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    Dai torni in laboratorio

    riempire la vita di Dio

    Matteo Grigoli, Salesiano Coadiutore *

    Grigoli

    Il nome di don Bosco mi è sempre suonato familiare, fin dalla prima infanzia. Sia a casa che all’oratorio ero abituato a vedere appeso sui muri il quadro del suo bel faccione sorridente (quello dipinto da Caffaro Rore), così che il giocare, cantare, scherzare, anche il piangere per qualche sgridata era cosa naturale da farsi sotto il suo sguardo. Ricordo che un giorno, da piccolo, in oratorio una suora FMA mi fece notare una particolarità del quadro: “Vedi? In qualunque punto tu ti metta, sembra sempre che don Bosco abbia lo sguardo rivolto verso di te!”. Non sapevo (e tuttora non so!) come funzionassero le leggi della prospettiva geometrica, ma allora mi parve proprio vero: don Bosco mi guardava sempre!
    Quello sul muro era solo un dipinto, ma don Bosco vegliava veramente su di me attraverso gli sguardi benevoli e accoglienti delle Figlie di Maria Ausiliatrice del mio oratorio e del mio parroco che, pur essendo un prete diocesano, di don Bosco era profondamente innamorato.
    Fu allora che forse per la prima volta mi feci questa domanda: ma perché, caro don Bosco, te la prendi tanto per uno come me? La domanda divenne ancora più pungente quando vidi inscenato in oratorio dagli animatori più grandi l’incontro di don Bosco con Michele Magone. “Carmagnola, stazione di Carmagnola!” – urlava uno per iniziare. E poi don Bosco che si avvicina gagliardo al “generale della ricreazione” per invitarlo da lui a Torino… a quel punto ebbi un’intuizione folgorante: non c’era affatto bisogno di dimostrarsi dei “bravi bambini” agli occhi del buon don Bosco per essere da lui avvicinati, anzi! Non c’era affatto bisogno – lo capii dopo – di mettere in mostra la propria “mercanzia migliore” per diventare amici di don Bosco e per essere contati nel numero dei suoi figli! Era semplicissimo: la domanda “vuoi essere mio amico?” non presupponeva per nulla che io avessi qualcosa da dare in cambio, era semplicemente un dono gratuito!
    Ero solo un ragazzino, ma questa piccola consapevolezza mi segnò indelebilmente. “Vuoi essere mio amico?”: era, quella di don Bosco, la promessa di una vita libera e piena, distante mille miglia – nel suo compimento – dagli angusti compressi del mondo. Una vita che a sua volta poteva addirittura essere donata, ma solo perché era già stata sovrabbondantemente riempita!
    È ciò che ho ritrovato una volta entrato in noviziato, leggendo con il Maestro le nostre Costituzioni:
    In un mondo tentato dall’ateismo e dall’idolatria del piacere, del possesso e del potere, il nostro modo di vivere testimonia, specialmente ai giovani, che Dio esiste e il suo amore può colmare una vita; e che il bisogno di amare, la spinta a possedere e la libertà di decidere della propria esistenza acquistano il loro senso supremo in Cristo salvatore (art. 62).
    “Il nostro modo di vivere”, quello dei voti di povertà, castità e obbedienza, che viene ancor prima della forma propria della missione – sacerdotale o laicale – in cui si specifica la vocazione salesiana di ciascuno.
    Ciò che mi ha conquistato della vita salesiana è stato proprio questo “modo di vivere” che ho visto incarnato in tutti i confratelli, ma specialmente in quelli che, non essendo preti, hanno solo la loro vita e il loro lavoro quotidiano per irradiarne tutto il fascino.
    “Perché non ti fai prete?” è la domanda che mi sento talvolta rivolgere… Il cuore della vocazione di ciascuno resta un mistero, che a parole risulta in fondo incomunicabile. Esiste però il contagio della vita: nella mia storia è stata proprio la disarmante semplicità di chi non dall’altare ma dai torni in laboratorio riempie la sua vita di Dio e la consuma per i giovani a conquistare il cuore di questo imberbe coadiutore.

    * 31 anni, salesiano da 10. Nato e cresciuto a Gallarate (Va), fin da piccolo ha frequentato l’oratorio diocesano della parrocchia e lì ha anche iniziato l’avventura dell’animazione che lo ha portato a conoscere il Movimento Giovanile Salesiano dell'Ispettoria e i Salesiani. Attratto da don Bosco che essi così serenamente testimoniavano e dal clima di famiglia che sapevano generare, dopo la scuola superiore ha iniziato il cammino della Comunità Proposta a Milano, che lo ha portato ad entrare nel Noviziato di Pinerolo. Diventato salesiano l’8 settembre 2005, ha vissuto il cammino ordinario di formazione (due anni di studio di filosofia a Nave e alcuni anni di tirocinio pratico a Sondrio e Treviglio). In questo periodo ha maturato la consapevolezza della vocazione laicale all’interno dell’unica vocazione salesiana. Ha poi proseguito gli studi di filosofia presso l'Università di Roma che sta tuttora portando avanti nella comunità di Nave.


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