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    Il convegno assistenti di gioventù di Torino definisce l'atteggiamento di dialogo del sacerdote con i giovani



    (NPG 1967-04-69)

    Urgenza d'impegno

    Il rapporto con i giovani si pone per il sacerdote nel contesto generale del suo ruolo nella Chiesa e della sua funzione in ordine ai laici. Il sacerdote, educatore di giovani, ai quali deve particolare cura. (Presb. Ord. 6) come a coloro che sono la speranza della Chiesa (Grav. Ed. 2), non può necessariamente non regolare la sua azione alla luce del Vangelo e degli insegnamenti conciliari.
    – Nel Concilio Vaticano II, infatti, viene approfondita la realtà cristiana della figura del laico come membro del popolo di Dio, con una funzione specifica propria, con diritti e doveri in ordine alla animazione dell'ordine temporale e alla evangelizzazione del mondo. Al laico il sacerdote deve offrire la realtà efficace del suo sacerdozio ministeriale e dare il suo aiuto «fraterno» (Lum. Gent. 32), perchè egli cresca nella maturità umana e cristiana.
    – Per i giovani questo servizio di testimonianza e di amore oggi è particolarmente urgente. Siamo in un'epoca di rinnovamento: l'umanità intera progredisce nella coscienza dei suoi poteri e della sua funzione nel mondo, le strutture si stanno vertiginosamente evolvendo e tutti gli uomini si sentono sempre più impegnati per una lotta, senza incertezze, alla fame, all'ignoranza, alla malattia o alla guerra (Gaud. et Spes, 4-9). È in atto una trasformazione, nella quale, cadendo o comunque apparendo insufficienti gli schemi e le ideologie del passato, gli uomini acquistano una visione mondiale dei loro problemi e cercano soluzioni nuove, per formare la comunità degli «uomini nuovi», fondata sulla pace e sulla giustizia (Gaud. et Spes 30, 55). I giovani di oggi saranno i protagonisti di questa nuova storia degli uomini.

    Principi pastorali

    1. Il sacerdote in mezzo ai giovani deve apparire sempre più ai loro occhi come lo «specialista» dei problemi dello spirito, a cui ricorrere per impostare la propria vita. La funzione di ministri Íella Parola, dei Sacramenti e della Eucaristia e di educatori del popolo deve manifestarsi in tutta la autenticità evangelica che il Concilio Ecumenico ha mes,so in evidenza (Presb. Ord. 4-6).
    2. La testimonianza di una vita evangelica tuttavia è il primo elemento di educazione per i giovani di oggi: essi, portati dalla loro mentalità scientifica e Tdal loro senso di verifica, vogliono ve: dere nel sacerdote l'uomo di Dio. Per questo il sacerdote che vive accanto a loro con un ruolo educativo deve prima di tutto mostrare uno stile di vita dalla quale i giovani si sentano spinti a tenrare l'esperienza evangelica a servizio del mondo che si trasforma.
    3. Questa testimonianza è tanto più accreditata quanto più il sacerdote appare guidato da uno spirito di carità fraterna e collegato nella sua azione educativa con i suoi fratelli nell'apostolato. Pertanto una coordinazione dell'azione educativa a livello diocesano, interparrocchiale e parrocchiale appare improcrastinabile, affinché l'unità e la comunione nella vita, nello studio e nell'impostazione e nella risoluzione dei problemi educativi sia «il primo segno» dinanzi agli occhi dei giovani della appartenenza a Cristo. Il sacerdote educatore dei giovani deve, in definitiva, essere ed apparire collegato nel suo apostolato, intimamente obbediente al Vescovo e fraternamente unito alla comunità diocesana e parrocchiale dei preti, in modo specialissimo in cui ha comunione di vita e di apostolato nel suo ambiente.
    4. L'azione del sacerdote in mezzo ai giovani deve regolarsi secondo quei principi e quelle indicazioni di cui parla il Concilio. «Spetta ai sacerdoti, nella loro qualità di educatori nella fede, di curare per proprio conto e per mezzo di altri, che ciascuno dei fedeli sia condotto nello Spirito Santo a sviluppare la propria vocazione specifica secondo il Vangelo, a praticare una carità sincera ed operativa, ad esercitare quella libertà con cui Cristo ci ha liberati» (Presb. Ord. 6).

    Suggerimenti per l'azione

    Pertanto il sacerdote con i 'giovani deve:
    1. mettersi in atteggiamento di colloquio, in modo da arrivare non solo a parlare «ai», ma «con» i giovani (discorso dell'Arcivescovo agli Assistenti di Gioventù, Cesana, 30 agosto '66).
    2. liberarsi da una mentalità paternalistica e possessiva che arriva spesso a sequestrare i giovani dalle loro realtà quotidiane e ad inserirli e chiuderli in strutture separate con la conseguenza che i giovani si sentono estranei al loro tempo e infedeli ai compiti della costruzione del mondo.
    3. rendersi conto che ogni giovane ha la sua vocazione e che, conseguentemente, l'azione educativa non può essere soffocante, esteriorizzata e standardizzata; deve al contrario essere religiosamente attenta che ognuno realizzi quel disegno che Cristo, «che abita in noi per mezzo della fede», vuol portare a compimento con l'azione del Suo Spirito.
    4. acquistare una mentalità evangelica anche per quanto riguarda i mezzi e le strutture educative, liberandosi dalla fiducia assoluta nel potere dell'organizzazione e dei mezzi esterni di apostolato, che devono invece essere poveri e servire solo alla carità.
    5. attraverso una guida intelligente e piena di fede allo studio e all'ascolto della Sacra Scrittura e mediante una catechesi «a revisione di vita», aiutare i giovani a scoprire i segni dei tempi, la positività, ma anche l'ambivalenza dei valori creaturali e la trascendente positività della Grazia: la divinizzazione, la filiazione adottiva, lo Spirito Santo, la conoscenza di Dio. Tutto questo perché i nostri giovani arrivino a conquistare una autentica mentalità di fede che diventi coscienza di essere collaboratori dell'azione di Dio nel mondo, partecipando al mistero pasquale di Cristo, continuato nel tempo attraverso la Chiesa.
    6. centrare tutta l'opera educativa nella Liturgia, fonte e culmine (Sacr. Conc. 10) della vita del cristiano, guidando i giovani a partecipare alla Messa della comunità parrocchiale: con veglie bibliche il sabato precedente, con la preparazione dell'omelia fatta con loro, con la distribuzione degli incarichi e dei ruoli (prestarsi come commentatori e lettori, raccogliere offerte per i poveri e per la chiesa, ricevere attenti e amabili le persone indicando i posti liberi, animare con l'atteggiamento e i canti tutta l'assemblea).
    7. partire dalla celebrazione eucaristica e dalla partecipazione alla Tavola di Dio, per aiutarli a rendersi consapevoli del loro ruolo di persone aperte alla vita comunitaria e missionari della Parola e della Grazia di Cristo nel mondo: ad esempio, l'omelia parta dai fatti della settimana tentando un giudizio di fede su di essi; la preghiera dei fedeli si arricchisca nelle intenzioni ispirandosi ai problemi personali e sociali della comunità.
    8. con spirito di umiltà e di ascolto della Parola di Dio, con attento esame dei decreti conciliari, in comunione di spirito e di metodo con i confratelli nell'apostolato, sotto la guida del Vescovo, rivedere costantemente gli schemi e le strutture della vita associativa perché risponda sempre meglio alla funzione di gruppo di riferimento religioso e di sostegno al dialogo per i giovani che vivono la loro esperienza temporale.
    9. dedicarsi allo studio della psicologia, della sociologia ed applicarsi ad una continua sperimentazione per essere capaci di cogliere le leggi fondamentali della vita associativa.
    10. liberarsi di un atteggiamento «caporalistico» di leader che riduce i giovani soltanto a degli elementi passivi, con il solo compito di eseguire gli ordini senza educarli alla libertà ed alla responsabilità e senza rispetto del loro ruolo di uomini e di laici.
    11. far prendere coscienza della loro partecipazione alla missione della Chiesa ed alimentare il loro senso apostolico, cosa che essi, personalmente e comunitariamente, non solo siano preparati ad essere animatori del mondo, ma siano resi capaci di annunciare la Parola di Dio e di inserire nella storia della salvezza i fatti e gli avvenimenti di cui sono attori e di proclamare che ogni salvezza viene dall'alto e che questa salvezza è Gesù, Dio fatto uomo.
    12. insegnar loro a pregare, con la mentalità di figli di Dio, che non possono e non vogliono strumentalizzare la sua potenza ed impadronirsi del suo potere per fini individualistici, ma che invece si aprono alla contemplazione del disegno di Dio e chiedono costantemente, come nomadi nel tempo, che sia fatta Sua Volontà e venga il Suo Regno, dove in Cristo potranno vederlo senza segni, faccia a faccia.


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