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    Risposta alla contestazione



    Pietro Gianola

    (NPG 1969-05-31)

    Molto spesso, anche le persone più disponibili, di fronte al grosso mondo della contestazione giovanile, si accontentano di analizzare, evidenziare cause e atteggiamenti, arrivano magari a sottolineare ragioni e approvazioni, ma tutto si ferma lì. Il discorso è facilmente verificabile, anche mediante una lettura affrettata dalla vastissima letteratura in circolazione.
    Chi rifiuta o demitizza, lo fa con calore e ardore. Chi approva e congloba a livello della propria personalità istanze e motivi, parla con passione, con il conforto delle analisi sociologiche.
    Gli uni ricercano subito gli aspetti deteriori, li accentuano: sono più preoccupati di scoprire l'inautentico di cui ogni cosa umana è filigranata che di prendere coscienza della realtà (la contestazione, ci piaccia o no, strumentalizzata o meno, è un «fatto» imprescindibile). Gli altri, molti degli altri, si accontentano di dare ragione, di fare coro al grido di protesta, di scoprire, con i testi di sociologia e di storia alla mano, che è inevitabile o che, tutto sommato, può essere costruttiva.
    Pochi si tirano su le maniche. Pochi avanzano – e attuano – delle ipotesi di soluzione: troppo pochi arrivano al fatidico (e finalmente concreto): che cosa, allora, possiamo fare? Eppure la contestazione ci tocca sulla pelle: non è una realtà esaminabile soltanto in vitro, per scoprirne lo spettro di rifrazione.
    In questo articolo, P. Gianola analizza le possibili risposte alla contestazione giovanile, indicandone una linea pedagogica d'incontro e soprattutto sottolineando la realtà della comunità educativa come positiva soluzione negli ambienti scolastici.
    Lo stile scheletrico, a «indice», può rendere con maggior efficacia ed essenzialità i termini l'intervento a cui ogni educatore, per vocazione e per missione, è chiamato.

    COME SI RISPONDE ALLA CONTESTAZIONE

    Le strategie di risposta «del sistema» e «delle istituzioni» sono facilmente riconducibili a un quadro abbastanza preciso di reazioni.

    1) La repressione violenta
    per ragioni di logica interna, di difesa del «sistema» ritenuto «intoccabile» (Russia, Polonia, Cecoslovacchia, Grecia, America per quanto riguardò i Kennedy e King, ecc.).

    2) Il contenimento e la emarginazione
    spesso vicini ancora alla repressione (Spagna, Portogallo, Francia, Italia e occidente in genere, istituzioni ecclesiali in rapporto ai movimenti e gruppi del dissenso cattolico).

    3) L'accettazione dello stimolo al rinnovamento
    però a sua volta attuata a livello di varia profondità, estensione, intenzione:
    • funzionale e produttiva: entro i limiti e allo scopo di ridare alle istituzioni autorità e mezzi, forze e disciplina, per un nuovo funzionamento più utilitario a servizio del sistema così com'è
    • critico-riformista: deciso a qualunque maggiore revisione ed evoluzione delle istituzioni, fermi restando i princìpi sui quali si reggono le strutture e i modelli dell'attuale «sistema» sociale, politico, economico, culturale, educativo, ecclesiale
    • rivoluzionaria: con compito contestativo profondo del sistema della società d'oggi, giudicata inadeguata a tradurre e promuovere gli autentici valori dell'uomo, della libertà, della giustizia, della partecipazione diretta, dello stesso cristianesimo fedele al Vangelo e allo Spirito di Cristo; convergono entro certi limiti, con programmi e scopi largamente innovatori, uomini e gruppi con motivazioni e modalità marxista, cristiana, anarchica, laicista, neo-liberale.

    UNA RISPOSTA PEDAGOGICA

    ♦ La risposta pedagogica non può essere frutto di una reazione preconcetta e stereotipa, difensiva di posizioni e di sensibilità personali, di categoria, di gruppo.
    Essa non può essere semplicemente «dettata» in base a riferimenti teorici e dottrinali, a quadri di valori, a strutture, modelli tradizionali.
    Non deve essere subita passivamente sotto la pressione scomposta e unilaterale giovanile.
    Deve essere frutto di matura analisi, di positiva, coraggiosa sperimentazione comunitaria.
    ♦ Alcuni atteggiamenti pedagogici di base devono guidare la «risposta».

    1) Accettare la contestazione giovanile
    • come dato di fatto oggettivo
    – senza ansia, smarrimento, difesa preconcetta e ad oltranza, aggressione, repressione
    – senza «identificazioni» giovanilistiche almeno buffe nella gente anziana, non più giovane
    – senza politiche «strategiche o tattiche» di captazioni e strumentalizzazioni interessate e sleali
    • come valore di denuncia coraggiosa, di pressione e sblocco, come segno di tempi nuovi, come contributo ricostruttivo di prim'ordine (anche se per ora solo prevalentemente demolitore...) forse impensabile e insostituibile
    • come stimolo all'interessamento, al rinnovamento profondo, rapido
    • come invito e impegno di «partecipazione» in una intelligente e coraggiosa azione comune di rinnovamento dell'intero sistema sociale

    2) Interpretare la contestazione giovanile
    • nelle sue radici e ragioni psicologiche, sociologiche, antropologiche, storiche, sociali, culturali, cristiane
    • nelle sue attuazioni giovanili spesso ambivalenti
    • nella genesi delle forme, dei programmi, metodi, anche se attualmente fluidi
    • nella maturità raggiunta negli obiettivi e metodi, nei suoi ruoli politici, nei suoi programmi di azione, immediata e remota
    • nei suoi limiti di fatto e di diritto, nei pericoli, errori, ambiguità...

    3) Autenticare la contestazione giovanile
    • decantare aspetti, motivi, indirizzi, forme valide e non valide oggettivamente, denunciare e rifiutare le mistificazioni e le strumentalizzazioni
    • completare le deficienze: perché non si chiuda in una prospettiva parziale, unilaterale, superficiale, privata, collettiva, e non «sociale», al fondo della realtà da ricostruire
    • correggere: i difetti e gli errori, le utopie inutili e dannose
    • coltivarla accettandola con atteggiamento globale di stima e fiducia, come atteggiamento giovanile generale e studentesco, superiore alla integrazione, alla evasione, alla protesta senza proteste; sostenerla e diffonderla; aiutarla ad evolversi verso le forme più valide della «partecipazione non integrata, critico-costruttiva, creativa»

    4) Collaborare in dialogo corresponsabile ricostruttivo, anche in clima e tono di lotta, se oggettivamene richiesto:
    • coscienti di essere di fronte a una scelta pedagogica veramente rivoluzionaria
    • con volontà, capacità, coraggio, maturità, amore di collaborare per fare del «luogo educativo» in cui ognuno è impegnato (famiglia, scuola, associazione, chiesa) un «luogo profetico» di uomini di buona volontà, uomini nuovi per e già in una piccola società nuova
    • quindi non contro i giovani, non per i giovani, non dei giovani, ma con i giovani nuovi.

    IL PUNTO DI INCONTRO

    Giovani e adulti corresponsabili devono incontrarsi con estrema lealtà, attorno ad alcune condivise aspirazioni positive.

    a) Aspirazioni e volontà di operare,(e anche di contestare) per una società nella quale ognuno e tutti possano esprimersi come persone.
    b) Desiderio di una effettiva partecipazione corresponsabile e attiva di tutte le generazioni, superando le attuali divisioni di classi sociali come differenze non valicabili e pregiudizievoli di potere, di sapere, di avere e di valere, e di essere.
    c) Rifiuto dell'utilitarismo pragmatistico in nome dell'affermazione di ideali per i quali valga la pena di spendere la vita.
    d) Consapevolezza e volontà di svolgere come giovani un ruolo con la maggior risonanza possibile entro il contesto della comunità umana, vicina e lontana, su un piano di progresso, di carità, di amore, di giustizia.
    e) Volontà di partecipazione corresponsabile e attiva, secondo la personale crescente maturità, alle scelte e alle azioni della comunità e dei gruppi ai quali si appartiene e che domani saranno gli ambienti della vita adulta.
    f) Volontà di revisione critica personale e diretta, di comprensione e di convinzione personale diretta, cioè di autentica libertà di scelta e di condotta, nelle situazioni più impegnative della esistenza umana (scelta vocazionale, professionale, matrimoniale, religiosa e morale, indirizzo politico, amore...).
    g) Capacità e volontà di un dialogo come forma costante di ogni rapporto formativo e direttivo.
    h) Importanza riconosciuta e attribuita al gruppo dei giovani come elemento dotato di capacità di collaborazione spiccata, insostituibile e funzionale.
    i) Volontà e domanda di alcune maggiori e più generalizzate possibilità:
    • possibilità di nuova e più valida formazione
    – in famiglia
    – nella scuola e negli istituti
    – mediante gli strumenti della comunicazione, il turismo
    – mediante una nuova vitalità, libertà, fiducia e apertura di tutti i programmi e metodi
    • possibilità di mobilità innovatrice: culturale, professionale, sociale
    • possibilità di conseguire
    – nuovi tratti di personalità individuale giovanile e adulta: precoce apertura, libertà, fiducia, larghezza di esperienza, incontri misti, formazione di personalità forte, disponibile, partecipante, socializzata
    – nuove forme familiari: amore, benessere, cultura
    – nuove forme civico-sociali, politiche: democrazia, benessere, giustizia, programmazione
    – nuovo status ecclesiale: coscienza, partecipazione attiva e corresponsabile, responsabilità.

    LA COMUNITÀ EDUCATIVA
    COME RISPOSTA GLOBALE ALLA CONTESTAZIONE

    Alcuni orientamenti pedagogici possono informare il rinnovamento di piani e programmi, strutture e metodi degli ambienti e delle istituzioni che intendono essere Comunità educative.

    1. La Comunità educativa supera l'impostazione unilaterale della «educazione» a senso unico, della unidirezione dell'atto educativo, facendo dei giovani-alunni dei veri «protagonisti» dell'organizzazione e dell'attuazione del programma e del processo formativo:
    • compartecipi della volontà e responsabilità degli obiettivi
    • corresponsabili delle proposte, dello studio, della programmazione articolata delle scelte, secondo l'età e le possibilità
    • partecipi di un vero ruolo di «animazione propulsiva» individuale e di gruppo, con largo spazio di libertà di lavoro, riunione, scelta, nell'ambito educativo, culturale, morale, sociale, ricreativo, religioso.

    2. La Comunità educativa supera l'educazione come indottrinamento passivo, mediante l'apertura ai princìpi e alle tecniche dell'attivismo autentico, operativo, mentale, spirituale: libertà di discussione e di ricerca, lavoro in piccoli gruppi, iniziativa corresponsabile con gli educatori per l'adattamento degli ambienti, per l'elaborazione dei programmi e piani di gruppo e personali, dei metodi, compiutezza del quadro degli interessi riconosciuti e coltivati, assunzione organica dei problemi giovanili d'età, di personalità, di adattamento e di orientamento, dei problemi sociali, con le relazioni e gli strumenti che comportano, in clima di convivenza e dialogo costante, attivizzando ognuno in proporzione dei talenti.

    3. La Comunità educativa supera la strumentalizzazione delle personalità rispetto ai programmi, ai testi, alle strutture, proponendosi come unico e centrale scopo la crescita e l'espansione personale rispetto a un preciso quadro di obiettivi bio-psicologici, sociali, etici:
    • ripone al centro l'attenzione e il rispetto esplicito, la cura e la direzione di ogni personalità individuale in formazione
    • riafferma la strumentalità degli ambienti, dell'ordine e della disciplina, degli orari e dei provvedimenti e disposizioni
    • garantisce la massima disponibilità degli educatori ed insegnanti in una dedizione piena ed esperta di tempo e forze e sentimento, in atto di vero servizio, di lavoro comunitario
    • intende ed usa come strumenti di lavoro formativo esercizi e interrogazioni, voti e giudizi, superando abusi e scopi punitivi, fiscali, selettivi, irreparabili
    • chi più può più deve, chi meno ha più riceve.

    4. La Comunità educativa supera l'asservimento dell'educazione rispetto al «sistema» inteso come il complesso delle posizioni d'interesse e privilegio privato, di discriminazione ingiusta e privilegiata, degli immobilismi chiusi e arretrati, legati a remore di ogni genere, culturali e sociali, privi di tensione, di ardimento e rischio, mediante l'accettazione della naturale progressività critico-ricostruttiva di ogni programma e metodi di educazione, di insegnamento, di cultura, di attività pastorale, facendo convergere l'azione comunitaria verso
    • la verifica critica di ogni realtà che lo esiga e lo meriti
    • la contestazione e il dissenso di tutto ciò che oggi e in seguito in sé, nella società, nei costumi e nelle opinioni, nelle istituzioni e fuori di esse lo esiga e lo meriti
    • l'elaborazione continua e progressiva di nuove ipotesi, di nuove analisi
    • sintesi in ogni campo: famiglia, scuola, istituti, educazione, amore, strutture e vita sociale, religiosa, moralità, lavoro, tempo libero.

    5. La Comunità educativa supera il pericolo di mortificare la vitalità giovanile e di compromettere la preparazione dei giovani alla vita del loro tempo, mediante l'elaborazione di un programma educativo che accetti e stimoli un quadro completo di obiettivi di formazione genetica, progressiva:
    • formazione di personalità dotate di matura base bio-psicologica, progressivamente evolute, autonome, saldamente strutturate e operative, seguendo i ritmi e le esigenze della evoluzione giovanile
    • indirizzi e livelli scolastici moderni, con chiare finalità educative, culturali, sociali, professionali, morali
    • formazione umana progressivamente completa rispetto ai contenuti e ai tratti dovuti e voluti per l'espansione e per l'inserimento giovanile, in un'epoca che sempre più richiederà apertura e partecipazione sociale
    • culturale, civile e politica
    • formazione etico-religiosa, in esatta luce cristiana, moderna, ecclesiale, con fondamentale considerazione della libera coscienza personale e comunitaria, con larga consequenzialità.

    6. La Comunità educativa supera le deviazioni o meglio le esasperazioni contestative interne, sindacali, corporativistiche, di certo giovanilismo scapigliato o evasivo, gregario e facilmente strumentalizzabile, ponendo alla base di ogni altra iniziativa la preoccupazione di stringere tutti i componenti attivi della stessa comunità (giovani, educatori-insegnanti, genitori) attorno ad una tensione condivisa, attorno a un conquistato consenso comunitario sul quadro degli obiettivi della convivenza e della formazione completa, secondo il piano di lavoro concreto progressivo di ogni Istituto, scuola, opera, sezione, gruppo... Per conseguire questo primo «obiettivo» di consenso
    • la comunità è disposta a tutte le ipotesi di programmi e metodi che si presentano ragionevoli, validi, collaudati, moderni
    • richiede la diretta partecipazione dei giovani, dei loro gruppi spontanei o eletti, di punta e di consenso, di animazione propulsiva e rappresentativi, nelle fasi di programmazione, di verifica, di aggiornamento, di consultivo
    • si serve della mediazione di gruppi di più vivace corresponsabilità e collaborazione per «animare» dall'interno le comunità degli educatori, degli alunni, delle famiglie, di tutti i settori del programma educativo, verso i rinnovamenti comunitari.

    7. La Comunità educativa supera il pericolo di vanificarsi in buone intenzioni, creando gli strumenti tecnici adeguati di lavoro in ampio dialogo interno ed esterno:
    • a livello degli Educatori-Insegnanti
    – nuovo clima di solidarietà, collegialità del lavoro, fiducia ed esperienza democratica, tra di loro, verso gli alunni
    – nuovo concetto e nuova modalità della direzione educativa
    – Consigli d'azione, di classe, aiuto di esperti
    • a livello dei Giovani-Alunni
    – coscienza e disponibilità per l'iniziativa corresponsabile
    – Assemblee d'Istituto, di sezione, di classe
    – Consigli di rappresentanza, di lavoro, di animazione
    – Gruppi spontanei d'interesse e d'impegno interno e esterno
    • a livello dei Genitori: Assemblee, Consigli, Consulte, Scuola, incontri di informazione e di collaborazione.

    8. La Comunità educativa supera il pericolo dell'immobilismo nelle «tradizioni» per vivere il processo di sviluppo della tradizione muovendo
    • dall'amorevolezza all'amicizia (individuale e comunitaria)
    • dalla ragionevolezza al ragionamento dialogico corresponsabile individuale e comunitario
    • dalla religione alla religiosità espressa in modo autentico in una religione meglio fondata, tratta alle conseguenze più moderne della vita e della presenza sociale, culturale, ecclesiale.


    T e r z a
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