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    Facciamo il punto su questa pastorale giovanile salesiana



    Giancarlo Negri

    (NPG 1968-01-89)

    Facciamo il punto su questa pastorale giovanile salesiana

    1. per evitare il qualunquismo
    2. dalle Compagnie alla pastorale giovanile salesiana
    3. la «caratteristica» di un metodo
    4. il salesiano fa gruppo»
    5. fare gruppo non è fare associazioni
    6. progetti per una rivista

    I. LA FISIONOMIA SALESIANA DELLA PASTORALE GIOVANILE

    1. Per evitare il qualunquismo

    Il mio è soltanto un parere o forse una proposta, senza altra autorità che il suo possibile valore interno. Il motivo di questa puntualizzazione è che nel lavoro pratico il qualunquismo diventa sovente deleterio. Per qualunquismo intendo un agire discontinuo, a impulsi, a novità, episodicamente, con idee molto sfocate su dove si vuole andare, su ciò che' viene prima, accanto e dopo nell'azione, sul gioco di forze che intervengono nel nostro lavoro sovente a nostra insaputa.
    Per uscire dal qualunquismo occorre mettere a fuoco la caratteristica salesiana, in pastorale giovanile. Mettere a fuoco, cioè determinarla bene, diventarne degli specialisti, conoscerne il funzionamento nel suo insieme è nei particolari, avvertirne il buono o cattivo funzionamento, conoscerne i rimedi, come se fossimo degli aggiustatori per un motore. Se vogliamo restare nel paragone dei motori, la caratteristica salesiana risponderebbe ad un certo tipo di motore: un motore Fiat o Lancia, superando l'idea del motore in genere e noi dovremmo diventare specializzati per quel motore particolare.
    Conosciamo la caratteristica salesiana, il nostro tipo di pastorale giovanile? Oppure abbiamo una pastorale che è un centone di cose prese ua e là senza unità organica oltre a quella data da un certo spirito piuttosto vago?

    2) Dalle Compagnie alla Pastorale giovanile salesiana

    Dire che ci occupiamo dei giovani, specialmente dei più abbandonati (oggi si direbbe «i lontani» o «i marginali», ed anche qui ci sarebbero interessanti puntualizzazioni da fare circa il nostro posto nella Chiesa) è restare nel genere: molte altre istituzioni si occupano dello stesso settore. Dire che la nostra caratteristica è «ragione, religione, amorevolezza» è dire qualcosa di valido, ma ancora supremamente indistinto: tutti pensano di muoversi nello stesso spirito.
    Forse bisognerà risalire alla sostanza delle «Compagnie» per ritrovare la nostra caratteristica. Diciamo la sostanza, perché giustamente molte cose cambiano con i tempi. Certe nervature centrali però permangono nei metodi, come permangono negli uomini.
    Il movimento Compagnie era per Don Bosco quello che oggi si chiamerebbe una tecnica di evangelizzazione, cioè un ritrovato geniale per cooperare il più efficacemente possibile allo sviluppo cristiano dei giovani. La ricerca delle tecniche di evangelizzazione è l'assillo attuale di tutte le istituzioni: tutti si sforzano di trovare le formule adatte per evangelizzare gli uomini del nostro tempo. Si è superato il piano astratto delle buone intenzioni, anche quello generico della spiritualità e si vuole giungere al concreto, alle formule precise e funzionanti. Ricerca non derivata – sia chiaro.–, da una eresia dell'azione bensì dalla onesta volontà di fare bene il proprio lavoro, di cooperare sul serio alla Grazia.
    Ora quale sarebbe la specialità della tecnica d'evangelizzazione dei giovani, espressa nel movimento delle Compagnie? Sembra essere l'uso intensivo della «dinamica di gruppo» [1]. Questo uso intensivo, adottato dai salesiani, li caratterizza rispetto ad altre istituzioni, che pongono l'accento su altri fattori educativi: alcuni accentuano l'apostolato, la formazione del carattere, altri l'attività caritativa, ecc.
    Ma, si dirà, Non cercano tutti di «fare gruppo.»? Lo scoutismo, la. Giac, le Congregazioni mariane... tutti cercano di utilizzare la dinamica di gruppo. D'altra parte anche i salesiani promuovono l'apostolato tra i giovani, attività formatrice e caritativa. E così siamo di nuovo pari, senza definizione precisa della nostra «specialità». Ma proprio per rispondere a questa obiezione si giunge a quella messa a fuoco che mi sembra tanto necessaria.

    3) In che cosa consiste la «caratteristica» di un metodo

    Torniamo ai motori: tutte le marche hanno tutte le parti di un motore. Ciò che le distingue è che una di queste parti è particolarmente curata da una ditta rispetto alle altre: sarà, il carburatore nelle Fiat, sarà il cambio di marce nelle Porsche, sarà il sistema di alimentazione in un'altra'marca. Ugualmente tutte le tecniche di evangelizzazione mettono in azione tutte le parti, richieste dalla struttura dell'animó umano,per procedere nel progresso educativo, ma ciascuna istituzione avrà quella parte nella quale è in certo modo specializzata e dalla quale a sua volta è caratterizzata rispetto alle altre istituzioni.
    In pratica che cosa significa per una particólare istituzione educativa avere la sua caratteristica tecnica di evangelizzazione?

    – quanto al metodo la caratteristica sarà:
    • il fattore predominante, il segreto della efficacia;
    • il fattore più curato fino ai minimi particolari;
    • il punto d'appoggio centrale, su cui fanno forza tutti gli altri fattori educativi;
    • il risultato più evidente nel prodotto educativo, cioè porteranno nella loro vita quella caratteristica.

    – quanto agli educatori di quella istituzione la caratteristica sarà:
    • il settore dove sono degli specialisti;
    • il settore in cui conoscono la migliore bibliografia, tutte le possibilità e tutte le utilizzazioni;
    • il fattore di uso primario, continuo, spontaneo nel condurre avanti una certa iniziativa e tutta l'azione educativa.

    II. LA DINAMICA DI GRUPPO
    COME TECNICA DI EVANGELIZZAZIONE

    4) Il salesiano «fa gruppo»

    Non è il momento delle analisi al dettaglio circa questa modalità salesiana di evangelizzare la gioventù. L'importante è capire:
    – la sua sostanza come modo tipico di muoversi di un salesiano in qualsiasi situazione educativa si trovi;
    – la sua centralità, operativa rispetto a tutti i fattori necessari di una educazione cristiana (catechesi, apostolato, scuola, formazione umana, vita liturgica e caritativa.);
    – le sue leggi dinamiche nel suo sorgere, consolidarsi e funzionare.
    Quanto alla sua sostanza dovremmo immaginare il salesiano che dovunque entri in azione comincia, a «far gruppo». Insegnante in una classe, comincerà a trasformare i trenta alunni in una comunità, adoperando da esperto tutte le tecniche sperimentate per iniziare, sviluppare la dinamica di gruppo nella classe e adoperarla sia per rendere più fattivo l'insegnamento e sia per evangelizzare la scuola. Questo secondo fine è più oscuro e lo spieghiamo un poco in nota [2]. Lo stesso discorso si dovrebbe dire di un Direttore di collegio per tutto l'andamento dell'istituto, per un consigliere quanto alla disciplina, per il catechista quanto alla vita religiosa, per un direttore d'oratorio, per un parroco. In qualsiasi campo lavori, il salesiano ha questo stile: punta agli scopi educativi, facendo forza soprattutto sulla dinamica di gruppo. In poche parole questa tecnica significa far agire sull'individuo la benefica forza di una comunità, più che di un altro individuo o di altri individui in quanto tali; significa abituare a concepire la vita umana e cristiana nel preferenziale aspetto della convivenza comunitaria su tutti i fronti: dalla ricerca del vero, al tempo libero, alla vita di fede. Il giovane educato dai salesiani preferirà un gesto caritativo, compiuto in gruppo; alla individuale elemosina per la strada, come in collegio si preferiva far convergere su ogni individuo la direzione spirituale del gruppo e nel gruppo (che non esclude mai il rapporto interpersonale) piuttosto che limitarsi al rapporto individuale con ciascuno. Gli esempi si potrebbero moltiplicare ed anzi tutto il sistema della pastorale giovanile salesiana va studiato e puntualizzato nei dettagli a partire da questa impostazione, se fosse riconosciuta valida e, autentica. Ci sembra che già nelle cose, dette riaffiorino tante tradizioni salesiane che conducono a riconoscere autentica questa impostazione: lo spirito di famiglia, la mancanza del direttore spirituale in quanto tale nel sistema, le già indicate Compagnie, la convivenza degli educatori con gli, educandi (o assistenza) ed altri particolari.

    5) Il fare gruppo non è fare associazioni

    Bisogna bene intenderci quanto alla espressione «fare gruppo». Se s intende moltiplicare le associazioni, istituire nell'Oratorio o nel Collegi le compagnie, i gruppi spontanei, la Giac, lo scoutismo o altro non si ancora alla caratteristica salesiana.
    Vi è anzi il pericolo nelle strutture (associazioni varie) di impedire «il gruppo». In questo pericolo sono incorse molte istituzioni, hanno istituito gruppi, associazioni dí vario 'genere, senza fare panico attenzione alla vita di gruppo, alla dinamica di gruppo nella sua deli e fecondissima esistenza. Ed i salesiani entreranno nel consesso associazioni cattoliche con questo preciso messaggio e contributo specifico: l'attenzione a fare di; ogni associazione una comunità, la cura pe l'associazione diventi gruppo, l'intervento perché la struttura non soffochi la spontanea vitalità del gruppo nelle sue energie naturali, provvidenziali.
    Per parte loro poi quando istituiscono una associazione o promuovono un gruppo, anche il gruppo spontaneo, intervengono con mano es affinché tutte le virtù di una naturale dinamica di gruppo siano attive a beneficio degli individui.
    Anche un gruppo spontaneo può non essere veramente «gruppo». spontaneità possono evidenziarsi dei rapporti non di amicizia, di carità tra i partecipanti perché l'uomo è ferito nelle sue doti naturali. L’educatore salesiano interviene perciò in modo che ogni gruppo sia «gruppo» nel modo più autentico e quindi più vivo, in modo che il dare e il ricevere l'amicizia spartita tra più e non tra due soli, il far predominare l'«apriori de la bienveillance», come diceva Artaud [3], su qualsiasi altra tensione e interazione sia una caratteristica reale e funzionante di quel gruppo.
    In particolare:
    – trasformazione della vita interna di qualsiasi gruppo (la classe; chierichetti, gruppo sportivo, gruppo culturale, gruppo ricreativo, gruppo apostolico; gruppo primario e spontaneo o gruppo secondario) in vera vita di gruppo, nella quale la dinamica dei rapporti strutturali e operativi sia derivante da una consapevole amicizia e da una interiore carità. Lo svilupparsi di questi legami dì amicizia è educativo di per sé ed è insieme il migliore portante, (nel metodo salesiano) per gli altri valori educativi (sapere, fede, virtù, personalità).

    – fondare la vitalità di una istituzione (collegio, ecc.) sul combinarsi dei vari gruppi tra di loro in uno scambio di rapporti, che emanano dalla vita interno di ciascun gruppo: l'impegno scolastico degli alunni, la vita disciplinare, la vita ricreativa, lo stile personale, la vita liturgica, caritativa ed apostolica, tutte queste forme in cui si estrinseca la vita umana e cristiana dei giovani dovrebbero essere sostenute e dirette dalla dinamica di gruppo (vita interna a ciascun gruppo e rapporti tra gruppi).

    – specificare l'intervento dell'educatore primariamente nel coltivare la autentica dinamica di gruppo (amicizia, reciprocità, solidarietà) nei singoli e nell'insieme, utilizzandola come mediazione preferenziale tra educatore ed educandi e tra educandi e mete educative.

    6) Progetti per una rivista

    Nella prospettiva di questa «specialità salesiana» si giustificano l'articolarsi dei vari settori di una rivista, come Note di Pastorale giovanile e le programmazioni interne a ciascuno.

    a) Verrà spontaneo accentuare la ecclesiologia [4] nello studio dei documenti conciliari, per ritrovare il fare Chiesa nel nostro fare gruppo attraverso quella rivelazione del mistero che trasforma la naturale amicizia nel desiderio della «Caritas» soprannaturale.
    b) Verrà spontaneo preferire i metodi di dialogo nello studio della catechesi, poiché il dialogo è preferito dalla comunità e dal gruppo nella ricerca della verità;
    c) Verrà spontaneo avere particolare interesse alla Revisione di vita, come specifico modo del dialogo, in quanto questo metodo favorisce, se ben conosciuto, sia il formarsi del gruppo e sia il passare dal gruppo naturale al gruppo soprannaturale, cioè alla Chiesa.
    d) Verrà spontaneo nel programmare l'attività e i metodi educativi di un particolare settore, come lo sport e ih turismo, approfondire l'aspetto di gruppo che quella attività include fino a renderlo centrale e dominante tutta l'attività stessa: ad esempio nel fare sport la caratteristica salesiana sarà quella di far vivere la squadra con intenzioni, stati d'animo e atteggiamenti di «gruppo» nel senso genuino della parola, così per il turismo, ecc.
    e) Verrà spontaneo studiare in lungo e in largo questa dinamica di gruppo nella sua sostanza, nelle sue espressioni, nelle sue varietà, nel suo passare da naturale a soprannaturale mediante il nostro intervento fino a diventarne specialisti.

    NOTE

    [1] Cfr. in Note di Pastorale giovanile, n. 2, pp. 67 e seg.
    [2] Il trasformare una classe in comunità non è soltanto utile per la didattica, ma è già autentica formazione cristiana-ecclesiale, perché sviluppa nell'individuo la tendenza a fare amicizia con chiunque si trovi vicino, a solidarizzare con il gruppo, a esservi attivo e benefico, ín una parola a vivere in concreto quella carità» che è infusa in noi dallo Spirito Santo e si realizza nell'essere fattore di unione nel mondo, come appunto è la Chiesa che è nel mondo «segno e strumento dell'intima unione con Dio e di unità del genere umano» (Lumen Gentium, par. 1). E si noti che ciò vale quasi di più che i gruppi spontanei, poiché nella classe i compagni non sono scelti, ma necessari, come nella vita del lavoro, ed è quindi più profondo l'atto con cui si contribuisce a far gruppo.
    [3] Cfr. Artaud, «La vita come incontro», Ave, 1965.
    [4] Cfr. «Fare gruppo è fare chiesa», in Note di Pastorale Giovanile, n. 2. Vedi anche: La Catechesi ecclesiale alla luce del Vaticano II, Torino, L.D.C., 1967.

    La Redazione di Note di Pastorale Giovanile è grata a chiunque voglia donare il proprio contributo di parere e riflessione, inviando interventi. Le affermazioni formeranno oggetto di dibattito e di studio da parte di competenti, sulle pagine della Rivista.


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