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    Incontrare Gesù Cristo. Un dossier di NPG 1977: il progetto



    (NPG 1977-01)


    Obiettivo dell'educazione dei giovani alla fede è «l'integrazione tra fede e vita». L'integrazione tra fede e vita non è un dato culturale, che investe solo la sfera conoscitiva. È, invece, un fatto esistenziale, che coglie tutta la persona.
    Essa si realizza solo quando avviene un reale confronto tra le domande che la vita pone e le risposte che la fede offre, in un clima di profonda disponibilità e di capacità di accoglienza.
    L'integrazione tra fede e vita richiede perciò la scoperta personale di Gesù Cristo, l'incontro sconvolgente e radicale con lui.
    Il segno di Dio nel mondo, che solo rende univoci e certi tutti gli altri segni, per i cristiani è Gesù Cristo. Egli è il segno e il testimone della fede.
    Da lui deve partire ogni fondazione della fede. Con lui sta o cade la fede cristiana. L'incontro con Gesù Cristo è quindi l'obiettivo normativo di ogni azione pastorale e, nello stesso tempo, condizione indispensabile per il raggiungimento di quella reale integrazione tra fede e vita che è la misura dell'autenticità della vita cristiana.
    Integrazione tra fede e vita e incontro personale con Gesù Cristo si richiamano reciprocamente.
    Cosa significa, nel concreto del nostro oggi, «incontrare Gesù Cristo»?

    FATTI

    «Cristo per me è il mio prossimo. Sento la sua voce di fronte a qualsiasi spettacolo di miseria umana che si offre continuamente.
    Cristo rappresenta un'alternativa alla mia vita troppo comoda, spesso egoisticamente indifferente alle sofferenze degli altri». Così scrive alla rivista «Dimensioni Nuove» Silvia, una ragazza di Cuneo.
    Basta una testimonianza come questa per introdurci al tema che vogliamo affrontare e cioè l'interrogativo che come educatori cristiani spesso ci poniamo ascoltando i giovani che parlano di Gesù Cristo: fino a che punto la «fede» di Silvia e quella dei giovani in genere afferra l'identità di Gesù che noi annunciamo continuamente nella catechesi e nella liturgia e come mai riscontriamo, normalmente, tanta distanza tra il Cristo che non predichiamo ed il Cristo che i giovani, anche quelli dei nostri gruppi, professano? L'impressione della distanza tra il Cristo della catechesi e più in genere della teologia è abbastanza diffusa. Basta ascoltare i giovani per rendersene conto. Ciò che è invece più complesso è analizzare a fondo il pensiero dei giovani su Gesù Cristo. Cosa pensano effettivamente i giovani di Gesù? Chi è Gesù secondo loro?
    È l'interrogativo che ci poniamo e a cui tentiamo una risposta di tipo descrittivo, offrendo dei «documenti» provocatori. Per sollecitare la comprensione critica dell'educatore, offriamo anche alcune chiavi interpretative, in termini problematici. Non intendiamo affrontare la crisi o meno di fede nei giovani e le cause che la possono determinare ma soltanto puntualizzare l'immagine corrente di Gesù tra i giovani.

    PROSPETTIVE

    Ci siamo scontrati con molti e differenti approcci. Certo, bisogna affermare che nessuno schema è tale da poter monopolizzare l'incontro con Gesù Cristo. La ricchezza di novità e di salvezza che promana dalla sua Persona, vanifica alla radice ogni tentativo di comprensione, che pretenda di essere totale od esclusivo.
    Ma, in questa pluralità di approcci, non tutti possono presumere di tradurre la verità del Signore Gesù. Perché Gesù Cristo non è un nome-cognome, ma una confessione, nella quale si attesta che Gesù è il Cristo.
    In questa parte del DOSSIER vogliamo delineare un quadro di riferimento, capace di superare lo spontaneismo delle intuizioni o l'astrattezza dei principi. Solo così possiamo comprendere, in termini pastorali, cosa significhi operativamente «incontrare Gesù Cristo».
    Tracciamo un itinerario ideale, sottolineando le tappe che ci sembrano normative.
    L'incontro con Gesù Cristo è diverso da tutti gli altri incontri umani.
    Esso, infatti, non è mai immediato, ma deve passare attraverso lo «svuotamento» delle mediazioni. Anche l'umanità storica di Gesù di Nazareth era «mediazione» per incontrare l'evento di salvezza del Padre. È inutile ricordare che le mediazioni che noi possediamo (la comunità ecclesiale, i sacramenti, il fratello, la parola di Dio acculturata...) sono molto meno trasparenti dell'umanità di Gesù.
    Un secondo motivo di diversità è determinato dal fatto che l'incontro non si conclude alla persona incontrata, ma deve produrre una novità di esistenza, fino a far propria la causa di Gesù Cristo.
    Dalla diversità nasce la necessità di cercare le modalità concrete che assicurino un «vero» incontro con Gesù Cristo.
    Nel nostro DOSSIER suggeriamo quattro modalità-tappe. Alcuni elementi sono sviluppati attraverso contributi di studio. Altri riprendono temi già trattati.
    Nella rubrica PER L'AZIONE approfondiamo queste quattro tappe, indicando un itinerario pastorale globale.

    1. Cogliere la dimensione religiosa delle esperienze fondamentali della vita
    Il primo passo obbligato, del percorso per incontrare Gesù Cristo, consiste nella scoperta degli interrogativi religiosi presenti nelle esperienze fondamentali dell'uomo.
    Molte volte, sulle pagine della rivista, abbiamo analizzato il procedimento metodologico che permette di passare dalla dimensione superficiale a quella profonda, nelle esperienze quotidiane. Il prossimo DOSSIER sarà tutto sul tema dell'esperienza come luogo d'incontro con Dio.
    Dobbiamo però fare alcune importanti precisazioni, per evitare equivoci. Cristo non è la punta più profonda, il segno terminale, delle domande che l'uomo si pone sul senso della propria vita. La sua attesa non coincide con gli interrogativi umani più veri. Tra queste domande e la proposta di Cristo c'è continuità di significato, nel senso che Cristo è risposta a questi interrogativi. Ma c'è contemporaneamente un salto di prospettiva, nel senso che Cristo è fondamentalmente «proposta», dono gratuito del Padre all'uomo.
    Non basta comprendere a fondo la propria esistenza storica, per incontrare Cristo. Dalla vita non emergono domande che permettano di costruire autonomamente il volto di Cristo. Per questo è necessario sempre l'annuncio. Perché solo annunciando un dono che ci supera, possiamo parlare di Gesù Cristo. L'annuncio cade in un terreno disponibile, capace di dare frutto, solo se la vita quotidiana si fa domanda, attesa, ricerca di questo dono.
    Pone problemi esistenziali, a cui la fede può offrire risposte trascendenti.
    Gli interrogativi sul senso della vita sono interrogativi umani, vissuti all'interno di un orizzonte umano-storico. Ma sono nello stesso tempo interrogativi religiosi, perché coinvolgono quelle profondità del progetto di sé che interpellano le dimensioni religiose che segnano ogni esistenza umana autentica. A queste domande religiose, Cristo può essere risposta affascinante e significativa, se donata mediante un annuncio. Incontrare Gesù Cristo comporta perciò la rilettura in profondità, e quindi in chiave religiosa, della propria esistenza quotidiana. E cioè comporta la capacità di farsi attento al proprio quotidiano: un'attenzione alle domande di senso che questo quotidiano sempre pone, e un'attenzione alla dimensione religiosa presente in queste domande.

    2. Confessare che Gesù è il Cristo
    Alle domande religiose che emergono dalle esperienze quotidiane la risposta della fede è la persona di Gesù Cristo.
    La vita, infatti, trova nella fede il suo significato definitivo e normativo, solo quando la persona pronuncia la sua decisione per Gesù Cristo. Quale Gesù Cristo?
    Gesù non è uno sconosciuto. Trasmissioni radiofoniche, opere teatrali, movimenti spontanei di giovani, contestazioni politiche, teologie legate al nostro mondo moderno e profano parlano di lui. E questo il Gesù che Pietro proclama nel giorno della Pentecoste: «Sappia con certezza tutta la casa d'Israele: questo Gesù che voi avete crocifisso, Dio l'ha fatto Signore e Cristo» (At 2,36)? Come presentare Gesù Cristo, perché l'incontro con lui sia veramente confessione dell'evento di salvezza che il Padre ci dona?
    A questo problema, pregiudiziale a tutto il processo pastorale, risponde l'articolo di A. Amato, suggerendo una sintesi molto stimolante delle posizioni cristologiche attuali.

    3. La «sequela Christi» come novità di vita
    L'incontro vivo con Gesù Cristo deve far emergere nel credente il vero «uomo nuovo». La novità di vita è il segno concreto della «sequela Christi». Si tratta, infatti, di un incontro vitale, da persona a persona, che cambia dall'interno, per cui, secondo San Paolo, Cristo diviene la vita del suo amico.
    In tale comunione di vita Cristo è non solo il prototipo, ma la sorgente, il significato e la norma dell'essere uomo-nuovo nella storia.
    Gesù Cristo, infatti, fa nuovo l'uomo mediante il dono del suo Spirito, «che configura il cristiano a Gesù Cristo ed è la vera e suprema legge della condotta morale. Gesù ci comunica lo Spirito Santo per operare in noi con tutta la sua potenza e vita; e lo Spirito Santo si incarica incessantemente di farci appartenere a Cristo, di conformarci a lui, di renderci un solo spirito con lui» (RdC 94).
    In questa conversione permanente è in gioco l'originalità stessa del messaggio cristiano: le esigenze della fede conducono ad affermare la radicalità" del «rinnovamento del cuore», per creare l'uomo nuovo.
    I giovani sono particolarmente sensibili alla novità di vita. In questo tempo di grandi cambiamenti, sta nascendo un uomo nuovo, segnato da una reale crescita in umanità.
    Ma questo non è ancora l'uomo nuovo che è il Cristo e che ogni cristiano è chiamato a diventare. Se questo progetto d'uomo, frutto dei tempi nuovi, non è fatto rinascere in Cristo, può diventare tanto sfigurato, come l'uomo superstizioso, minorenne e individualista del passato.
    Il vero uomo nasce nell'incontro di fede con Gesù Cristo.
    Il primo aspetto di questa novità da sottolineare è quello della accettazione di sé. «Nella fede cristiana l'uomo scopre la sua umanità nel fatto di essere già amato da Dio nonostante la sua inumanità, di essere già chiamato alla somiglianza con Dio nonostante i suoi errori... L'uomo può accettarsi nonostante tutti gli aspetti insopportabili che ci sono in lui, poiché è già accettato da Dio. Egli può rimanere fedele alla terra nonostaante Auschwitz, Hiroshima e i figli del talidomide...» (Moltmann).
    Il cristiano, «sa di essere nelle mani di Dio», sa che la salvezza è anzitutto «dono», giustizia di Dio.
    «Se l'uomo lascia cadere la preoccupazione di salvarsi e si affida a Dio, allora sfugge alla disumana oppressione delle prestazioni e della angoscia della vita. Per questo la gioia è un dono essenziale dell'avvento del regno di Dio. L'essere salvo dell'uomo è alla fine possibile solo se l'uomo è affrancato da fini intrastorici ed è fondato sulla definitiva esenzione da fini da raggiungere. Per questo il manifestarsi della divinità di Dio ed il dono della umanità dell'uomo sono le due facce di un unico evento. Il regno di Dio significa che Dio fa sì che il suo affare sia affare dell'uomo e l'affare dell'uomo sia suo affare» (W. Kasper).
    Il secondo aspetto della novità che Cristo offre all'uomo è uno stile di progettazione di sé fondato su una logica diversa da quella che l'uomo è capace di costruirsi.
    Una logica fondata sulla croce è che si esprime anzitutto nella capacità di perdonare.
    «La parola perdono rischia di introdurre delle immagini che ne snaturano il significato e che limitano il gesto di Gesù. Con il termine, infatti, non si intende né la dimenticanza, né l'indifferenza, né l'ingenuità...
    E un gesto di lucidità: colui che perdona ritiene che chi gli fa del male è meno uomo di colui che lo subisce. Il suo gesto ha come finalità di spezzare l'incantesimo del male, di far saltare la chiusura verso se stesso di chi fa il male, di rompere questo cerchio magico in cui nessuna comunicatività reale è possibile. E un gesto rischioso fondato sulla speranza che la bontà, aprendo all'operatore del male uno spazio diverso dalla propria logica, lo introduca in una scelta meno inumana. Il perdono è un gesto di libertà» (Ducqoc).
    Perdonati da Gesù, riconciliati tra noi e con il Padre, i cristiani diventano uomini di riconciliazione. In un mondo sopraffatto dalla logica dell'odio, alla disperata ricerca di una inversione di tendenze, essi testimoniano che l'uomo nuovo si costruisce solo sapendo perdonare.
    Non è possibile determinare i comportamenti concreti, anche perché dagli atteggiamenti di Gesù non si può derivare un programma sociale, culturale, sessuale. La logica del perdono-riconciliazione conduce alla scoperta della legge dell'amore, come norma fondamentale dell'agire, la sola grande esigenza concreta che può abbracciare senza limiti tutta la vita dell'uomo e applicarsi nello stesso tempo in maniera esatta ad ogni caso particolare.
    Ci aiuta ad approfondire questi temi la parte conclusiva dell'articolo di G. Gozzelino.

    4. Identificarsi con il progetto di Gesù Cristo
    Gesù, nella sua pasqua, ha inaugurato i tempi nuovi, i tempi della salvezza. Egli ha annunciato questo dono-evento, ricordando che il Regno di Dio è vicino, è tra noi.
    Il Regno di Dio è la «causa» di Gesù: il centro del suo messaggio e il contenuto proprio della sua esistenza.
    Incontrare Gesù Cristo significa condividere profondamente l'ansia di Gesù per il Regno, fino ad identificarsi con la missione di annunciarne la «venuta» a tutti gli uomini. In questa missione sta la specificità del cristiano, di colui che ha incontrato in verità Gesù Cristo.
    La salvezza di Gesù Cristo raggiunge ogni uomo. Il cristiano possiede la consapevolezza di questo dono: una consapevolezza che non è sapere una notizia, ma viverla. Da questa nasce la missione di annunciare al mondo che l'uomo e la storia hanno senso, per la morte e risurrezione di Gesù: annunciare il Regno di Dio, vivere per realizzare, nella storia, questo Regno.
    I problemi sono molti: vanno dalla comprensione di cosa sia in definitiva il «Regno» alle modalità concrete con cui esso si realizza nella storia, verso i tempi dei cieli nuovi e della nuova terra.
    Sono interrogativi importanti. Dalla loro soluzione nasce la concretezza dell'incontro di Gesù Cristo e l'esperienza della comunità ecclesiale. L'argomento è affrontato, in modo molto stimolante, dallo studio di G. Gozzelino.
    Abbiamo sottolineato le tappe che segnano, nel nostro progetto, l'incontro con Gesù Cristo.
    Il lettore attento ha facilmente avvertito che la proposta riprende in sintesi un itinerario di educazione alla fede.
    Tutto quello che, in questi anni, abbiamo scritto sulla rivista corrisponde ad una proposta globale di incontro dei giovani d'oggi con Gesù Cristo.
    I testi espliciti, come questo DOSSIER, sono quasi l'espressione riflessa di quanto ha percorso le pagine della rivista.
    Il nostro progetto pastorale procede in modo induttivo e con continuo riferimento al concreto vissuto: dalla vita alla sua ricomprensione radicale nella fede,
    per una novità di vita. Il dono della fede e della salvezza illumina di un significato, definitivo e normativo, l'attesa di senso che l'esperienza quotidiana lancia. Incontrare Cristo significa aprirsi alla sua ricerca, accettare gioiosamente la proposta che il Padre in lui fa agli uomini, ricomprendersi e vivere nella novità che fiorisce dalla decisione di lasciarsi salvare da Cristo.
    In questa prospettiva, Cristo è la verità dell'uomo, tanto da poter concludere: «Chiunque segue Cristo, l'Uomo perfetto, si fa lui pure più uomo» (GS 44) «L'uomo deve dar ragione ai segni che lo incoraggiano ad aver fiducia nella sua grandezza o a quelli che lo spingono alla disperazione?
    Ciò che convince nella figura e nel messaggio di Gesù è il fatto che essi danno ragione ad entrambi i fenomeni. Gesù addita la grandezza dell'uomo; gli rivela la sua vocazione e la sua missione. Ma gli mostra anche la sua miseria gli mostra che è incapace di corrispondere alla sua grandezza.
    Attraverso il riconoscimento della miseria lo preserva dall'orgoglio; attraverso il riconoscimento della grandezza lo preserva dalla disperazione. Così in Gesù Cristo ci è dischiusa la vera umanità dell'uomo» (W. Kasper). Seguendo questo itinerario, crediamo alla possibilità di un reale incontro con Gesù Cristo, capace di fondare un'autentica integrazione tra fede e vita.

    PER L'AZIONE

    Vogliamo delineare un itinerario di educazione alla fede, per gruppi giovanili, incentrato sull'incontro con Gesù Cristo.
    Ci muoviamo tenendo conto di due dati: le modalità per incontrare Gesù Cristo e la situazione dei giovani e gruppi giovanili oggi.

    1. Come incontrare Gesù Cristo
    La parte precedente (PROSPETTIVE) ha delineato quattro movenze fondamentali, come punto di riferimento di ogni incontro con Gesù Cristo (cogliere la dimensione religiosa delle esperienze fondamentali della vita; confessare che Gesù è il Cristo; la- «sequela Christi» come novità di vita; identificarsi con il progetto di Gesù Cristo). Questa proposta forma il quadro teologico normativo. Ci muoviamo all'interno di questo orizzonte. Esso forma l'obiettivo della proposta. E, dal momento che per nessuno di noi l'incontro con Gesù Cristo incomincia oggi, il processo di verifica del nostro cammino.

    2. Le situazioni giovanili «tipo»
    Il quadro pastorale, invece, è determinato da alcune situazioni-tipo in cui possono trovarsi i gruppi giovanili nel loro cammino. Esse sono le seguenti:
    - il gruppo non si è mai posto direttamente il problema della fede e ora sente il bisogno di affrontarlo;
    - il gruppo ammetteva di essere «ecclesiale», ma improvvisamente prende atto che la sua identità cristiana è un fatto tutt'altro che scontato e si interroga su che voglia dire condividere la fede che Cristo è risorto;
    - il gruppo credeva di vivere il suo cristianesimo in modo autentico ma improvvisamente deve ammettere che certe dimensioni del cristianesimo erano state messe in ombra e si interroga sui criteri con cui verificare la sua maturità cristiana;
    - il gruppo entra in una nuova fase della sua vita e sente il bisogno di fondare in modo nuovo la sua dimensione ecclesiale.
    Da queste o simili situazioni, nascono grossi interrogativi: quando il gruppo può dirsi cristiano? su quali parametri misurare la propria identità cristiana: cosa vuol dire «incontrare Gesù Cristo», fondamento della fede cristiana? cosa cambia nella vita personale e di gruppo, per aver incontrato Gesù Cristo? Tenendo presente queste situazioni, nel quadro teologico che abbiamo definito è stato elaborato, a grandi linee, un itinerario per «incontrare Gesù Cristo A.
    Può servire per verificare la maturità di fede del gruppo o per affrontare, con una certa serietà, i problemi e l'esperienza della fede.
    Sono suggerite dieci tappe: esse hanno un certo ordine interno, che occorre rispettare per un lavoro organico.
    Di ogni tappa viene definito l'obiettivo, alcune linee di sviluppo (si determina cioè il riferimento teologico e pastorale) e il suggerimento di interventi operativi, citando anche libri per approfondire le tematiche (libri reperibili, facili e accessibili).
    Tutto questo serve soprattutto per avviare il lavoro dell'animatore.
    Egli dovrà poi interrogarsi sugli strumenti concreti da usare per fare il cammino con tutto il gruppo.
    L'itinerario è pensato come traccia di programmazione di un anno di lavoro o come pista di riflessione in un periodo di intensa esperienza di fede (la quaresima, un campo-scuola...).


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