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    La natura e il silenzio

    Max Picard


     

    I
    Il silenzio della natura ha due significati contrastanti per l'uomo. È incantevole perché lascia presagire il grande silenzio che ha preceduto la parola e da cui ogni cosa nasce. D'altra parte, è opprimente poiché riconduce l'uomo nello stato in cui non aveva ancora la parola, quando non era ancora uomo: è come una minaccia, la minaccia che la parola gli sia tolta e riversata in quel grande silenzio.
    Se l'uomo non fosse nient'altro che un elemento della natura, non sarebbe mai solo, sarebbe sempre connesso a tutte le altre cose mediante il silenzio – ma questa connessione concernerebbe soltanto la componente naturale della sua essenza. Ma l'uomo appunto non è soltanto natura, è anche spirito e lo spirito è solitario se l'uomo si lega alle cose soltanto al livello della natura, lo spirito necessita del legame stabilito con la parola. Solo allora non è più solo vicino alla natura silenziosa: parla pur restando in silenzio, anzi riesce a generare il silenzio con la parola. Questo è il segno dell'origine divina della parola, il fatto che dalla parola possa nascere il suo opposto, il totalmente altro, ossia ciò che non è contenuto nella datità esteriore della parola: l'inatteso, il silenzio.
    Il legame attraverso il silenzio è permanente, quello attraverso la parola è circoscritto all'istante, ma è l'istante della verità che traspare nella parola e, in quanto tale, è l'istante dell'eternità.
    Abbiamo detto che il silenzio della natura è permanente, che è l'aria in cui la natura respira. I movimenti nella natura sono movimenti del silenzio. Il mutare delle stagioni è come il ritmo del silenzio, l'immagine di ogni stagione è ricoperta di silenzio.
    Il silenzio della natura è l'elemento primario, le cose della natura servono soltanto a manifestare il silenzio. Le cose della natura sono immagini del silenzio, rappresentano anzi più il silenzio che se stesse; sono segni indicanti il luogo del silenzio.

    II
    Il primo a esistere fu il silenzio, prima delle cose. Sembra quasi che la foresta sia cresciuta lentamente sulle sue tracce: i rami degli alberi sono come oscure linee che hanno seguito i movimenti del silenzio e le foglie coprono fitte i rami come se fosse il silenzio a voler ricoprire se stesso.
    Un uccello canta nella foresta: non è una voce contro il silenzio, ma è lo sguardo chiaro che l'occhio dello stesso silenzio getta sulla foresta.
    La foresta cresce sempre più perché sempre più cresce il silenzio e più fitte devono cadere le foglie e anche più acuto si fa il canto dell'uccello; il chiaro sguardo del silenzio non riesce più a penetrare la foresta.
    L'ampio dorso della montagna: si offre dolcemente allo sguardo dell'uomo e attende pazientemente che l'uomo lanci una parola. Allora la foresta la raccoglie e la restituisce nell'eco, giacché non ad essa appartiene la parola ma all'uomo.
    Dopo l'eco il silenzio si fa più profondo, ma dove l'eco scivola lungo la montagna, sembra che il dorso della foresta si elevi.
    Fuori, ai margini del bosco, i fiori sono come silenzio scioltosi al sole e che per questo risplende.
    Il lago, accanto, è come un sigillo apposto dal silenzio sulla superficie della terra.
    Dopo, d'un tratto, il lago si trasforma in una piastra cerulea posata sulla terra affinché il silenzio non erompa totalmente dal fondo della terra a ricoprire ogni cosa.
    Due battelli scivolano alle due estremità del lago, lentamente, quasi volessero sorvegliare, osservare.
    Un albero maestoso si erge presso il lago: il suo pesante tronco sembra un palo infisso nella terra contro il silenzio delle profondità ma, ecco, il silenzio si è arrampicato lungo il tronco e la corona dell'albero dispiegandosi gli si inchina dinanzi.
    Stracolme di silenzio sono le cose della natura; stanno dinanzi a noi come recipienti ricolmi di silenzio.
    Il bosco è come un'ampia diga del silenzio, dal quale il silenzio stilla lentamente attraverso l'aria, e l'aria si fa limpida di silenzio.
    La montagna, il lago, i campi, e il cielo, tutti sembrano attendere un segnale per riversare il silenzio di cui abbondano sulle cose rumoreggianti nelle città degli uomini.
    Un uccello vola da un lato all'altro della valle ed è come se attraverso il suo corpo il silenzio fosse gettato per lo spazio come in una palla e la voce dell'uccello altro non fosse che il suono generato dalla palla che fende l'aria; dopo ogni nota dell'uccello il silenzio s'impone più netto.
    In questa attesa il silenzio cresce nelle cose, le cose sembrano sprofondare nel silenzio, e diventano i bordi del silenzio, proprio come lo sono i paesini sulle chine delle montagne ticinesi: sprofondati nel silenzio, come battelli che riposano sul fondale del silenzio e le nuvole sovrastanti sembrano pesci che si sono scontrati con quei mostri di navi del silenzio e tengono ora le distanze.
    Ma gli uomini che lentamente si muovono attraverso questi villaggi sono come sommozzatori che nei fondali marini del silenzio vanno a prendere perduti tesori del silenzio.
    Capita che taluno entri in uno di questi paeselli parlando e ne riparta tutto pieno di silenzio.

    III
    All'inizio della primavera, dal silenzio le cose ritornano più a se stesse.
    In primavera, quando le foglie siedono timidamente sui rami come farfalle e l'azzurro del cielo s'insinua tra i rami al punto che le foglie paiono tremolare più in questo azzurro che non tra i rami, l'albero appartiene più al cielo e quindi più a se stesso che non al silenzio.
    Un capriolo balza tra due alberi e la macchia chiara sul suo pelo è come un suono che attraversa il silenzio.
    Ma d'un tratto ecco apparire la luna: la sua falce è come una fessura dalla quale il silenzio goccia sulla foresta ricoprendo ogni cosa.
    Nell'afa del meriggio estivo il silenzio irrompe nello spazio e persino il tempo pare sospendere il suo corso, come impietrito da tale irruzione.
    La volta del cielo si espande verso l'alto, e il cielo sembra essere ora soltanto il bordo superiore del silenzio.
    Dal canto suo, la terra è sprofondata e si scorge soltanto il suo bordo, il bordo inferiore del silenzio.
    La montagna, gli alberi, le case disseminate qua e là sono come le ultime cose non ancora assorbite nello spazio del meridiano silenzio. Il silenzio sembra calmo, come rappreso, e sembra che anche queste ultime cose debbano poi scomparire nel silenzio non appena questo si muova.
    Un uccello si alza lentamente in volo e i suoi movimenti sono come oscuri segni con i quali uno sconosciuto possa scongiurare il silenzio di rimanere tranquillo; come se altrimenti, nel prossimo istante, il silenzio dovesse aprirsi e assorbire tutto dentro sé.
    Non l'oscurità, bensì la luce pertiene al silenzio.
    Mai è così evidente come nei meriggi estivi, quando il silenzio si tramuta completamente in luce.
    Il silenzio sembra allora interamente scoperto e la luce appare proprio come l'interno del silenzio.
    Qui, in questi meriggi, nulla ricopre più il silenzio e la luce, il suo interno, se ne sta nuda, nulla si muove e nulla osa muoversi.
    La luce sembra qui a tal punto come l'essenza del silenzio che la parola non pare affatto necessaria. Ecco che d'un tratto la luce s'è fatta realizzazione del silenzio.

    Potrebbe effettivamente accadere che la luce interiore fuoriesca una volta da noi, in modo da rendere tutt'altra luce superflua (Goethe [1]).

    Nella notte il silenzio s'avvicina maggiormente alla terra, la terra è impregnata di silenzio al punto che questo sembra trasudare dal suolo.
    Con il silenzio della notte le parole del giorno si sono sciolte, sono tramontate.
    Improvvisamente un uccello inizia a cantare nella notte: il suo canto è come il resto dei suoni della giornata che, timorosi, si stringono l'uno all'altro, si abbracciano nel canto e nel canto si nascondono. Una barca scivola sul lago e lo sciabordìo dei remi sembra il bussare alla parete del silenzio.
    Tutto in alto si protendono gli alberi nella notte, come se lungo i loro fusti innalzassero qualcosa per offrirlo al silenzio. E il mattino seguente stanno ancora più ritti che la sera prima.
    Estranee a se stesse e d'un tratto estranee al luogo in cui si trovano, stanno le cose nella notte, come se durante il giorno non fossero state qui, ma fossero state posate proprio ora nella notte dal silenzio, senza accorgersene; trasportate dal silenzio su una nave, segretamente. Come Ulisse fu portato a Itaca e sbarcato a riva accanto ai suol tesori [2], così il silenzio, di nascosto, porta le cose nella notte. 

    IV
    A volte sembra che il silenzio della natura si ribelli e voglia penetrare nella parola umana.
    Il vento sibila e con il suo sibilo s'insinua ovunque, come se cercasse la parola e volesse strapparla dalla bocca all'uomo che parla: la parola scompare nel sibilo del vento.
    Vi è ora paura nella natura, paura che il silenzio l'abbandoni e nasca qualcosa d'altro.
    Nella tempesta il silenzio è soffocato, ma riemerge con impeto nel lampo che senza tuono traversa la foresta.
    Negli alberi piegati dal vento regna paura, l'angoscia della creatura dinanzi alla metamorfosi.
    D'un tratto però tutto si fa tranquillo: nella furia del vento ogni suono è stato spazzato via.
    Il mare spumeggia; sembra volersi squarciare, volersi scoperchiare con l'impennarsi delle sue onde.
    Ma improvvisamente rientra in se stesso, come se nel suo profondo avesse trovato ciò che andava cercando e d'un sol colpo l'abisso è ricoperto della propria quiete.
    La notte, i tenui raggi della luna si calano come reti in queste profondità. E ora quando il mare sprofonda in se stesso attraverso il silenzio che lo ricopre, sembra che insieme alla voce del mare vi sia sprofondato ogni suono umano, al punto che l'uomo chiama angosciosamente se stesso.
    Il fuoco: quando per un istante la fiamma cessa di crepitare e ritorna violentemente al suolo sembra che il fuoco voglia riprendersi qualcosa e allora per un istante la fiamma si placa, ma ecco che riprende a slanciarsi in alto bruciando, più violentemente e più disperatamente di prima.

    V
    Quando il silenzio nella natura è così intenso da far credere che le cose siano soltanto sue condensazioni ancor più fitte, allora sembra che anche l'uomo cessi di possedere la parola e questa diventi soltanto una sorta di strappo nel silenzio.

    Esiste un altro angolo della Terra in cui il silenzio sia più perfetto? Qui, nel paese degli eschimesi, non c'è spirar dí vento tra le fronde, poiché non c'è fogliame. Né squittire d'uccelli. Non si ode sussurro di acque correnti. Non c'è animale che per paura fugga nell'oscurità. Né pietra che si muova sotto il piede dell'uomo e precipiti da una sponda, poiché tutte queste pietre sono cementate dal ghiaccio e nascoste sotto la neve. Eppure questo non è un mondo morto: gli esseri che abitano in queste solitudini sono soltanto muti e invisibili. Passo passo cominciò quella pace che era diventata tanto solitaria e mi placava e aveva giovato ai miei nervi consunti come se mi avesse sgravato d'un peso di piombo. La fiamma vitale si ritirava in noi in un angolo sempre più riposto, i battiti del nostro cuore si facevano sempre più lenti. Sarebbe venuto il giorno in cui avremmo dovuto scuoterci, perché il battito del cuore non si fermasse. Eravamo sprofondati in questo silenzio, irrigiditi in esso, eravamo in fondo a un pozzo dal quale riuscimmo a sollevarci solo con inimmaginabili difficoltà (Gontran de Poncins, Kabluna [3]).

    Qui l'uomo trema all'idea di essere egli stesso dissolto in questo silenzio e di divenire nient'altro che una parte del silenzio della natura. Le parole sono come cresciute nell'angoscia e gettate come ampie ombre sulla parete del silenzio che avanza, le parole sono come le ultime forme di scongiuro per trattenere la parete del silenzio e impedirle di avvicinarsi ulteriormente.
    Il silenzio della natura incalza l'uomo. Lo spirito umano è come un cielo che sovrasta l'ampia distesa di questo silenzio. Lo spirito rende il silenzio della natura parte del mondo umano, redime il silenzio, che è pura e semplice natura, e lo unisce al silenzio dal quale sorge la parola e in cui permane una traccia del silenzio divino.

     

    NOTE

    [1] Goethe, Wahlverwandtschaften, 3.
    [2] Cf. Odissea, libro XIII, vv. 134-137: «Ma costoro [i feaci], guidandolo in mare assopito nella nave veloce, lo sbarcarono a Itaca, gli diedero doni infiniti, bronzo e oro in gran copia, e vesti intessute: molti doni, quanti Odisseo non ne avrebbe portati da Troia» (trad. di G.A. Previtera, cit.).
    [3] Gontran de Poncins, aristocratico ed esploratore. Nell'opera Kabluna riferisce del suo viaggio di 15 mesi (1938-1939) tra gli Inuit nel circolo polare artico.

     

    FONTE:
    Max Picard
    IL MONDO DEL SILENZIO
    Servitium 2014
    (pp. 123-129)


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