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    Le tentazioni

    di Gesù (Lc)

    José Antonio Pagola

    botticelli tentazioni gesu nel deserto
    In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo».
    Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto».
    Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: "Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano"• e anche: "Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra"». Gesù gli rispose: «È stato detto: "Non metterai alla prova il Signore Dio tuo"».
    Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato (Luca 4,1-13).

    Le tentazioni

    I cristiani della prima generazione si interessarono molto In resto alle «tentazioni» di Gesù. Non volevano dimentica! e il tipo di conflitti e lotte che egli dovette superare per mantenersi fedele a Dio. Li aiutava a non allontanarsi dal loro unico compito: costruire un mondo più umano seguendo le sue orme.
    Il racconto è sorprendente. Nel «deserto» si può ascoltare la voce di Dio, ma si può anche sentire l'attrazione di forte oscure che ci allontanano da lui. Il «diavolo» tenta Gesù impiegando la Parola di Dio e appoggiandosi a salmi che si recitano in Israele. Perfino all'interno della religione può nascondersi la tentazione di allontanarci da Dio.
    Nella prima tentazione, Gesù resiste a usare Dio per «far diventare» pane le pietre. Il primo bisogno di una persona è mangiare, ma «non di solo pane vivrà l'uomo». L'anelito dell'essere umano non si appaga alimentandone il corpo. Ha bisogno di molto di più.
    Proprio per questo, per liberare dalla miseria, dalla fame e dalla morte coloro che non hanno pane, dobbiamo risvegliare la fame di giustizia e di amore nella nostra società di egoisti appagati.
    La seconda scena è impressionante. Gesù sta guardando il mondo da un alto monte. Ai suoi piedi gli si presentano «tutti i regni», con i loro conflitti, le loro guerre e ingiustizie. È là che egli vuole instaurare il regno della pace e della giustizia di Dio. Il diavolo, invece, gli offre «il potere e la gloria» se lui gli si sottomette.
    La reazione di Gesù è immediata: «Il Signore, Dio tuo, adorerai». Il mondo non si umanizza con la forza del potere. Non è possibile imporre il potere sugli altri senza servire il diavolo. Coloro che seguono Gesù alla ricerca di gloria e potere, vivono «inginocchiati» davanti al diavolo. Non adorano il vero Dio.
    In ultimo, sull'alto del tempio, il diavolo suggerisce a Gesù di cercare sicurezza in Dio. Potrà vivere tranquillo, «portato sulle sue mani» e camminare senza inciampi e rischi di nessun tipo. Gesù reagisce: «Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».
    È diabolico organizzare la religione come un sistema di credenze e pratiche che danno sicurezza. Non si costruisce un mondo più umano rifugiandosi ciascuno nella propria religione. A volte è necessario assumere impegni rischiosi, confidando in Dio, come ha fatto Gesù.

    Riconoscere le tentazioni

    Le tentazioni sperimentate da Gesù non sono propriamente di ordine morale. Sono motivazioni con cui gli vengono proposti falsi modi di intendere e vivere la sua missione. Per questo, la sua reazione ci serve da modello per il nostro comportamento morale, ma soprattutto ci mette in guardia perché non ci allontaniamo dalla missione che Gesù ha affidato ai suoi discepoli.
    Innanzi tutto, le sue tentazioni ci aiutano a riconoscere con maggiore lucidità e responsabilità quelle che oggi può sperimentare la Chiesa e noi che la formiamo. Come potremo essere una Chiesa fedele a Gesù se non siamo coscienti delle tentazioni più pericolose che ci possono allontanare oggi dal suo progetto e dal suo stile di vita?
    Nella prima tentazione, Gesù rinuncia a utilizzare Dio per «far diventare» pani le pietre, saziando così la sua fame. Non seguirà questa via. Non vivrà cercando il proprio interesse. Non utilizzerà il Padre in modo egoistico. Si nutrirà della Parola viva di Dio. «Moltiplicherà» i pani solo per soddisfare la fame della gente.
    È probabilmente questa la tentazione più grave per noi cristiani dei paesi ricchi: utilizzare la religione per perfezionare il nostro benessere materiale, tranquillizzare le nostre coscienze e svuotare dalla compassione il nostro cristianesimo, vivendo sordi alla voce di Dio, che continua a gridarci: «Dove sono i vostri fratelli?».
    Nella seconda tentazione, Gesù rinuncia a ottenere «potere e gloria» a condizione di sottomettersi, come tutti i potenti, agli abusi, alle menzogne e alle ingiustizie su cui si appoggia il potere ispirato dal «diavolo». Il regno di Dio non lo si impone, ma lo si offre con amore. Egli adorerà solo il Dio dei poveri, dei deboli e degli indifesi.
    In questi tempi di perdita di potere sociale è una tentazione per la Chiesa cercare di recuperare il «potere e la gloria» di altri tempi, anche pretendendo un potere assoluto sulla società. Stiamo perdendo l'opportunità storica di imboccare una via nuova di umile servizio e di accompagnamento fraterno dell'uomo e della donna di oggi, tanto bisognosi di amore e di speranza.
    Nella terza tentazione, Gesù rinuncia a compiere la propria missione ricorrendo al facile successo e all'ostentazione. Non sarà un Messia trionfalistico. Non metterà mai Dio al servizio della propria vanagloria. Starà tra i suoi come colui che serve.
    Nella Chiesa ci sarà sempre la tentazione di cercare il religioso al fine di ottenere reputazione, celebrità e prestigio. Nella sequela di Gesù poche cose sono più ridicole dell'ostentazione e della ricerca di onori. Danneggiano la Chiesa e la svuotano di verità.

    Lucidità e fedeltà

    Non fu facile per Gesù mantenersi fedele alla missione ricevuta dal Padre suo senza allontanarsi dalla sua volontà. I vangeli ricordano la sua lotta interiore e le prove che dovette superare, insieme ai suoi discepoli, nel corso della sua vita.
    I maestri della legge lo incalzavano con domande capziose per sottometterlo all'ordine stabilito, dimenticando lo Spirito che lo spingeva a guarire anche di sabato. I farisei gli chiedevano di smettere di dare sollievo alla sofferenza della gente e di realizzare qualcosa di più spettacolare, «un segno dal cielo» di proporzioni cosmiche, con cui Dio l'avrebbe confermato davanti a tutti.
    Le tentazioni gli venivano anche dai suoi discepoli più amati. Giacomo e Giovanni gli chiedevano di dimenticarsi degli ultimi e di pensare piuttosto a riservare loro i posti di maggiore onore e potere. Pietro lo riprende perché mette a rischio la propria vita e potrebbe finire giustiziato.
    Soffriva Gesù e soffrivano anche i suoi discepoli. Nulla era facile né chiaro. Tutti dovevano cercare la volontà del Padre superando prove e tentazioni di diverso tipo. Poche ore prima di essere catturato dalle forze di sicurezza del tempio, Gesù parla così ai suoi: «Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove» (Luca 22,28).
    L'episodio conosciuto come le «tentazioni di Gesù» è un racconto in cui si raggruppano e riassumono le tentazioni che Gesù dovette superare nel corso della sua vita. Anche se vive mosso dallo Spirito ricevuto nel Giordano, nulla lo esonera dal sentirsi attratto da false forme di messianismo.
    Deve pensare al proprio interesse o ascoltare la volontà del Padre? Deve imporre il suo potere di Messia o mettersi al servizio di coloro che ne hanno bisogno? Deve cercare la propria gloria o manifestare la compassione di Dio verso coloro che soffrono? Deve evitare rischi e sottrarsi alla crocifissione o dedicarsi alla sua missione confidando nel Padre?
    Il racconto delle tentazioni di Gesù fu raccolto nei vangeli per mettere in guardia i suoi seguaci. Dobbiamo essere lucidi. Lo Spirito di Gesù è vivo nella sua Chiesa, ma noi cristiani rischiamo di falsare continuamente la nostra identità cadendo in molteplici tentazioni.
    Per seguire Gesù con fedeltà dobbiamo identificare le tentazioni che subiamo noi cristiani di oggi: la gerarchia e il popolo; i capi religiosi e i fedeli. Una Chiesa che non è cosciente delle sue tentazioni presto comprometterà la sua identità e la sua missione. Non ci sta avvenendo una cosa simile? Non abbiamo bisogno di maggiore lucidità e vigilanza per non cadere nell'infedeltà?

    Trasformare tutto in pane

    È la nostra grande tentazione. Ridurre tutto l'orizzonte della nostra vita alla semplice soddisfazione dei nostri desideri: insistere nel trasformare tutto in pane con cui nutrire i nostri appetiti.
    La nostra maggiore soddisfazione, e a volte quasi l'unica, è digerire e consumare prodotti, articoli, oggetti, spettacoli, libri, televisione. Perfino l'amore è stato frequentemente trasformato in pura soddisfazione sessuale.
    Corriamo la tentazione di cercare il piacere oltre il necessario, perfino a detrimento della vita e della convivenza. Finiamo col lottare per soddisfare i nostri desideri, anche a scapito degli altri, causando tra noi la competitività e la guerra.
    Ci sbagliamo se pensiamo che sia questa la via della liberazione e della vita. Non abbiamo mai sperimentato invece che la ricerca esacerbata del piacere porta alla noia, al fastidio e al vuoto nella vita? Non vediamo che una società che coltiva il consumo e la soddisfazione non fa altro che generare mancanza di solidarietà, irresponsabilità e violenza?
    Questa civiltà, che ci ha «educati» alla ricerca del piacere senza criterio e misura, sta richiedendo un cambio di direzione che ci possa infondere un nuovo stimolo di vita.
    Dobbiamo tornare nel deserto, e là imparare da Gesù, il quale si rifiutò di fare prodigi per pura utilità, capriccio o piacere. Dobbiamo ascoltare la verità racchiusa nelle sue indimenticabili parole: «Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio».
    Non abbiamo bisogno di liberarci dalla nostra avidità, dal nostro egoismo e superficialità, per far nascere in noi l'amore e la generosità? Non abbiamo bisogno di ascoltare Dio, che ci invita a gioire creando solidarietà, amicizia e fraternità?

    Perdere o guadagnare

    Nella vita non tutto consiste nel crescere, progredire o guadagnare. Ci sono molti momenti in cui la persona può conoscere la crisi, la malattia o il fallimento. Allora qualcosa si rompe in noi. Cominciamo a sperimentare la vita come perdita, limite o restrizione. Non siamo più sicuri di nulla. Non c'è più gioia nel nostro cuore. Non siamo più gli stessi.
    Allora possiamo ribellarci e vivere questa esperienza come qualcosa di totalmente negativo che ci danneggia e mutila il nostro essere. Ma possiamo viverla anche come una perdita che ci può condurre a fondare la nostra vita su basi più solide. Gesù parlerà di una potatura necessaria per dare più frutto.
    Se sappiamo agire in modo umile e fiducioso, «perdere» ci può portare a «guadagnare». Dobbiamo cominciare ad accettare la nostra situazione. Non è bene negare quello che ci sta accadendo. È meglio riconoscere i nostri limiti e la nostra fragilità. Sono proprio io questo essere fragile e insicuro, poco abituato a soffrire.
    La crisi ci obbliga a chiederci quali siano le nostre basi: qual è la verità ultima che ci motiva e ispira? Dove fondiamo realmente la nostra vita? C'è una verità abituale che ci mantiene nel quotidiano, ma esiste una verità più profonda che a volte emerge solo nei momenti di crisi e debolezza.
    Noi credenti viviamo questo processo come un'esperienza di salvezza. Qui si trova Dio che risana il nostro essere. Il segno migliore della sua presenza di salvezza è quella gioia umile che poco a poco può nascere in noi. Una gioia che nasce dal centro della persona quando questa si apre a Dio.
    Forse queste esperienze possono aiutarci a comprendere il difficile linguaggio di Gesù, quando, in opposizione a ogni logica di appropriazione e sicurezza, propone il distacco e la perdita come via verso una vita più piena: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» (Matteo 16,25). Il racconto evangelico ci presenta Gesù come l'uomo che, nel momento della tentazione o della crisi, sa «perdere» per «guadagnare» la vita.

    (La via aperta da Gesù - 3. Luca, Borla 2012, pp. 37-42)


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