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    Unico tra tanti


    Salvatore Ricci

    (NPG 2014-08-2)

    "I giovani sono come gli iceberg, ne vediamo solo una parte".
    Quello che poteva sembrare uno dei tanti teoremi gettati lì, durante uno special TV sul mondo giovanile, è indubbiamente una grande sfida per tutti noi adulti, quasi professionisti nel parlare "sui giovani", ma poco preparati nel parlare "ai giovani".
    Un’innocua provocazione da accogliere come un invito a viaggiare nel profondo dell’animo delle giovani esistenze, evitando di cadere nel facile giudizio sulla massa che offusca l’originalità di ognuno e che rischia di uniformare i desideri, le domande, ma anche le attese e le problematiche.
    Fino a quando vedrò solo “i giovani di oggi”, vedrò solo una moltitudine anonima di persone, e non la bellezza che c’è in ciascuno. Vedrò “i giovani come un problema” senza avere a cuore “il problema del giovane”, perché quando parliamo di folla si annullano i singoli, le loro passioni, con i loro sorrisi e le loro lacrime. Eppure c’è Chi va oltre le medie statistiche e non si ferma a una lettura sommaria della realtà.
    Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: "Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata". E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: "Chi ha toccato le mie vesti?". I suoi discepoli gli dissero: "Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: "Chi mi ha toccato?"". Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: "Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male" (Mc 5,25-34).
    È vero, nelle sue trasferte Gesù è spesso accerchiato da tantissime persone, ma è altrettanto vero che ciascuno di loro si sente cercato e riconosciuto nella sua unicità. Infatti “chi ha toccato le mie vesti?” non è la domanda di un Gesù frastornato dalla folla che lo stringe, ma di un Gesù che cerca “colei che lo ha toccato” perché cerca quella donna, non una donna. Riesce a cogliere il desiderio che c’è in lei di essere guarita dal male che spegne la sua vita. Riesce a vedere al di là della punta dell’ iceberg, entrando con la forza della Sua Misericordia. E così quella donna che tra la folla tocca le vesti del Maestro, diventa colei che viene toccata nel profondo del suo cuore e si sente guarita, consolata, amata.
    Ma lei non è la sola ad essere cercata tra la folla. Infatti, nelle prove della vita, anche tanti giovani si sono sentiti personalmente chiamati perché hanno avuto la forza di riconoscere il proprio male e mettersi alla ricerca di Colui che li attendeva. Sono giovani che dopo tanto vagare e dopo tanta fatica e sofferenza hanno deciso di non lasciarsi schiacciare dal proprio male, ma cercare in quel tocco la forza per fermare quelle perdite che fanno sanguinare la propria esistenza.
    Penso a John e al suo difficile rapporto con i suoi, a causa della sua scelta di vita sacerdotale. Il suo mantello da toccare è sempre stato il tabernacolo. Ore di silenziosa adorazione diventano la sua forza. Quella voce unica che lo chiama per nome è più forte di ogni altra che lo condanna.
    Penso a Lucia e Rosa, due giovani vedove che hanno conosciuto il dolore del distacco per una morte improvvisa. Con fede hanno voluto incrociare lo sguardo del Crocifisso per essere toccati dalla Sua Grazia che permette loro di essere giovani madri coraggiose e capaci di dare speranza ai loro bambini.
    Penso a Michele che tra le lacrime ha sentito di essere amato al di là del proprio peccato, un male diventato una dipendenza e che scoraggiava i suoi buoni propositi. Oggi vive il sacramento della riconciliazione come momento di incontro con la misericordia e una rinnovata fiducia da parte di Dio. Quell’abbraccio incondizionato gli ha permesso di credere di più in se stesso e nella vita.
    Penso ad Angela. Anche se le sue gambe sono incatenate da una malattia invalidante, il suo cuore, a piccoli passi, cerca di ripercorre la strada dove un tempo aveva incontrato il Signore e che, spaventata dalla malattia, aveva perso di vista.
    Penso ad Antonio, a Sebastiano, a Maria. Giovani dal cuore inquieto perché sempre alla ricerca di risposte al di fuori di se stessi, ma che con abbandono si sono affidati al Signore perché li aiuti a colmare quel vuoto interiore e li liberi dal male della paura della scelta.
    Tanti volti, tante storie, tante paure, tante preghiere, tante speranze…tutti accumunati dal desiderio di toccare il suo mantello e dalla certezza di essere amati come unici tra tanti…


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