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    L'oratorio centro di forze generatrici di vita



    A cura di Giancarlo Negri

    (NPG 1967-02-54)


    Gli educatori e pastori presteranno un'attenzione particolare a queste pagine che pongono il problema della revisione dell'oratorio nei termini espressi dal recente Documento sugli Oratori della Conferenza ispettoriale Salesiana italiana e tentano un primo esame pastorale della vasta problematica associazionistica.


    STUDIO DELLA DINAMICA DI GRUPPO NEGLI ORATORI

    Impostazione dell'analisi

    1) Numerosi studi sono stati preparati sul problema oratoriano. Essi appaiono:
    - ricchi di utili intuizioni, esperienze, ipotesi di lavoro;
    - per lo più incompleti nell'elencazione dei fattori;
    - mancanti di una sistemazione organica e logica dei fattori (interdipendenze e subordinazioni); - diversi per la prospettiva di partenza (prospettiva fenomenologica? prospettiva deontologica? prospettiva metodologica?)

    2) Le confusioni possono nascere da mancate chiarificazioni nell'impostazione del problema. Occorre distinguere, ad esempio:

    L'oratorio reale (fenomeno)
    (situazioni di fatto: quali dinamismi si verificano, quali sviluppi prendono: deviazione dagli obbiettivi, formazione di atteggiamenti non previsti, sproporzioni di attività, atrofia del proselitismo, partecipazione decrescente con l'età, ecc.; cause dei fenomeni, attese ed aspirazioni disponibili).

    L'oratorio spontaneo (psicologia)
    (quello che si realizzerebbe semplicemente se si fornissero mezzi alle tendenze spontanee).

    L'oratorio ideale (dentologia)
    (quello che si desidera in funzione degli obbiettivi pastorali: evangelizzazione, sviluppo della comunità ecclesiale, maturazione del senso missionario).

    L'oratorio possibile
    (quello che è programmabile tenendo conto dell'ideale, del reale, dello spontaneo. Si noti che l'Oratorio possibile è progressivo, cioè può procedere con successive formule, sempre più approssimate all'ideale).

    3) Due principi possono utilmente dirigere l'impostazione di uno studio sui gruppi:

    I. Societates sunt ut hnes. Per capire la natura di una società è necessario rifarsi ai fini, in vista dei quali è sorta. Gli uomini si riuniscono in gruppo per conseguire uno scopo desiderato: questa tensione struttura il gruppo.
    A diversi scopi diverse strutture del gruppo, affinché sia funzionale rispetto allo scopo.
    II. Finis primus est in intentione, ultimus in esecutione. Il gruppo è sul piano esecutivo, quindi pone il fine al termine di un insieme di azioni e di strutturazioni che dalla situazione di partenza portano alla ideale situazione di arrivo. Dire ad esempio che l'oratorio è unificato dall'esperienza liturgica è andare contro questo assioma:
    l'oratorio prima è unificato da altre preliminari esperienze soddisfacenti; una volta unificato può passare ad esperienze di grado superiore, sfruttando l'unificazione già acquisita.
    N.B.: I due assiomi sembrano contraddirsi, ma sono entrambi necessari. In pratica: all'inizio di ogni formula d'oratorio almeno l'animatore deve avere ben chiari in testa i fini (meglio se con lui anche alcuni leaders). Ciò permette una programmazione progressiva non indeterminata o disordinata, ma ben funzionale e diretta al fine.

    4) Tre importanti osservazioni iniziali.

    I. Il modo di socializzazione spontanea è diverso per i ragazzi (11-14 anni) rispetto ai giovani (15-20 anni). Le reali difficoltà dell'oratorio cominciano con i giovani. Con essi si procedeva di solito variando un poco quanto era sostanzialmente lo schema organizzato per i ragazzi. Si può tentare un'altra via: 1) curare i giovani (14-20 anni) con il modo di socializzazione loro proprio; 2) impegnare i migliori di questi giovani, una volta formati, a creare oratori per i ragazzi; 3) modificare in funzione dei ragazzi lo schema, sostanzialmente buono per i giovani.
    È un procedimento inverso a quello usato finora e, oltreché collaudato in alcuni movimenti, questo processo sembra più adatto ai tempi e alla perseveranza degli oratoriani, che diventano tutti, presto o tardi, giovani.

    II. In secondo luogo è bene distinguere nell'impostare problemi del genere gli elementi centrali da quelli derivati.
    Una volta risolto il nucleo centrale del problema la soluzione degli elementi secondari e derivati viene più facilmente come conseguenza spontanea, se si segue il movimento giusto dello sviluppo.

    III. In terzo luogo è opportuno abituarsi a distinguere tra i fattori di un fenomeno il fattore determinante da quelli soltanto concomitanti.
    Si sopporti infine un certo linguaggio tecnico e abituale in analisi del genere (leader; gruppo primario e secondario; circolazione di valori; modelli di comportamento).
    Si è cercato di limitarsi ai termini più necessari.

    5) Sembra utile infine seguire questo iter:
    I. L'oratorio spontaneo: (possibilità e disponibilità verificabili nella psicologia dei giovani).
    II. L'oratorio ideale: (definizione della natura dell'oratorio a partire dai fini, tenendo conto delle possibilità psicologiche).
    III. L'oratorio reale: (possibilità, difficoltà verificabili nelle attuali realizzazioni).
    IV. L'oratorio possibile di prima, seconda, terza... approssimazione.

    I. L'ORATORIO SPONTANEO

    Dinamica di gruppo nei giovani (di 14-20 anni)

    1. Impostazione

    - Ci domandiamo inizialmente: come si muovono i giovani, se non vengono organizzati, ma semplicemente forniti dei mezzi necessari materiali per realizzare ciò che spontaneamente cercano?
    Qui usiamo il termine «oratorio», senza dare a questo termine un significato preciso: è semplicemente un punto di riferimento.
    - Distinguiamo due dinamismi spontanei di base: il gruppo primario, e il gruppo secondario.
    Nel gruppo primario il terminante a socializzarsi sono gli affetti interpersonali e l'elemento materiale sono gli interessi (ricreativo, culturale, psichico (molto ignorato), etico, religioso.
    Nel gruppo secondario il determinante a socializzarsi sono gli interessi (come sopra) e il fattore derivante sono gli affetti interpersonali. I nostri oratori si configurano come gruppi primari o secondari?
    Lo si verificherà studiando la situazione reale. Ora è utile sapere come vi possono essere due oratori spontanei: uno, sorto come gruppo secondario, l'altro sorto come gruppo primario.
    Prima di descrivere le tappe di sviluppo di un gruppo primario o secondario, è bene ricordare alcune leggi della dinamica di gruppo:
    - il gruppo primario si muove verso la secondaretà (parte dagli affetti e diventa sempre più organizzato e strutturato) (Gurvitch).
    - il gruppo secondario si muove verso la primarietà (insorgere di rapporti affettivi tra individui, di gruppi autonomi entro il gruppo grande) (Meister).
    - il gruppo (primario e secondario) si articola in tensioni: élites, massa, opposizione (Fichter)
    - il gruppo tende a culturalizzarsi (nel gruppo si attiva una circolazione di valori etici: diventare migliori o peggiori) (Moreno).
    - questi dinamismi sono tra loro complementari, interferiscono tra di loro e insieme provocano lo sviluppo o l'involuzione del gruppo (Lewin).

    Bibliografia:

    Fichter, Sociologia fondamentale, Roma, Onarmo.
    Meister, I piccoli gruppi, Roma, Ave.
    Thery, Gruppi sociali, forze vive, Torino, L.D.C.
    Fauvet, Masse giovanili, Milano, Ancora.
    Maccio, Animation de groupes, Paris, Cronique sociale (di prossima traduzione in italiano).
    Carrier, Psicosociologia dell'appartenenza religiosa, Torino, L.D.C.

    2. Un gruppo spontaneo di tipo secondario: suo sviluppo (dagli interessi al gruppo)

    1° momento:

    - moltitudine di ragazzi richiamata dalla possibilità di soddisfare interessi urgenti (sportivo, artistico, culturale, etico, religioso: N.B. non psichico, che esige rapporti personali).
    fattori determinanti:
    - soddisfazione d'interessi,
    - animazione di gruppo.
    sviluppo:
    - impegno a far le cose bene e non comunque (I° umanizzazione),
    - scoperta ed impegno dei leaders sul piano tecnico.

    2° momento:

    - formazione di alcuni gruppi primari informali, dovuti alla spontanea e forte tendenza dei giovani ad affiatarsi tra di loro (gruppi d'amici).
    fattori determinanti:
    - l'amicizia e la simpatia,
    - i leaders naturali.
    sviluppo:
    - rafforzamento dell'appartenenza (II° umanizzazione),
    - soddisfazione iniziale degli interessi psichici (senso di sicurezza, di protezione, di stima, ecc.).

    3° momento:

    - prima strutturazione del gruppo in élites-massa-opposizione dei piccoli gruppi primari.
    fattori determinanti:
    - l'azione dell'animatore sui leaders dei piccoli gruppi primari per farne una élite impegnata verso la massa,
    - azione occasionale della élite,
    - selezione (rifiuto dell'opposizione), rafforzamento.
    sviluppo:
    - delinearsi di una cultura nei modelli di comportamento (dati dall'élite) (III° umanizzazione),
    - inizio del processo di differenziazione in sottogruppi (primari o secondari).

    4° momento:

    - accentuazione del processo di culturalizzazione fino al risveglio di interessi superiori (etici, religiosi).
    fattori determinanti:
    - influenza dei modelli di comportamento,
    - azione dell'animatore dei modelli e dei leaders.
    sviluppo:
    - chiarificazione degli obbiettivi etici-religiosi del gruppo,
    - determinazione dei ruoli, differenziazione e unità dei sottogruppi,
    - proselitismo.

    5° momento:

    - vita del gruppo organizzato in forza di programmi adeguati e delle conseguenti soddisfazioni nel realizzarli.
    fattori determinanti:
    - il progresso spirituale negli individui e nel gruppo,
    - i successi del gruppo nei rapporti con la società.

    6° momento:

    - fecondità del gruppo: assimilazione di individui
    - sdoppiamento in gruppo vecchio e gruppo nuovo che ripete il ciclo, nascita di un «movimento», identificabile ed attivo entro l'intera società.

    3. Un gruppo spontaneo di tipo primario: suo sviluppo (dalle amicizie al gruppo)

    (cf Esperienza G.S. di Milano)

    1° momento:

    - formazione di un gruppo primario di élites attorno ad un educatore.
    fattori determinanti:
    - l'educatore è un animatore di gruppo,
    - amicizia ed unità di intenti.
    sviluppo:
    - dominante impegno missionario dei membri del gruppo,
    - la «vita come incontro» (di Artaud, ed. Ave).

    2° momento:

    - formazione di amicizie tra un membro del gruppo ed un compagno di classe e di lavoro.
    fattori determinanti:
    - la personalità del membro del gruppo,
    - la sua capacità a fare amicizie
    sviluppo:
    - invito dei nuovi amici a partecipare alla vita del gruppo in modo episodico.

    3° momento:

    - intensificazione del senso di appartenenza e della partecipazione alla vita del gruppo; rapido sviluppo di una cultura (modelli) di gruppo.
    fattori determinanti:
    - partecipazioni dei nuovi ai valori di gruppo in forma progressiva (esperienze soddisfacenti),
    - prestigio dell'animatore e dell'élite.
    sviluppo:
    - momenti forti della vita di gruppo (riunioni di Revisione della vita e delle esperienze),
    - partecipazione ai nuovi di responsabilità.

    4° momento:

    - articolazione del gruppo in élite-massa-opposizione senza diminuire i rapporti di amicizia iniziali.
    fattori determinanti:
    - aumento numerico,
    - soddisfazione comune (entusiasmo).
    sviluppo:
    - forte influenza dell'élite sulla massa,
    - possibilità di creare sottogruppi senza perdere l'unità.

    5° momento:

    - organizzazione dei gruppi in sottogruppi.
    fattori determinanti:
    - partecipazione di obbiettivi e di programmi,
    - sviluppo degli impegni.
    sviluppo:
    - prevalenza degli interessi superiori (religione, etica, apostolato, cultura) su quelli inferiori (ricreativi, ecc.),
    - attaccamento e coscienza di uno «stile»,
    - intenso proselitismo.

    6° momento:

    - suddivisione del gruppo in maggiore e minore e ripetizione del ciclo.
    fattori determinanti:
    - proselitismo spontaneo e programmato ritorno del 1° momento,
    - trasformazione di leaders in animatori di gruppo.

    4. La parte dell'animatore di gruppo

    a) si osservi che si parla di «animatori di gruppo» e non di Direttore l'Oratorio. Nella figura di Direttore d'Oratorio si è di solito discusso la parte dei suoi rapporti con le altre cariche.
    Occorre notare che molto più importante è lo studio della sua figura in rapporto ai giovani.
    Già l'aver fatto di lui un «animatore di gruppo» e non un «direttore spirituale» garantisce la vitalità di un Oratorio. Un animatore di gruppo ben formato ha in senso del gruppo ed è sicura garanzia di un Oratorio ben funzionante.
    La formazione di «animatori di gruppo» resta il problema essenziale di ogni politica per la gioventù.

    b) Negli schemi indicati vi è la parte che deve svolgere l'animatore di gruppo.
    L'importante è che egli svolga ogni volta la parte assegnata senza precorrere le fasi dello sviluppo del gruppo. Se lo sviluppo spontaneo illustrato non avviene è per azioni sbagliate o azioni mancanti o azioni intempestive dell'animatore. Si è cioè mancato di obbedire ad una di queste tre norme:
    I) favorire la spontaneità;
    II) servire la spontaneità;
    III) parzialmente dirigere la spontaneità: anche gli obbiettivi più elevati diventano ad un certo punto spontanei, se si ha la pazienza di andare al passo della natura e di seguire le tre norme sopra indicate.

    c) La legge fondamentale della sua azione sta nel fatto di essere per lo più indiretta nei riguardi della massa, cioè attraverso i leaders (come individui) e l'élite come nucleo del gruppo. Più che da autorità giuridica egli deve fungere da maggiore espressione della «cultura» (modi di pensare, atteggiamenti, comportamenti) della massa. Per questo idealmente sarebbe bene che egli fosse un laico, coadiuvato da sacerdoti nelle parti che solo il sacerdote può svolgere (N.B. la deferenza e la frequentazione che egli mostrerebbe verso il sacerdote darebbe a questi un'autorità maggiore che se fosse direttore dell'oratorio). Ma la sua azione più determinante è quella di dirigere l'élite verso obbiettivi ben precisi, adeguate, rispondenti alle attese dei giovani (programmazioni indovinate). Questo significa avere ben chiaro in testa l'Oratorio ideale, che sarà ora studiato.

    d) Un buon animatore di gruppo verifica ogni giorno (anche se non sono presenti i giovani materialmente) il processo di sviluppo del suo gruppo, senza sforzare né segnare il passo. «Verifica» l'impegno dell'élite; le reazioni della massa; il diffondersi dei modelli culturali (modi di pensare, di comportarsi); la selezione naturale; il proselitismo dei soci; l'atmosfera di soddisfazione e di fiducia in future soddisfazioni. Per ridimensionare un Oratorio bisogna adoperare questi dati psicologici o sociologici quale metro di misura per rendersi conto della situazione dell'oratorio come gruppo.
    - l'oratorio è di tipo primario o secondario?
    - a quale punto dello sviluppo spontaneo si trova?
    - oratorio informale?
    - oratorio strutturato con un indirizzo sbagliato?
    - oratorio strutturato con un indirizzo giusto?
    - se è in fase di formazione
    - è nel momento della genericità di ruoli, strutture, obbiettivi?
    - procedere alla distinzione dei ruoli, alla fissazione degli obbiettivi?
    - quanto al gioco spontaneo degli interessi (Allport) (1) interessi soddisfatti, base per il risveglio di interessi più alti; (2) interessi risvegliati, base per il loro soddisfacimento).
    - siamo nel momento della soddisfazione di interessi generici con globali obbiettivi etici (sport, ecc. con un certo impegno religioso)?
    - siamo nella fase della prima culturalizzazione (virtù umane, impegno, socializzazione tecnica nel soddisfare i primi interessi)?
    - siamo nella fase del risveglio di una élite nel processo precedente?
    - siamo nella fase dell'orientamento delle élites verso la massa?

    II. L'ORATORIO IDEALE

    Scopo dell'oratorio

    1. Impostazione

    I. Distinguere fine da obbiettivi successivi e differenti per raggiungere progressivamente il fine. Il fine può essere evangelizzare i giovani della parrocchia; ma l'obbiettivo per far questo può essere raccogliere nell'oratorio solo un'élite, che poi lieviti la massa, oppure raccogliere più giovani che si può.
    quattro formule costituiscono la discussione dell'oratorio ideale:
    1) «oratorio di massa», aperto a tutti,
    2) «oratorio di élite», lievito della massa,
    3) «oratorio di difesa», luogo di sani divertimenti,
    4) «oratorio di azione», luogo di formazione all'azione.
    prima di scegliere bisogna guardare i soggetti.
    Essi si possono distinguere da diversi punti di vista:

    (A) quanto all'impegno, possiamo adottare la divisione di Fichter (dalla periferia al centro):
    - gli occasionali
    - i marginali
    - i praticanti
    - i nucleari.
    Il significato delle categorie è trasparente. L'importante è che ognuna esige una pastorale diversa. Come conciliare ciò con la unicità e la omogeneità del gruppo oratoriano? le possibilità sono tre:
    oratorio molto omogeneo: (preciso, ben definito, ben funzionante).
    oratorio eterogeneo: (giovani ed adulti insieme, le quattro categorie insieme: per funzionare deve essere molto generico negli obbiettivi, rendendo generici gli impegni. Molti Oratori sono forse cosi).
    oratorio differenziato: (suddiviso nei sottogruppi che vengono spontanei in un gruppo omogeneo, ma non uniforme).

    (B) quanto alle cure pastorali, occorre distinguere:
    * il 75% di gioventù della zona che non viene all'oratorio;
    * il 25% di gioventù di un oratorio eterogeneo;
    * il 15% di gioventù di un oratorio omogeneo apostolicamente impostato;
    * l'85% dei giovani fuori oratorio lievitato dal 15% precedente.
    * la discussione si apre al livello di queste cifre.
    * «dobbiamo offrire a tutti i giovani un ambiente sano ed educativo». pericolo di un oratorio eterogeneo, per cui verranno 25% e saranno dei generici, incapaci di lievitare la massa, anzi corrono il pericolo di esserne le vittime e lo scandalo.
    * «un oratorio omogeneo si ridurrà al 15% dei giovani».
    * un oratorio omogeneo è fortemente proselitistico e ciò significa lievitazione della massa dei giovani, viventi nella stessa zona ove vive il 15% degli impegnati;
    * delle direttive conciliari, che vogliono evangelizzare il mondo attraverso la lievitazione delle situazioni di vita più che attraverso creazione di strutture intese come alternative a quelle del mondo;
    * della volontà della Chiesa di fare, attraverso i laici, nell'ambiente di vita della massa, in un più stretto dialogo tra Chiesa e mondo.
    * «noi siamo per la massa e non per un'élite del 15%».
    * anche il 25% è un'élite non dinamica. Mentre un oratorio ben orientato non crea élites chiuse, ma élites che non possono sussistere senza intervento lievitante nella massa: sono massa nella sua parte lievitante e lievitata;
    * che sovente un oratorio eterogeneo come è generico, così non attira i leaders naturali, che vanno al servizio del male. Raccogliere e impegnare i leaders naturali vuol dire salvare e lievitare molta parte della massa.

    2. Orientamenti conciliari

    Tenendo conto del «dialogo», della riconsiderazione dei «laici», sembrano opportune queste considerazioni orientative:

    I. La massa dei 75% e il rifiuto dell'alternativa cattolica.
    Sembra che la Chiesa non voglia più creare un'alternativa al mondo (bar-sport cattolico contro bar-sport mondano; piscina cattolica contro piscina mondana; ecc.); ma voglia educare i cresimati ad essere presenti «in quei luoghi e in quelle circostanze in cui essa non può divenire sale della terra se non per loro mezzo» (Lumen Gentium, 33; cf anche la Gaudium et spes e il Decreto sui laici).
    Ne consegue che l'educazione deve tendere prevalentemente a inserire i giovani nel mondo, invece che a sfuggirlo, inserirli in modo attivo, lievitante, abituare ad un contatto, già inevitabile, insegnando a renderlo proficuo. L'oratorio, più che un posto di passivo rifugio apparirebbe come un quartier generale, un trampolino di lancio, dove si va per lanciarsi all'attacco e, di tanto in tanto, come posto di retrovia, dove si va per riposarsi dalla lotta. La condizione abituale, l'elemento emergente, la situazione predominante a cui si mira nell'oratorio, è quella dell'intervento cristiano nel mondo dei coetanei.

    II. L'élite del 25% e la sua salvezza
    Anche da un punto di vista educativo il discorso della Chiesa sembra più plausibile. In scuola, in famiglia, al lavoro il contatto è inevitabile tra i 25% e i 75%, che fanno mentalità dominante. Un contatto in cui i 25% sono in condizioni di inferiorità: sono minoranza. Ora la minoranza può sopravvivere solo se è combattiva ed attiva, altrimenti o alterna due morali, o soccombe. Un oratorio che intenda sottrarre i 25% dal contatto con i 75% nell'unico momento possibile (il tempo libero) non sembra fare un'operazione formativa, poiché proprio nel tempo libero i contatti sono più plasmabili e discorsivi (dialogo). Se invece «parte» del tempo libero è presa per rilanciare i giovani ad aiutarli ad essere attivamente presenti, avremo
    - maggiori probabilità di salvezza dei 25% (o i 15%)
    - la forza di una minoranza attiva e proselitistica nella massa, con maggiore azione lievitatrice.

    3. Soluzione proposta: sdoppiare chiaramente l'oratorio

    Si risponde qui all'obbiezione: «Ma senza un tipo di oratorio a funzione secondaria (interessi vivi soddisfatti) non avremo i giovani, neppure i 25%».

    I. La risposta immediata è la seguente:
    meglio per la massa che all'oratorio vadano appena i 15%, uscendone attivi, lievitanti e testimonianti, che invece vadano i 25 %, uscendone generici, ambivalenti, repellenti per chi sta al di fuori. Questo attuerà i leaders naturali e crescerà rapidamente in quantità qualificato.

    II. Una risposta mediana potrebbe essere la seguente:
    un'opera educativa chiaramente divisa in due: a) l'oratorio ad alto impegno (15%) gruppo primario, b) un Centro giovanile (gruppo secondario) con minimi impegni umani aperto a tutti ed a funzione di sussidiarietà (Mater et Magistra).
    Questo «Centro giovanile» non è in contrasto con il rifiuto dell'alternativa, indicato sopra
    - perché esso ha per i piccoli funzione di sussidiarietà, dove manchi nella zona un'opera civile umanamente valida;
    - perché esso ha per i grandi funzioni specifiche (allenamento, formazione sportiva, educazione estetica e culturale, ritrovo per discussioni, ecc.) complementari rispetto ai gruppi;
    - perché il Centro giovanile non sarà opera dei preti, ma iniziativa dei laici, solleciti nella vita civile della zona.
    N.B. si noti che la soluzione è simile a quella di alcune diocesi dove ai «seminari minori» (con poche vocazioni) si sostituiva un normale collegio aperto a tutti (e con maggiore reddito di vocazioni).

    III. Osservazioni:
    - come «reclutare» giovani per l'oratorio, in senso stretto? Si veda lo schema del gruppo primario: per via personale, di amicizia e di dialogo interpersonale (esperienza della G. S.).
    - come lievitare la massa che-entra nel «Centro giovanile»? Sarà il primo lavoro degli oratoriani.
    - come «fare catechismo» alla massa, se il «Centro giovanile non l'ha?
    Un gruppo di oratoriani diverrà gruppo dei catechisti parrocchiali per i piccoli in locali distinti dal «Centro giovanile».
    Per i grandi gli oratoriani opereranno con catechismi occasionali, con iniziative periodiche e spontanee, con formule parrocchiali, sempre distinte dal Centro.

    IV. Argomentazione finale:
    con l'oratorio antico non si aveva più del 25% e in più questo non era lievitante rispetto alla massa del 75%. Con la formula nuova si ha: un 15% lievitante; un 30% fortemente lievitato e un 63% lievitato; si ha inoltre maggiore probabilità di reclutare i leaders naturali.

    4. Definizione di oratorio (opere di pastorale giovanile)

    L'oratorio si presenta come una tecnica d'evangelizzazione della gioventù mediante la dinamica di gruppo con due funzioni distinte e congiunte: una di un gruppo secondario (Centro giovanile) a globale impegno cristiano e preciso impegno umano, l'altra di un gruppo primario (lo si chiami oratorio o altro) a preciso impegno apostolico.
    Spiegazione della definizione:

    I. Tecnica d'evangelizzazione:
    cioè un insieme di strumenti, di metodi, di strutture e di persone diretto all'evangelizzazione dei giovani (promuovere la mentalità di fede, l'appartenenza alla Chiesa, l'impegno nella storia della salvezza).

    II. Mediante la dinamica di gruppo.
    Perciò il Centro e` l'Oratorio si struttureranno in tanti sottogruppi o primari (amici) o secondari (interessi) quanto basti perché l'individuo sia sotto la «dinamica di gruppo». Dovrà perciò sparire l'oratoriano generico, non appartenente ad alcun sottogruppo, poiché la «massa» degli oratoriani non sembra sufficiente per influenzare i singoli (non c'è sufficiente interazione con i leaders, i modelli). Una inevitabile fase iniziale di frequenza disimpegnata dovrà essere breve e ciò avverrà spontaneamente (vedi oratorio spontaneo). Come nessuno appartiene alla Chiesa senza appartenere ad una parrocchia così nessun giovane apparterrà al Centro senza appartenere (essere affidato, essere preso in cura, inserirsi per gesto spontaneo, ecc.) ad un sottogruppo.
    Il criterio dei sottogruppi non è uniforme: oltre a compresenza di sottogruppi primari (gli amici), più informali e sottogruppi secondari, più strutturati, abbiamo il caso frequente di appartenenti a due gruppi insieme, generalmente uno primario ed uno secondario.

    III. Con due funzioni distinte e congiunte:
    le due iniziative procedono con una differente logica interna di sviluppo (vedi Oratorio spontaneo);
    sono congiunte in questi punti:
    - i soci dell'oratorio lavorano in parte nel «Centro giovanile» (i leaders)
    - i soci dell'oratorio sono in parte reclutati dal «Centro giovanile».

    IV. Il centro giovanile (gruppo di tipo secondario)
    - a preciso impegno umano: uno «stile», una «cultura» contraddistingue questo centro da altri consimili e crea il principio di selezione naturale (si ricordi che tutti e due i gruppi si strutturano spontaneamente in élte-massa-opposizione).
    N.B. Il centro è complementare a iniziative sportive-culturali, esistenti nella zona, i giovani dovranno appartenere a due gruppi: quello cattolico e quello mondano.
    - a globale impegno cristiano: come servire la massa di giovani che a poco a poco matura per un impegno cristiano (catechismo, Messa, iniziative varie)?
    Le iniziative religiose devono essere in locali accanto alla parrocchia; le iniziative del Centro si armonizzano con gli orari parrocchiali e questi con quelle.
    Se sono in locali annessi al Centro, devono essere a parte sia come locali, sia come programmazione, pur con le armonizzazioni di cui sopra. L'importante è che il ragazzo e il giovane non trovi condizionate le soddisfazioni umane all'adempimento di impegni religiosi. La spinta ai doveri cristiani viene dall'élite, dai leaders, dai modelli culturali del Centro, e non dalle norme del Centro.

    V. Il centro-militanti a preciso impegno apostolico
    Il Centro militanti sviluppa la formazione apostolica dei giovani impegnati nella linea di un gruppo primario.

    a) il centro offre locali, esperti, centro coordinatore per l'azione apostolica ai gruppi di giovani militanti, formati secondo lo schema di diverse associazioni (A.C., Assoc. Salesiane, Scouts, Legio Mariae, ecc.).
    - Il significato del Centro sta nella sua funzione di coordinamento in tre sensi:
    - collegamento tra programmi apostolici e realtà umana della zona;
    - collegamento dei programmi apostolici dei vari gruppi;
    - collegamento tra i soci ancora «catecumeni» e i soci maturati e inquadrati.
    - Il terzo collegamento è importante, perché fa intravedere una unione delle varie associazioni, che fruiscono di un'unica anticamera, cioè di un ambiente in cui i nuovi venuti si trovano ben accolti da tutti (anche se sono venuti invitati da un amico dell'A.C. o degli Scouts, ecc.) e incontrano affiatati e convergenti i soci o delle Associazioni salesiane, o dello Scoutismo, o della Giac, o delle Congregazioni mariane.
    Esperienze unitarie di impegno apostolico, religioso (Revisioni di vita) hanno luogo in questa sede a sviluppo degli anziani e ad esperienza formativa dei nuovi.
    - Questa convergenza alla base (o sul piano operativo) viene da una convergenza di obbiettivi (evangelizzazione rispetto alla zona dove si vive) ed una sintonia di metodi (di per sé diversi).

    b) il clima di Centro-militanti è un po' quello di un quartier generale, dove l'impegno in una lotta in pieno sviluppo domina ogni elemento, dove si radunano le informazioni dei fronti diversi (la scuola della zona, l'officina, i bar, il cortile di casa, il centro giovanile, i gruppi sportivi, ecc.). Dai contatti continui di ciascun militante con i suoi vicini nasce uno sviluppo della lotta di lievitazione, che ad un certo punto sfocia al centro-militanti e da esso viene orchestrato. È logico che senza la quotidiana combattività dei militanti il Centro non ha vita. A sua volta la vita del Centro forma, anima e rafforza i singoli militanti. (Vedi articolo: «L'azione missionaria dei gruppi studenteschi»).

    c) i giovani delle Associazioni salesiane o della Giac avranno come scopo precipuo quello di essere l'élite formativa (non necessariamente tecnica) nel Centro giovanile.

    d) il reclutamento di aspiranti al Centro militanti è fatto per contatto personale e non attraverso manifestazioni di massa o strutture secondarie, come nel Centro giovanile. Mentre nel Centro giovanile si apre la porta all'individuo ancora sconosciuto, al Centro militanti «la persona».

    III. ORATORlO REALE

    Qui il discorso viene demandato alle verifiche con gli strumenti adatti delle varie situazioni esistenti.
    Quanto agli strumenti, possiamo indicare:
    - le indicazioni presentate parlano dell'oratorio spontaneo e dell'oratorio ideale; strumenti di analisi sociologica, quali quelli presentati nel libro di indagine sociologica (cf Educare, 2° Volume, Ed. PAS).

    IV. ORATORIO POSSIBILE

    Il progetto di un oratorio rinnovato deve tener conto, come si è detto, dell'oratorio spontaneo, dell'oratorio ideale e dell'oratorio reale. Perciò non è possibile fare qui il discorso preciso, mancando alcuni fattori necessari per stendere un programma.
    Sono però indicabili e validi in ogni caso alcuni suggerimenti.

    A) Si tenga conto che il Centro giovanile va avanti se con un certo anticipo funziona un Centro militanti. Da questo perciò bisogna partire, anche se quasi subito bisogna iniziare il Centro giovanile (cf Processi di sviluppo in Oratorio spontaneo).

    B) Per educare un militante occorre combinare saggiamente i suoi impegni nell'apostolato organizzato con i suoi impegni nell'apostolato occasionale. Quello organizzato è dato da un programma, stabilito dall'animatore e dai leaders. Quello occasionale è imposto a ciascuno dalla situazione di vita: situazioni a scuola, in casa, con gli amici, al bar, nella squadra, ecc.

    C) I circoli chiusi nascono quando si trascura l'apostolato occasionale per pensare solo a quello organizzato. È il caso dei giovani che non sono mai nei bar, nei gruppi sportivi, nei luoghi di divertimento, dei loro vicini di casa perché sono sempre e solo all'oratorio. Questa assenza nel «tempo libero» porta a incapacità di dialogo nel tempo di incontri obbligati con gli stessi vicini di casa: scuola, lavoro. Inoltre gli impegni dell'apostolato organizzato distolgono dalla attenzione ad un'azione d'apostolato occasionale.
    Si noti al riguardo che l'apostolato occasionale è doveroso, immediato, provvidenziale, mentre quello organizzato può essere arbitrario nelle sue realizzazioni.

    D) Tuttavia non sembra buon metodo quello di procedere mettendo in primo piano l'apostolato occasionale. Questo apostolato presenta maggiori difficoltà per il neo-militante, essendo più complesso, più isolato e suddiviso. Inoltre vi è la grossa difficoltà psicologica sopra accennata di assenza dai luoghi di incontro libero (tempo libero) con i vicini di casa, di lavoro, di scuola, dato che nel tempo libero ci si rifugia all'oratorio.
    Il dialogo apostolico resta impacciato e ristretto agli intervalli di scuola e di lavoro, mentre gli atteggiamenti e le mentalità operano a pieno ritmo senza intervalli.

    E) L'iter migliore potrebbe essere allora il seguente per i neo-militanti:
    a) innanzitutto non sottrarre per tutto il tempo libero i giovani dal loro ambiente di vita, ma toglierli da esso solo per una parte di quel tempo. In tal modo obbediscono alle direttive conciliari e sono più facilmente lievito nella pasta.
    b) in secondo luogo impostare ogni riunione di centro militanti anche per i nuovi in modo che l'azione sia al centro degli interessi, delle strutture, dei discorsi. Che nessuno si formi l'idea del centro come luogo dove si sentono conferenze e, caso mai, si fanno buoni propositi, ma di un Centro organizzativo di un'azione apostolica importante, dominante e in pieno svolgimento, come in un quartier generale. Un'azione naturalmente relativa alle reali situazioni della gioventù del luogo, derivata cioè da una religione «che quasi si identifica con la vita» (Paolo VI, agosto 1965).
    c) il neomilitante partecipi innanzitutto a riuscite esperienze apostoliche del gruppo unito: esperienze caritative in primo luogo e poi apostoliche, faccia cioè un'«uscita» con gli altri insieme, cosi si forma a poco a poco (ad esempio pomeriggi domenicali in periferia).
    d) come seconda tappa il neomilitante sia impegnato nell'apostolato occasionale, che generalmente non avverrà isolatamente nella scuola o al lavoro, se si sono organizzate le cellule di classe o di fabbrica.
    e) come terza tappa vi sia l'approfondimento, lo studio, la revisione delle esperienze fatte o, in altre parole, vi siano esperienze molto studiate, discusse, revisionate in gruppo. Ciò porta alla maturazione del militante come intenzioni e come tecnica.
    f) come quarta tappa vi sarebbe un più deciso e adeguato impegno nell'apostolato occasionale fino a diventare anche iniziatore di qualche conversione, fino a portare amici al centro giovanile o al centro militanti.
    g) come quinta tappa abbiamo il coordinarsi di un lavoro d'apostolato organizzato (cariche, responsabilità, missioni) con l'incessante lavoro dell'apostolato ambientale, occasionale.

     


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