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    Comprendi i giovani d'oggi?


    Segni dei tempi e pastorale

    A cura di Vittorio Gambino

    (NPG 1967-02-7)

    Ho ancora presente, non solo nella memoria ma nel mio spirito, quei tre giovani americani di un gruppo cattolico di New York che l'hanno scorso ho trovato in una spaventosa e squallida bidonville di una metropoli sudamericana.
    Li rivedo, così come li ho-conosciuti: avidi di autenticità e di schiettezza, di passione per l'assoluto e per la verità, desiderosi di portare testimonianza dell'amore di Gesù per tutti gli uomini e della generosità dello Spirito di Dio.
    È questo un segno dei tempi! Ad ogni epoca appaiono delle linee di sensibilità profonda che determinano dei comportamenti e dei modi di essere particolari: questi tratti fondamentali indicano alla nostra fede quel è il segno dello Spirito sul nostro tempo, il suo cammino e il suo terreno più favorevole.
    Paolo VI osserva che c'è nella gioventù d'oggi un bisogno di sincerità assoluta, un'esigenza di logica, un coraggio che sfida il rispetto umano, un indefinibile attrattiva interiore per la perfezione e l'autenticità cristiana. Dobbiamo riconoscere sinceramente che i giovani sono spinti oggi ad una maggior franchezza cristiana, a una fedeltà cristiana e a una originalità spirituale che lasciano sorpresi e stupiti coloro che li osservano.
    È questo un soffio dello Spirito, un segno dei tempi che ci fa gioire d'appartenere a questa grande e difficile epoca che è la nostra.
    La strada della salvezza, in concreto, si realizza sulle strade del mondo. Ciò significa che la scoperta e la promozione di tutte le dimensioni dell'uomo, la linea del progresso storico e della sensibilità del nostro tempo sono un segno di grazia.
    Le leggi di natura (natura intesa come regolazione razionale dell'agire storico) diventano leggi di grazia ed attuano con questa in un continuo rapporto di contemporaneità.
    In una civiltà in piena fase di trasformazione una presentazione astratta e non incarnata della Buona Novella rischia di snaturare il Messaggio smorzandone l'imperiosa attualità.
    I giovani chiedono agli educatori un «umanesimo» che permetta loro di rimanere cristiani senza peraltro rinunciare ai valori di pienezza umana e alle aspirazioni del mondo d'oggi.
    Il fenomeno dell'emancipazione -giovanile è rilevante. È paragonabile, per i meccanismi profondi che intacca e il cambiamento delle strutture che sta operando, alla rivoluzione operaia del secolo scorso. Cosa interessante l'esplosione operaia e quella giovanile sono sorte in Inghilterra e hanno preso lo stile e l'ideale di movimento di liberazione dell'uomo.
    Davanti a questo fenomeno così massiccio e di grande rilievo culturale c'è da chiedersi se la Chiesa sta assumendo il volto di questa realtà storica per ricuperare i giovani dal di dentro.
    Ossia, detto in altre parole, se il volto dei giovani sia presente alla Chiesa d'oggi.

    La società di oggi ha un volto

    Per cogliere il problema giovanile, senza cadere nel rischio di un certo «giovanilismo» che è lo sfruttamento industriale del fenomeno giovanile preso astrattamente fuori del contesto più vasto del nostro tempo, è necessario saper cogliere la totalità dei problemi della nostra società.
    Non si può giustamente studiare il problema giovanile senza descrivere il problema della nostra società, coglierne le istanze e le linee di sviluppo. In questo senso è necessario saper collocare i giovani nel contesto sociale del nostro tempo caratterizzato dal fatto di essere una società in piena rivoluzione scientifico-tecnica-industriale, in accentuata esplosione demografica, con accesso delle masse all'istruzione, con un tipo di religiosità pressochè «ritualista».
    Non si possono risolvere i problemi dei giovani e formulare un metodo serio di pastorale giovanile se non si ha il coraggio di guardare in faccia la realtà del mondo d'oggi.
    Si ha troppa fretta e spesso si è artigianali ricercando quei «sussidietti» immediati, le ricette, i sotterfugi che non impegnano la parte migliore di noi stessi e lasciano in genere le cose come sono. Sarebbe puramente un'attualità di stile che potrebbe tradire un'attualità di pensiero.
    L'unico metodo dignitoso della nostra intelligenza e riguardoso dello Spirito Santo che nei «segni del tempo» ci mostra le strade di Dio è la forza di saper guardare con calma la realtà così com'è, per descrivere con chiarezza il problema e formulare un metodo di lavoro che ci permetta di osservare seriamente il mondo da portare a Cristo.
    Il santo oggi, scrive Arturo Paoli, è chiamato a un esame, è esposto a un «test»: se è «storico», cioè se intende la giustizia nelle sue ultime articolazioni, se sa scoprire le linee del Regno di Dio dentro dell'uomo, se sa vedere da che parte va la tappa successiva del popolo di Dio, è santo; se no, è una mistificazione, una marionetta, uno che gioca al santo non conoscendo il suo mestiere di uomo.
    Il santo vero è sempre un profeta, non può non intendere la storia e le tappe della marcia del popolo di Dio; può non conoscere le conquiste della tecnica e le scoperte scientifiche, ma non può essere un uomo fuori del suo tempo [1].

    1. Rivoluzione scientifico-tecnica-industriale
    Le società moderne, come scrive Aron, sono forse le prime nella storia che abbiano la coscienza della loro trasformazione come di un fatto che gli è naturale.
    Mentre per le società storiche vi era come rappresentazione ideale, quella di un ordine stabilito e costante, le società moderne invece hanno per rappresentazione ideale quella di una crescita permanente dell'economia, che comporta una rivoluzione costante nella struttura sociale (2).
    • Una modalità costante del nostro tempo è l'accelerazione per cui i ritmi di vita sono estremamente cambiati con ripercussioni anche notevoli sul piano della famiglia;
    • una «civilizzazione dell'efficacia» che reclama di continuo uomini competenti e qualificati che possiedano dei diplomi, dei titoli e una certa «qualifica» sociale. Oggi una persona non qualificata non riesce a lavorare ed è condannata a vegetare;
    • una serie di compiti sempre più complessi grava sulla persona che si trova sovente divisa tra tante cose da fare, da pensare, da affrontare.
    • una serie cioè di funzioni che tendono a spaccare la sua unità interiore. La nostra epoca si caratterizza appunto come l'epoca delle alienazioni, della psicanalisi, della psicoterapia degli squilibri interiori dell'animo;
    • una civilizzazione della produttività e del consumo. Nel mondo di ieri l'uomo cercava di economizzare, di mettere da parte, in vista della sua sicurezza personale. Oggi il rapporto è cambiato. L'uomo deve spendere. L'uomo non è giovane se non va in aereo o non compera un determinato prodotto;
    • una civilizzazione a tendenza sociale, comunitaria. Tendenza ad agire in gruppo, ad organizzare il lavoro in équipe;
    • una civilizzazione di emancipazione della donna. Un nuovo ruolo femminile sta emergendo. Sempre di meno le differenze tra i due sessi e queste ridotte all'essenziale;
    • una civilizzazione che non fa ricorso a Dio, al soprannaturale, ma in cui tutto lo spazio delle preoccupazioni si rinchiude all'interno della produzione.

    2. Esplosione demografica
    È uno dei massimi problemi del nostro tempo. Fino a pochi anni fa solo due individui su dieci arrivavano all'età di trent'anni. Oggi il mondo aumenta vertiginosamente creando una serie di gravi problemi nell'equilibrio produttivo della società. Il figlio fino a ieri era considerato dalla famiglia anche come una unità produttiva. Oggi non serve più. È un peso economico.
    Nasce perciò il problema del controllo delle nascite che richiede un riesame approfondito del problema morale delle nuove nascite.

    3. Accesso delle masse all'istruzione
    La civilizzazione dell'efficacia che reclama sempre più degli uomini qualificati ha dato origine al movimento dell'accesso delle masse all'istruzione. L'uomo sa che oggi solo con l'istruzione può dire qualcosa. Altrimenti è un manovrato.
    Questa maggiore culturizzazione delle masse giovanili ha portato ad un aperto conflitto tra le generazioni.
    La diversità di patrimonio di idee divide due generazioni che ormai stentano a comprendersi e si condannano vicendevolmente.

    4. «Ritualismo» religioso
    In una civiltà centrata sull'uomo, in cui l'uomo «costruisce» l'uomo, non c'è posto per Dio.
    L'ateismo di oggi è sinonimo di immanenza nel senso che l'uomo si sceglie gratuitamente le sue certezze e dà un senso alla realtà individuale e sociale indipendentemente da Dio.
    La parola chiave della nostra civiltà è il valore umano: essa definisce lo scoperta e la promozione di tutto ciò che è valorizzabile nell'uomo. In questo contesto sociale una certa educazione cattolica appare in tutta la sua debolezza. La religione è rimasta il più delle volte una religione culturale, vuota dalla parte di Dio e dalla parte dell'uomo. Una religione limitata alla prassi, al costume, svuotata di tutta la carica d'amore e di risposta di fede, incapace di calarsi nella situazione reale storica del mondo.
    L'educazione religiosa, che sia restata libresca e disincarnata, appare sempre più incapace di formare uomini seri, persone autentiche capaci di discernere i valori reali. Per questo ha formato spesso dei mediocri adolescenti che non accettano l'impegno responsabile con Dio e i fratelli riducendo la religione ad una metafisica di parole, ad un comportamento di difesa, ad un culto fatto di segni vuoti.
    La ribellione all'attuale spiritualità cristiana, al suo schema pietista è il frutto di una amara revisione. La generazione giovane non è più ribelle della precedente: è più critica, più revisionista e quindi meno pigra, meno klinacciata dall'ipocrisia. Questa generazione, scrive il Concilio nel suo documento finale indirizzato ai giovani, ha però la forza e la capacità interna di rinnovare la Chiesa.

    Il volto del giovane d'oggi

    I giovani vivono senza ideali in questo mondo che ha l'impressione di costruirsi senza Dio.
    Il dramma dei giovani è il dramma non risolto degli adulti. I veri «bruciati» sono gli adulti, ormai incapaci di superare la loro noia e la tristezza di una vita senza Dio e senza forti ideali.
    I giovani si chiudono perciò nelle «loro» sicurezze e al crollo dei miti della società adulta non offrono altra alternativa che il loro scetticismo. Delineare a grandi tratti la figura del giovane d'oggi significa saper cogliere la tragedia della svalutazione che il giovane sta operando delle nostre strutture (anche di quelle ecclesiali) e l'emergere di un nuovo stile di vita revisionista nei confronti degli adulti e audacemente rivolto ai valori autentici di pienezza umana, anche se per questo deve pagare di persona. Seguendo la divisione suggerita da Paolo De Sandre (Presidente della Jeunesse internationale) in una recente conferenza all'A.C. di Torino al quale ci rifacciamo in alcune acute intuizioni, cercheremo di tratteggiare il volto del giovane d'oggi attraverso quattro profili: quello psicologico, quello culturale, quello strutturale e religioso.

    1. Profilo psicologico del giovane
    Il giovane vive oggi, sotto molti aspetti, in una situazione di notevole frustrazione.
    Da una parte è obbligato ad un prolungamento della fase adolescenziale con il disagio di vedersi in situazione di dipendenza dai genitori e dalla struttura scolastica, dall'altra è capace di una più matura vita interiore e di sviluppo crescente di un vivo senso di responsabilità.
    La crisi psicologica del giovane è tutta qui: in questo assurdo: che si trovi sommerso in una quantità di proposte estremamente varia e stimolante – che sono le ricchezze materiali e culturali ai quali partecipa (confort, informazioni, tempo libero) e le possibilità che gli si aprono per il suo prossimo avvenire – ma con la sensazione costante di non poter fare delle scelte serie e libere.
    Tutto questo crea una sorta di oppressione, di smarrimento e di disgregazione nella struttura intima del giovane che lo spinge in parte ad un rinvio di scelte autonome e impegnate e in parte in misura sempre più preponderante a rifugiarsi fra i coetanei per paura di sentirsi isolato e insicuro.
    Inoltre il fatto di trovarsi in un gruppo affettivo fa evitare al giovane di doversi esporre personalmente e gli permette contemporaneamente di trovare negli amici un compenso al ritmo vertiginoso della vita. Evidentemente questa urgenza di riferimento al gruppo lascia nel giovane un senso nostalgico di bisogno di privatezza e di dialogo che in parte ritrova nell'amore spesso sessuale alla ragazza. Il sesso rimane sovente l'unica privatezza giovanile!
    A questo punto resta una sola alternativa: o il giovane scappa e si mette in salvo ribellandosi alla società, o accetta l'alienazione e la nevrosi.
    Così c'imbattiamo nel grande fenomeno del ribellismo giovanile. Non nel senso, come dicevamo, che i giovani soltanto oggi siano in contrasto aperto con gli adulti: si sono sempre ribellati in ogni epoca. Ma oggi la ribellione giovanile è diventata un fenomeno revisionistico massivo che investe tutti i valori e le strutture della società.
    Non è tanto un assalto alle grandi idealità civili, politiche o religiose perchè queste da un pezzo appaiono carenti di valori di vitalità per i giovani. Quando una ribellione che si manifesta sotto un duplice profilo:
    – contestazione astratta della società senza tuttavia presentare nessun tipo di proposta concreta;
    – gestione autonoma del tempo libero. Il desiderio di sicurezza non può evidentemente esprimere tutti i bisogni del giovane, per questo egli ricerca all'interno di questa sicurezza quelle soddisfazioni vitali che la società 5 organizza in vista di una consumazione massiva.
    Al lavoro impersonale succede, secondo un ritmo sempre più intenso, il tempo libero in comune, marcato da una impressionante eccitazione al con.sumo sportivo, turistico, cinematografico o della canzone.
    Qui il giovane veramente si scatena. Mette in discussione tutti i valori m una ricerca spasmodica che, aldilà della frenesia istintiva, esprime il bisogno di ritrovare se stesso in una piena valutazione di tutte le dimensioni umane.
    Questo ribellismo non è del tutto negativo. Racchiude, secondo gradi diversi di chiarezza, autentiche istanze come l'esperienza della libertà, il dominio di sè, la demiticizzazione, il superamento di tipici tabù sociali, il dialogo e il contatto di vita con altri, ecc.
    Questa situazione colloca il giovane davanti all'opzione capitale della sua esistenza: la sua esperienza e quella dei compagni gli rivela che lo sviluppo reale della vita è basato su valori essenziali autentici (come l'amore personale, la fedeltà, la verità, l'autonomia), valori che non permettono che si possa continuare a barare nella vita.
    Purtroppo molti educatori sono assenti dal dialogo con i giovani. Parlano di spontaneità giovanile, di gruppi spontanei, di ricerca del giovane, ma si ha l'impressione che lo facciano poco seriamente. Quando il giovane si presenta in atteggamenti dissueti o non conformi ai loro modelli culturali non lo accettano, quando addirittura non lo condannano. Si capisce fin troppo chiaramente che queste persone sono abituate a pensare i giovani fuori della storia, in concetti astratti che impedisce loro di coglierli in tutta la loro realtà e di capirli profondamente.
    Pensano e amano il giovane in uno schema sovratemporale e astratto. Quando poi questo amore educativo per i giovani si «storicizza» e si rivolge al giovane concreto, magari al «capellone beat», allora provano uno choc violento. Non sono preparati ad accettarlo così com'è, a capire la sua storia, a condividere il suo travaglio intimo. Le bende sapienti che hanno davanti agli occhi impediscono loro di amarlo sul serio.
    Allora vien da pensare a quel levita e sacerdote della parabola che passando davanti all'uomo concreto ( quello della storia e non delle astrazioni), bisognoso di aiuto, hanno continuato la strada incapaci di leggere la storia e di integrarla al loro ministero profetico.
    L'educatore è un uomo del suo tempo, un uomo che appartiene alla storia.La sua grazia è una grazia di comprensione del suo tempo, della sua comunità; è una grazia che lo obbliga, nel nome di Dio, a fare delle scelte storiche precise.
    Spesso invece certi educatori sono come disertori della vita, o deboli che nascondono dietro l'apparenza di saggezza errori di scelte antistoriche. Di fronte a dei giovani che giustamente brontolano, ma senza una chiara contestazione di valori, l'educatore dovrebbe aver il coraggio e la forza di proporre nuovi contenuti di valore e nuove forme di contestazione costruttiva nella linea di un vero progresso umano.
    Ma questo discorso apre un altro discorso non più sul giovane, ma sull'adulto, sull'educatore, sulla Chiesa che per ora non affrontiamo.

    2. Profilo culturale del giovane
    Mentre da una parte c'è una vera esplosione della popolazione scolastica dovuto al prolungamento dell'istruzione e all'aumento della natalità, dall'altra manca in Italia un istruzione permanente degli adulti.
    Ciò crea un conflitto di cultura tra le generazioni. Gli adulti sono rimasti mentalmente fuori dei nuovi modelli culturali della società contemporanea quali sono offerti e assimilati dai giovani.
    Davanti al nuovo sistema di valori si sono chiusi in se stessi trincerandosi ir una mentalità che non corrisponde più alla presente situazione storica. I giovani accusano i loro educatori di non capire il mondo e si ritirano da essi preferendo il rischio e l'avventura della fuga.
    Di chi la colpa di questa separazione?
    Sono i giovani che hanno abbandonato gli adulti, o sono questi che hanno messo fuori i giovani?
    Tutti e due si sono dati le spalle dimostrando immaturità dialogica. In questo gioco gli adulti hanno perso molto di fronte ai giovani: l'autorità e la fiducia.
    La loro esperienza non rimane più come un criterio di autorità. I giovani diventano sempre più allergici al loro stile educativo di maestri, lontani e astratti. Vogliono sempre meno degli educatori «padre», quanto invece degli educatori «fratello». Adulti cioè che non parlino sempre magisterialmente, ma che sappiano essere testimoni, profeti, luce della marcia del mondo. Che sappiano già prevedere oggi quale sarà la prossima tappa della marcia del popolo di Dio. Vogliono cioè educatori che facciano parte del loro gruppo e servano il gruppo senza pretendere continuamente di tirare il gruppo secondo le proprie norme e obbiettivi, quasi che avessero sempre nelle mani le chiavi d'oro del sapere.
    In questa situazione di crisi i giovani sentono sempre più impellente il bisogno di appoggiarsi a nuovi centri di elaborazione di idee. Questo bisogno li porta a dirigersi verso due settori:
    – in un senso vasto, verso i centri di massa come lo spettacolo e la stampa;

    – verso i centri più piccoli, o i «piccoli gruppi» di riferimento, dove possono incontrarsi e scambiare le proprie idee e vivere i loro valori. Evidentemente non bisogna pensare che questi centri possano risolvere da soli il problema educativo dei giovani. Spesso sono gruppi carenti nel modo più assoluto di mete storiche precise. L'urgenza della presenza del maestro in essi si fa perciò sempre più impellente.
    Sotto il segno dell'educatore, della guida, dell'uomo maturo, i giovani devono ripensare le proposte del Vangelo per farne dei valori autentici per l'azione nel mondo.
    Solo l'uomo maturo, che non ha spento in sè la luce profetica dello Spirito può avviare i giovani al senso critico della storia, alla scoperta e denuncia di quelle ingiustizie che impediscono o ritardano l'avvento del Regno di Dio.
    E urgente che i giovani trovino a portata di mano questi centri generatori di idee, centri che rispondano ai loro appelli di vita e li educhino a riflettere sulla realtà storica che sono impegnati a vivere. Centri o gruppi in
    una parola, capaci di mettere i giovani in relazione piena, con tutti i progetti dell'uomo, non solo capaci di sorridere di indulgenza e compassione alla storia, ma capaci di integrare la Buona Novella di Cristo con quei valori terrestri che l'uomo scopre ed elabora nella sua marcia in avanti.

    3. Profilo strutturale
    La partecipazione al gruppo è però segnata da un nuovo stile di presenza dei giovani che riflette in parte il senso vivo della loro libertà e autonomia. Vi, è cioè la tendenza al superamento delle grandi strutture sociali, quali la patria, le istituzioni, i partiti, i sindacati, i gruppi troppo formali e pianificati su largo raggio.
    Chi ha dimestichezza con i giovani sa quanto siano svogliati e noncuranti per i grandi aggruppamenti formali e siano invece fortemente attratti per i piccoli gruppi fondati sull'amicizia e su valori neutrali che non richiedano grandi discussioni.
    Amano i piccoli gruppi basati sul dialogo reciproco, sul vivere assieme e sulla comunità, più che i gruppi formalizzati dalla ricerca di grandi obbiettivi e ideali astratti.
    «Ciò che diventa vitale per il giovane, scrive A. Van Munster, è di poter vivere in gruppo, in associazioni che non si definiscono più come in altri tempi per l'uniformità e la tradizione, quanto per il fatto essenziale di essere gruppi di vita.
    Oggi uno prova se stesso nel fatto di essere riconosciuto dagli altri, di «essere insieme» agli altri... Si ha bisogno l'uno dell'altro per poter prendere coscienza di se stesso» [3].
    Siamo ben lontani dalla concezione individualista e borghese dell'uomo! Vi è inoltre nei giovani la tendenza a preferire i sistemi di relazione mista come sforzo di ristrutturazione sociale e riscoperta delle differenze specifiche.
    Il tema è tanto interessante che dovrebbe essere ripreso. Ci basti dire brevemente che la nostra cultura ha una visione più chiara del mistero della persona e quindi della relazione uomo-donna secondo il piano di Dio. Perciò la ricerca della mixité nei gruppi giovanili non è solo una evasione erotica, ma il desiderio di ricomporre in modo nuovo il rapporto danneggiato da una visione parziale e moraleggiante.

    4. Profilo religioso
    Schelsky qualifica la gioventù di oggi come «generazione scettica»; essa non crede più nè agli ideali politici, nè agli ideali morali e religiosi, distrutti entrambi dagli scandali di cui fu testimone e vittima.
    C'è nei giovani il rifiuto di una metafisica restata libresca, disincarnata, senza storia; di una spiritualità che soffoca l'uomo in un moralismo stagnante.
    Il giovane sente la vita come un'altra cosa. Per lui la vita è pienezza, valore, audacia, avventura, impegno, responsabilità, costruzione e offerta generosa. La ribellione allo schema pietista è il rigetto del difensivismo dogmatico che trasuda la cultura contemporanea, è il desiderio di capire la simbiosi fra rivelazione e Dio di cui ha parlato Paolo VI all'apertura della IV sessione del Concilio, è il rigetto del fissismo statico rivolto al passato o all'aldilà, ma nel disprezzo del mondo, dove il mondo è visto solo come palestra o occasione per guadagnare meriti.
    L'itinerario di spiritualità giovanile deve condurre alla formazione di una coscienza «unificata», capace di realizzarea sintesi dei valori umani e divini.
    Perciò il giovane d'oggi deve riscoprire nella religione il gusto della creatività innovativa, della responsabilità, del dialogo personale e maturo con Dio e con il mondo in un quadro ricco di offerte e di scelte. Altrimenti la religione si riduce, come lo è purtroppo nella prassi costante di certe educazioni, ad un esame sterile di comportamenti da assumere o di
    - occasioni o di tentazione da evitare.
    Se la religione non è Buona Novella, ossia non è la presentazione della vita, della libertà, della bontà, della pienezza umana e divina che c'è -in Gesù, non è accettata dai giovani.
    Ciò non significa che si debba rinunciare a parlare della Croce. La croce sarà accettata dai giovani nella misura in cui sarà l'esigenza normale della loro ricerca di pienezza e di vita, come legge di progresso e di sviluppo, come qualità di servizio agli altri.
    Non è facile educare i giovani. Non è sufficiente un programma minimalista che non ci impegni profondamente. Bisogna aver molto sofferto per poter amare totalmente i giovani. I giovani attendono oggi questo educatore che ha sofferto.

    NOTE

    [1] Arturo Paoli, Un incontro difficile, Ed. Gribaudi, Torino.
    (2) R. Aron, Les grandes doctrines de sociologie historique, pag. 7, Ed. Cours de la Sorbonne.
    [3] A. Van Munster, Supplément de la Vie Spirituelle, n. 65, maggio 1963.

    L'hai notato?

    La città ha oggi cambiato i suoi valori

    Siamo abituati a partire sempre dalle verità che predichiamo. Il giovane, oggi, è invece nato da ciò che è artificiale, da ciò che porta il marchio delle novità, dell'indipendenza.
    Il giovane riflette meglio se parte dalla sua vita concreta ed è sempre meno atto a capire un messaggio imperativo.
    È sempre più disposto a rigettare una religione che gli sembri in opposizione con ciò che gli è più caro.
    La religione cattolica gli appare sempre più inutile.
    Riflettiamo al problema: non abbiamo forse legato il Messaggio ad una determinata cultura, secondaria?
    I nostri segni, i nostri simboli non sono forse inadatti per farci comprendere?
    Non abbiamo forse confuso l'essenziale della fede con una incarnazione necessaria, ma passeggera? La mentalità urbanistica trasforma la nostra pastorale.
    I valori non sono più trasmessi con la parola: la circolazione delle idee e del linguaggio è uno dei problemi chiave della nostra cultura. Le relazioni tra persona e persona non sono più immediate. Le mentalità e gli atteggiamenti sono formati attraverso trasmissioni collettive. Conosciamo i mezzi di trasmissione sociale? Come li usiamo? Come educhiamo i nostri giovani ad usarli?


    Per aiutarti a conoscere i valori del mondo dei giovani
    ti suggeriamo i seguenti libri

    A. ARDIGÒ
    La condizione giovanile nella società moderna
    Nel secondo volume di «Questioni di sociologia» (due volumi di circa 800 pagine ciascuno), Ed. La Scuola, Brescia.
    1. Un tema rilevante per la cultura contemporanea; 2. Comportamenti giovanili integrati e devianti: la teoria di S. N. Eisenstadt; 3. Gli adolescenti tra la famiglia e l'organizzazione societaria; 4. L'adolescenza come «status» sociale; 5. La gioventù contemporanea secondo recenti ricerche sociologiche in Occidente; 6. Gioventù scettica o entusiasta? Contrastanti profili sociologici e psicopedagogici; 7. La formazione di una cultura propriamente giovanile nelle società non familistiche; 8. Fattori funzionali e fattori disfunzionali alla elaborazione di «youth culture»; 9. Necessità di nuove ricerche orientate. Ipotesi generali conclusive.

    A. ARDIGÒ - P. DE SANDRE
    I giovani nella società che cambia
    GIAC - Documenti n. 12, Roma 1966, pp. 32, L. 100
    I giovani nella società che cambia (A. Ardigò)
    1. Premesse; 2. Schema di interpretazione economico-sociale, industrialismo, urbanesimo ed emancipazione giovanile; 3. Schema di interpretazione in chiave psicologica. L'emancipazione come condizione di crescita in una società di rapida trasformazione; 4. La condizione giovanile sotto il profilo dell'impegno; 5. Privatezza e attivo impegno sociale; 6. Appendice. Fermenti e possibilità di innovazione dei cattolici nel mondo giovanile.
    Appendice: Indicazioni per uno studio della realtà giovanile (P. De Sandre).
    1. Alcuni caratteri fondamentali della società odierna: a) in generale; b) nel settore giovanile; 2. Schema di studio del mondo giovanile: a) aspetti socio-strutturali; b) aspetti socio-culturali; c) aspetti religiosi; 3. Conclusione.

    PIER GIOVANNI GRASSO
    Personalità giovanile in transizione
    Ed. Pas-Verlag, Zurigo, 1964, pagg. 490, L. 4500
    Metodologia della ricerca; La personalità di base a livello di superficie; gli ideali morali; La personalità di base a livello intermedio: gli orientamenti di valore; La personalità di base a livello di profondità: le strutture psichiche e il sistema di ruoli; Indirizzi e orientamenti dell'evoluzione psico-culturale dei nostri soggetti; Sguardo rettrospettivo sulla struttura e sulla dinamica della personalità del nostro gruppo; Conclusioni.

    PRESIDENZA CENTRALE GIAC
    Responsabilità, n. 2, 1966
    Azione pastorale e spiritualità dei laici; GIAC e costruzione di una spiritualità adatta ai giovani; Le fonti e i contenuti di questa spiritualità; Un metodo per maturare questa spiritualità; Verso un itinerario educativo completo.


    T e r z a
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    Competenze trasversali


    L'umano
    nella letteratura


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