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    Con tutta la Chiesa le comunità educative, adulti e giovani, partecipano all'ANNO DELLA FEDE /3


    Impegno efficace nell'impresa divina della salvezza del mondo

    Joseph Aubry

    (NPG 1968-03-09)


    L'uomo di oggi – ed i giovani che sono i figli più veri del nostro tempo Io avvertono con stimolante intensità – è preso dal vortice delle cose. Ha bisogno di fare, di agire, di costruire, per costruirsi. E contemporaneamente cozza contro il muro del vuoto, della paura, del silenzio.

    «La Chiesa è la fortuna del mondo: essa lo salva dall'assurdo, dalla disperazione, dall'inutilità dei suoi sforzi».
    Nella Chiesa, l'uomo d'oggi può ritrovare la gioia di uno slancio coraggioso, riflesso, personalizzante, verso il progresso, verso il sempre-più-avanti: lo slancio – che è in ciascuno di noi – verso la resurrezione.
    Anno della fede vuol dire anche «educare (se stessi e) gli alunni a promuovere efficacemente il bene della città terrena ed insieme prepararli al servizio per la diffusione del Regno di Dio». Questo terzo articolo conclusivo specifica i termini concreti di una educazione vitale ed ecclesiale.

    III. IMPEGNO EFFICIENTE NELL'IMPRESA DIVINA DELLA SALVEZZA DEL MONDO

    Realizzare una comunità di adulti e giovani che attui il suo compito umano ed ecclesiale.

    1) Una terza sete fondamentale dell'uomo: fare della propria vita qualche cosa di utile

    Dopo il bisogno di amare e di comprendere, vi è nel cuore di ogni uomo degno di questo nome, il bisogno e spesso la passione, di agire efficacemente. Creato ad immagine di Dio Creatore, l'uomo ha in sè un istinto di operosità costruttiva: egli vuole esprimere se stesso in un'opera che porti il suo sigillo. E inserito in una storia progressiva, egli si sente beneficiario delle generazioni anteriori e responsabile di fronte alle generazioni future: ai figli che ha generato vuole offrire istintivamente un mondo reso migliore dal suo lavoro.
    Le scoperte moderne hanno apportato a questo lavoro umano due nuove caratteristiche: l'accelerazione e la solidarietà. Mille volte più dei suoi antenati, l'uomo d'oggi sente che è in opera un'evoluzione prodigiosa e che ha nelle sue mani immense possibilità di successo grazie alle risorse della tecnica e all'organizzazione del lavoro: si può in definitiva costruire un mondo più confortevole, più libero e a poco a poco unificato: «Col suo lavoro e col suo ingegno l'uomo ha cercato sempre di sviluppare la propria vita; oggi poi, specialmente con l'aiuto della scienza e della tecnica, ha dilatato e continuamente dilata il suo dominio su tutta intera quasi la natura, e, coll'aiuto soprattutto degli accresciuti mezzi di scambio tra le nazioni, la famiglia umana a poco a poco è venuta a riconoscersi e a costituirsi come una comunità unitaria nel mondo intero (Gaudium et spes, art. 33).

    Sensibilità sociale dei giovani

    I nostri giovani si inseriscono senza sforzo in questo movimento di tensione verso un avvenire migliore. La loro stessa età e la necessaria preparazione alla loro professione orientano tutti i loro pensieri e le loro energie verso questo futuro. Ci può essere certo molto individualismo egoista nei loro progetti: danaro, confort, sicurezza, vita facile. Ma per la maggioranza, il vivo desiderio di «riuscire» si unisce all'aspirazione di aprirsi agli altri: fondare un bel focolare, far avanzare la scienza, la giustizia, il benessere degli uomini, l'unità del mondo. Questi giovani condannano il razzismo, le disuguaglianze sociali, la guerra. Essi vogliono costruire un mondo di fratelli.
    Ma essi percepiscono anche le difficoltà dell'impresa. Gli avvenimenti hanno provato a sufficienza che il progresso moderno in sé è ambiguo e capace di generare pure gigantesche sventure. La Gaudium et spes analizzando la situazione presente è costretta a mettere in bilancio «speranze e angosce» (art. 4) e anche «contraddizioni e squilibri» (art. 8). Ed è per questo che l'opera della Chiesa è così preziosa per la felicità umana dell'uomo.
    La fede cristiana inoltre va ancor più lontano. A nome di Dio, la Chiesa convoca tutti gli uomini per una riuscita divina dell'impresa umana. Supponiamo che il progresso moderno, evitando ogni catastrofe, non conduca che a dei risultati positivi. Ebbene, anche in questo caso quanti limi ti demoralizzanti rimangono, quanti problemi e quanti dolori non risolti! «Di fronte a questo immenso sforzo, che ormai pervade tutto il genere umano, molti interrogativi sorgono tra gli uomini: qual è il senso e il valore dell'attività umana? Come vanno usate queste realtà? A quale scopo tendono gli sforzi sia individuali che collettivi? La Chiesa che custodisce il deposito della Parola di Dio,... desidera unire la luce della rivelazione con la competenza di tutti, allo scopo di illuminare la strada sulla quale si è messa da poco l'umanità» (Gaudium et spes, art. 33).

    Valorizzazione delle passività

    In seno stesso all'attività umana, una quantità enorme di passività fa salire continuamente alle labbra la parola dell'Ecclesiaste: A che serve? tutto è vanità!». C'è la sofferenza, molteplice e per lo più inutile, negativa. E soprattutto l'uomo e la sua missione sono colpiti ineluttabilmente dalla morte individuale e collettiva. La rivolta di fronte a questi fatti giudicati come assurdi e anche il facile ottimismo del marxismo che sembra ignorarli, non cambiano nulla alla realtà. Così un sordo malessere, un'oscura disperazione smorzano lo slancio di coloro che si sforzano di costruire l'avvenire.
    Si potrebbero portare molteplici testimonianze. La più chiara sarebbe fornita dalla filosofia dell'assurdo. Ne citerò solamente due, di diversa provenienza. Il biologista Jean Rostand afferma implacabilmente: «Un giorno la terra, come tutti gli altri pianeti, cesserà di essere un mondo abitabile; e a questo naufragio finale non può sfuggire nessuno dei successi dello sforzo umano. Questa certezza riguardo all'estinzione definitiva di tutti i valori umani risulta terribilmente scoraggiante a certuni e anche a me, ma in fin dei conti deve essere accettata e digerita da un'umanità diventata capace di infischiarsene delle consolanti illusioni» (Ce que je crois, p. 77). In un altro contesto, tutta l'opera di un grande cineasta, Bergman, è ispirata al terrore di fronte alla temporalità pura: gli uomini hanno un bell'accanirsi a costruire sul filo del tempo; questo stesso tempo dissolve la vita e la degrada. È tutto tempo perso e la vita è un fiasco.
    Dopo il «Dio è morto» di Nietzsche, bisogna partire alla ricerca di un Dio vivente e appellare all'eternità. Perché senza Dio tutto è condannato alla morte: ogni uomo, l'umanità, il mondo, le civiltà, la storia...
    La fede cristiana, adesione al Signore risuscitato, è la possibilità data a ogni uomo di realizzare se stesso fino all'eternità e di lavorare alla realizzazione totale del mondo inaugurata nella Pasqua del Cristo: «Il Signore... opera la salvezza di tutti e la ricapitolazione universale. Egli è il fine della storia, "il punto focale dei desideri della storia e della civiltà", il centro del genere umano, la gioia d'ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni» (Gaudium et spes, art. 45,2).

    2) La Chiesa è il disegno eterno di Dio nella sua realizzazione oggi e lo strumento di crescita di questo disegno per la riuscita del mondo

    La Chiesa è la fortuna del mondo: essa lo salva dall'assurdo, dalla disperazione, dall'inutilità dei suoi sforzi. Essa è difatti, da 2000 anni, nel mondo, il legame con la redenzione effettiva del Cristo, la realizzazione cominciata e proseguita di ciò che Dio vuole, secondo il suo disegno eterno, realizzare col mondo. E da 2000 anni essa «collabora con Dio» a questa riuscita definitiva.

    a) Essa è il disegno di Dio nel momento presente 

    Dio è un Padre attivo. Creando il mondo egli lanciava già la formidabile impresa del suo disegno di salvezza: nel suo Figlio incarnato costruire a poco a poco la sua «famiglia», assemblea universale e definitiva degli uomini partecipanti alla vita e all'amore trinitario. Il Cristo glorioso, nuovo Adamo, Figlio primogenito di una moltitudine di fratelli, ha inaugurato l'umanità definitiva. La vocazione del mondo è di «essere totalmente trasformato in Popolo di Dio, in Corpo del Signore e in Tempio dello Spirito Santo» (Lumen Gentium, art. 17; cfr. Ad gentes, art. 7,3). La Chiesa è, in ogni momento della storia, la porzione dell'umanitàù che, per mezzo della fede e dei Sacramenti, si è sottomessa all'azione trasformante del Signore ed ha realizzato già la sua vocazione ultima (Chiesa militante in attesa di divenire Chiesa trionfante).

    b) Essa è la realizzatrice con Dio di questo disegno 

    Salvata essa stessa, la Chiesa è chiamata ad essere salvatrice. Aperta alla fede, essa ha ricevuto la sublime missione di chiamarvi anche, a nome del Signore, tutti gli uomini e di costruire a poco a poco il Regno. Essa è anche, come il Vaticano II ha precisato fin dal I articolo della Lumen gentium, «il sacramento, vale a dire segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano» (si ritrovano qui i due elementi della totale riuscita del mondo e della storia).
    Ora la Chiesa tutta intera è incaricata di questa missione, essendo ogni membro chiamato a collaborare col Signore e con i suoi fratelli, secondo la sua situazione e i suoi carismi propri, alla costruzione del Regno. Questo non si fa evadendo dagli impegni terrestri e dalla costruzione della Città temporale. Al contrario il cristiano lavora contemporaneamente all'avanzamento delle due città, permeando di Fede, di Speranza e di Amore (attinte nella Parola, nei Sacramenti e nell'Assemblea cristiana) l'esercizio stesso di questi doveri. Il grande articolo 43 della Gaudium et spes l'ha ricordato in modo netto: «Il distacco, che si constata in molti tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverato tra i più gravi errori del nostro tempo... Siano contenti piuttosto i cristiani, seguendo l'esempio di Cristo, che fu un artigiano, di poter esplicare tutte le loro attività terrene, unificando gli sforzi umani, domestici, professionali, scientifici e tecnici in una sola sintesi vitale insieme con i beni religiosi, sotto la cui altissima direzione tutto viene coordinato a gloria di Dio».

    3) Realizzare una comunità che porti il suo umile contributo alla costruzione del Regno

    Ogni équipe cristiana è un elemento dinamico di questa immensa Chiesa in movimento. Donde il terzo sforzo dell'anno della fede: «entrare attivamente nella costruzione del Corpo» (Efes. 4, 12-16; 1 Pt. 2,3). «La fede che non opera, è una fede sincera?». Educatori di giovani credenti, dobbiamo far loro comprendere, mediante l'attività stessa apostolica più ancora che con spiegazioni catechistiche, che non c'è fede senza impegno al servizio del Signore e del suo disegno: «Educare gli alunni a promuovere efficacemente il bene della città terrena ed insieme prepararli al servizio per la diffusione del Regno di Dio, sicché attraverso la pratica di una vita esemplare ed apostolica diventino come il fermento di salvezza della comunità umana» (Vat. II Dichiarazione sulla Educazione cristiana, art. 8).
    Come realizzare tutto questo, specialmente in questa ultima parte dell'anno?

    a) Che contenuto diamo all'espressione «riuscire»?

    I nostri giovani sono tutti tesi verso la riuscita, quella della loro vita, e più immediatamente, in questi mesi, quella del loro anno scolastico e dei loro esami. Noi con ragione mettiamo la nostra competenza e la nostra dedizione al servizio di questa riuscita. Bisogna però stare attenti al significato che le diamo.
    C'è una concezione materiale della riuscita, ed è quella che si presenta subito spontaneamente: riuscire per farsi una «buona posizione», avere i confort, il danaro, la vita facile, la superiorità sugli altri. Si sono visti educatori cristiani incoraggiare i giovani a queste prospettive!... E c'è una concezione evangelica: riuscire certo per valorizzare i propri doni, ma come meta finale per meglio amare e meglio servire. Visuale non di profitto ma di irraggiamento. Passione di essere utili!
    È questo un problema estremamente serio. La più grave tentazione dei nostri giovani, dopo quella di rifiutare Dio come fanno tanti oggi, è quella, più o meno cosciente, di utilizzare Dio per i loro piccoli progetti, di non fare appello a Lui che come a un pronto soccorso o a un distributore divino che li aiuta a realizzare il loro ideale segretamente egoista. È un moto spontaneo. Ma in pratica fa di Dio un idolo.
    La vera fede implica la «conversione», un cambiamento di prospettiva, una rivoluzione di tipo copernicano. Bisogna rinunciare a fare di noi stessi il centro e a domandare al Sole di Dio di girare attorno a noi. Si tratta non di servirsi di Dio, ma di servirlo, di rispondere al suo appello, di seguire il Cristo e di collaborare alla sua opera gigantesca della salvezza del mondo, non fosse altro che con la testimonianza di una vita cristiana sincera.

    b) Manifestare la nobiltà del servizio di Dio

    tutta l'educazione che contribuisce a forgiare a poco a poco questa mentalità di servizio; e in modo particolare, naturalmente, l'impegno immediato del giovane in un servizio o in una responsabilità. Egli vi farà questa insostituibile esperienza: è il dono di sé che arricchisce, è l'egoismo che fa avvizzire. Secondo la stupenda frase di Guy de Larigaudie: «Non si dà la piena capacità di se stessi che al servizio di un signore, e non c'è signore più grande di Dio, perché servire Lui è regnare».
    «Il nostro più grande onore e la nostra più grande fortuna – diceva CIaudel – è di poter dare qualche cosa a Dio e rispondere al bisogno che egli vuol avere di noi. Così egli ha voluto aver bisogno della Vergine Maria e ha fatto appello a lei più che a qualsiasi altra creatura. Allo stesso modo ha voluto aver bisogno della vergine Maria, per il suo disegno. È il significato del mio «L'annuncio fatto a Maria». Sentire che si può fare qualche cosa per la Chiesa, questa Chiesa che mi ha dato tutto, che pensiero consolante! È una cosa per la quale io mi sento ad un tempo confuso ed estasiato» (Lettera al P. Bouessé, 30 gennaio 1936).
    Non è del resto necessario essere un grande uomo o in una posizione importante per contribuire alla costruzione del Regno. Come spiegava appunto il pazzo alla piccola Gelsomina nel film «La strada», il più piccolo sassolino è utile all'opera di Dio. Le nostre attività più ordinarie, quando sono vissute nella fede e nell'amore, in corrispondenza alle intenzioni di Dio e ad imitazione del Cristo di Nazareth, contribuiscono segretamente, al di là del loro risultato oggettivo, alla riuscita spirituale del mondo. Per la fede viva che fa aderire al Cristo, in tutta la vita del cristiano si inserisce una dimensione di efficacia eterna: unito al Capo divino, egli porta il frutto dell'amore (Giov. 15), diffonde la carità «che non passa» (1 Cor. 13,8), coopera all'edificazione del Regno definitivo dell'Amore. Ma non è questa purtroppo una dimensione spesso dimenticata o addirittura perduta?

    c) Imparare ad utilizzare le stesse passività 

    Infine nello spirito di fede, ciò che sul piano temporale è inutilizzabile o addirittura negativa – tutte le passività di sconfitta, di sofferenza e di morte – diventa, per la grazia pasquale del Cristo, risorsa utilizzabile per il Regno. L'amore di imitazione del Cristo e di offerta in Lui che può risorgere, opera questa strabiliante mutazione di risultato.
    E ci sono dei momenti di grazia in cui possiamo farlo almeno provare ad alcuni dei nostri giovani. Si potrà rileggere a questo proposito il bellissimo capitolo del «Milieu divin» in cui Teilhard de Chardin spiega appunto questo ricupero sempre possibile delle passività.
    Come metteremo in opera tutto questo? A ogni équipe di educatori, a ogni educatore il pensarci, adattando ai suoi giovani. In ogni caso la liturgia offre in questo periodo la festa della Pentecoste, festa della Chiesa inviata nel mondo. Perché non approfittare della novena di preparazione per mostrare la Chiesa in azione, citare degli esempi vigorosi di personalità cristiane, invitare dei cristiani-tipo della diocesi a portare la loro testimonianza, in breve sensibilizzare i nostri giovani all'appello evangelico: «Perchè ve ne state qui oziosi? Andate anche voi nella mia vigna!» (Mt. 20,7). «Nessuno richiede i miei servizi – gemeva Kafka. – Nessuno viene a soddisfare questo desiderio di essere chiamato che io sento in me stesso con tanta intensità» (La muraglia della Cina).
    E in giugno si potrà presentare la fede ardente degli Apostoli Pietro e Paolo, in preparazione alla chiusura dell'Anno della Fede.
    ***
    Tre brevi parole, tre imperativi vigorosi espressi sovente nella Scrittura, riassumono i tre aspetti della Feda cristiana: «Vieni - Ascolta - Va». Sono i tre ordini dati già ad Abramo, padre dei credenti (Gen. 12,1).
    E sono ripresi continuamente in seguito.
    – «Vieni»: invito a lasciare al propria situazione per andare incontro al Signore, riconoscerlo come «degno di fede», e darsi a Lui: è la parola di Gesù ai due primi discepoli e a Tommaso (Giov. 1,39; 20,27).
    – «Ascolta»: è la parola per eccellenza dell'Antico Testamento, dei salmi soprattutto; e l'atteggiamento che, nel Nuovo, è l'oggetto di una beatitudine (Lc. 11,26).
    – «Va»: è l'invio in missione degli apostoli (Mt. 10,6; 28,19), e di ogni credente nella vigna del Signore (20,4-7).
    Occorre risentirli continuamente, perché la fede diventi una fedeltà.


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