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    Con tutta la Chiesa le comunità educative, adulti e giovani, partecipano all'ANNO DELLA FEDE /2


    La fede ascolto della Parola del Cristo e luce suprema

    Joseph Aubry

    (NPG 1968-01-08)

    Aubry contínua ad offrire stimoli di riflessione per rendere esistenziale la nostra fede.
    Se ci guardiamo attorno, se abbiamo il coraggio di ascoltare la voce dei nostri fratelli, scopriamo l'angoscia di tanti immersi nelle tenebre e affamati di luce.
    L'uomo d'oggi è alla ricerca di se stesso, di una risposta ai molti problemi che lo tormentano.
    Cristo si è fatto risposta di Dio ai perché dell'uomo. Cristo è la luce che squarcia le tenebre. Il Cristo che oggi ha una voce: quella della Chiesa.
    L'anno della fede ci invita a porci in attento ascolto e chiede agli educatori che moltiplichino gli sforzi intelligenti per proporre la Parola-Verità ai tanti che «hanno fame e sete di verità».

    II. LA FEDE ASCOLTO DELLA PAROLA DEL CRISTO E LUCE SUPREMA

    Realizzare una comunità di confratelli e giovani che si mette alla scuola del Cristo Maestro.

    1) Una seconda sete fondamentale dell'uomo: conoscere e capire

    L'uomo ha in se stesso un incoercibile bisogno di conoscere e in parte realizza se stesso nella scoperta della verità. Non si è mai riusciti a impedirgli di riflettere. Ma l'epoca moderna è caratterizzata da un prodigioso
    sviluppo della ricerca e della scoperta, nell'ordine scientifico e tecnico soprattutto (senza dimenticare che è tutto un settore delle «scienze dell'uomo»). Un entusiasmo straordinario anima gli scienziati davanti alle prospettive che loro si aprono (fisica nucleare, automatizzazione, biologia e medicina...), mentre il diritto di ognuno alla cultura è proclamato dagli Stati e dalla Chiesa (Gaudium et spes, art. 60). A tutti quindi è offerta la grande «gioia di conoscere», secondo il titolo del bel libro di Pierre Ternier.
    I nostri giovani partecipano largamente (anche se in modo disordinato talvolta) a questa passione di sapere. Essi divorano le collezioni tascabili; leggono le riviste di divulgazione scientifica. La televisione e i viaggi li rendono curiosi di scoprire il vasto mondo. Spesso rimaniamo sorpresi dalla serietà, profondità e precocità delle questioni che pongono... Forse essi percepiscono più vivamente di tanti adulti l'anomalia di tante risposte evasive, esitanti o di tante non-risposte ai problemi i più radicali, e sono più sensibili di altri all'angoscia e alla rivolta davanti all'assurdo. «Cresce sempre più il numero di coloro che, di fronte alla presente evoluzione del mondo, si pongono le questioni più fondamentali o le percepiscono con un'acutezza nuova. Chi è l'uomo? Che significato hanno la sofferenza, la morte, il male, che sussistono nonostante tanto progresso? A che servono queste vittorie pagate con così caro prezzo? Quale può essere l'apporto dell'uomo alla società? Che cosa può attendere da lei? Cosa capiterà dopo questa vita?» (Gaudium et spes, art. 10). L'onesto Jean Rostand, il tipo dello scienziato agnostico, confessa: «Io non so cos'è la vita, la coscienza, il pensiero... Cosa sappiamo noi? cos'è una vita umana?... Io non esiterei a dire che su questi problemi passerò tutta l'esistenza in uno stato di incomprensione smarrita» (Ce que je crois, p. 17). «Che l'insoddisfazione dello spirito sia il nostro destino, che occorra rassegnarsi a vivere e a morire nell'ansietà e nel buio, questa è una delle mie certezze» (ib., p. 73-75). A cui fa eco quest'altra confessione di un buon rappresentante dell'«uomo onesto» moderno non credente, Jean Guehenno: «È una cosa troppo sicura che niente e nessuno ci guariranno dalla nostra solitudine... Gli scienziati mi lasciano nello stesso mistero, nelle stesse incertezze riguardo a ciò che veramente mi interessa: la mia vita, io. Così devo rassegnarmi a delle idee vaghe» (Ce que je crois, p. 95).
    Ma allora lo spirito, il cuore, debbono proprio, possono «rassegnarsi»? Un Mauriac non è d'accordo: «Importa ben poco tendere ai pianeti se quello che i missili teleguidati trasportano è questo povero corpo votato alla putrefazione, questo povero cuore che avrà battuto invano per delle creature, anch'esse polvere e cenere... L'essere pensante non acconsente a non essere stato pensato, il cuore amante non acconsente a non essere stato amato» (Ce que je crois, pp. 44 e 52).

    2) La Chiesa diffonde su tutti gli uomini la luce del Cristo che brilla sul suo volto (Lumen Gentium, art. 1) 

    a) Una Chiesa che ascolta, poi che parla

    Da 2000 anni esiste nel mondo una comunità a cui il Figlio di Dio ha affidato la sua «rivelazione» per illuminare con essa tutti gli uomini e i loro problemi di fondo. Lui stesso si è dichiarato Parola di Dio e Luce del mondo. Di qui i due procedimenti correlativi della fede di questa Chiesa:

    – ascoltare, ricevere, meditare questa Parola, di cui ecco la sostanza: l'essere stesso e la vita del Cristo culminante nel mistero pasquale e la sua propria vita di Chiesa nella misura in cui l'anima lo spirito del Cristo; e specialissimamente ciò che di questa Parola storica è stato consegnato per iscritto nella Scrittura: «Questo è il mio figlio diletto: ascoltatelo» (Mat. 17, 5); la Chiesa credente è prima di tutto una Chiesa ascoltante, seduta ai piedi del Maestro, come le due Marie (Lc. 1, 38; 10, 39).

    – parlare in seguito, per proporre questa Parola e trasmettere la Luce, affinchè, seguendo Gesù, gli uomini non camminino più nelle tenebre (Giov. 8, 12). La Chiesa è quella città luminosa annunciata da Isaia (cfr. Epifania), il cui splendore illumina le nazioni (tema ripreso dal Vaticano II: cfr. il titolo della Costituzione Lumen Gentium). Da cui deriva la missione di «evangelizzare», di portare ovunque la Buona Novella.
    Più che mai oggi essa vuole far giungere agli uomini angosciati le risposte divine: «Sotto la Luce di Cristo, il Concilio si propone di indirizzarsi a tutti per illuminare il mistero dell'uomo e per aiutare il genere umano a scoprire la soluzione dei maggiori problemi del nostro tempo» (Gaudium et spes, art. 10: cfr. art. 12, 2; 23; 33, 2; 41, 1; 42, 2).

    b) Ciò che la Chiesa ha appreso e insegna

    Tre luci fondamentali per il mondo e per ogni uomo: 

    1) Chi è il Dio vivente e vero. Al di là del Dio Principio astratto, Assioma eterno, Forza senza volto, contro le caricature di un Dio Carabiniere che schiaccia o Maestà che si adula e si utilizza, ecco il Dio Esperienza totale dell'Amore, dono e ricetto: il Padre e suo Figlio comunicano e si unificano nel «Noi» dello Spirito.

    2) Il significato del mondo e della storia. Non incoerenza o viaggio vero l'ignoto o il nulla. Ma il disegno grandioso e generoso di un Padre Creatore e Salvatore: attraverso la presa di possesso di un mondo in evoluzione, interessarsi degli uomini raccoglierli e riempirli del suo Amore, costituirli Figli e Fratelli in suo Figlio (Chiesa), in un lungo e duro cammino sfociante nella Vita e nella Gioia infinita. Di questo il Cristo glorioso è l'inizio e il pegno universale.

    3) Il senso della mia vita e della sua riuscita: è di sviluppare me stesso, contribuendo alla riuscita del mondo e della Chiesa. Per questo mi è dato un codice della strada molto sicuro: credere al Figlio e in spirito pasquale morire al male e amare come figlio e fratello, sperando fermamente nella Pasqua totale mia e del mondo.
    Aderire con fiducia a queste parole del Maestro è essere salvati dalla notte oscura dell'assurdo e della contraddizione: «Salve, o grande notte stellata della fede!» (Claudel).

    3) Realizzare una comunità che vive in ascolto della Parola del Cristo Signore e Maestro

    Cristo Signore e Maestro

    L'anno della fede offre agli educatori l'occasione di domandarsi: «La nostra équipe o la nostra casa come manifestano che sono in relazione e in dipendenza permanente della Parola del Maestro? Quali sono per noi e per i nostri giovani le occasioni di ascolto attivo di questa Parola nella Chiesa?». Molti Vescovi chiedono esplicitamente ai sacerdoti e agli educatori cristiani della loro diocesi di mettere una cura tutta particolare quest'anno nella loro predicazione, nella catechesi, nelle celebrazioni della Parola, nella preparazione ai Sacramenti... Tutto il problema è di risvegliare l'attenzione e l'appetito dei giovani e di impegnarli in attività in cui la loro fede potrà arricchirsi.

    a) Nelle scuole, nutrire la cultura cristiana.
    Dove abbiamo a che fare con degli studenti, il nostro sforzo principale non potrebbe consistere nel raggiungere semplicemente i fini di una scuola cristiana? Dare a questi giovani il gusto del lavoro intellettuale serio, il significato della verità e da rispettare sempre, la sensibilità ai grandi problemi umani..., tutto questo è prepararli a intendere meglio la voce del Maestro sovrano. Diventa allora più facile svegliarli al bisogno di un'autentica cultura cristiana, di far loro sentire l'anomalia di un divario tra una conoscenza approfondita delle scienze umane e una conoscenza irrisoria della verità cristiana. «Spetta in modo specifico alla scuola cristiana ordinare tutta la cultura umana all'annuncio della salvezza, in modo che la conoscenza graduale che gli allievi acquistano del mondo, della vita e dell'uomo sia illuminata dalla fede» (Dichiarazione sull'Educazione, art. 8).
    Con i più grandi non sarà un'occasione provvidenziale per studiare i testi principali del Vaticano II, specialmente la Gaudium et spes, in cui la Chiesa si sforza di illuminare i grandi problemi attuali? Oppure di organizzare dei gruppi di studio sulla mentalità contemporanea, di provocare delle testimonianze o degli incontri che facciano riflettere?

    b) Ovunque, aprire al Vangelo e preparare alla Veglia Pasquale.

    1) Bisognerebbe ingegnarsi a «svelare» ai giovani il loro libro, il libro dei battezzati, il Vangelo. Ricordo le dichiarazioni di Brassens intervistato nel maggio 1966: «Il Vangelo, io non l'ho letto, io lo leggo, è il mio libro. Non riesco a capire i cristiani; hanno il Vangelo e non vivono il Vangelo... Il Vangelo è il frutto della più grande saggezza del mondo». Presso i nostri fratelli separati «l'atto religioso fondamentale che il pastore o i genitori si sforzano di ottenere dal giovane o dalla giovane è una lettura quotidiana della Bibbia o almeno dei Vangeli. Si tratta di una lettura meditata, che porta a una preghiera personale» (Bouyer, Du Protestantisme à l'Eglise, p. 5).
    Ecco un tema di dialogo per la Settimana dell'unità! «Il primo impegno che vi propongo verte sul Vangelo. Come non augurarvi di essere un giorno scombussolati dalla lettura del Vangelo. Non una lettura distratta, critica, curiosa. Ma lo sguardo di uno spirito rispettoso e disposto, l'ascolto della Parola del Signore che vi richiama nel cuore stesso degli avvenimenti, l'umile ricerca del Maestro di vita. «Dove abiti?» domandavano i primi discepoli. E Gesù di risposta: «Venite e vedete». Così è per l'accostamento al Vangelo: esso vi renderà familiari di Dio e vi darà un genere di condotta evangelico» (Card. Feltin, Lettura quaresimale ai giovani di Parigi, 1966, pp. 25-26).
    Senza dimenticare che il Vangelo non è tanto per rivelarci il passato del Cristo, quanto per illuminare e impegnare il nostro presente! È il principio stesso della revisione di vita. Gli sforzi di Quaresima, la campagna contro la fame del mondo, devono essere condotti come un'obbedienza e un appello di Gesù nel Vangelo (cfr. il bel libro di Mme Lubienska: Le silente à l'ombre de la Parole).

    2) Un Vescovo propone alla sua diocesi: «Ogni sforzo pastorale dovrà essere incentrato nella celebrazione solenne della veglio pasquale del 1968. Allora sì che si avrà in tutta la nostra diocesi la rinnovazione solenne della nostra fede battesimale. Occorre che in tutte le parrocchie essa sia al sommo dell'anno della fede». Ad ogni équipe di educatori spetta vedere quale genere di preparazione attiva è possibile secondo il livello di fede dei suoi giovani. La Quaresima in ogni caso offre numerose occasioni di attività dottrinali:
    – in primissimo luogo la liturgia della Parola delle Messe di Quaresima (in quale onore è tenuto il libro del Vangelo in coro?);
    – la lettera pastorale del Vescovo da spiegare e «attualizzare»;
    – frequenti conferenze, tavole rotonde, dibattiti;
    – le meditazioni e i ritiri;
    – la catechesi delle celebrazioni stesse della Settimana Santa, in parti-colar modo quella del rito del Signore Luce del mondo.
    In breve, avremo assolto bene al nostro compito se, nel corso di questo trimestre avremo fatto meglio percepire che, tra tutti i maestri di pensiero che si possono trovare oggi, ce n'è uno col quale si identifica la verità: «Da chi andremo noi, o Signore? Tu solo hai parole di vita eterna!».


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