le situazioni sfidanti si moltiplicano e si intensifica perciò l'identificarsi nostro con i giovani «in situazione». Esercizi agli atti di giudizio cristiano, di impostazione cristiana dei problemi, di affermazione dei misteri cristiani che, vivi in ogni uomo, sono ignorati, misconosciuti, soffocati per agire in modo loro contrario. La matrice di una vera dimensione educativa comincia con queste identificazioni. Per ambientarci pensiamo ai cosiddetti «atti cattivi»: per noi sono l'assillo nelle confessioni e nella morale. Ciò significa che comprendiamo che cosa sono gli «atti» nella storia di una persona, comprendiamo che con essi si decide l'essere salvo o l'essere strappato via dal Tronco.
    In una così realistica attenzione agli «atti», questa volta salvifici, dobbiamo considerare gli Esercizi spirituali, tempi intensivi e forti di una abilitazione di contenuto e di forma (l'«essere in forma» applicato alla vita cristiana) dei giovani.
    L'identificarsi ha due aspetti: quello dell'io reale e quello dell'io ideale.
    * Identificarsi con l'io reale dei giovani vuol dire sentire empaticamente il realismo delle loro situazioni di vita, comprendendone tutto il peso, la difficoltà, le urgenze, i punti positivi e quelli negativi.
    * Identificarsi con l'io ideale è ciò che diversifica il semplice amico dall'educatore: l'amico si accontenta di condividere le situazioni, l'educatore diventa quasi l'io ideale, così come Cristo è diventato «il prototipo di ogni uomo» (Schmaus), per offrire al giovane quasi la fotografia di chi deve cercare di divenire, in una tensione ideale.

    - Diciamo «io ideale» e non agire ideale o prestazione ideale. Che cosa vuol dire? Se si pensa un comportamento ideale, per esempio un intervento apostolico contro la bestemmia, indipendentemente dal resto, si ricade nella non-educatività. Purtroppo molti Esercizi, molti campi-scuola, incorrono in questo errore: gli educatori pensano soltanto all'ideale astratto e dimenticano tutte le componenti e le condizioni di un gesto; diventano disorganici in una bella fantasia cristiana.
    Invece se si pensa in termini di «io ideale» un certo comportamento (un digiuno, una preghiera quotidiana, una reazione cristiana in un ambiente, un prendere l'iniziativa in un altro, ecc.) è pensato organicamente e con la completezza degli elementi che lo costruiscono. In tal modo non diventa una esteriore prestazione dell'uomo, ma il suo io, che si manifesta tutto nel gesto o nel comportamento. In termini psicologici si dice che allora il comportamento ha significato per l'io. Questo termine «significato» è molto ricco di pensieri pedagogici se lo pensiamo così: presentare un cristianesimo che abbia significato vero per l'io di chi ascolta. Allora ci si adatta a tutte quelle attenzioni (completezza, organicità, dinamicità) educative che sono premesse di ogni formula di Esercizi che sia onesta verso i giovani. In particolare si giunge:

    * a scegliere quei contenuti e quella spiritualità, tra le molte ortodosse, che siano più «inserite nel tessuto vivo delle situazioni» in cui vengono a trovarsi i nostri giovani (sono parole della Conferenza Episcopale Italiana nel famoso documento del 16 gennaio 1968);
    * si giunge a dosare organicamente i successivi livelli di impegno cristiano in una scala ragionevole, senza chiedere a chi è allo stadio precatecumenale di agire come chi è maturato allo stadio eucaristico, come si spiegherà;
    * si opera organicamente, mettendo insieme contenuti, azioni, gesti comunitari, gesti individuali, riorganizzazioni della personalità, entusiasmi stimolanti e revisioni di vita, conduzione del gruppo e iniziativa spontanea in quel «nexus mysteriorum inter se», che il Vaticano I riconosceva come base di una «fruttuosissima intelligenza» del cristianesimo.

    PANORAMA DEI PROBLEMI PEDAGOGICI DEGLI ESERCIZI

    Per venire ora a cose sempre più concrete e precise consideriamo alcuni meccanismi del tempo forte degli Esercizi, dove più intensamente e riflessamente si vivono gli atti fondamentali dell'Alleanza con Cristo.
    Consideriamo questi elementi in modo dialettico, cioè mettendo in evidenza pericoli di possibile deviazione dalla sana pedagogia di una formula ti Esercizi.

    Gli aspetti naturali e gli aspetti soprannaturali degli esercizi

    È forse inedito parlare di aspetti naturali negli Esercizi: di solito essi sono talmente inquadrati in realtà e intenti soprannaturali che questo discorso sembra non avere senso.
    Ma il dimenticare gli aspetti naturali di una esperienza religiosa così intensa e forte è porsi subito non solo fuori delle istanze pedagogiche, ma anche fuori di una pastorale ortodossa, poiché rimane un basilare principio pastorale la impostazione teandrica, cioè l'attenzione agli aspetti umani come a quelli divini, di ogni iniziativa ed attività. Nel grande studio di Grillmeyer e Bacht sul Concilio di Calcedonia vi è un prezioso articolo di Arnold che fonda sulla dottrina dell'incarnazione questo principio. Ora, obbedendo a questo principio di retta pastorale negli Esercizi, ci si trova davanti il grosso discorso della religiosità naturale da combinare con la religione cristiana soprannaturale. La «religiosità» è un fatto spontaneo, più o meno deformato e disordinato dal peccato individuale e sociale, ma in ogni modo gli Esercizi della religione soprannaturale non possono non essere per una loro parte esercizi della corrispondente religiosità naturale, risvegliandola, assodandola, rendendola dinamica e innestando in essa le realtà rivelate e soprannaturali. Questa religiosità (si veda H. Bissonnier, Psicologia e morale nella nuova catechesi, LDC) coinvolge tutti i dinamismi dell'animo, anch'essi più o meno disordinati dalla potenza del peccato, dinamismi che a loro volta comprendono tutte le forze fisiche, l'ordine o disordine nervoso, emotivo, istintuale dell'individuo.
    Non si può trascurare tutto ciò e rimanere collaboratori fedeli dello Spirito Santo.

    - Il silenzio, il ritiro in luogo appartato, la scelta del momento migliore dal punto di vista dell'anno scolastico, ecc. sono indici di una cura degli «esercizi naturali» al di dentro di quelli soprannaturali, ma questi indizi sono assolutamente elementari in un settore così complesso e determinante; vi sono altri aspetti importanti da prendere in considerazione: la preparazione remota e dispositiva, il prestigio degli Esercizi da preparare, l'ambientazione della fantasia e del sentimento (l'antica «compositio loci»), il risveglio della problematica personale (l'antico esame di coscienza, trasformato in più approfondita autoanalisi e autocritica), i modelli di comportamento per il sostegno dei deboli, la cura del dialogo maieutico nel progredire di ciascuno nel suo «iter ad Deum», il rapporto tra risonanze psichiche e reazioni spirituali dei tempi della colpa, della speranza, della conversione, l'innesto completo e organico delle rivelazioni soprannaturali nelle cose già note e di esperienza, tutta la preparazione prossima ai comportamenti necessari come l'attenzione, la concentrazione, l'interiorità, il dominio della fantasia, ecc. Si tratta di condizionamenti richiesti dalla natura per vivere determinate esperienze: stati d'animo da rendere solidi come gradini su cui salire, ostacoli e ripugnanze spontanei da rimuovere, conflitti da rendere autentici e non nevrotici, ecc.

    - Vi sarà da notare, per non perdersi qui nei particolari, almeno il problema della giusta omogeneità del gruppo di esercitandi: dal punto di vista naturale per quanto sia personale il rapporto religioso, ha sempre una dimensione comune, dei tratti comuni con altri sia come modalità e sia come livello, per cui è possibile una educazione collettiva. Di solito l'omogeneità è fatta, per non urtare nessuno, sulla base di denominazioni molto superficiali o moralistiche (esercizi per fidanzati, per signorine, per professionisti, ecc.). Vi sono da curare le più delicate, ma più determinanti categorie religiose, come vedremo, affinché superando le problematiche etiche, il discorso sia più genuinamente svolto nel vivo dell'incontro con Dio: si può parlare di esercizi per la fede o per la speranza o per la scoperta del sacro o per la riscoperta della Messa o per lo sviluppo del dialogo di preghiera, ecc.
    Le altre forme di omogeneità sono più comode, ma possono essere anche palesemente un tradimento rispetto a cose personalissime che si dovrebbero maneggiare con infinita delicatezza e che invece si manipolano con disinvoltura e forse superficialità.

    - Oltre al problema della omogeneità esistono altre dinamiche naturali da rispettare; ne indichiamo ancora due:

    Interventi educativi superiori al puro ammonimento verbale

    Questo è un assioma educativo fondamentale: il silenzio, per fare un esempio, non viene maturato o educato dicendo con forza: «fate silenzio». La ammonizione è una forma educativa minima, purtroppo esaltata dal pensiero razionalistico, ma sconfessata dalla pedagogia: occorrono altri interventi di condizionamento, di buon esempio (i modelli), di ambientazione, di esercizi preparatori (la musica e il movimento ad esempio) per entrare nel clima del silenzio. La saggia pedagogia degli Esercizi programma queste batterie di interventi cercando di evitare la pura ammonizione verbale.

    I conflitti interiorizzati

    Un'altra radicale legge educativa è che occorre evitare uno stato di conflitto tra il giovane e il prete o educatore o la Chiesa o la religione. Questa estrinsecazione delle tensioni e dei conflitti è sempre dannosa e sbagliata: occorre che i conflitti siano impostati come conflitti interiori, tra un vero io, pur debole, amplificato dall'educatore, ed un falso io. Don Bosco che un giorno diede uno schiaffo ad un giovane incantato in certi pensieri, spiegò così il suo gesto: «Non aver paura: ho schiaffeggiato il demonio in te». Questa è saggia pedagogia in quanto interiorizza il conflitto ponendo il principio di una conversione. Questa interiorizzazione del conflitto ha importanza anche in altri aspetti della esperienza religiosa, ma proprio per questo costituisce un punto di fondo del rispetto delle dinamiche naturali al di dentro delle dinamiche soprannaturali provocate dagli Esercizi.

    Pericolo di esercizi di evasione o di alienazione dal quotidiano

    Un giovane ebbe a dire quasi a nome di seimila liceisti dell'ultimo anno intervistati a Roma qualche anno fa: «Voi ci create i problemi morali, ma non ci aiutate a risolverli».
    Questa frase sta accanto alla caratteristica di tanti Esercizi, data dal timore di molti di scendere di nuovo nella vita quotidiana, dove ben note situazioni e tentazioni travolgeranno tutto l'edificio appena costruito. Dietro queste reazioni non vediamo una trascuratezza delle norme educative nel costruire il soprannaturale?
    Puntualizziamo qui tali trascuratezze come forme di evasione dal quotidiano e di alienazione. Evasione, quando non si tengono presenti e vividamente le situazioni tipiche nelle quali il giovane dovrà vivere la sua vita interiore, sfidato a rispondere con atti che sono o salvifici o rovinosi. Alienazione, quando si prospetta e si propone un io ideale, cioè un modo ideale di vivere l'alleanza con Dio che è alienato, scombinato, sfasato rispetto alle istanze, urgenze e stimolazioni del suo ambiente di vita. «È come ricevere da mangiare ed aver solo sete», scriveva una universitaria, puntualizzando bene il problema. Dietro tante richieste di discussioni, di dialoghi vi è l'accusa di una religione che per prima non è stata impostata come dialogo, come incontro, come lievitazione del reale, ma come un'altra realtà da vivere in più, oltre la realtà quotidiana.
    La Gaudium et Spes al par. 62 parla di «connaturalità» tra cultura e fede e questo ha il suo riflesso nella impostazione degli Esercizi, che cercano di costruire un incontro, un intreccio, una fusione tra i dati di esperienza vissuta ed i misteri di Cristo. Alcuni vedono qui il timore di distrazione, di superficialità, se vengono rievocate situazioni, memorie, con tutto il carico di cose che risvegliano. L'obiezione è giusta, poiché i giovani stessi vivono le esperienze quotidiane in forma superficiale, già alienati proprio da queste esperienze: basta ricordare una canzonetta negli Esercizi perché un primo voltarsi verso la superficialità si inizi tra i giovani.

    Quale è la soluzione?

    Per molti è il chiudere fuori della porta degli Esercizi «il mondo»: in pratica le vive situazioni di ambiente che fanno il pane quotidiano dei giovani. Questo schema ritiene che la fuga nel deserto, il rifiuto evangelico del mondo, l'appartarsi di Cristo venga così vissuto. Ma tale impostazione è superficiale: il mondo può essere fuggito allontanandosi da esso, oppure andando nel profondo, nell'interno di esso: in tutti e due i casi si evita la superficialità, ma nel secondo caso si evita anche l'alienazione e l'evasione. Nel profondo del «mondo» vi è l'uomo con le sue aspirazioni e le sue disperazioni, le sue scelte e le sue fughe, le sue nostalgie e le sue illusioni e questo livello del mondo, questo uomo dentro il vivere quotidiano è la zona di incontro del mistero, del silenzio, del sacro, del divino che non sia nelle linee della evasione.

    Pericolo di vanificazione del soprannaturale

    Alcune forme di esercizi vanno però all'eccesso opposto: sono talmente comunitarie da non dare spazio all'individuo, sono talmente attivistiche da non dare spazio alla ruminazione personale, sono talmente «pratiche di pietà» da impedire la vera personale pietà, sono talmente quantitative da soffocare un progresso qualitativo, sono talmente normali da non dare luogo ad esperienze sconvolgenti e di entusiasmo.
    L'istanza pedagogica qui mette in rilievo i concetti di interiorizzazione, di approfondimento, di coinvolgimento dell'io nel dialogo personale per significare che il nemico è, come sempre, la superficialità: non si tratta di non far sentire una canzonetta come «La bambola» nel clima sacro degli Esercizi ma di non restare alla superficialità della canzonetta, invece di scavare nel profondo del dramma umano o della ricerca umana che affiora anche in quella espressione culturale. E nel profondo si ritrova luogo sacro e quindi le soglie per l'incontro con il Dio biblico, in quel profondo che immaginativamente era espresso nel deserto dai profeti biblici.

    - Sovente gli educatori sono contenti perché una discussione di gruppo ha impegnato calorosamente fino a tardi. Sembra con ciò che alcuni traguardi siano stati raggiunti. Ma è possibile ridimensionare la cosa e con arte prendere i giovani anche al culmine di una calorosa ma meno profonda discussione e ricondurli nella preghiera silenziosa, nella introspezione, nel profondo mondo del dialogo con Dio.
    La formazione dei direttori di Esercizi nelle nuove formule è forse ancora da fare: l'aver sostituito alla forma tradizionale di predica ben fatta, di silenzio e colloqui individuali, una formula diversa, più attiva e con momenti comunitari oltre a quelli della preghiera corale, impone tutto un altro lavoro per adeguare gli animatori di Esercizi alla capacità di evitare i difetti delle nuove formule e alla capacità di guidare le energie destate spesso calorosamente verso le perenni mete dell'autocoscienza, dell'interiorità, del coinvolgimento dell'io in un «faccia a faccia» con Dio.

    - Ma un'ultima applicazione troviamo da indicare, tra le molte, rispetto alla pedagogia degli Esercizi. Tutti ricordano come anche nei vecchi trattati di morale veniva raccomandato ai confessori di evitare domande che potessero suscitare un soggettivo disgusto e allontanamento dal sacramento. Ebbene una norma simile andrebbe suggerita agli organizzatori di Esercizi, ai predicatori, superando una aprioristica fiducia che gli Esercizi fanno sempre bene comunque e invece dosando, forgiando, articolando, organizzando i giusti ingredienti di un giusto corso di Esercizi per un gruppo omogeneo e partendo dal principio di una delicatezza di coscienza che teme veramente di creare il disgusto degli Esercizi con tutte le conseguenze che si prevedono.


    CARATTERI EDUCATIVI DEGLI ESERCIZI

    Dopo una «pars destruens» per indicare i pericoli da evitare occorre passare ad una «pars construens» per indicare le modalità suggerite dalle scienze pedagogiche ed educative per gli Esercizi.
    Delle molte cose che si possono dire alcune sono ovvie, altre sono facilmente note, per cui ci limitiamo a tre aree reali e sostanziali nella esperienza degli Esercizi: la continuità dei tempi forti degli Esercizi con i tempi deboli della vita spirituale lungo le settimane ed i mesi; la varietà necessaria nelle formule di Esercizi; gli atti interiori centrali a cui puntare nel far compiere una-così delicata e profonda esperienza religiosa.
    Continuità tra tempi forti e deboli nella vita spirituale
    Vi sono certe descrizioni spaziali degli Esercizi, come il lasciare la pianura e salire sul Tabor, che li svisano profondamente, facendoli pensare come parentesi preziose, come fortunati ritorni, come bagni o tuffi in un altro mondo o in un'altra dimensione, in una parola come alternative, evasioni, si è detto, dal continuum quotidiano (tema dello psicologo Erickson, cf Lorimier, Progetto di vita dell'adolescente, LDC) con il risultato di una inconsistenza radicale del nuovo essere quando ritorna nel mondo quotidiano, là dove vi è già una forte discontinuità tra il mondo esperimentato negli Esercizi e il mondo per il 70% pagano o ateo o marxista o opportunista della vita quotidiana.
    Non c'è continuità quando non si assumono i problemi quotidiani nello stile del quale è ormai maestro ed esempio classico il Catechismo Olandese. Non si va così solo contro la psicologia ma anche contro la Bibbia, poiché la storia sacra ha sempre visto Dio assumere in pieno i problemi vivi e personali del suo popolo fin dal primo dialogo, quello con Adamo. La storia sacra continua con ogni bambino che nasce oggi: è lo stesso autore degli interventi nel popolo ebreo quello che crea oggi ogni bambino e si pone con esso e con tutti nello stesso rapporto: «Voi siete il mio popolo e io sono il vostro Dio». La storia biblica è la rivelazione della storia sacra che si sta svolgendo ogni giorno, ovunque vi è una persona, tra il protagonista divino e il protagonista umano, che, grazie agli Esercizi anche, comprende e vive questa vicenda.

    La scelta di una teologia

    Dal punto di vista dei contenuti questo significa la scelta di una teologia come quella agostiniana, che è più ricca di questo innesto tra storia di Dio e vicende umane. E significa pure l'attenzione ai giornali, ai telegiornali, alla cronaca umana per assumere il quotidiano con la fedele imitazione di Dio che vi si è addirittura incarnato, sviluppando collegamenti, connessioni, innesti, continuità che persuadono lo spirito ad allearsi con Cristo ed insieme lo mettono a suo agio quando questo giovane si immerge di nuovo nel suo quotidiano: se il quotidiano non è stato estraneo nel discorso su Dio così Dio non sarà sentito estraneo nel vivere quotidiano. Portiamo almeno un esempio di alienazione della teologia adoperata da molti di noi. Negli Esercizi agli sposi non si adoperò per molti anni l'espressione «debitum» per indicare il dovere coniugale? E questa parola «debitum» non è in totale contrasto della natura, di come naturalmente gli sposi devono vivere la loro vita coniugale? Questo è un esempio di teologia di alienazione. Essa pone dei pensieri non in conflitto con il male, l'egoismo: ma dei pensieri che sono in contrasto con la natura, che alienano dallo spontaneo muoversi della natura, creando sovente delle nevrosi (quindi del disgusto per la religione; e questo è ben diverso dalla croce e dalla mortificazione cristiana). P. Truhlar parla di alternativa tra quanto la sposa fa con lo sposo e quanto vive con il suo Dio! Applichiamo tutto ciò anche ad altri valori quotidiani: il lavoro, il gioco, lo sport, la cultura, le amicizie, ecc. e troviamo un cristiano perfettamente alienato, che ha bisogno di creare delle parentesi per il suo Dio, che sente il rapporto con Dio non come «fondamento e coronamento» dei suoi valori quotidiani, ma come alternativa in competizione, in una specie di tiro alla fune lacerante.
    P. Marcozzi nel libretto «Beatitudini della castità» non esita a parlare di nevrosi a causa di simili impostazioni discontinue tra regno di Dio e cultura umana quotidiana. Se il rapporto con il Padre, Figlio, Spirito Santo non ha a che fare (oltre ai meriti nel cielo, all'imperativo morale, alla gloria divina) con i rapporti di lavoro e di vita delle 24 ore quotidiane, è chiaro che l'intensificazione di questo rapporto costituisce non una lievitazione della pasta, ma quella «frattura interiore» contro cui ha parlato Giovanni XXIII nella Pacem in terris.

    Contro un aristocratico cristianesimo

    Questa continuità è anche richiesta da una prospettiva di pastorale di massa e non di élites aristocratiche, il cui standard di vita è impossibile alle masse. Ogni evasione da un Regno di Dio come lievito della pasta (immagine vivissima della continuità) porta ad un cristianesimo nevrotico, schizoide addirittura per la massa, che, appunto perché massa, non ha la forza di superare da sé queste fratture d'impostazione. Non si tratta, lo ripetiamo, di «cristianesimi facili», ma di cristianesimi veramente tali, cioè incarnati nel quotidiano, come il Signore Nostro Gesù Cristo: la mirabile armonia tra quanto Dio fa come creatore e quanto Dio fa come redentore ha da essere rivelata e fatta assimilare. Allora come Dio creatore è fortemente e profondamente nel quotidiano e ciò non Gli impedisce d'essere Dio redentore, così il cristiano sarà profondamente nel quotidiano di tutti e ciò non gli impedirà di essere «nascosto con Cristo in Dio» (Col 3,3).
    Qui si coglie l'importanza di creare il conflitto interiore (Lett. ai Romani c. 7) tra i due io: solo se si è coscienti del vero io è possibile avvertire la alleanza di Dio con quella parte del quotidiano che corrisponde ai valori creaturali, ai veri io di tutti i protagonisti del quotidiano. Allora la Messa, la Comunione, la visita in chiesa, la preghiera, cioè tutte le forme di rapporto e di alleanza con Dio risultano alleati con le otto ore di lavoro e non sono un'altra cosa. In questa impostazione è possibile ancora la continuità tra Esercizi e quotidiano ordinario invece del classico «dimenticate, lasciate fuori tutto per intrattenervi con Dio» che si usa dire negli Esercizi. Ogni similitudine che indica alternativa, frattura, evasione, deve essere evitata, ma ciò è possibile se nella massa di cose che è l'esperienza quotidiana si evidenzia un vero io in conflitto con un falso io: allora corre il discorso di un incontro speciale, straordinario con Dio nel pieno delle esperienze quotidiane, staccandoci dalla superficie di esse per localizzarci in quel profondo mistero nel quale emerge sia il vero io e sia il rapporto con Dio.

    Rapporto tra valori cristiani e valori creaturali

    Un'altra forma di continuità da realizzare sempre nel contenuto sta nel ritrovare il rapporto vitale tra valori cristiani e valori creaturali prima del puro rapporto morale di precetto e imperativo sui comportamenti. Precisiamo il problema così: in molti testi di catechismo quando si parla di lavoro umano non si parla di S. Messa e quando si parla di S. Messa non si parla di lavoro umano. In altre parole: il discorso morale sui valori umani è scisso dal discorso teologico sul rapporto con Cristo. Siamo, come si vede, in opposizione all'incarnazione. Ma siamo anche in pieno contrasto con le leggi dell'apprendimento e della formazione umana: così nascono i compartimenti-stagni, collegati solo da precetti morali che scoccano dal compartimento religioso verso i compartimenti del quotidiano con un risultato di pericoloso moralismo.
    A noi sembra invece che gli Esercizi debbano essere impostati, quanto al contenuto, nello schema che l'allora Card. Montini esprimeva così: «Il dialogo con l'essere, con il tempo e con lo spazio va a finire in un dialogo con Dio». L'arte di predicare dovrebbe del tutto muoversi a partire da questa legge di fondo, secondo la quale il quotidiano è davvero assunto nella predicazione, negli Esercizi, la cui sostanza sta nel mostrare e insegnare come il dialogo quotidiano con le cose, va a finire in un dialogo con Dio se condotto in una certa maniera di approfondimento, di interiorizzazione, di ricapitolazione al centro, secondo la mirabile espressione di Pio XII: «Tutto deve essere sospinto da una forza centrifuga e rinviato da una forza centripeta e il centro si chiama Gesù» (disc., 11.1.1953). Si può dire che gli Esercizi fanno al rallentatore i movimenti centrifughi e centripeti e rendono abilitato il giovane a questi dinamismi di concentrazione nel suo quotidiano.
    Di conseguenza anche quanto agli aspetti formali e organizzativi, gli Esercizi vanno posti in continuità con il quotidiano ordinario di ogni uomo.

    Il tempo forte

    È così che nasce il concetto di tempo forte, applicato agli Esercizi rispetto ai tempi ordinari, ritrovati nel quotidiano. In tale paragone musicale la sinfonia è unica, il fluire della vita spirituale è continuo, pur avendo dei tempi forti e dei tempi ordinari il cui costante soggetto è l'io dell'esercitando e la sua esperienza interiore. Il vantaggio dei tempi ordinari è la ripetizione; il vantaggio dei tempi forti è la intensità.
    Le conseguenze pastorali di questa impostazione sono parecchie:

    Rapporto tra lenta maturazione e bruschi mutamenti

    Gli Esercizi sono un punto cruciale, un punto-culmine di una lenta maturazione, a cui provvedono i professori, gli amici, i pastori della Chiesa locale. Evidentemente chi dirige gli Esercizi deve essere in forte contatto con chi lavora alla lenta maturazione. Maturazione di che cosa? Evidentemente occorre una chiara idea di un preciso obiettivo a cui tendere, verso cui maturare secondo una scala di obiettivi, su cui parleremo poi e che determina la fisionomia degli Esercizi, dove gente diversa per professione, per cultura, ma omogenea per livello di maturazione religiosa, puntano con un «tempo forte», con un cambiamento brusco, a terminare un periodo di lenta maturazione.

    Esercizi-progresso, Esercizi-consolidamento, Esercizi-conversione, Esercizi-organizzazione

    Secondo varie linee di maturazione gli Esercizi come tempo forte avranno diversa fisionomia, a seconda che si tratta di intensificare un progresso già in corso (prevale la novità, l'io ideale) o di consolidare una novità appena imbastita (prevale l'esercizio, la ruminazione, la contemplazione di assaporamento, ecc.) o di decidere una conversione a lungo rimandata (prevale l'urto, il conflitto, la stimolazione, il dialogo drammatico, ecc.) o di organizzare l'io nel nuovo essere (prevale l'esercizio, la revisione di vita, l'autoanalisi, ecc.).

    Importanza della maturazione e del momento giusto

    I tempi ordinari diventano parte integrante della pastorale degli Esercizi o viceversa. L'importante è la continuità: chi lavora nei tempi ordinari prepara, acuisce, allude ai tempi forti, ne matura l'esigenza interiore e chi invece lavora nei tempi forti si inserisce in un discorso in atto, in un processo in corso, impiegando una prima parte e tanti colloqui con gli altri operatori per fare bene questo «entrare dentro».

     Importanza della continuità dopo gli Esercizi

    Questo è un punto fondamentale e troppo trascurato. Sulla scia del prezioso volume di P. Motte (Mission Générale, Parigi, Fleurus) sollecitiamo la cura più doverosa del discorso dopo quindici giorni, un mese, con una reale continuità di emozioni risvegliate, di temi risentiti, di incontri ripetuti e con una verifica a tipo revisione di vita dell'avvenuto rinnovamento progettato.

    La varietà delle formule di esercizi

    In una pastorale d'incarnazione, il fattore «fedeltà alle tradizioni» va quasi subordinato al più importante fattore «adeguamento alle vive esigenze dei soggetti». Ora, quanto ai soggetti, bisogna onestamente riconoscere che ci si bada poco, con una superficiale conoscenza di psicologia, con uno sguardo sommario, per cui si finisce con l'inventare i soggetti che abbiamo davanti invece di fotografarli.
    In una maggiore onestà verso i soggetti, ne viene il passaggio da genericismi pastorali per cui tutti i giovani sono più o meno uguali, ad un rispetto delle loro diversificazioni in tipi o sottogruppi, con fisionomia, esigenze, ritmo di lavoro, sensibilità, traguardi diversi. Come linea di massima occorre dare per scontato che non ha più senso fare una predica per la domenica, ma farne cinque per le almeno cinque categorie di fedeli che studiosi e scienziati hanno evidenziato nella incolore massa di parrocchiani: élites, praticanti, marginali, lontani, contrari, ad esempio.
    Un'altra divisione più massiccia anche se meno scientifica è quella di valore indicativo di A. Liégé (Per un rinnovamento della Pastorale, ed. AVE) che distingue in una parrocchia o in una realtà pastorale analoga:

    la comunità precatecumenale
    la comunità catecumenale
    la comunità battesimale
    la comunità eucaristica.

    Ne viene la necessità di Esercizi «funzionali» per ogni categoria: il che significa una diversificazione degli Esercizi sia nella forma organizzativa, sia nei contenuti e sia nelle mete.

    Diversificazione nella forma organizzativa

    Questa preoccupazione esteriore è la più recepita e comporta una scelta di mezzi, di sussidi didattici, di dosaggio tra sforzo richiesto e assecondamento delle inclinazioni spontanee, di dosaggio tra momenti individuali e momenti collettivi, di modalità più o meno d'iniziativa privata e più o meno di «manuductio» nell'iter da percorrere. Qui il pericolo è di non seguire la giustizia pastorale che vuole dare «unicuique suum», cioè a ciascuno la sua forma di cammino e di ricerca di Dio, evitando il complesso di Saul, di cui si è parlato ed evitando la superficialità che prende le novità ultime e le ritiene buone per tutti, indistintamente.

    La diversificazione nel contenuto e nelle mete ascetiche

    Questa preoccupazione è più rara e difficile. In generale si ritiene che la varietà è solo per i condizionamenti didattici, mentre il contenuto è unico per tutti. Invece dal par. 19 della Dei Verbum siamo indotti a considerare quelle diverse spiritualità che tutte ortodosse sono però più vere ed adatte per una categoria e meno per un'altra. Non è qui il momento per entrare in merito alla questione così aperta: rimane valido l'averla aperta in Catechesi (febbraio 1969 fasc. D) uno studio sul Catechismo Olandese e uno sulle teorie catechetiche di A. Terstenjak possono portare avanti indicativamente questo discorso.
    Ugualmente intonso è il discorso sulla diversificazione delle mete ascetiche: occorre qui lamentare la spaventosa genericità dei propositi delle confessioni e degli Esercizi che riducono la morale e l'ascetica in una realtà spersonalizzante ed esteriorizzante invece di essere un coltivare i propri talenti, un prendersi sul serio con Dio e lavorare la propria vigna, come del Signore. Occorre ritornare proprio per gli Esercizi alla pastorale della Disciplina Arcani, che nei primi secoli della Chiesa regolava in successivi scrutini (simili a tipici Esercizi Spirituali) un graduale sviluppo dei livelli morali a cui venivano portati i catecumeni fino ad un ideale medio e costante.
    La Disciplina Arcani fu superata quando tutto lo standard di vita sociale era cristiano, ma oggi diventa di nuovo attualissima, a mano a mano che la minoranza cristiana si evidenzia in mezzo ad una maggioranza sociale che ha standard morali ben diversi e che però è entrata fortemente nella costituzione psicologica di coloro che partecipano agli Esercizi (a meno che siano in monasteri da lungo tempo).

    Questo è un facilitare la croce?

    Non si pensi ad una facilitazione della croce, come sovente si dice per controbattere questi consigli pastorali. L'impegno ascetico adatto ad un fedele che è allo stato precatecumenale può essere per lui crocifiggente quanto quello di uno che è allo stadio eucaristico. È il tipo di impegno, l'indole, la qualità, le modalità, il contenuto concreto che sono diversi e rispondenti alla realtà personale. Non diventa qui opportuna la riflessione di Cristo sulla vedova che dà un soldo soltanto, al Tempio, ma che dà di più di tanti ricchi, perché nella sua povertà dà tutto quello che può? La riscoperta della diversificazione di impegni morali ed ascetici è stata combattuta mentre si combatteva la «morale della situazione». Ma occorre distinguere bene l'oggettiva moralità, che non ha varianti, in corrispondenza dell'unico Dio, dell'unico piano creativo, dalla soggettiva moralità, buona fede compresa, che è variante in senso progressivo, come i gradini di una scala: il discorso degli impegni etici sta nel far compiere a ciascuno il passo in avanti che sta alla sua portata, a portata del suo livello di sviluppo.
    E qui torna il discorso dell'«io ideale», profeticamente illustrato dal pastore d'anime a beneficio di ognuno, che dal suo io reale tende confusamente ad un io ideale. Ciò dice tutta una personalizzazione della morale e della ascetica oggettiva senza imitazioni di santi che sono alienazioni da se stessi e senza prestazioni di opera anche eroiche, ma non inquadrate in un discorso organico, in un completo e armonico «io ideale». È evidentemente difficile rispettare il polo individuale di ognuno, mentre è più facile imporgli il rispetto del suo polo sociale, per cui si uniforma parzialmente a leggi standardizzate. Ma tale pastorale è inumana; e se avviene proprio nei momenti forti della attuale prassi pastorale, diventa molto infedele ai piani di Dio, che sono di alleanza con persone: con Abramo, Isacco, Giacobbe, Pierino, Luciana, pur nell'insieme del Corpo mistico.
    I punti essenziali di una impostazione educativa degli esercizi
    Il discorso delle varietà acutizza quello dei punti comuni, dei denominatori comuni della prassi pastorale degli Esercizi. Le varianti non vanno concepite tra di loro come diverse sinfonie, ma come variazioni di temi unici, per semplificazione-complicazione ulteriore o per accentuazione-sviluppo armonico.
    Resta tuttavia il problema di una chiarificazione sui punti veramente essenziali.
    Ora distinguiamo:

    * punti essenziali del contenuto, per cui è essenziale parlare del Padre, di Cristo, dello Spirito Santo pur a livelli diversissimi, dell'amore di Dio a noi, del nostro bisogno di Dio per il peccato, dell'alleanza sia personale che in comune con altri (Chiesa), della tensione in avanti o escatologia, delle modalità sacramentali dell'alleanza.
    * punti essenziali della formazione, per cui diventa determinante giungere a certe reazioni, a certe attività interiori da far compiere e in modo autentico da chi fa gli Esercizi.

    Ci fermiamo soprattutto su questi secondi punti essenziali, che coinvolgono anche il contenuto ma che sono visti nella prospettiva di una crescita reale della persona, di esperienze interiori, di scelte e attività del suo io che compongono insieme il nuovo stato d'animo, il nuovo modo d'essere a cui vogliamo giungere.

    - Personalizzazione
    cioè incontro personale, dove l'io di ognuno è realmente coinvolto prima dal dialogo strumentale educatore-educando e poi dal dialogo interiore e finale io-Dio. Per tutti è chiaro il significato della espressione «coinvolgimento dell'io» o, come si voglia altrimenti chiamare, questo esser preso, essere agganciato, essere interpellato. diventare attivo dell'io di ognuno, Si suole dire che quando chi fa esercizi prende l'iniziativa di compiere azioni per conto suo (una visita personale, un prendere appunti, un quaderno di diario, una ricerca di conversazione, ecc.) abbiamo il segno di un io coinvolto. Sono invece diverse e difficili le modalità e le forme con cui si riesce a coinvolgere l'io. Ma occorre dire subito che anche la dinamica di gruppo, proposta come mezzo per condurre gli Esercizi, è vista nella sua potentissima capacità di coinvolgere l'io, che poi avrà naturalmente altre attività non di gruppo. Anche il contenuto viene interessato a questa dinamica di coinvolgimento dell'io, poiché se i discorsi, le rivelazioni di Dio non sono presentate come interpellanza dell'io, come chiamata, come rivolgersi di Dio a ciascuno e in modo proprio e non vago, la personalizzazione non diventa reale sul piano religioso dell'incontro con Dio.

    - Interiorizzazione
    cioè orientamento della ricerca di Dio al di dentro della propria vita, assumendo le esperienze più forti e costanti, e ponendo nella propria coscienza un movimento di autocritica, di ricerca del profondo, di analisi dei motivi e delle aspirazioni in un cammino che giungerà a incontrare Dio dopo aver incontrato in sé l'immagine di Dio.

    - Progettazione di un io ideale
    cioè realizzare la speranza come fiducia nei talenti ricevuti e l'impegno nel regno di Dio come edificazione di un nuovo io, colto al centro di tutte le esperienze e pensato come nuovo modo di reagire, nuovo modo di valutare e giudicare. Una volta si restava alle confessioni ben fatte, ma proprio Don Bosco notò che molte confessioni non continuavano in un vero cambiamento di vita per la mancanza di seri propositi. Ora il «proposito», come si è spiegato, non va isolato da tutto l'insieme della coscienza e proiettato come fatto a sé stante: la purezza o la calma o la devozione non sono comportamenti a sé stanti, da decidere in sede di confessione, ma fanno parte di tutta una riorganizzazione dell'io dalle abitudini di vita alle letture, alle amicizie, agli sport, in un piano totale e completo.

    - La salvezza delle aspirazioni profonde
    cioè l'innesto dell'opera di Dio nelle tensioni dominanti della personalità non come sacrificio e mortificazione, ma come liberazione e sviluppo secondo un piano più grande e più vero. Siamo qui nel punto delle motivazioni che decidono i sì o i no alle varie proposte del Cristo ed occorre che proprio le motivazioni, le quali riguardano per gran parte le aspirazioni profonde e tenaci dell'io, siano ben curate dalle prediche, dalle conversazioni, dalle letture, ecc. Una nota sulle letture può essere qui indicativa: di solito i libri sono offerti in una biblioteca con il generico invito a leggere, mentre occorre collegare libri scelti, anzi pagine scelte, a tutte le conversazioni tenute, in modo da portare avanti un discorso compatto e connesso nelle sue parti. Il lavoro di Cristo come «salvezza» è presentabile, solo se tutta una concezione teologica è ben chiaramente posseduta: una concezione positiva, dove «Dio non turba la gioia dei suoi figli se non per prepararne loro una più certa e più grande» (Manzoni), dove il fatto del corpo risorto e glorificato indica la volontà di Dio di salvare l'uomo nelle sue realtà umane senza farne un angelo. Tali presentazioni persuadono potentemente ad accogliere Cristo perché tutto l'istinto di conservazione e di affermazione di sé ne viene lievitato e reso convergente.

    - Le relazioni ecclesiali
    cioè l'impostazione del Regno di Dio come rapporto tra persone: io e tu, io e noi, io e Dio, noi e Dio. È questa la prospettiva dell'amore, che supera la fredda impostazione filosofica di un Dio a cui occorre subordinare ogni altro essere, perché è l'Assoluto, e fa invece incontrare la reciprocità dell'amore di un dare ed avere, di un comunicare, di un condividere e poi risolvere: l'io ha dei problemi e Dio porta le soluzioni; allora diventa un problema accettare le soluzioni di Dio e così si è portati a intensificare il dialogo e in ciò si scopre l'insieme dei figli di Dio e tutta la comunità della salvezza che abbraccia la Chiesa ma anche il vero io di tutti gli uomini. La via della socializzazione, che è la via della Chiesa, ha una forte importanza per portare alle decisioni ed alla perseveranza. È come essere ed avere alleati tutti i veri io umani e le tre Persone divine. E così condurre avanti la vita nel calore insostituibile di amicizie e di rapporti personali.

    - Il conflitto interiore
    nel quale uno stato reale si scinde in io reale e io ideale, in una autocritica sostenuta e soprattutto interiore, non cioè tra un io monolitico e la legge o la Chiesa o Dio stesso, ma tra un uomo vecchio o esteriore e l'uomo nuovo o interiore di S. Paolo. In alcuni momenti questo conflitto interno avrà carattere di atto di fede e si preciserà come conflitto tra pseudo-io; cioè l'organizzazione di sé comandata da concetti non cristiani e il vero io, cioè l'organizzazione di sé secondo Cristo.

    - Il coinvolgimento dell'io
    nel quale proprio quel centro della propria coscienza, quel nucleo ben preciso, che ha il volto delle proprie idee, che ha in mano decisioni e scelte, che si scalda o rimane freddo, proprio questo nucleo viene a sentirsi coinvolto, interpellato, stretto al muro, per cui non può sfuggire. Di solito si dice che occorre interessarli per esprimere questo punto. È opportuno pensare il problema più in profondità e dire: occorre coinvolgerli. È questione sia di contenuto, sia di relazioni personali, sia di ritmo di attività durante gli Esercizi.

    - L'entusiasmo per Dio
    Su questo punto si tornerà ancora tra poco; occorre porlo qui per indicarne la centralità. L'entusiasmo è condizione di scelta, di decisioni, di impegni: è la temperatura in cui le idee si fondono e originano una sintesi organica. Anche in questo punto vengono ad essere impegnati sia il settore dei contenuti sia il settore della testimonianza personale sia il settore delle esperienze umane e religiose che si creano.

    - La visione organica
    per cui al momento delle scelte si vede il comporsi di tutta la vita in un insieme che ha senso, che è convincente e che risolve tutti i problemi. Nel momento delle decisioni è spontaneo allo spirito uno sguardo a tutti gli aspetti della questione e se il progetto di Cristo non risulta che unilaterale, senza risposte per molti problemi vivi, vi sarà una paura che fa arrestare il processo verso le decisioni. Occorre in pratica che «la fede sia vissuta e la vita creduta» come dice tanto felicemente Congar, occorre cioè che tra il piano divino e la realtà della vita quotidiana vi sia innesto, lievitazione, come sovente si è spiegato e che nello stesso tempo il piano di Dio sia organico, con nessi chiari e convincenti tra le varie parti incentrate nel gesto di salvezza di Dio verso l'uomo.

    - L'integrazione tra fede e vita
    Se nel punto precedente si sottolinea soprattutto la organicità dei vari punti del cristianesimo spiegati, in questo punto si sottolinea l'innesto, l'inserimento del mistero nella vita quotidiana in modo che ne risulti un tutto unico e ben compatto, cioè l'io vero, l'uomo nuovo o interiore in contrapposizione con l'uomo reale di cui si è coscienti. Se tutto il discorso non giunge a descrivere un io, risultante da tutto ciò che si dice, tutto rischia di restare superficiale ed effimero, poiché in ogni caso l'uomo si muove quando il suo io profondo gli è chiaro davanti, altrimenti per istinto di conservazione non si getta completamente (conversione) in un nuovo modo di vivere. Facciamo un esempio: se riduco tutte le sue varie attività e reazioni a trasformazioni tentate verso un meglio (meglio economico, meglio psichico, meglio sociale, meglio fisiologico, meglio culturale, ecc.) e colgo l'io in questo e se poi riduco tutto il cristianesimo, come fa la Costituzione liturgica conciliare, al mistero di Pasqua, alla trasformazione divina dell'uomo da morte a vita, allora tra l'io così puntualizzato e il Cristo vi è facilmente una integrazione totale, globale, e facilmente l'uomo è persuaso a decidersi per Cristo. Le discussioni di gruppo, le conversazioni possono esplorare i vari campi dell'esperienza individuale e verificare la validità dell'integrazione tra l'io in attività di trasformazione e Cristo, nostra Pasqua, nostra trasformazione da morti a viventi (Gv 5,24).

    MODALITÀ EDUCATIVE DEGLI ESERCIZI

    Sia i contenuti e sia gli atteggiamenti sono fatti circolare nel gruppo dei partecipanti agli Esercizi con tecniche concrete, modalità, alcune tradizionali, altre più recenti, che non hanno fine in se stesse ma sono indispensabili perché contenuti ed atteggiamenti circolino, coinvolgano le persone, vengano assimilati.
    Nella questione delle modalità di Esercizi vi sono due piani da considerare: gli elementi del metodo in se stesso, come il silenzio, la preghiera, il dialogo; e l'insieme di elementi in un tutto unico, organico, armonico, ben proporzionato.
    Noi qui ci limitiamo a illustrare alcuni elementi di un metodo, dicendo solo a proposito di metodi, che vanno liberati da un tradizionalismo fissista che ripete senza variazioni, per essere adattati saggiamente ogni volta alla dinamica delle persone, ricordando sempre il grande paragrafo 26 della Gaudium et Spes: «L'ordine delle cose deve seguire l'ordine delle persone».

    Proprietà educative del silenzio

    Il discorso sul silenzio viene oggi acuito in contrapposizione soprattutto ai gruppi di lavoro, introdotti nell'orario degli Esercizi. Tale dibattito fa riscoprire il significato del silenzio e le modalità della sua creazione.
    Per molti, il silenzio è un fatto ancora disciplinare, vagamente capito nel suo funzionamento psicologico ed è per questo che ogni infrazione materiale del silenzio è ritenuta dannosa. Occorre invece ben distinguere un silenzio disciplinare, che è lo star zitti, dal silenzio spirituale, che è tutto un modo di essere dello spirito.
    Il silenzio spirituale non tiene ferma solo la lingua, non significa non parlare con i vicini per intrattenersi con Dio, ma significa una calma considerazione della realtà, così come l'animale della foresta, giunto alla fonte, aspetta che l'acqua si calmi e diventi limpida per berla. Il punto cruciale del silenzio è l'essere opposto alla leggerezza che lambisce le cose, tangenzialmente, e non vi scava dentro pazientemente, ed è l'essere opposto alle vibrazioni dei nervi, della fantasia, delle associazioni mentali, che impediscono di trascendere il visibile (il visibile è vibrazione).

    Educazione al silenzio

    Educare al silenzio è una cosa enorme e coinvolge tutte le materie scolastiche, come contributi sostanziali. Negli Esercizi il silenzio non va imposto per disciplina, ma rivelato come un luogo segreto, un luogo d'incontri, una condizione per grandi esperienze. In pratica occorre per analogia lavorare sulle grandi esperienze promesse e attese, per le quali si va al di là del rumore, luogo di incontri superficiali, piccoli, passeggeri. Come l'universo è più vuoto, pervaso di tensioni, che pieno, così la realtà è più silenzio che vibrazione.
    In questo senso pedagogico si ricupera l'alleanza tra gruppi di ricerca e tempi di silenzio. Dai gruppi di ricerca abbiamo la collettiva scoperta del silenzio (oltre che le lezioni ad hoc) per mostrare i valori del silenzio (i valori che scienziati, artisti, geni, politici, amanti, solo nel silenzio scoprono) finché, non il silenzio del proprio mondo ma il mondo del silenzio (il mondo che si esperimenta solo nel silenzio) comincia a dominare nella aspettativa dei giovani. Poi i gruppi forniscono due cose preziosissime: le testimonianze (necessità di élites nel gruppo degli esercitandi) ed i modelli di comportamento, cioè quegli individui che prima nel gruppo hanno legato con altri fino a diventare autorevoli e poi vivono in mezzo ad essi lo stile del silenzio stimolando così all'imitazione.

    Le tecniche del silenzio

    Noterei che vi sono modi di parlare che creano il silenzio, mentre vi sono momenti in cui tutti stanno zitti in modo così anti-silenzio (mentre si mangia, ad esempio) da adulterare per molti la squisita natura del silenzio.
    Occorrerà che leaders e animatori imparino un modo di parlare che è alleato al mondo del silenzio: si tratta di un tono pacato che segue un tono concitato di voce, si tratta di un ritmo del parlare che introduce nel cuore del silenzio.
    La lezione sulla fisiologia del silenzio (la differenza dal semplice star zitti, il problema delle vibrazioni nervose, fantasiose, l'opposizione tra concentrazione su un punto e superficiale sfioramento di molti) va sempre fatta e seguita dal rapporto tra realtà invisibili (silenziose), come è l'amore, l'io, l'intuizione di una sinfonia, di un quadro, soprattutto Dio e il silenzio, fino a far capire che essere spirito e carne significa essere vibrazione e silenzio e che il meglio di noi stessi e della realtà sta al di là della dura ascetica per fare in noi il silenzio. Giuste musiche, giusto ambiente, giusti ritmi completano l'opera.
    Accenno appena al fatto che una conversazione può alimentare il silenzio, come invece anche una confessione può far emigrare dal silenzio. Il silenzio è la patria delle anime grandi: se due tra di loro conversano, continuano anzi aumentano il silenzio che non è di per sé isolamento o individualismo, come se le realtà trascendenti fossero individualistiche. La conversazione di Agostino e di sua madre a Ostia è esempio mirabile di comunione nel silenzio tra due persone.

    Proprietà educative dell'entusiasmo

    Proprio in seguito al discorso sul silenzio è necessario parlare subito dell'entusiasmo allo scopo di evitare equivoci.
    Un silenzio pieno di torpore, snervante, per tanti giovani moderni, se non viene ben spiegato, costituisce un brutto modo di presentare Dio, poiché questo silenzio sa di cimitero, di inerte, di passivo e lo scatenarsi di una riunione tra giovani appare cosa ben più viva ed entusiasmante.
    Occorre allora aprire il poco noto e ciò nonostante essenziale discorso sull'entusiasmo negli Esercizi Spirituali. I termini possono essere cambiati: si può parlare di fervore, di commozione, di calore. L'importante è capire la sostanza della questione.

    Le forti emozioni per favorire le decisioni

    Dal punto di vista umano nessuna conversione, nessuna decisione che implichi mutamenti da una continuità inerziale, avviene senza la temperatura delle convinzioni, senza cioè la partecipazione di vividi stati affettivi, che hanno diversissime forme, ma in ogni modo sono un entrare in azione delle potenze affettive, emotive, e di fantasia. Non è il caso di fare qui una lezione sul rapporto tra entusiasmo e trasformazione dell'uomo: è del tutto sbagliato l'eccesso sentimentalistico ma è del tutto sbagliato un discorso volontaristico, che facilmente decade nel teismo e nel moralismo. Occorre poi chiarire una cosa: entusiasmo comprende sia sentimenti gioiosi che dolorosi, come l'orrore del peccato, purché siano intensi e coinvolgenti la sfera emotiva. Naturalmente qui entra in gioco il dosaggio caratteriale, che certo influisce; ma rimane universale il fatto che le idee non diventano motivi e valori e l'io non giunge a decisioni senza entusiasmi, senza coinvolgere la sfera affettiva. Questo fatto anzi è indice di coinvolgimento vero dell'io.
    Dal punto di vista della verità religiosa occorre dire che l'idea di Dio se è autentica non può essere nell'uomo senza suscitare entusiasmi: tutto in Dio è talmente superlativo, immenso, grandioso, travolgente e sconvolgente rispetto all'uomo che solo unendo all'idea tutti i sentimenti e tutta la fantasia ci si può avvicinare alla verità su Dio: Dio bisogna proprio amarlo con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la fantasia ed i sentimenti per essere nel vero. In questo schema il coinvolgere tutte le potenze emotive e fantastiche è coerenza logica con l'idea stessa di Dio infinito.

    I mezzi per l'entusiasmo

    I mezzi per suscitare entusiasmo sono innanzitutto dati dalle testimonianze personali: ormai bisogna sempre di più programmare gli Esercizi come contatto intensivo tra cristiani tiepidi o freddi e ferventi cristiani. Le riunioni presso i monaci di Taizé sono un esempio da seguire. Occorre quindi mobilitare non soltanto il predicatore o gli animatori, ma una certa élite che lieviti la massa, oppure anche solo una testimonianza viva e importante che con la sua presenza contagi di entusiasmo. L'entusiasmo infatti non si comunica o non si accende raccomandandolo o imponendolo, ma permettendo incontri con testimoni ferventi che contagiano con la loro stessa presenza e per mezzo di un incontro a dialogo.
    Altri mezzi sono dati proprio dalle riunioni collettive: ogni riunione di gruppo se non è legata a riti prefissati e immutabili ma ha uno spazio notevole di libera iniziativa e di spontaneità, è sempre una grande occasione per l'accendersi del fuoco d'entusiasmo nel gruppo. Accenniamo soprattutto a forme derivate di testimonianze, date dal libero prendere la parola ed esprimere uno stato d'animo da parte dei presenti. Ad esempio il confessare di prendere sul serio l'esperienza che si sta per fare ha un formidabile potere suggestivo. Consigliamo perciò brevi «commenti corali» di una predica o lezione, o dopo un periodo di silenzio guidato (cioè con un preciso obiettivo di ricerca che tutti hanno: una pagina da leggere, un esame di coscienza). In questi commenti corali è molto delicata l'arte di domandare, in modo da stimolare, coinvolgere, porre in questione, cioè aiutare coloro che per Grazia già hanno preso fuoco, a manifestarsi e così provocare quel collettivo stato di entusiasmo che è, come tutti sanno, decisivo per il buon andamento dell'esperienza stessa.

    L'entusiasmo nel parlar di Dio

    Con uguale cura si devono poi esaminare tutte le forme di discorso su Dio che hanno luogo durante questa esperienza più intensa del divino perché siano improntate da un linguaggio pieno di entusiasmo. Parlare di Dio è cosa delicata: sovente raccomandiamo ai catechisti di non parlare di Dio in quel modo piatto e distaccato che è un vero nominare il nome di Dio invano e che effettivamente tradisce la verità, perché dà dell'Invisibile nostro Dio una impressione ben lontana dalla verità.
    È piuttosto inedito il discorso sulla comunicazione dei misteri divini dal punto di vista dell'entusiasmo. Di solito si pensa piuttosto alla ortodossia e alla completezza: l'importante è che si parli anche del peccato, anche dell'inferno, anche della misericordia. Ma se tutti questi discorsi sono solo tecnici, solo speculativi e non contemplativi, per quanto si sia precisi e completi, si è tradita la verità divina nel suo nucleo profondo, cioè nel fatto che si tratta di presentare l'Infinito, il Tutt'altro, il Perfettissimo, l'Immenso. Noi torniamo a dire che solo in termini superlativi è giusto parlare di Dio e che solo se mobilita tutto il suo entusiasmo, tutta la sua fantasia ed emozione, l'uomo si sente onesto nel cercare la verità di Dio, proprio perché si sforza di trascendere il pensiero puro e semplice per mobilitare le altre sue forze e così trovarsi pieno del migliore concetto di Dio a lui possibile.
    Anche dal punto di vista delle «mirabilia Dei», cioè dell'azione di Dio verso di noi, l'entusiasmo diventa coerenza alla grandezza meravigliosa di queste rivelazioni, alla stupenda bellezza del volto di Dio a noi rivelato. La bellezza di una cosa non è registrabile freddamente dalla logica, ma se è conosciuta, coinvolge i sentimenti. Questo è il ragionamento di fondo qui necessario. Allora l'«oratoria» diventa oggi il modo di parlare di Dio con tutte le forze, con tutto il calore, con tutto l'entusiasmo possibile a chi parla e naturalmente in modo autentico e non retorico.
    Viene allora centrale il concetto, adoperato anche dal Weber nella sua opera L'insegnamento religioso come annuncio, e che consiste nella «contemplazione», modo di analisi conoscitiva che è intriso di entusiasmo e commozione.
    Prediche, omelie, discorsi su Dio di qualsiasi genere devono evitare il puro fare l'analisi logica della realtà divina per essere una contemplazione personale, dove il continuo raffronto con il proprio io e con tutte le possibili immagini di bellezza, di grandezza, di perfezione, di immensità, di intensità, di meraviglia e di impeto vengono utilizzate a fondo per diventare in qualche modo immagini di Dio vive: non si può essere immagini vive del fuoco e non bruciare.

    Proprietà educative della confessione

    Alcune tendenze moderne pensano di superare il pur eccessivo semplicismo con cui si riduceva tutto ad una buona confessione, marginalizzando troppo, nell'eccesso opposto, la confessione negli Esercizi.
    Tale impostazione falsa del tutto la natura pedagogica degli Esercizi, poiché è frustrante una esperienza forte, un tempo forte della propria vita spirituale che non culmini in una decisione, in una puntualizzazione del dialogo iniziato tra l'uomo e Dio, in un tirare le somme. Si sbaglia a decidere senz'altro che tale incontro decisivo sia sempre compiuto nello schema e nel mistero del Sacramento della Conversione, come si sbaglia a non organizzare le cose in modo che ci sia sempre qualcosa di analogo all'incontro decisivo che si fa con Dio nel Sacramento della Conversione.
    Si è soliti a questo punto richiamare l'attenzione all'iter della parabola del figliol prodigo, che costituisce un iter ideale, a vari livelli, corrispondenti ai vari livelli di maturità religiosa, per gli Esercizi Spirituali. Orbene in tale iter vi è il momento preciso, intensissimo, decisivo dell'incontro tra Padre e figlio, quello appunto che normalmente è costituito dal Sacramento.

    Confessioni generali?

    Ma solo se la natura dialogica, la natura di vicenda tra due protagonisti che è nella parabola, viene a permeare e animare tutto il corso di Esercizi, si può parlare di dimensione educativa della Confessione. Le confessioni nate da esasperanti esami di coscienza generali (le discusse confessioni generali) hanno il rischio di diventare troppo psicologiche, cioè di coinvolgere troppo i profondi (e per niente religiosi) sensi di colpa, animati da meccanismi psichici molto complicati e diversi dal pentimento cristiano e dal ritorno a Dio. Il senso di liberazione per lo choc d'aver detto tutto finalmente, non è sempre un centrale ridimensionarsi della personalità, ma può essere un marginale lavoro chirurgico che finalmente è stato deciso e che libera da tensioni quasi nevrotiche. Più semplicemente gli esami di coscienza possono portare ad una involuzione nel gioco psichico tra io e super-io, e proporzionalmente rendere annebbiato, sfocato e marginale il volto di Dio, il confronto diretto di Dio, la interpretazione dei peccati dal Suo punto di vista e non dal punto di vista imposto dai propri meccanismi psichici.

    Educazione alla conversione

    Educare quindi al Sacramento della Conversione, significa ridimensionare tutto il movimento degli Esercizi, che vanno imposti in un dialogo diretto o indiretto tra il vero io e il Dio vero in rapporto al problematizzante pseudo-io che crea problemi e situazioni drammatiche. Alle volte, invece della Confessione vi sarà la lotta dell'Angelo con Giacobbe, ma sarà sempre un incontro personale e un incontro al vertice di una vicenda tra persone.
    L'invito alla Confessione, se legato solo ai peccati da confessare, se spuntato come rito scontato e consueto, è diseducativo. La Grazia potrà operare ugualmente, ma le disposizioni soggettive, che condizionano i frutti del Sacramento, sono compromesse.

    Funzione dell'animatore

    Nello schema della parabola del figlio prodigo, invece, gli Esercizi avviano il dialogo prima lontano, come inconsapevole (il figliolo non pensa che suo Padre pensi a lui) e poi diretto e di abbraccio tra l'io e Dio, che nei casi di precatecumenato potrà essere sacramentalizzato nella persona del sacerdote o del fedele che svolge questo ruolo di animatore negli Esercizi.
    Sarà necessario allora semplicemente alludere al fatto spontaneo che simili parlamentari hanno un incontro decisivo, un confronto, faccia a faccia, che tira delle conclusioni, anche se non definitive e così non ci sarà quell'improvviso «prepararsi alla confessione» che sembra slegato dal resto, ma tutto sarà avviamento all'incontro al vertice. E d'altra parte non vi saranno Esercizi impersonali, senza incontri a tu per tu, senza momenti culminanti, in uno schema di esperienza che non è secondo lo schema degli impegni seri di una persona umana.

    Notazioni particolari al riguardo sono: una catechesi impostata come annuncio, cioè come rivelazione e presentazione all'io di Uno che vuole essere presentato (si veda, per questo, Esser-Negri, L'incontro personale nella catechesi rinnovata, LDC); inoltre una revisione cristiana del peccato, intesa come qualcosa di più vasto dell'esame di coscienza, in una consapevolezza di essere peccatore che è globale quanto agli atti ed è invece profonda e articolata quanto agli atteggiamenti ed alle valutazioni del proprio io (è utilissimo prendere l'io nelle sue diverse relazioni: con i genitori, con un amico, con i compagni, per valutarle alla luce dei peccati personali). Occorre rispettare il momento del dialogo, offrendo a ciascuno una possibilità continua, favorendo piuttosto un sistema non ancora svalutato del «tutore» come in certe università inglesi, che discute e fa da specchio per ciascuno, nel decidere il maturarsi delle varie svolte della vicenda in corso. Un macerarsi nella contemplazione di Dio, sfuggito o contrastato dai propri peccati, va ad esempio allungato. Anche il valutare le proposte di Dio rispetto a tante altre è un momento del dialogo che va prolungato per giungere alle convinzioni.
    Inoltre è importante che la parabola abbia la sua logica finale di gloria e di festeggiamento, come si fa in ogni circostanza del genere, per cui l'ora della festa va studiata per bene come parte essenziale degli Esercizi.

    La proprietà educativa delle liturgie

    La attuale cronaca della Chiesa segnala una fortunata riscoperta della liturgia in tutte le sue virtualità.
    Negli Esercizi, intesi come intensa esperienza del divino o più forte contatto con il divino, le liturgie hanno anche dal punto di vista pedagogico enorme importanza. Esse coinvolgono non solo forze soprannaturali ma anche naturali disposizioni e inclinazioni in materia di sacro e di divino: il rito, soprattutto se in parte arcano e in parte spontaneo, in parte individuale e in parte collettivo, costituisce una condizione essenziale per l'affacciarsi dell'uomo nel mondo vertiginosamente trascendente del divino. Senza il rito è continuo il rischio di banalizzare Dio, di costruirselo a propria immagine e somiglianza, di ridurre Dio alle proprie dimensioni invece di alzare se stessi alle dimensioni divine.

    Importanza di ritualizzare gli stati d'animo

    Noi conosciamo negli Esercizi la preghiera: si prega molto. Invece bisognerebbe dare più spazio a liturgie, cioè a riti, gesti, azioni in parte di iniziativa divina come i sette sacramenti e in parte di iniziativa umana. come qualsiasi celebrazione; esse volta per volta mobilitano quel senso religioso insito nell'uomo ma troppo paralizzato, che è indispensabile per entrare seriamente e ortodossamente in contatto con Dio.
    La preparazione dei riti, la prova anzi (canti, gesti, ecc.) diventa un momento particolarissimo per ripassare più volte i significati, le realtà invisibili, umane e divine, che vengono mosse e collegate per mezzo dei riti.
    Di solito la prova liturgica è banalizzata, invece è già serietà, è avviamento e sviluppo di una tensione interiore che sboccherà felicemente nel pieno del rito. Si ricordi che vanno mobilitati tutti gli elementi del rito: canti, silenzi, gesti, movimenti, azioni, dialoghi, preghiere, litanie, ecc. Non possiamo qui fare una trattazione in chiave moderna di questi elementi: si ricordi come a Monserrat, a Einsielden la semplice esecuzione polifonica di una Salve Regina, preparata, collocata in un quadro di significati, costituisce un fortissimo rito liturgico, cioè segno visibile e sensibile di molte realtà invisibili, umane e divine, messe in azione dalla volontà umana. Naturalmente se vi è un campo in cui il rispetto della sensibilità dei partecipanti è sommo, è proprio questo: sia come modalità, sia come intensità, il rito deve essere funzionale alle persone: ma anche un abbraccio di pace ben preparato da discorsi, commenti, litanie, canti, contemplazioni costituisce un potente rito di conversione all'amore.

    Il rito come condensazione di comportamenti

    Consigliamo per questo di immergersi negli orizzonti del dinamismo liturgico, quale è ritrovabile in Dreissen, La linea liturgica nella catechesi rinnovata, LDC. In tal modo si saprà ritrovare lo stile liturgico sia per una comunità eucaristica che per una comunità precatecumenale. Intanto il rapporto tra rito e contemplazioni, conversazioni, processo di accostamento a quelli che abbiamo chiamato incontri di vertice deve essere ben esplicito affinché avvenga quello che Cronback riteneva fondamentale in pedagogia: il tradurre valori e concetti in comportamenti coerenti. Allora la funzione del rito liturgico è quella di condensare molti comportamenti morali, analoghi ai comportamenti liturgici (si pensi al morire del male nell'immersione battesimale), e renderli presenti come traduzione vitale, concreta dei misteri che si contemplano.
    I giorni di Esercizi saranno puntualizzati allora in uno schema concentrico da riti ben preparati, comunitari, in cui ciascuno viene aiutato a situare Dio davanti a sé e se stesso davanti a Dio in modo sacramentale, quindi impressionante, sconvolgente, sacro. E ciò in una successione progressiva che dovrebbe finire con l'abbraccio sacramentale del Sacramento della Conversione e la strettissima unione eucaristica.
    Gli animatori dovranno fare la mediazione dal nucleo comune della massa, che si esprime nelle liturgie comunitarie ai vari individui che non sono sempre tutti allo stesso livello di maturazione, ma comunque sono nelle vicinanze, ed hanno solo bisogno di una guida per restare coerenti a se stessi e in coerenza con il gruppo senza adulterare né l'una né l'altra dimensione.


    CONCLUSIONE

    La panoramica pedagogica degli Esercizi è stata frammentaria e disorganica, proprio perché lo scopo era quello di aprire una prospettiva da sostituirsi a quella del tradizionalismo, convinto della validità di strutture sperimentate. Collocarsi di più al servizio della vicenda personale, per maturare l'emergere di «forti personalità» cristiane che hanno compiuto in modo organico, completo, integrato gli atti della conversione e della identificazione con il Nostro Salvatore Gesù Cristo, è stato il traguardo di questa analisi.
    E in una dimensione più di Chiesa, l'istanza pedagogica vuole anche mettere gli Esercizi (esperienza di élites) nel quadro di tutto il Popolo di Dio, di tutta la Chiesa locale a cui appartiene il gruppetto che fa gli Esercizi. Se l'esperienza intensa del divino, se il tempo forte di una vicenda continuativa avviene secondo reali e solide dimensioni pedagogiche, allora la maturazione avvenuta è solida e forte e il gruppetto costituisce non un aristocratico ghetto, sempre più isolato dal «mondo», ma una linfa vitale per tutti, in quanto le «forti personalità», quali risultano da una conduzione pedagogica degli Esercizi, sono messe in circolazione nella massa, per portare dovunque lo stimolo e il modello di una Pasqua, cioè di un passaggio da morte a vita, che è per tutti indistintamente il movimento centrale dell'esistenza sulla terra.


    T e r z a
    p a g i n A


    NOVITÀ 2024


    Saper essere
    Competenze trasversali


    L'umano
    nella letteratura


    I sogni dei giovani x
    una Chiesa sinodale


    Strumenti e metodi
    per formare ancora


    Per una
    "buona" politica


    Sport e
    vita cristiana
    rubrica sport


    PROSEGUE DAL 2023


    Assetati d'eterno 
    Nostalgia di Dio e arte


    Abitare la Parola
    Incontrare Gesù


    Dove incontrare
    oggi il Signore


    PG: apprendistato
    alla vita cristiana


    Passeggiate nel
    mondo contemporaneo
     


    NOVITÀ ON LINE


    Di felicità, d'amore,
    di morte e altro
    (Dio compreso)
    Chiara e don Massimo


    Vent'anni di vantaggio
    Universitari in ricerca
    rubrica studio


    Storie di volontari
    A cura del SxS


    Voci dal
    mondo interiore
    A cura dei giovani MGS

    MGS-interiore


    Quello in cui crediamo
    Giovani e ricerca

    Rivista "Testimonianze"


    Universitari in ricerca
    Riflessioni e testimonianze FUCI


    Un "canone" letterario
    per i giovani oggi


    Sguardi in sala
    Tra cinema e teatro

    A cura del CGS


    Recensioni  
    e SEGNALAZIONI

    invetrina2

    Etty Hillesum
    una spiritualità
    per i giovani
     Etty


    Semi e cammini 
    di spiritualità
    Il senso nei frammenti
    spighe


    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


     

    Main Menu