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    Perché un Centro di Pastorale Giovanile?



    La redazione

    (NPG 1967-01-06)


    Da quando G. Poggi scrisse quel libro critico sulla Azione cattolica «Il clero di riserva», siamo tutti ben contrari ad un centro, sperduto in una località imprecisata, sia pure una grande città, il quale dà direttive per ogni luogo con il pretesto dell'unificazione invece di dare servizi utili al lavoro di unificazione di istituti, o oratori, nella zona umana o nella diocesi.
    Un centro di pastorale giovanile è invece accettato se si presenta come servizio per assicurare e organizzare la distribuzione di una larga informazione in uno spirito di immenso dialogo.

    Il bisogno di convinzioni comuni

    Una condizione fondamentale per lavorare insieme e prima ancora per lavorare efficacemente è quella di avere tra noi, responsabili dei giovani a tutti i livelli, alcune convinzioni comuni, alcuni punti fermi, a cui agganciare tutto il nostro lavoro.
    Una di queste convinzioni è, ad esempio, la seguente: a misura che l'individuo si integra nell'insieme, l'insieme sostiene e aiuta l'individuo. Da questa convinzione partono le spontanee adesioni a quelle iniziative che rendono effettivo ed efficiente un insieme di tutti gli educatori: vi saranno naturalmente sacrifici, che sembrano sottrarci momentaneamente al lavoro diretto come quello di leggere un articolo, ma questi sono compensati da tutti gli aiuti che all'individuo giungono dall'insieme. Cosi procede un'industria, un governo, cosi deve procedere un'educazione.
    In sostanza è la parola della Divini Illius Magistri: «l'educazione è essenzialmente un'opera sociale».

    La logica del centro

    Ma è su un'altra convinzione che ci fermiamo questa volta: la necessità di un centro. Ogni organismo vivo funziona, se ha un centro coordinatore. La pastorale giovanile è un organismo vivo, creato da azioni e reazioni tra educatore ed educando, tra gruppo e individuo, tra il gruppo degli educatori e quello degli educandi. Questo organismo opera a bene di tutti, se ha un suo centro coordinatore veramente funzionante.
    E il centro è funzionante prima di tutto se ogni punto (il gruppo sportivo, la classe, gli esercizi, il cineforum, ecc.) fa capo al centro, un centro, naturalmente, che sia al servizio del bene comune e non di un illusorio  - perché risulta sempre così - bene individuale di un educando o di un educatore.

    Centro e decentramento

    La logica del centro è che ci siano più centri in un organismo, come nel corpo umano troviamo un sistema centrale e diversi, svariati gangli periferici.

    1) Ogni opera educativa avrà il suo centro locale, richiesto dalla necessità di compiere in modo coerente, concordato e collaborante le svariate iniziative di un istituto: una gita, una buona notte, una Messa comunitaria, una lezione di storia. Da dove nasce questa primordiale necessità? Lo sappiamo tutti: dall'unità della persona umana. Il giovane che vive successivamente varie attività ha una essenziale tendenza a unificare tutto, coordinare in un sistema centripeto e centrifugo tutte le sensazioni, le idee, le stimolazioni che dall'esterno gli giungono. Se questi stimoli non sono essi stessi coordinati e armonizzati, come potrà egli costruirsi una personalità unificata e armonica?
    Ma questo principio giustifica anche un centro di pastorale cittadino c regionale, per il semplice fatto che l'alunno vive anche altre esperienze ori d'istituto, che costituiscono un importante materiale da assimilare unitariamente.
    Ma qui il discorso diventa improvvisamente diverso: passiamo da un centro «nostro» a un centro diverso, quello diocesano, o interparrocchiale, giustificato dalla presenza nell'educando di esperienze non «nostre», e dal fatto che l'appartenenza ad un determinato centro non è lo scopo ultimo dell'educazione, ma un fine secondario, subordinato allo scopo di essere, come diceva Don Bosco, un onesto cittadino ed un buon cristiano.

    2) Intendiamo qui aprire il discorso dei rapporti con questi centri sovrastanti la catena dei nostri? No. Per ora ci basta aver toccato questo punto della logica del centro. Ci aiuta a capire la funzione di un centro di pastorale. Toccherà poi a questo centro ispettoriale servire tutto il lavoro di innesto dei collegi, degli oratori, dei pensionati, ecc. nella pastorale diocesana e parrocchiale.

    3) E la logica, così impostata del centro, porta infine ad un centro nazionale, che serva il lavoro dei centri locali.

    Centro programmatico o centro coordinatore

    Appena si parla di centri si sente il timore delle direttive dall'alto. Non è tanto la direttiva che si teme, dato che è necessaria alla vita di un organismo, quanto quel «dall'alto», qualcosa che con la buona intenzione di una unificazione nazionale (campagne, ecc.), non si sa da che cosa richiesta, impartisce direttive facilmente sfasate, o anacronistiche o intempestive rispetto alla reale situazione di un collegio, cioè dei diretti combattenti nella battaglia educativa: l'educatore e l'educando. Quante volte in guerra direttive del genere hanno fatto sì che i soldati fossero privi di protezione d'artiglieria o addirittura colpiti dalla propria artiglieria.
    Ciascun centro è centro in modo diverso, con diversa funzione e intensità.
    Il centro programmatico è soprattutto quello locale: diretto contatto con l'educazione del singolo esso promuove quei movimenti di massa nella comunità che plasmano il singolo sul giusto momento, mentre il dialogo educativo produce una assimilazione personale di queste comunicazioni di valori.
    Il centro regionale (o diocesano o ispettoriale) è già molto meno programmatico e più coordinatore. Il centro nazionale è soprattutto coordinatore.

    1) A livello locale o regionale abbiamo un centro che coordina le azioni dei vari agenti educativi perché pesino tutte ogni momento sul punto giusto di un programma educativo; abbiamo un centro che dosa e proporzionata le attività perché nessuna risulti esageratamente sviluppata rispetto all'insieme e nessuna manchi in un quadro umano di colori.

    2) A livello nazionale abbiamo sì qualche iniziativa comune a tutti nella nazione, ma essa sarà decisa dalla consapevolezza delle situazioni locali in quanto hanno di comune con le altre nella nazione. Queste consapevolezze sono date democraticamente dall'incontro dei dirigenti locali al centro regionale e dai dirigenti regionali al centro nazionale.
    Un grosso servizio del centro nazionale è invece quello degli scambi di esperienze, della consulenza ed assistenza tecnica degli immediati operatori educativi, dell'aggiornamento continuo sia quanto ai fini, sia quanto ai metodi e alle tecniche, proposte ai dirigenti regionali e locali. Quasi mai programmazioni, perciò, a partire dal centro, ma una massa di materiale utile alle programmazioni, ed un lavoro per rendere ogni dirigente educativo sempre più capace di programmazioni tempestive, centrate e progressive rispetto al suo settore.
    Allora avremo dato il più possibile della nostra cooperazione allo Spirito Santo, che in ogni cuore opera la salvezza.


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