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    3 aree di lavoro 3 energie 3 obiettivi per rendere postconciliare la nostra pastorale



    Giancarlo Negri

    (NPG 1968-04-08)

    Per realizzare la salvezza abbiamo da Cristo tre «energie»: parola, sacramento, comunità ecclesiale; cui corrispondono tre «poteri»: magistero, ministero, governo; cui si accompagnano tre «funzioni»: profetica, sacerdotale e regale.
    Se la nostra attività non cresce organicamente proporzionata nelle tre dimensioni, costruiamo sulla sabbia.
    Attività catechistiche, iniziazione sacramentale, organizzazione della comunità: un lavoro da cominciare dal basso ma da illuminare dall'alto.

    1. Due modi di essere pratici

    a) È sempre forte in noi della pratica la ricerca di sussidi immediati per l'azione quando si apre una rivista di pastorale: vi è l'avvento o la quaresima alle porte, vi sono le iniziative per il Natale, i predicatori e gli schemi degli Esercizi spirituali, la festa di Don Bosco, ecc.
    Accanto a queste urgenze vi sono altre esigenze immediate: la svogliatezza degli alunni, l'indisciplina, oppure qualche fatto scabroso o l'ostilità verso i superiori...
    Queste situazioni premono, esigono interventi. Ed allora si cerca dalle riviste quanto può essere utile per rispondere a queste richieste immediate. È giusto andare avanti così? Non c'è il pericolo di logorare energie e vite preziose di confratelli in una vita senza respiro, incalzata da continui problemi urgenti fino all'ossessione della praticità, del concreto? Non c'è ugualmente il pericolo di grandi sforzi ma «extra viam», cioè non centrati sui veri punti forti della educazione, e quindi non efficaci in ultima analisi per una vera formazione di «personalità forti», come chiede la Gaudium et Spes? (par. 31).

    b) D'altra parte quale soluzione diversa si può consigliare? Le riviste di pastorale propongono veramente dei discorsi pratici anche senza giungere ai sussidi immediati? Sembra che l'alternativa sia chiara: o sussidi immediatamente utilizzabili, ma con i rischi sopra indicati, o discorsi che finiscono sempre di essere troppo teorici per chi è pungolato dalle urgenze pratiche. Teorici nel senso che chiedono un lavoro preparatorio impossibile perché è impossibile fermare il tempo e non far giungere il periodo dell'avvento, del natale e della quaresima, che già battono alla porta.

    Bisogna riconoscere però che una riflessione illuminante sulla situazione pratica e sulla impostazione del lavoro, qualcosa come la correzione che fa il maestro d'arte all'apprendista nel corso dell'azione, può essere ben accolta per la praticità del suo valore immediatamente utilizzabile, anche se non si tratta di un sussidio per il lavoro pastorale.
    Tale intende essere questo articolo: è come fornire la lista di cose da verificare prima d'avviare il motore di un aereo; è un ordinato esame della situazione con i punti indicati perché si colga davvero la situazione nelle sue parti essenziali e perché si colga la nostra azione che sta per incominciare e verificarne il valore.
    In sintesi i due modi di essere pratici possono essere così descritti:

    - la praticità del tirare avanti. È quella che cerca immediate soluzioni per immediati problemi; risponde volta per volta alle urgenze che si fanno avanti; apporta qualche novità nei dettagli (linguaggio, orario, programma di una funzione) e non tocca le grandi nervature della situazione dei giovani e le grandi nervature dell'intervento degli educatori. Se direttive superiori acconsentono modifiche per una partecipazione più spontanea e gradualmente sempre meno regolamentata alla Messa quotidiana, si rimane in generale disorientati, proprio perché, abituati ad una praticità di dettaglio, non si è subito capaci di maneggiare le grosse leve del meccanismo educativo di una istituzione;

    - la praticità del portare avanti organico. È quella che ha innanzitutto il senso dell'insieme, cioè di tutte le esigenze spirituali dei soggetti, ordinate in aree ben precise nella loro sostanza ed ha poi l'abitudine di rendere ogni intervento educativo funzionale rispetto a questo insieme, rispondendo ogni volta almeno alla sostanza di ogni area e coordinando l'azione così come è coordinata la personalità, che riceve questa azione. La prima praticità è un po' miope, un po' meccanicistica, poiché risponde a stimoli immediati senza alzare lo sguardo e farsi un'idea dell'insieme e rispondere quindi in una più vasta e seria coscienza delle cose.

    La seconda praticità appare inizialmente complessa, perché tiene conto di molti aspetti ed agisce un po' come si fa l'orchestrazione di una canzone, cioè manovrando parecchie cose contemporaneamente rispetto ad un fine unico. Ciò porta ad un progredire più spedito e più sostenuto dopo un certo tempo, poiché sono coalizzate le forze verso direzioni convergenti.

    2. L'uomo per il sabato o il sabato per l'uomo: l'importanza di essere connaturati

    Nel coalizzare le forze verso direzioni convergenti vi è il pericolo di forzare la natura per soprannaturalizzarla. Ciò avviene quando si fa fare ad una tendenza naturale un lavoro che non è il suo: ad esempio quando si fa un torneo calcistico per una festa liturgica, quando si scelgono i leaders di una attività apostolica in base ai voti di scuola, quando si mette la naturale aggressività dei giovani al servizio di una propaganda del Mese di maggio, quando si esige una confidenza spontanea verso una autorità soltanto giuridica e così via.
    Le forzature non portano avanti l'educazione. Certo che occorre una azione di forza contro il male più o meno insediato in un uomo, ma vi è il pericolo che invece di strappare la zizzania si strappi il grano, vi è il pericolo di creare una forzatura negli atteggiamenti religiosi che prima o dopo cadrà, provocando l'abbandono religioso.
    Nella Gaudium et Spes vi è una espressione meravigliosa a questo riguardo: la conoscenza di Dio deve essere «connaturata con le condizioni» dei fedeli (n. 6). Questo dice che tutta la soprannatura che noi amministriamo perché sia assimilata dai giovani deve risultare loro non innaturale e forzata, ma connaturale ed «innestata». Tutti abbiamo meditato il discorso sulla Grazia che si innesta sulla natura. Ma forse non ne abbiamo tratto le conseguenze anche sul campo metodologico; non abbiamo assunto la preoccupazione profonda di una azione pastorale che risulti davvero innestata, connaturale, armonica rispetto alla situazione d'animo dei giovani.
    Ora per rendere pratico questo principio dell'essere connaturali occorre ritrovare le convergenze, le continuità tra aspirazioni dei giovani ed esigenze del messaggio cristiano. È un punto estremamente pratico, poiché allora si fa una azione pastorale che si innesta in modo connaturale nel vivo della realtà giovanile ed ha quindi più possibilità di tenere e perseverare.
    Ma quali sono queste convergenze tra natura e soprannatura? Che cosa troviamo di spontaneo nei nostri alunni che possa essere preso in considerazione come punto di innesto della soprannatura e delle corrispondenti nostre azioni.

    3. L'uomo a tre dimensioni

    Ci sono tanti modi di organizzare le numerosissime energie che movimentano la mente e il cuore di un giovane.
    La Gaudium et Spes cerca di raccogliere questo ammasso di cose in tre settori: la coscienza, l'attività, la comunione.
    Questa divisione può valere quanto altre. Ma ha il grosso vantaggio di essere analoga ad una divisione in tre settori di tutta la pastorale, che in più luoghi dei documenti conciliari è suddivisa in «missione profetica, missione sacerdotale, missione regale». Anche se i termini non lo indicano subito, vi è una forte continuità tra le tre dimensioni della personalità e le tre dimensioni della pastorale: coscienza, attività, comunità e missione profetica, missione sacerdotale, missione regale.
    Prima di illustrare questo parallelismo è opportuno considerare come le tre dimensioni indicate della personalità sono molto reali e molto pratiche, quindi molto utili per chi lavora a formare la personalità.

    a) Le dimensioni una per una

    La coscienza indica qui l'insieme dei concetti che uno si forma del mondo della vita, di se stesso.
    Questo settore può essere descritto in vari modi: il significato che hanno le cose per la persona; l'interpretazione del mondo, la scala di valori, ecc. L'importante è passare da una idea piuttosto ristretta di «coscienza morale» (la voce della coscienza) ad una idea più realistica di coscienza della realtà come fatto psicologico: lo stato di coscienza, dove vi è certo l'elemento morale ma inglobato in una più vasta «visione del mondo»; «filosofia della vita» o come altrimenti si chiama, dove avviene la interpretazione dei vari avvenimenti che intessono la giornata, la settimana, la vita di ognuno.
    L'attività è il campo degli interventi personali nella realtà. L'uomo che ha preso coscienza delle cose, del mondo circostante e di se stesso nel mondo, matura in sé una decisione, decide una azione, che modifica le situazioni nelle quali si è venuto a trovare. L'attività è l'esercizio della libertà, l'esercizio dell'amore, lo sviluppo di se stessi in una direzione o l'altra, dopo che si è preso coscienza del proprio stato. È quindi un settore importantissimo: senza coscienza non si agisce da uomo, ma senza agire non si diviene uomo.
    La comunione è il mondo delle relazioni sociali di ogni persona. La comunione sorge quando ci si accorge che oltre al proprio io ci sono altri io, ugualmente liberi, ugualmente desiderosi di essere consapevoli e di scegliere liberamente. La comunione è condividere con altri la coscienza e l'attività, è fare gli altri oggetto di coscienza e di attività. La comunione ci fa risalire alla sorgente di tutto: coscienza e attività, dove troviamo la tendenza al dialogo, alla relazione con altre persone, all'amore, in un dare e ricevere che muove tutto nelle sue molteplici variazioni. Essere se stessi è qualcosa che si fa davanti ad un altro essere umano o a Dio, altrimenti è patologico.

    b) Le tre dimensioni tra di loro

    Con una simile divisione raccogliamo in ordine tutto ciò che c'è in noi. E quest'ordine ci serve per l'educazione: quante volte si lavora su una sola dimensione, dimenticando le altre e perciò alterando la giusta crescita dell'alunno. Prese di coscienza (catechesi) senza attività; attività (disciplina) senza previa consapevolezza dei motivi di essa; associazionismo estrinseco senza coscienza dei valori unificanti.
    Ci si accorge che le tre aree servono per avere rapidamente sott'occhio e in modo ordinato molte cose dei giovani, evitando così pericolose lacune nel programmare una attività.
    Ma in se stesse le tre dimensioni sono inscindibili tra di loro: non si forma una coscienza senza attività e senza dialogo con altri; non si fa vera attività senza coscienza e senza collaborazione; non si fa comunità senza prendere coscienza dell'altro e senza lavorare insieme attorno a qualcosa di comune.
    Agire sulla coscienza per formarla senza contemporaneamente far fare qualcosa di corrispondente e senza aver creato una comunità di ricerca (intesa, affiatamento, cointeressenza) è condannarsi all'insuccesso. Mettere su un'attività senza motivarla veramente e senza farla sentire come attività condivisa e partecipata tra molti è alterarne l'effetto sulla personalità. Il creare associazioni che non sboccino da una crescente coscienza comune di cose che unificano, che rendono uguali, simili, complementari, necessari gli uni gli altri; il creare associazioni senza farle nascere da attività comuni, prima confuse e disarticolate e poi sempre più ordinate e affiatate è disobbedire alla naturale dinamica con cui l'uomo si socializza.
    Perciò i tre settori, che sono distinti per chiarezza, sono in pratica riuniti perché nell'uomo sono uniti insieme in un unico organismo interiore. L'averli distinti aiuta a verificare se ci sono tutti e tre quando mettiamo in cantiere una iniziativa sia un corso di esercizi (prevalentemente coscienza), sia una impresa di carità (prevalentemente azione), sia un gruppo sportivo. L'averli distinti aiuta a curare che la sostanza almeno di ciascuna dimensione sia presente ed operante: che si faccia veramente formazione di coscienza, che si faccia veramente attività, che si faccia veramente comunità e non una generica educazione verbalistica a cui ci si riduce nel campo della catechesi, come della iniziazione all'azione, come nella formazione di gruppi.
    Un esempio: si forma un gruppo. E ciò avviene rapidamente. Ma poi si «adopera» questo gruppo inconsistente per fare catechesi, per fare discorsi sull'amicizia, discorsi sulla Chiesa, discorsi sul gruppo. Che cosa significa questo? Che non si sa «far gruppo», cioè non si hanno chiari in mente i dinamismi di un gruppo, i problemi delle interazioni tra i membri, i fattori di crescita, come il sentimento dell'appartenenza, quello di coesione, la rappresentazione simbolica di sé nel gruppo, del gruppo in se stesso, del gruppo nel resto del mondo. E ancor più non si hanno chiari in mente gli schemi di interventi - oltre alla esortazione e l'insegnamento - con cui si consolida, si sviluppa un gruppo. Molte volte è per questo che le cose lasciano il tempo che trovano. La stessa cosa si potrebbe dire circa i modi con cui educhiamo all'attività.
    Occorre perciò avere preciso in mente che significhi formare coscienze, che significhi formare all'attività, che significhi formare alla comunità, dove il termine «formare» tende sì all'unità nella persona, ma contiene cose diverse nei tre diversi campi. Anche solo il convincersi di questo e avere tre diversi arsenali di mezzi educativi e usare soprattutto la parola per formare coscienze, usare soprattutto azioni per formare all'attività, soprattutto interazioni per formare alla comunità, si avrebbe un vero progresso educativo.

    4. Il cristiano a tre dimensioni

    Dopo il discorso sulla soprannatura che è «connaturale» all'uomo per volere divino, è più facile accostare le tre aree indicate (coscienza, attività, comunione) ai tre settori in cui è diviso il campo della pastorale: l'impegno profetico, l'impegno sacerdotale, l'impegno regale.
    Innanzitutto occorre distinguere tre aspetti di questi termini indicati:
    a) l'area di lavoro, che è per il dono profetico l'area della catechesi, dell'amministrazione della parola di Dio; per il dono sacerdotale è l'amministrazione dei sacramenti, di ogni azione liturgica; per il dono regale è l'organizzazione della comunità dei fedeli, l'amministrazione e il governo del popolo di Dio, della comunione dei santi, anche se altre funzioni sono attribuite al potere regale;

    b) l'energia di salvezza, che è amministrata e ordinata da ciascuna funzione e che è la Parola di Dio per il munus propheticum, i Sacramenti per il munus sacerdotale, la comunione dei santi per il munus regale.
    Sono tre forze che vanno comunicate agli uomini per la loro salvezza e santificazione;

    c) l'obiettivo, a cui tende ciascuna di queste funzioni pastorali almeno prevalentemente e che è la fede (coscienza di fede, mentalità di fede) per la funzione profetica; è la vita sacramentale per la funzione sacerdotale (partecipazione alla Messa, ai sacramenti, vivere la Messa); è l'appartenenza al popolo di Dio per la funzione regale (partecipazione attiva e sentimento di appartenenza).
    Questi tre obbiettivi racchiudono la vita cristiana, che è vita teologale (atti di fede, speranza, carità), vita sacramentale e vita ecclesiale. Come ogni distinzione, ciò serve per capire e lavorare: la realtà vede t unificate questi tre dinamismi.

    5. L'uomo e il cristiano insieme

    Ora è possibile ritrovare il combinarsi della triplice vitalità umana con la triplice vita cristiana come corpo e anima, pasta e lievito.

    a) L'uomo tende irresistibilmente ad avere coscienza della realtà e la pastorale dà a questa coscienza i contenuti e la forma della coscienza di fede, nutrita dei misteri cristiani, basata sull'ascolto della Parola, capace di tutto ricapitolare armoniosamente in Dio creatore e redentore.

    b) L'uomo tende irresistibilmente ad agire ed intervenire nella realtà conosciuta ed apprezzata e il cristianesimo dà fisionomia e forma a queste attività rendendole tutte cooperazione e collaborazione all'azione di Dio creatore e redentore. E siccome l'azione di Dio nel mondo è complessissima e vastissima ma ha sempre il suo «culmen et fons» nell'azione liturgica, così sarà per la «collaborazione», termine con cui ormai occorre definire realisticamente ogni azione umana.

    c) L'uomo tende irresistibilmente alla interazione, alla comunione e il cristianesimo precisa e sostanzia questa tendenza nella comunione dei santi, nella Chiesa «sacramento o segno strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano» (Lumen Gentium, 1).
    Ma si stia attenti a non credere che questo dato soprannaturale sostituisca il dato naturale e spontaneo, cioè l'insieme di idee, di attività, di relazioni che per natura e cultura l'uomo acquisisce, lo voglia o no, per il suo vivere nel mondo. La soprannatura si innesta nella natura. Non c'è l'uomo o il cristiano, oppure l'uomo e il cristiano: c'è l'uomo cristianizzato.

    a) Tutti i valori culturali, la coscienza della realtà, acquisita nel mondo, nella scuola, nella esperienza buona o cattiva viene «salvata» dalla fede, cioè liberata dal male, ordinata, precisata e approfondita, rendendo l'uomo più unitario in se stesso e più lucido e consapevole;
    b) tutte le attività spontanee o stimolate dall'ambiente di vita vengono «salvate» dalla vita sacramentale, cioè liberate dal male, ordinate, equilibrate e unificate a incremento della persona ed a beneficio dell'ambiente;
    c) tutte le relazioni istintive o stimolate dalla cultura del proprio ambiente vengono ugualmente «salvate» dalla appartenenza alla Chiesa, poiché risultano approfondite, intensificate e rese preciso scambio di veri beni e non di illusioni o, peggio, di male per la persona.

    6. L'educatore, e l'uomo cristianizzato

    Non resta che ritrovare l'accordo non soltanto tra uomo e cristiano nelle tre dimensioni ma anche tra educatore e l'uomo cristianizzato, cioè tra quanto noi educatori compiamo sistematicamente nel programma usuale di interventi educativi per ordinarli al servizio dell'uomo cristianizzato.

    a) L'area della coscienza. Qui sono impegnati gli insegnanti, il professore di religione, i predicatori, chi dà la buona notte, il consigliere che dà un ammonimento disciplinare, l'animatore di un gruppo, insomma chiunque interviene per dare idee, per motivare, per rievocare una concezione di vita.
    Che cosa si richiede in quest'area tra i vari interventi? Certamente intesa, coesione, coerenza, differenze ma non discordanze. Si richiede che idee, motivi, pensieri, riflessioni nella scuola, nella catechesi, nella vita abbiano un movimento centripeto, cioè facciano ultimamente capo a un centro, che sarà il Mistero della Salvezza in Cristo senza restare dispersi, slegati, superficiali. Si richiede che chi presenta il centro lo presenti in un corrispondente movimento centrifugo, cioè aperto «connaturale» ai valori, alle concezioni, ai motivi che insorgono nella vasta gamma di esperienze di vita e di cultura dell'ambiente.

    b) L'area dell'attività. Qui sono impegnati gli operatori in campo liturgico, gli organizzatori della disciplina, del programma, dell'orario, delle espressioni di vita sportiva, prima ancora ginnica, ricreativa, culturale, 'morale, artistica, caritativa, professionale ed apostolica. L'uomo ha un sacco di attività e queste sono unificate da collegamenti tra attività: è un problema di coscienza come aver chiaro in mente il collegarsi dell'azione morale con l'azione liturgica «culmen et fons». Ma è soprattutto un problema di conformazione psicofisica, di adattamento, del proprio organismo nervoso, muscolare, emotivo all'azione, proposta dalla coscienza.
    Non abbiamo mai pensato di collegare l'ora di ginnastica alla attitudine del corpo, dei nervi, dei sensi a compiere bene l'azione liturgica o anche solo la meditazione religiosa. È un campo di lavoro molto nuovo poiché non se ne parla e non si sa che cosa e come fare. Ma appare sempre più logico, urgente se si pensa a come anima e corpo fanno tutt'uno ed è bene che la riorganizzazione motorica del corpo sia in sintonia con i progetti e le aspirazioni maturate nella coscienza per realizzarle. Quando si collegherà ad una certa tappa della cultura e della vita liturgica una corrispondente tappa di riorganizzazione dell'organismo psicofisico, motorico ed affettivo, avremo nuove garanzie di perseveranza nei giovani.

    c) L'area delle relazioni sociali. Qui sono impegnati tutti, poiché sempre in un modo o nell'altro si «socializza», si fa gruppo, anche solo per giocare al pallone. Bisogna che queste esperienze varie non siano dispersive ma convergenti verso dinamismi di associazione sempre più profondi, quali sono quelli operanti nella Chiesa. Occorre che si capisca come fare Chiesa è innanzitutto fare gruppi di amicizia, legati da vera amicizia, quale soltanto con l'aiuto di Dio è possibile e che sono già segno del mistero divino ed occorre che il fare amicizia, dovunque si faccia gruppo, sia predominante, sia motivo centrale e maturi fino a sfociare nell'incontro con Dio nei fratelli. Il gruppo sportivo può restare estrinseco e non giungere mai a gruppo di amicizia, così pure il gruppo apostolico; oppure può restare ad amicizia fittizia, non approfondita fino ad avvertire la persona nell'altro, anzi il figlio di Dio. Alle volte si fanno cumuli di organizzazioni di un gruppo senza curare l'essenza: che sia un gruppo di amici, di uomini che si sono incontrati come persone, come amici, riconoscendosi degni di rispetto, importanti reciprocamente, figli di Dio.

    7. Organicità e non complessità

    Infine è importante notare che come coscienza, attività, comunione sono tre energie tra loro collegate e complementari, così è di fede, sacramenti, chiesa, così è di formazione di coscienza, iniziazione all'azione, introduzione alla comunità.

    a) Accordo tra interventi. Ne nasce che il fare scuola o catechismo senza un poco fare anche gruppo e senza un poco far fare anche esperienze attive vuol dire non giungere mai a formare coscienze.
    Ne nasce che il fare ginnastica o l'iniziare all'azione liturgica senza aver fatto gruppo dei presenti e senza aver destato la coscienza del mistero umano e divino vuol dire non giungere mai a compiere una vera riorganizzazione psicofisica in vista dei fini da perseguire.
    Ne nasce che il fare gruppo o il fare assemblea liturgica o apostolica senza aver rimeditato i motivi di coscienza ed aver realizzato le attività per le quali ci si associa significa non introdurre mai veramente nel gruppo.

    b) Accordo tra educatori. Si comprende da sopra quale coordinamento è necessario tra gli educatori. Ciò è possibile a queste condizioni:
    - una idea sostanzialmente comune della personalità da formare e dei dinamismi con cui si forma;
    - un affiatamento di reale amicizia tra gli educatori, partendo dalla difficoltà principale all'amicizia e cioè l'uso della superiorità più per regolare e far eseguire che per essere modello e principio di rapporti d'amicizia;
    - una intesa nelle iniziative e negli interventi per realizzarli in modo convergente e concorde;
    - una collaborazione complementare perché ogni settore riceva il necessario contributo degli altri due: chi forma la coscienza per la dimensione attiva e comunitaria; chi inizia all'attività per la dimensione di coscienza e di comunione; chi introduce al gruppo per la dimensione di coscienza e di azione.

    È chiaro che l'insieme appare complesso: anche l'armonioso movimento di una danza è semplicissimo nel suo effetto ma deriva da un complesso accordo di numerosissimi elementi. Ugualmente apparentemente semplici interventi educativi sono il risultato di una orchestrazione di fattori complessa e varia, la quale dà però la garanzia di risultati permanenti e fecondi.


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