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    Una politica per la gioventù



    Pietro Gianola

    (NPG 1968- 02-04)

    Da un incontro promosso dalla Rivista degli Scouts anziani «Servire» al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, sul tema «Una politica per la gioventù», P. Gianola prende lo spunto per la puntualizzazione di un problema così urgente e spesso dimenticato.
    La cronaca fiorisce in osservazioni acute, in critiche coraggiose. Qua e là affiora una proposta di soluzione.
    Nessun educatore dovrebbe ignorare queste istanze: i nostri giovani sono chiamati a vivere inseriti nella società, a portare il peso delle proprie responsabilità nella edificazione del bene comune, hanno il diritto di trovare un clima accogliente, la valutazione della propria personalità, la recezione disinteressata delle proprie capacità.

    Ragioni dell'incontro

    Sono più d'una, e convergono verso l'urgenza di accelerare i tempi in Italia in questa direzione, anche se fare in fretta non sempre vuol dire far bene.

    a) Già si vanno definendo i tempi per un Ente Europeo della Gioventù, collegato con l'area del Mercato Comune. Questo ente ha lo scopo di collegare e coordinare le iniziative di politica della gioventù delle singole nazioni partecipanti. Ora l'Italia si trova nella condizione di avere all'attivo una rete complessa di movimenti, organizzazioni, gruppi giovanili, qualche federazione a titolo privato (CIGI) e molti (11) disegni di legge di diversa natura, ma nulla di fatto o di prossima fattura.

    b) Nel campo dello Stato domina poco meno del caos. Da una parte quasi tutti i ministeri si interessano della gioventù per vari titoli, e prevedono nei loro bilanci stanziamenti e iniziative. Però tutto ciò avviene
    senza un piano, senza un coordinamento, senza un'idea politica unificatrice. La somma dell'interessamento si riduce ad essere poco più che insignificante rispetto alla realtà e ai bisogni del mondo giovanile italiano. La cosa è tragica se si riflette che si tratta delle forze di domani per il lavoro, la cultura, la vita nazionale. Ma sembra che i politicanti siano convinti che anche le sgangherate strutture attuali siano sufficienti per sostenere l'integrazione nel vecchio sistema di tali forze, forse invece timorosi che una gioventù con gli occhi aperti potrebbe giocare brutti scherzi agli occupanti i posti di comando e ai loro sistemi di vecchia conduzione.

    c) I movimenti e i gruppi giovanili dei partiti politici, le organizzazioni cattoliche di vecchia struttura ansimano per una generale crisi dell'associazionismo di questo tipo, annualmente in crisi, protesi a ristrutturarsi, bisognosi di ossigeno finanziario e di prestigio.

    d) La torta da dividere c'è; non è gran cosa, e tuttavia i furbi ci arrivano già. Si prevede che debba crescere. E naturalmente le fette maggiori le otterranno le associazioni giovanili costituite e organizzate in un ente nazionale di rappresentanti monopolizzatori della politica della gioventù. Essi all'incontro di Milano hanno dichiarato 'solennemente che non intendono fare una così brutta operazione, e che invece avranno di mira tutta la gioventù italiana. Ma si sa come vanno a finire queste cose: prima di tutto bisognerà finanziare le strutture, i dirigenti, gli studi..., poi qualcosa raggiungerà la base organizzata, e finalmente il resto (se ne resta) sarà per gli altri.
    Gli altri sono molti. Sono circa l'80% dei giovani italiani. Ma hanno commesso l'errore di non organizzarsi. Chi non si organizza non s'inserisce, oggi.
    Non ha importanza il fatto che i sociologi continuino a constatare che il mondo giovanile ha messo in crisi le organizzazioni proprio per dare impulso a un nuovo modo di incontrarsi e di vivere e operare insieme in piccoli gruppi spontanei, ben più vitali, ben più utili agli effetti di un'autentica vita e maturazione giovanile. L'indirizzo ufficiale è tale che solo chi crea apparati si salva. Anche se stranamente tutti gli apparati presenti hanno premura di sventolare bandiere che sopra la denominazione giovanile dichiarano ben bene l'appartenenza e l'ubbidienza ideologica: gioventù liberale, socialista, democristiana, cattolica... È proprio quel che la grande maggioranza dei giovani non vogliono, non solo per qualunquismo. E allora non ci sarà una «politica» anche per questi o di questi non allineati? La cosa non è facile, se politica vuol dire unificazione convergente di proposte, di forze, di piani esecutivi. Però può darsi che i giovani, la maggior parte dei giovani e non certo i meno sensibili e capaci, vogliano proprio vie nuove di politica senza la immediata captazione e numerazione entro schedari conformisti.
    Noto che queste non sono riflessioni personali, ma dichiarazioni sentite in aula pubblicamente, anche se non dalla maggioranza, evidentemente schierata nelle file delle organizzazioni ufficialmente promotrici dell'attuale proposta politica. Dopo un intervento su questa linea qualcuno mi ha personalmente dichiarato di condividere la preoccupazione, anche tra gli attuali inquadrati in mancanza di meglio.
    Di fatto tutto l'incontro si è svolto come su due binari. Uno di evidente fretta di varare gli organismi di rappresentanza nazionale in grado di avviare comunque una politica per o della gioventù, l'altro di qualche voce meno frettolosa, più preoccupata dei problemi di contenuto, di obbiettivi, di piani effettivi di interessamento largo, totale (ACLI, GIAC e interventi sparsi).

    Il programma e il suo svolgimento

    Ha aperto l'incontro sabato la la relazione del Prof. F. Ferrarotti, Ordinario di sociologia all'Università di Roma, delineando I limiti del problema. La relazione ha sodisfatto la grande maggioranza dei giovani uditori, anche troppo, giudicando dagli applausi. Però bisogna dire che era stata preparata e detta proprio a questo scopo: ottenere i loro applausi. E per un sociologo in tale tema è cosa abbastanza facile. Sta a vedere se le cose vere dette erano tutte quelle da dire, e se i luoghi comuni toccati e rimarcati sono serviti a delineare un concreto presupposto per i successivi lavori: cadavere la società fascista, cadavere la società attuale, cadaverica la scuola italiana, quasi altrettanto la famiglia... Resta solo la gioventù e la sua politica. Discorso, come si vede di alta oggettività scientifica!
    Però Ferrarotti ha detto anche molte cose vere e giuste. La crisi dei giovani è la crisi degli anziani; necessitano nuove strutture politiche; si sente il bisogno di una scuola di cultura non come fatto di élite, ma di formazione per tutti alla realtà sociale d'oggi e di domani; la vita associativa è la struttura intermedia tra la famiglia - scuola e la società; l'apatia politica dei giovani è segno delle deficienze della realtà politica italiana in genere; la funzione dei giovani per un passaggio a una democrazia sostanziale opera al di là di tutti i sistemi autoritari in ogni settore e rapporto, cause di protesta e di rottura; i giovani devono partecipare alla discussione e alle decisioni, accedere al potere come «servizio»... La rapida sintesi delle indagini sociologiche tedesche, francesi, italiane (Schelsky, Perruchot, Joussellin, Bertoni, Baglioni...) non ha saputo definire, a mio parere, con esatto calibro il significato delle indicazioni.
    Domenica 12 erano previste relazioni su L'intervento dello Stato nel mondo dei giovani. Delineò L'attuale realtà italiana il Dott. Nino Cascino.
    Da una relazione inviata dall'On. Bedini furono lette indicazioni su Caratteristiche e limiti dell'intervento dello Stato. Si presentano due vie: una di volontaristica autoorganizzazione giovanile, assunta dallo Stato come espressione di libera iniziativa e di libero apporto (è però un lontano e quasi utopistico ideale); l'altra di promozione da parte dello Stato, che però sia tale da salvare la priorità del pluralismo libero, lo coordini, concentrando in un'organica unità sia le disponibilità dello Stato che la loro ripartizione, crei gli organi che possono attuare la politica per la gioventù secondo criteri di scelta indicati dai giovani stessi, eviti sia l'accentramento attorno ai partiti, sia eccessivi riferimenti a gruppi di pressione di qualsiasi natura.
    Il Dott. A. Cartoccio ha concluso illustrando gli 11 documenti, Proposte e progetti di legge che dal 1949 al '67 si sono melanconicamente susseguiti senza arrivare però in porto e lasciando sussistere un vuoto dannoso per i giovani che intanto crescono e si integrano nella vecchia società (per molti ciò basta).
    Per questa ragione c'è stato spazio libero per Le proposte dei Movimenti Giovanili presentate alla sera nella Tavola Rotonda cui sedevano e parlavano i rappresentanti dei gruppi giovanili dei partiti, cattolici, universitari, sportivi... Sedevano e parlavano, perché non si ha per ora che una promessa recente dell'On. Moro di portare innanzi al più presto un'indagine nazionale sulla situazione giovanile, da parte di una Commissione di prossima costituzione, con la cura che il suo lavoro si concluda prima della chiusura dell'attuale legislatura parlamentare, perché altrimenti saremo da capo alla prossima. Ma intanto i giovani crescano e... continuino a integrarsi.

    Qualche altro giudizio conclusivo

    L'integrazione troppo rapida nei vecchi schemi delle ideologie e delle prassi partitiche e confessionali, è proprio ciò che più fa paura nei giovani. Nessuna politica per la gioventù vi pone rimedio, se si riduce a studiare e promuovere strutture, se le convergenze dei diversi gruppi avviene quasi solo attorno alla tavola della torta, e non invece attorno a denominatori comuni effettivi, giovanili, umani, italiani, europei, ecc., con una intesa di fondo attorno a valori comuni di base da salvare e promuovere in una società profondamente rinnovata.
    Già per sé i giovani tendono a integrarsi nel sistema. Tolti ben pochi, i più dei giovani della protesta la scimmiottano dai pochi veramente coscienti di dover distruggere e rinnovare. Altrove il Prof. A. Ardigò ha rivelato che per i più la protesta e la rivolta sono solo un fatto di disadattamento familiare o affettivo, o l'espressione di chi è geloso della maggior fortuna di altri, senza contenere impulsi ideali di qualche rinnovamento della società del benessere, dei consumi, del progresso tecnologico e dei suoi alti costi morali, religiosi, culturali, perciò umani. Passati perciò alcuni anni di fervore, i giovani studenti e lavoratori di oggi si integreranno da soli nei vecchi sistemi, succedendo i più furbi, capaci, fortunati agli attuali detentori del potere e dei controlli.
    Al convegno si sono sentite parecchie voci di questa denuncia; e forse sono più di quanto si credano e risultino i giovani decisi e ansiosi di rinnovare. Come si compone però questo slancio con la fretta di qualificarsi come giovani già legati a partiti e a ideologie, cioè non a idee in marcia, ma a strutture e organismi, o magari già a correnti di potere? Cogliendo le migliori istanze della relazione Ferrarotti e di altri interventi, i giovani presenti avrebbero fatto bene a dedicare qualche tempo di più a definire con qualche chiarezza maggiore un denominatore comune di obiettivi di politica per o della gioventù, mostrando che l'accordo in un organismo unitario della gioventù cattolica, comunista, liberale, socialista, aclista e cigiellina, universitaria e proletaria... non è solo motivato dalla tavola su cui sta la torta da spartire, ma dalla convinzione di poter dare l'esempio alla società d'oggi, in questo veramente decrepita, della possibilità e della realtà di un accordo non attorno al potere (attuale convergenza democristiana-socialista-repubblicana) ma attorno all'impegno per una società migliore, prima giovanile, poi adulta. Cosa non possibile fino a quando il rappresentante della gioventù liberale mostra di essere già integrato nello stile del partito, per avere già imparato a dire le bugie come i grandi, come quando in nome di tale partito ha lamentato che in Italia i giovani capaci ma poveri non potessero accedere agli studi e alle posizioni per ingiustizie sociali.
    Attorno alla tavola rotonda sembravano tutti buoni amici, ma solo perché nessuno si è pronunciato su qualcosa di concreto al di là della generica buona volontà, che è facile e anche un po' retorico condividere.

    Politica per la gioventù? della gioventù? «con» la gioventù?

    Fino alle due prime formule è arrivato il convegno. Però rilevando le difficoltà delle formule.
    Politica per la gioventù? Ci risiamo con il paternalismo. Gli adulti pensano e decidono e i giovani usufruiscono, prolungando la loro minorazione sociale e politica.
    Allora politica della gioventù? Se è per dividere la torta, per erigere alcuni stadi o per aprire sale di cinema o da ballo, forse i giovani sanno decidere tutto da sè. Ma se si tratta di porre le basi strutturali e morali per una radicale risoluzione dei problemi giovanili, non è una enorme presunzione?
    Ecco perché proponiamo di semplificare il problema complicando le formule (naturalmente solo in questa sede di riflessione) con una terza: politica con la gioventù. Cioè con la presenza responsabile e attiva, anzi corresponsabile e cooperante dei giovani con gli adulti: politici, studiosi, uomini della cultura e della scuola, della finanza e della tecnica, genitori, educatori di professione e di vocazione...
    La politica o è totale e unitaria o non è nulla. I giovani non devono chiedere di alternare momenti di responsabilità e di paternalismo. Essi hanno diritto e la società tutta ha il dovere di tenerli nel debito conto in tutta la sfera della vita pubblica dello Stato. Non esiste come oggetto unico di politica un momento privilegiato della gioventù che si chiama tempo libero, sport, scuola, assistenza, apprendistato, separabile da una più totale considerazione politica della gioventù che coincide con tutta la vita della nazione. I giovani hanno diritto di dire la loro opinione, di esercitare una loro attiva partecipazione in qualunque momento o livello in cui si decide qualcosa che li riguarda al presente o che li compromette per il futuro.
    Non possono pretendere la parità con gli adulti. Però un dialogo non accademico deve includerli e deve tenere conto di un loro peso, deve sentire i loro pareri. Perché la guerra del fascismo l'hanno fatta e sofferta più i giovani che gli adulti che dirigevano la politica a quei tempi. E così sarà per il futuro.
    Tutta la politica va fatta dagli adulti e dai giovani insieme. Partendo dalle alte sfere e dai grandi programmi, la collaborazione deve istaurarsi come sistema nei comuni, nelle scuole, negli istituti, nelle famiglie. Questa è la grande rivoluzione giovanile. Superata la supplenza degli adulti, lasciata da parte l'utopia ingenua di far da soli, resta la collaborazione, non a pari, ma vera, sostanziale, anche decisionale entro limiti di fiducia e di prudente rischio della collettività. Per oggi il denominatore comune degli italiani è di essere elettori ignoranti di ciò che pensano e faranno gli eletti e contribuenti o con il lavoro o con le tasse. Dicono gli esperti che la politica si fa tra le quinte, nei corridoi. Come si vede c'è molto da cambiare.
    Ben vengano quindi le mozioni per il Consiglio della gioventù e per il Servizio per la gioventù, la CIGI o qualcosa di simile entri pure nella stanza dei bottoni. L'incontro di Milano ha avuto una sua specifica finalità, e l'opinione pubblica e la coscienza civica devono prenderne atto, per sollecitare il Parlamento a dar corso alle leggi. Però si avverta che il più resta da fare, non nella divisione delle associazioni e dei gruppi già ben presto contagiati di partitismo, ma nel consenso prolungato sul denominatore comune di gioventù italiana, europea, mondiale, concordemente decisa e capace di cambiare le cose in profondità.
    A questo punto si aprirebbe la necessità di altri discorsi difficili, come quello della presenza e del contributo della Chiesa e delle sue forze spirituali per un tale processo, sulla linea della fede chiaramente vissuta o sulla linea delle radicali valenze espresse da documenti quali la Mater et Magistra, la Pacem in Terris, la Populorum Progressio, ecc.
    A fianco della politica - per - della - con - la - gioventù, per una nuova società, si pone l'analogo problema di una pastorale - per - della - con -la - gioventù per un rinnovamento cristiano e per un più incisivo messaggio al mondo giovanile e totale. È tempo almeno per una riflessione su una pastorale italiana - per - della - con - la - gioventù?


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