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    Studiamo con i giovani un nuovo stile di vita



    Carlo Borgetti

    (NPG 1967-04-21)

    Sei milioni di italiani hanno oggi tra i sedici e i ventiquattro anni.
    Nel 1980 formeranno i quadri dirigenti della nazione.
    Realisti, materialisti, staccati dalla religione come dalla politica, questi giovani soffrono del nuovo male del secolo: la solitudine.
    La responsabilità ricade sulla nostra civiltà degli scooter e dei gadget che gli abbiamo trasmesso.
    Ma già fra di essi si stacca una élite, più seria e riflessiva della generazione precedente.
    Questa élite sta inventando un nuovo stile di vita.

    Paul Ricoeur, un giovane e affermato filosofo francese discepolo di Husserl, scrive: «Mi sembra che la maggior parte della gente di valore tra gli studenti si trovi tra i cattolici o i comunisti; essi costituiscono delle minorità significative. Questo rapporto massa-minorità mi pare possa essere la struttura della nostra vera cultura contemporanea.
    Né il cristianesimo, né il comunismo mi sembrano siano destinati a diventare (almeno in Francia) fenomeni di massa.
    Riscopriamo attraverso quest'analisi che il fenomeno élite riposa, non più sul denaro o sulla cultura, ma sulle qualità umane.
    Sono profondamente meravigliato di vedere, un po' d'appertutto, degli ti maggiori senza truppe, degli stati maggiori ben articolati, con un forte pensiero.
    Per esempio, mai come oggi il cattolicesimo ha avuto un tale livello di pensiero. Penso a delle persone come un De Lubac, un Daniélou. E poi accanto una enorme mediocrità... Ma questa cadrà abbastanza in fretta». Se questi mediocri ci appaiono tali, non bisogna forse cercare di compren,derli, di conoscerne la fisionómia? Essi non si inginocchiano nella cappella nè vanno alla cellula comunista.
    Ma l'amore degli altri, l'altruismo o la carità si manifestano forse solo in determinati luoghi?
    La verità è che questi giovani si rifiutano di distinguere il corpo dallo spirito, il materiale dallo spirituale. Noi, adulti, troviamo istintivamente la «natura umana» nemica dell'uomo. Essi no.
    Due gesuiti, il Padre Morel e il Padre Beinaert, rispettivamente filosofo e psicanalista ci dicono a questo proposito:
    I giovani ammettono sempre di meno che delle realtà cosidette spirituali formino una specie di sovrastruttura separata dalla vita materiale del mondo, che dovrebbe essere disprezzata perchè inferiore.
    I migliori tra questi non ammettono che la vita spirituale possa trovarsi a fianco o sopra la vita materiale.
    Per essi la vita spirituale è questa stessa vita vissuta in tutta la completezza nel suo vero senso. Allora è necessario saper cercare là – proprio in seno alle nostre statistiche materialiste», i valori spirituali che ci sfuggono.
    Un nuovo «umanesimo» sta sorgendo tra i giovani. Quando essi affermano «l'internazionalismo» del loro spirito, quando si pronunciano per il Mercato Comune, quandò si sentono solidali con quelli che soffrono, quando si sentono scossi da parole come «Terzo mondo, paese in via di sviluppo, fame, democrazia», non annunciano forse dei valori spirituali? Non è carità il desiderio penetrante e vivo di prestare il loro servizio nell'Africa nera, e questo non per comandare ma per prestare un'assistenza tecnica o di passare le vacanze natalizie a Firenze per aiutare gli alluvionati? Questo nuovo umanesimo ha i suoi profeti. Essi sono un Giovanni XXIII, un Kennedy, un Luther King, un Teilhard de Chardin, uno Schweitzer... ma anche tanti altri che sono sempre attuali: Don Bosco, Charles de Foucauld.

    I "capelloni" sono una eccezione

    I giovani non conoscono gli orrori di Hiroshima o di Buchenwald. Essi sono nati dopo il diluvio.
    La marcia accelerata del progresso fa che essi differiscano essenzialmente dalle generazioni precedenti. Essi non hanno avuto la possibilità di una scelta.
    Che si voglia o no, i giovani riflettono e cristallizzano l'ultimo stadio di una civilizzazione ormai in gran parte modificata.
    Questa giovinezza ci interessa perchè porta con sè un nuovo mondo. La moda esige che si presenti la nuova generazione come una generazione ribelle. Esistono dei giovani ribelli in quasi tutte le nazioni – stile blousons noirs o beatniks – ribelli molto timidi d'altra parte. Ma sono la famosa eccezione che conferma la regola.
    La nostra gioventù è seria. Essa non ha nulla di ciò che abitualmente caratterizza la gioventù. Essa non aderisce a nessuna ideologia. Non crede agli «ismi»: comunismo, socialismo, sindacalismo, fascismo... che scivolano su di loro come gocce d'acqua sulle ali di un'anitra. Essi conoscono Anquetil e Gianni Morandi, non i ministri.
    Ma in compenso hanno già viaggiato parecchio fuori Italia. A scuola hanno trovato dei compagni stranieri, la TV li ha iniziati ai costumi e al pensiero di altri popoli, i libri che leggono sono sovente delle «traduzioni», gli eroi dello spazio sono degli stranieri, sanno che l'evoluzione dell'industria porta sovente alla creazione di succursali fuori del paese, amano e apprezzano parole come: «terzo mondo, Africa, paesi in via di sviluppo».
    C'è nella gioventù un certo universalismo che sorpassa le barriere raziali e sociali.
    A un giovane Pakistano a cui si chiedeva alla televisione se era fiero della sua nazione, questi rispondeva:
    Oh, certo io amo il mio paese, e posso dire che ne sono fiero. Ma guardate bene: per me ciò che conta soprattutto è di essere un uomo in mezzo agli altri uomini.
    Questa nuova situazione di spirito dovrebbe essere colta da noi educatori. Questo fatto esige da noi delle disposizioni educative nuove. Esige soprattutto che si sappia cogliere le linee dello Spirito Santo sul nostro tempo, sul suo cammino e sul terreno d'azione più favorevole.

    Nuovo stile di vita

    Possiamo riassumere in questo schema il volto nuovo dei giovani.
    I giovani stanno negoziando con Dio, con la società e con la famiglia un contratto che non ha nulla a che vedere con quello firmato dai loro padri. Come educatori cercheremo di leggere dietro le loro spalle il modo che essi hanno di concepire il mondo, se stessi e gli altri per decifrare il quadro che lo Spirito Santo ci presenta per l'azione educativa e la proposta cristiana.

    1967-04-24

    Incontro con i giovani

    A tentoni i giovani stanno trovando una nuova arte di vivere. L'avvenire appartiene anche a loro.
    Ma in questa ricerca essi il più delle volte sono soli.
    Nella nostra attuale società, fortemente impersonale e vuota di relazioni personali vissute, i giovani soffrono di una amara solitudine.
    Il compito dell'amore cristiano, dell'educazione cattolica, di ogni educazione è di scendere fino ad essi per ascoltarli, cercare di capirli e studiare assieme, partendo dalla loro vita e dalla visione che essi hanno del mondo, il cammino più vero per arrivare all'impegno di una testimonianza umana o cristiana.
    La scuola cattolica non ha soltanto il compito di «controllare» le loro conoscenze, ma soprattutto quello di considerare il «quadro scolastico» come un «ambiente» (diremo meglio Comunità Educativa) molto importante in vista della realizzazione immediata del loro presente.
    Qui il discorso cade sulla Comunità Educativa come palestra di incontro tra gli adulti e i giovani per il dialogo che non è soltanto un'arte di buone maniere, ma lo sforzo di pensare che dopo tutto anche l'altro può avere ragione.

    Come fare?

    In primo luogo l'offerta cristiana che diamo loro deve ristudiare un nuovo stile.
    I giovani, abbiamo visto, pongono l'accento:
    – sull'autenticità
    – sull'impegno, considerato come efficacia nel mondo, equilibrio interiore, incontro pienamente umano con gli altri.
    Allora:
    – La Parola di Dio dovrà essere trovata nelle sue fonti: la catechesi presenterà le realtà della fede come Buona Novella per l'uomo; il Vangelo apparirà come Buona Novella; Cristo sarà visto nei suoi segni storici come appello alla nostra libertà per una reale efficacia.
    – il mondo da cristianizzare, la Chiesa da edificare: vivere da cristiano in una società pluralista; diffondere verità e vita attraverso la testimonianza.
    Centrare in particolare su di una presa di posizione (Opzione) decisiva Conversione):
    – per una autentica visione cristiana della vita (lucidità di una sintesi concisa);
    – per una fedeltà alla vocazione, in vista di un incontro completo.
    Ma tutto questo vivendo sinceramente con essi in un clima di massima spontaneità.
    La Comunità Educativa dovrà diventare un Centro di:
    – Idee: frutto di una mentalità analizzata e studiata assieme
    – Azione: accento sull'impegno cristiano e umano
    – Comunione: un luogo di incontro personale nell'amicizia, nello scambio, nella preghiera.
    Non basta che dia idee, deve organizzare una mentalità in risposta agli appelli di vita che provengono dall'ambiente, deve muovere all'azione, deve far vivere assieme.
    Solo così si avrà la élite che scenderà progressivamente come fermento nella massa mediocre del mondo.


    T e r z a
    p a g i n A


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