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    Perché parliamo tanto di revisione di vita



    Giancarlo Negri

    (NPG 1968-11-15)

    Da un'inchiesta condotta nei mesi scorsi in molti ambienti educativi (soprattutto Oratori) risulta che la Revisione di Vita è un po' un'illustre sconosciuta.
    Qua e là se ne ignora affatto l'esistenza.
    Altrove procede in una forma empirica, lasciata allo zelo e all'immaginazione di qualche educatore pieno di buona volontà. Talvolta si camuffa sotto un nome così fresco di energie nuove e vitali... il solito vecchio metodo di fare catechismo, aggiornato magari con l'apertura al dialogo e alla conversazione.
    Accanto ad una panoramica poco incoraggiante, esistono ambienti in cui questa realtà educativa, di forte portata formativa, per una presa di coscienza esistenziale della fede, è vissuta in tutta la sua interezza. Ma sono rare eccezioni.
    Per questo abbiamo chiesto a G. Negri di riprendere, anche su Note di Pastorale Giovanile, un discorso già più volte fatto altrove. Questo primo articolo, propone in termini essenziali, i motivi che stanno alla base della validità del metodo della Revisione di vita. L'argomento sarà poi ripreso e sviluppato nei dettagli tecnici, in prossimi articoli.



    I PICCOLI GRUPPI SPONTANEI E LA REVISIONE Dl VITA

    Voler mettere su l'associazionismo negli istituti educativi e negli ambienti parrocchiali senza preoccuparsi di metodi sullo stile della Revisione di vita è come riempire d'acqua un secchio bucato: i giovani si metteranno nella dinamica dei gruppi perché al principio attira, ma a poco a poco questi perderanno di interesse, si afflosceranno, si svuoteranno.
    In un saggio articolo su Nouvelle Revue de Theologie P. Godin d Bruxelles parlava anni fa di «groupes malades et groupes sains». E gli indici del gruppo sano tendevano tutti verso una discussione interna dei soci del gruppo, come gli indici del gruppo malato nella mancanza di una simile discussione.
    Il discutere insieme, impegnatamente, per mozione spontanea la vitalità del proprio gruppo è come il cuore del gruppo stesso, dove ricupera se è stanco, dove trova nuovi slanci ed entusiasmi, dove sente il tono solido del proprio vivere.

    *Il discutere insieme significa appartenenza
    Innanzitutto il fatto che tutti intervengano, parlino, interrompano, significa che sono interessati, che si sentono appartenenti al gruppo. È cosa loro, indubbiamente, e vi si impegnano come cosa loro, coinvolgendo la singola personalità di ognuno davanti agli altri, compromettendosi e dimostrando con questo la voglia di essere presi in parola. Sotto questo, non può non esserci l'impegno personale nel gruppo.

    *Il discutere insieme significa buoni rapporti tra i soci del gruppo
    È inoltre chiaro che i soci discutono insieme perché non hanno paura di dire la loro, si sentono accettati e stimati, persino ascoltati e seguiti. C'è in loro la consapevolezza di un rapporto buono e valido con gli altri singoli e insieme, e ciò conferisce un sottofondo di coesione che stimola in ognuno la buona volontà e la impegna per il progresso del gruppo.

    *Il discutere insieme significa desiderio di progresso
    Vi è poi la dimensione operativa, che viene implicata in un discutere insieme: i giovani di per sé non discutono accademicamente, dando per scontato che non se ne farà nulla. In tal caso neppure discutono: essi sono sinceramente ottimisti e pensano di poter portare avanti, verso un progresso, la vita del gruppo. Alle volte gli scontri di carattere o di interessi producono attriti e surriscaldamenti che bloccano. Ma proprio il discutere insieme su un piano di lealtà, garantita dai leaders o dall'animatore, porta verso una reale possibilità di disincagliamento.

    *Il discutere insieme significa desiderio di profondità
    Non è solo il progresso che viene testimoniato dall'impegno in una discussione di gruppo, ma è anche la rinuncia alla superficialità, al fare le cose senza vero impegno, senza qualificazione, in una parola senza profondità di valutazioni e di realizzazioni. Si vuole andare a fondo delle cose e non ci si accontenta di valutazioni superficiali: questo significa un movimento verso la serietà nel vivere che è potente e prezioso in mano agli educatori.

    QUANDO C'È UN VERO «DISCUTERE INSIEME»?

    Ma anche da questi piccoli accenni si nota da parte degli educatori come sia difficile che vi sia un vero «discutere insieme» così qualificato.

    Le difficoltà indicate al riguardo sono:

    - tendenza all'affermazione anche momentanea di sé senza vero impegno per il gruppo;
    - rivalità e rancorosità che muovono all'intervento invece di un desiderio dell'«insieme» con gli altri, allentando tutti i vincoli tra gli individui e così minacciando la vita stessa del gruppo;
    - interessi specifici, come il giocare o il fare musica, che prevalgono come fatti personali sul desiderio della fusione amichevole per il gruppo e per gli amici.
    Come ovviare a queste ed altre difficoltà e giungere ad un «discutere insieme» che abbia le caratteristiche feconde e positive elencate?

    a) La vera animazione del gruppo

    È chiaro innanzitutto che occorrono esperti nella dinamica di gruppo, educatori sensibili e attenti alle spontanee forze positive affioranti per sollecitarle, potenziarle e intensificarle a beneficio del gruppo. Una attenta considerazione del clima di un gruppo spontaneo extraeducativo, quale è possibile scoprire tra i ragazzi di una via o di una classe, mostra come sono ben precisi alcuni fatti: la forza indiscussa di alcuni capi; la loro inconscia capacità di creare l'opinione del gruppo; l'ammirazione verso di essi; quel senso di benessere e di protezione che viene provato quando il gruppo è insieme; l'imitazione spronata sotto forma di una legge da osservare.
    È evidente che occorre sfruttare a fondo l'inclinazione spontanea al gruppo finché essa porta ad una solida vitalità spontanea, su cui poi si inserisce l'istanza educativa o meglio autoformativa.

    b) La revisione di vita

    Le discussioni interne cominciano prestissimo, provocate da qualsiasi fatto di vita: una sconfitta a calcio, una esecuzione soddisfacente di musica, una qualsiasi iniziativa riuscita o meno porta a discussioni o commenti.
    Prima che si possa parlare ancora di Revisione di vita in senso compiuto, vi deve essere il suo stile, che comprende più o meno quei valori a cui tenderebbe spontaneamente il socio del gruppo che entra nella discussione e che abbiamo elencato e cioè:

    * un interesse per il gruppo, per la sua riuscita o il suo insuccesso, un dominare del noi sugli io singoli. Basterà un certo linguaggio, in cui la squadra, il gruppo è moderatamente messo sul tappeto come valore indiscusso; basterà contrapporre agli «io», che tentano l'indipendenza, il «noi» di tutto il gruppo. Ma ciò intensifica lo spontaneo senso di appartenenza e matura una coscienza di gruppo che da una parte sfuma sempre di più gli individualismi e dall'altra apre la via alla revisione di vita del gruppo come cellula di Chiesa;

    * un rispetto per i singoli, ascoltati uno per uno, rispettati e capiti nel loro apporto individuale, attenuando la già spontanea stima verso i capi e favorendo l'inclinarsi del gruppo intero in ascolto sui meno dotati o stimati. Ciò favorisce la crescita dell'individuo entro il gruppo, cioè nel suo ambiente naturale e insieme il benessere degli individui entro il gruppo, il che permetterà più tardi che sia possibile quel commento cristiano ai fatti ed ai protagonisti dei fatti che è uno dei valori più educativi della Revisione di vita;

    * il desiderio di far meglio, opposto a certe spontanee inclinazioni alla denigrazione, allo scoraggiamento che alcuni portano nella discussione per un difetto della loro mente. La tendenza a reagire con una volontà di progresso, di rivincita, di sviluppo è di per sé sotto la pelle e basterà l'indovinato intervento dell'animatore (parli poco ma a proposito) perché predomini in tutti questo indubbio movimento in avanti. Ciò è essenziale alla Revisione di vita, la quale in troppi casi delle esperienze italiane finiva in commenti ai fatti del giorno senza dinamica di conversione, senza cioè sfociare nell'«agire», che è parte essenziale del metodo. Il gruppo che cerca come uscirne, come far meglio, come rimediare (si veda in proposito il tipico film: «Quella sporca dozzina») è quello su cui la Revisione di vita cade bene e si trova a suo agio;

    * il desiderio di profondità, il rifiuto di banalità. Ma non si innesterebbe alcuna Revisione di vita se il gruppo non ha prima il movimento verso una certa profondità, verso un non accontentarsi di cose fatte male, qualunquiste, squalificate dall'inizio, raffazzonate. La Revisione di vita include un imprescindibile movimento verso la profondità, che simmetricamente esprime la tendenza alla qualificazione delle prestazioni. È nella profondità che si incontra il mistero ed è dalla profondità che viene il progetto di azione. Ora anche qui basteranno attenti interventi di critica e di stimolo per avviare le discussioni verso l'espressione collettiva di desideri del genere. Al principio non vi sarà nulla di religioso, ma la direzione verso il profondo è presa: con il maturare delle discussioni e con il progredire della coesione del gruppo si giungerà alle soglie di quella profondità delle cose che contiene il mistero divino di Dio creatore, incarnato, redentore.

    DALLA VITA ALLA VITA: LA TRAIETTORIA DELLA REVISIONE Dl VITA

    Ma da un altro punto di vista un metodo come la Revisione di vita è essenziale per la vita stessa di un gruppo spontaneo che voglia diventare educativo.
    Partiamo dalle conferenze che vengono inserite nel programma e nel calendario di un gruppo sportivo, ad esempio. Per quanto il conferenziere o il catechista si sforzi di partire «dai loro problemi», dalle attualità della cronaca, dai fatti del giorno, la sua presenza e la sua prestazione rappresentano sempre una parentesi rispetto alla vita del gruppo, che ha appena finito di discutere accaloratamente l'ultima partita sostenuta due giorni prima o le defezioni all'allenamento settimanale. Come mai questo «senso di parentesi e di alienazione»? Perché il gruppo soprattutto finché non è consolidato, ha la sua vita interna, ha i suoi fatti, i suoi drammi, dentro i quali si colloca la vita personale. Partiamo dal presupposto che si tratti di gruppi spontanei, quindi scelti per inclinazione interiore. In tal caso è ben probabile che le tensioni ed aspirazioni personali si condensino attorno alle vicende della vita del gruppo sia come prestazioni varie, sia come vita d'amicizia conseguentemente ridestata.
    Nel caso di gruppi d'operai d'uno stesso reparto o di gruppi di studenti di una stessa classe, a meno che si sia ai primi mesi, avviene più o meno lo stesso fenomeno dei gruppi spontanei.
    Ora di per sé il momento della conferenza corrisponde al momento spontaneo di una riflessione, di una interiorizzazione, di un commento ai propri fatti, di un bilancio del proprio vivere e della propria situazione nella tabella di marcia. Si può dire che da questa spontaneità i primi gruppi del Card. Cardijn trovarono logico sostituire alla conferenza un commento ai fatti della loro vita che tanto gli interessavano, felici di constatare che in questi commenti affiorava quasi naturalmente il problema morale, religioso, cristiano.
    Per questo la conferenza dottrinale appare una vera forzatura, una corvéé che bisogna fare chissà perché. Forse sul momento per l'arte del conferenziere si può essere agganciati, interessati ed entrare nella discussione. Ma con il suo terminare, viene spontaneo chiudere la parentesi e riprendere la conversazione sui fatti della propria vita al punto in cui era stata interrotta.
    Questo modo di fare non è solo inefficiente, ma anche non ortodosso, poiché non è ortodosso ingenerare l'idea che il cristianesimo sia «fuori» della propria esistenza viva, sia una prestazione che bisogna fare per un lontano paradiso o inferno e non una «soluzione del problema della vita», una salvezza come rivelazione, elevazione, liberazione della propria persona, proprio quella che ci appare nello spontaneo manifestarsi degli eventi e dei fatti della propria vita.
    Osserviamo Gesù con i viandanti di Emmaus: «di che cosa parlate e perché siete tristi?»; osserviamo l'apostolo Filippo con il ministro della regina d'Etiopia: «che cosa leggi?... credi di capire quello che leggi»?
    Il sistema della Revisione di vita si muove così, con queste battute d'apertura: che cosa vi rende tristi? crediamo di capire il vero perché siamo così tristi o così allegri? ecc.
    Guardiamo poi la Revisione di vita al suo terminare: essa non si interrompe più propriamente parlando, ma come dopo una curva in profondità, si riinserisce senza soluzioni di continuità in quel momento di vita vissuta, in quelle situazioni problematiche da cui si era partiti ma con una luce nuova, con un progetto di liberazione, di elevazione, di sviluppo. Mentre nei casi precedenti alla fine della conferenza si riprendeva la conversazione al punto in cui il campanello li aveva interrotti, con la Revisione di vita non vi è interruzione, ma si porta avanti fino ad un nuovo modo di agire, di valutare quella presa di coscienza della propria vita, che aveva destato la discussione.
    In due sensi vi è una vitalizzazione concreta: da una parte il commento dottrinale non ha fatto che far scoprire come «i misteri di Cristo sono i nostri misteri» (C. Marmion) ed ha mostrato nelle realtà cristiane un inserimento preciso, attuale, urgente nella vita, una pertinenza ai problemi personali, una parola da dire, anzi una realtà che chiama urgentemente all'azione e dall'altra invece di propositi aerei e sfuggenti si è giunti ad una trasformazione immediata da operare nei protagonisti del fatto, nelle loro reazioni, nel modo di uscire dalla situazione problematica, che aveva impegnato e angosciato.

    CREDERE NEL POTENZIALE DELLA PERSONA

    Potrà sembrare chimerico un sistema che tutto sommato sembra superficialmente ridursi ad una lezione condotta con un dialogo socratico e iniziata con un fatto di vita.
    Ma il segreto del metodo sta invece nel riuscire a raggiungere e coinvolgere la persona stessa. Ciò avviene innanzitutto perché ci si inserisce nel vivo delle situazioni, che condensano interessi, aspirazioni, sofferenze e gioie dell'individuo o degli individui nel gruppo. Non si parla a rigore di Dio nella Revisione di vita ma di noi stessi, della nostra vita, cercando di capirne il segreto: è per il fatto che il segreto di questa vita è Dio creatore, incarnato e redentore, che noi sfociamo nel procedimento alla sua presenza.
    In secondo luogo attraverso il vedere si stimolano gli strati profondi della personalità, che è fatta vivere dalla situazione ma sovente senza rendersene conto, senza quell'aggiunta che permette la presa di coscienza di sé. Ora questo muoversi nel profondo della persona, scavalcare le sue maschere, le sue superficialità, questa autocoscienza o autocritica sembra avere il dono di scatenare energie nascoste, di impegnare interessi, di coinvolgere fortemente quei potenziali di vitalità che altrimenti rimangono inalterati.
    In terzo luogo abbiamo l'interazione tra persona e comunità. Questa analisi personale può restare senza vero sbocco nell'impegno se è fatta nel segreto della propria coscienza. Ma se sono più persone che in una seria comunicazione portano avanti ed esprimono a voce questa presa di coscienza del profondo dell'uomo, allora avvengono delle esperienze interiori precise ed efficaci.
    Naturalmente non è tutto: se i progetti di conversione e di intervento, maturati in sede di Revisione di vita non sono condotti avanti con serietà, perseguiti con perseveranza dai leaders, quali modelli di comportamento, allora il processo diventa una pericolosa ritorsione come la manovella di un motore potente che non è riuscita a produrre il primo giro. Di solito dopo la prima mano, cioè dopo il primo tentativo di realizzare i progetti maturati, la revisione di vita riunisce per un riesame, una nuova presa di coscienza, una più intensa motivazione a cui segue un nuovo tentativo, un progresso, uno sviluppo.

    CREDERE NELLA VITA

    Infine è opportuno richiamare l'attenzione sui «doveri del proprio stato». La revisione di vita non si muove fuori da quell'ambito: essa trasfigura, approfondisce, allarga, rinnova quell'insieme di situazioni comuni che costituiscono il proprio vivere. In esse vi è una grazia speciale: è vero che le imprese apostoliche straordinarie, i momenti straordinari come gli Esercizi sono potenti e terremotanti. Ma dopo si torna al terribile quotidiano, dove o si diventa qualcuno o si muore soffocati dal velo di banalità, che ricopre i misteri ed i tesori. Squarciare questo velo e mettere alla luce misteri, tesori e destini è proprio della Revisione di vita, che permette perciò di vivere la propria vita vedendo in trasparenza nel profondo di essa, là dove vi sono i motivi per cui vale la pena vivere ed impegnarsi.

     


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