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    Il «Gesù dei giovani»: Testimonianze e problemi



    (NPG 1977-1-17)


    Cosa pensano i giovani d'oggi di Gesù? Come progettano l'incontro con lui? Per rispondere a queste domande, presentiamo tre documenti: alcuni testi di canzoni diffuse tra i giovani e che hanno come soggetto Gesù; una serie di lettere indirizzate alla rivista DIMENSIONI NUOVE; una breve batteria di risposte registrate tra giovani scelti a caso.
    Non si tratta di un campione rappresentativo. I risultati, quindi, non hanno nessuna pretesa di universalità, E una testimonianza, che può confermare o confrontare la percezione che quotidianamente abbiamo, nel contatto personale con i giovani.


    IL GESÙ CANTATO DAI GIOVANI

    Gesù come soggetto di canzoni riscuote in questi anni molto favore tra i giovani: basta pensare al successo di spettacoli musicali e cinema come «Godspell» di Greene, «Jesus Christ Superstar» di Rice e Jewison, «Caino e Abele» di Tony Cucchiara, «Tommy» di Townshend e Ken Russel.
    A questa produzione musicale è da aggiungere quella più «ecclesiale» di Giombini, Machetta, ecc., che si canta nei gruppi giovanili e specialmente nella liturgia. Per presentare dei testi che rispecchino con più verosimiglianza ciò che pensano i giovani di Gesù ci sembra che sia opportuno riferirci ai testi «laici», sia perché più conosciuti sia perché visti con molta simpatia anche dai giovani dei nostri gruppi.
    Incominciamo con una canzone di Fabrizio De Andrè che ha pubblicato un intero long playing «La buona novella», su Gesù Cristo, attingendo molti spunti ai vangeli apocrifi.

    Laudate Dominum - Laudate hominem

    Gli umili, gli straccioni:
    Il potere che cercava il nostro umore mentre uccideva
    nel nome d'un dio, nel nome d'un dio uccideva un uomo: nel nome di quel dio si assolse.
    Poi chiamò dio
    poi chiamò dio quell'uomo
    e nel suo nome altri uomini
    altri uomini
    uccise.
    Non voglio pensarti figlio di Dio
    ma figlio dell'uomo, fratello anche mio.
    Ancora una volta abbracciamo
    la fede
    che insegna ad avere, ad avere il diritto
    al perdono
    sul male commesso nel nome d'un dio che il male non volle, il male non volle,
    finché
    restò uomo,
    uomo.
    Non posso pensarti figlio di Dio
    ma figlio dell'uomo, fratello anche mio.
    Qualcuno, qualcuno tentò di imitarlo;
    se non ci riuscì
    fu scusato anche lui, perdonato, perché non si imita,
    imita un Dio,
    un Dio va temuto e lodato
    lodato...
    No, non devo pensarti figlio di Dio
    ma figlio dell'uomo, fratello anche mio.
    Gesù «fratello» dell'uomo: la riscoperta dell'uomo Gesù è una dei fili conduttori più robusti del cosiddetto «ritorno» di Gesù.
    Di Gesù si sottolinea soprattutto che è uno di noi, come noi, con dei sentimenti e problemi come ognuno di noi. Un uomo di cui, in un modo sconvolgente d si può innamorare, come canta Maria Maddalena nello spettacolo Jesus Christ Superstar:

    Non so come amarlo

    Non so che fare, non so come farglielo capire,
    Non so di che amore lo amo. sono un'altra, sono un'altra.
    Mi sono cambiata in questi pochi giorni.
    Mi sento un'altra.
    Non so come comportarmi, non so perché mi sconvolge.
    Eppure è un uomo come un altro...
    Ho conosciuti tanti uomini prima di lui
    in tutti i modi possibili:
    non dovrebbe essere che uno di più.
    Se si commuovesse, se io gridassi o urlassi.
    Se io parlassi d'amore, dicendo ciò che provo!
    Come mi sento ridotta! Che mi succede?
    È molto strano, non vi sembra,
    che proprio io mi riduca a questo!
    Io che son sempre stata
    fredda calcolatrice, senza vero trasporto.
    Sempre padrona del gioco;
    ora son come ferita.
    Mai credevo che mi sarei ridotta a questo.
    Eppure, se mi dicesse che m'ama,
    mi sentirei sperduta, impaurita,
    non saprei che fare, proprio che fare.
    Dovrei voltarmi, andarmene.
    Non voglio pensare
    quanto mi sconvolge
    quanto lo cerco
    quanto lo amo.

    La riscoperta dell'uomo Gesù è parallela al dissolversi, con la morte, della sua umanità e al suo ritrovamento nella natura, nel «fratello», nella musica, nella poesia e nell'arte, come canta Mia Martini:

    Gesù è mio fratello

    Gesù,
    ci dissero un giorno che eri morto,
    morto per sempre insieme a Dio Tuo Padre
    che governa i cieli e il tempo.
    Eri morto, ci dissero i padri,
    morto come muore ogni mito sulla terra.
    Così fu il vuoto intorno a noi
    e dentro noi;
    fu come quando il vento impazzisce
    e tutto spazza via.
    Soli restammo, chiusi tra la noia e la paura,
    aggrappati a paradisi artificiali,
    trovati in una stanza di luce nera.
    E cosa, e così
    Ti abbiamo perduto,
    Ti abbiamo aspettato,
    Ti abbiamo cercato,
    Ti abbiamo aspettato,
    abbiamo trovato Te, ritrovato Te,
    nell'occhio delle stelle, nel sapore del mattino,
    fra l'erba tenera dei prati
    e nel dolore di chi soffre, nel sorriso di chi ama,
    nella fame di chi ha fame, nelle canzoni popolari,
    e nella musica di Bach.
    E nei sospiri di un amore
    e nei colori dell'arcobaleno
    e fu come riavere la vista dopo mille anni;
    fu come scoprire là, nella boscaglia folta,
    il sentiero perduto, il sentiero perduto.
    Fu come quando la pioggia,
    in un giorno d'estate, ritorna alla terra,
    fu come un giorno di pace,
    primo giorno di pace finita la guerra,
    fu risalire dal buio e trovare la luce,
    Gesù,
    caro fratello ritrovato, restami accanto per sempre
    e cantiamo insieme
    la gioia di esser vivi
    e cantiamo
    le tue immense parole:
    «Ama il prossimo tuo come te stesso».
    E cantiamo
    le tue immense parole:
    «Ama il prossimo tuo come te stesso...».

    LETTERE A «DIMENSIONI»: UN GRANDE FASCINO PER GESÙ

    In questo documento ed in quello che segue riportiamo delle testimonianze giovanili. La differenza tra i due documenti è data dal fatto che mentre le testimonianze che seguono sono state scritte alla rivista DIMENSIONI di propria iniziativa e c'è quindi da supporre che le abbiano scritte dei giovani «impegnati» e di una certa cultura, quelle dell'altro documento sono state raccolte per strada o davanti alle scuole e vogliono pertanto rappresentare un campione del mondo giovanile molto più vario.

    Ho 17 anni e la chiesa cattolica ormai mi ha perso: mi è rimasto addosso un grande fascino per l'uomo Gesù
    Premetto che ho 17 anni e che la chiesa cattolica ormai mi ha perso. Ma, accanto a un forte sentimento religioso, mi è rimasto addosso un grande fascino per il personaggio di Gesù Cristo, che ormai sono arrivato a osservare solo dal punto di vista umano.
    Se lo vogliamo considerare nel contesto storico in cui è vissuto, possiamo vedere quale è stato il suo atteggiamento nei confronti della religione giudaica imperante: atteggiamento di profonda critica sia nei confronti dei formalismi esteriori di questa, con tutte le conseguenti degenerazioni (i mercanti al tempio...); sia anche verso la sostanza stessa di quella religione. Egli infatti pone i due nuovi comandamenti dell'amore al primo posto.
    Se Gesù Cristo vivesse oggi in Italia sarebbe forse un cattolico del dissenso. E voterebbe forse contro l'abrogazione del divorzio.
    Cosa rappresenta per me oggi? Un esempio. No, non l'Esempio. Uno fra i tanti, meglio un suggerimento, un'indicazione. Quale la sua rivoluzione. No, non politica. Nemmeno sociale. Nel suo messaggio non si può voler trovare a tutti i costi un discorso rivoluzionario politicizzato. Non ci sono germi di socialismo: quelli si vada a cercarli da chi ha saputo veramente darceli.
    La sua rivoluzione è stata nei rapporti fra le persone, nel modo di pensare, di vivere. Negli atteggiamenti a contatto con i peccatori, i diseredati, gli oppressi. Gesù non parla mai a una classe, non attacca mai una struttura. Si rivolge anche nei suoi attacchi sempre agli uomini.
    Che impegno mi chiede? Penso soprattutto coerenza. Coerenza nell'amore, fino in fondo. Perché è ciò che egli stesso ha vissuto. E quando dico che mi chiede qualcosa, non intendo che un giorno dovrò rendergliene conto. Ma davanti alla sua figura, mi sento in dovere di assumere atteggiamenti di coerenza agli ideali d'amore.
    Tutto questo mi viene dall'esame della figura dei Gesù di Nazareth, morto nel 33 d.C. Non riuscirei a chiedere di più da un uomo.
    (Paul, Milano)

    Era un «uomo libero»: la sua libertà ha rivoluzionato il mondo
    Gesù Cristo per me era un «uomo», un «uomo libero» con un senso di libertà tale da poter essere considerato un Dio. Il sentimento della sua libertà ha rivoluzionato il mondo, il senso della sua presenza è sempre attuale perché è in questa figura che si riconosce l'uomo libero, eterna meta dell'uomo. Che impegno mi chiede? Il coraggio, il coraggio per sentirmi libero.
    (Giuseppe L., Turbigo)

    È l'unico strumento che posseggo per difendermi dalla «logica di questo mondo»
    Nauseato o schifato dalla logica di «questo mondo» che pone l'interesse del singolo - denaro, potere, prestigio, rispettabilità - come base del rapporto tra gli uomini, rapporto che diventa pertanto rapporto di forze, di oppressione dell'uomo sull'uomo, ho trovato, nel cammino della mia vita, una voce diversa. Era un linguaggio duro per le mie orecchie, così che impiegai molto tempo per scoprirne il valore. Ma la scoperta di questo «tesoro nascosto» fu per me estremamente importante perché è ora l'unico strumento che posseggo per difendermi e per rispondere a quella che ho chiamato «la logica di questo mondo». Logica che destava in me schifo e repulsione («la vita è lotta», «bisogna difendere i propri interessi...») ma che essendo priva di alternative sarebbe stata destinata, sotto la pressione di scelte concrete che avrebbero sempre più investito i miei interessi (anche economici), a schifare e a repellere sempre meno, per poi essere tacitamente accettata come «compromesso indispensabile», «minor male...». Ora credo a un rapporto tra gli uomini basato sul dono reciproco, sull'amore, sulla collaborazione. Questa è stata luce per la mia mente confusa, è stato l'incontro con il nuovo, il diverso. Colui che più mi ha chiesto, che più mi ha dato. Che più mi ha trasformato.
    (Rolando, 21 anni, Bologna)

    È il più grande rivoluzionario perché la sua rivoluzione sfugge alle strutture o ai metodi
    In Cristo io ho trovato tutto ciò che è di più sublime in un uomo, in Lui ho trovato tutte le mie aspirazioni più nobili, i miei ideali più alti.
    In Lui ho trovato la perfezione totale, in 2000 anni non si è notata in Lui nessuna contraddizione che il tempo o il progresso potessero mettere in luce (cosa che non ho trovato neppure in Marx a neppure poco più di un secolo).
    Per questo, secondo me Cristo è essenzialmente Dio che diventa persona umana per dare all'uomo un ideale, quindi Cristo è una meta, un punto irraggiungibile ma reale.
    Cristo è il più grande rivoluzionario perché la sua rivoluzione sfugge alle strutture
    e ai metodi, è una rivoluzione interiore, che scalfisce all'interno, che si radica nell'amore; e l'amore non è un sistema di misurazione, ma solo una possibilità:
    o ami o non ami. Cristo è un estremista come la sua rivoluzione.
    Ecco perché in Cristo non ho mai trovato un compromesso, una soluzione a metà. Cristo non vuole i ritagli o una parte di me, ma mi vuole tutto e quando io gli rifiuto anche solo un pezzo di me, io mi rifiuto a Lui.
    (Silvano, Asti)

    INTERVISTE A GIOVANI: E TU CHE NE PENSI DI GESÙ?

    Dare un quadro esatto di ciò che i giovani pensano di Gesù Cristo non è facile, come abbiamo più volte ripetuto. Per dare una risposta per quanto possibile rispettosa del pensiero dei giovani presentiamo ora alcune testimonianze registrate a caso tra i giovani. Il loro valore in termini quantitativi è limitato. Rimane tuttavia il valore qualitativo dato dalla non omogeneità dei giovani intervistati e dalla singolarità delle stesse risposte non facilmente etichettabili.

    Gesù ha detto: «Io sono Dio». Ha detto il falso?
    No, non ha raccontato frottole. Qui sulla terra è stato un uomo come tutti gli altri. Ha detto «io sono Dio» più che altro in senso metaforico. Un artificio usato per farsi ascoltare.
    Io la penso così. Se poi sia davvero Dio, non penso si possa dimostrare. Si può solamente credere. In questa risposta c'è di mezzo il fatto di credere in Dio o no.
    (Cesare, 17 anni)

    Chi è per te Gesù Cristo?
    È la persona su cui ho basato la mia vita. O meglio: su cui desidero impostare la mia vita. In questo campo il salto tra desiderio e realizzazione è grande.
    È il figlio di Dio. Me lo dice la fede. Non solo perché ho ricevuto questo tipo di educazione. Da un po' di tempo a questa parte decido io e non lascio che altri mi sostituiscano. Prima ho visto che era giusto quello che Gesù diceva. Poi ho creduto a quanto diceva: «io sono il figlio di Dio».
    (Cristina, 19 anni)

    Chi è per te Gesù Cristo?
    Molte volte è l'amico che forse non ho mai trovato in un'altra persona. L'amico a cui mi rivolgo soprattutto quando sono in crisi. Ma è un'amicizia diversa da quella che posso avere con dei miei coetanei. In Cristo ho fede.
    Io credo a quello che lui ha detto, ai valori dell'amore, della pace, della libertà personale. Forse sono questi i valori che mi attirano in lui. È una fede che supera i momenti di delusione, quando ci si accorge di non essere riusciti a fare quello che si voleva...
    (Marta, 16 anni)

    Che ne pensi di Gesù Cristo?
    È una persona di cui ho completamente fiducia. Senza questa persona non riuscirei a fare le cose che faccio.
    Cristo è per me la persona realizzata che può darmi una risposta in tutto. Se incontri un uomo, una donna, questi ti possono dare il loro affetto, le loro esperienze. Però questo dare è sempre relativo... Cristo invece ti dà la risposta globale, piena, a lunga scadenza. È una risposta che è vita. La sua vita.
    (Rosalba, 17 anni)

    Per te Gesù Cristo che senso ha?
    Secondo me Gesù Cristo è un simbolo del bene che noi tutti più o meno dobbiamo cercare di seguire. Non è però l'unico simbolo del bene... Ce ne sono moltissimi. Non è nemmeno il migliore... perché non si può sapere quale sia il migliore. Certamente è tra i migliori.
    (Mauro, 18 anni)

    La trovo una cosa ormai superata. Non so se è mai esistito... Non è che ci creda molto. Il fenomeno-Cristo ha sempre influenzato tutta la storia. La sua, specialmente in Italia, è una religione importante. Però, presso la gente, sembra avere un significato di sempre minor importanza. Forse perché ci si attacca a cose più superficiali, si preferisce credere in idoli più alla portata... Si scelgono i soldi, la macchina, un certo tipo di vita... È più facile, più allettante. Credere in chi cerca cose migliori richiede un rischio.
    (Maria Gloria, 18 anni)

    Che cosa pensi di Cristo?
    Il problema non è tanto che cosa si può pensare di Cristo. Quanto nel crederci o no. E credere significa mettere in pratica il suo insegnamento anche in un ambiente in cui è molto difficile. Questa vita stressante da cui siamo tutti condizionati non lascia posto agli altri. Ci spinge ad aumentare progressivamente il nostro egoismo.
    (Riccardo, 17 anni)

    Cristo non è solo un personaggio. È qualcosa che esiste in ciascuno di noi, sia che ci si creda o no. Un qualcuno a cui devi per forza rispondere Dinanzi al quale occorre prendere una posizione. Perché nel vangelo vi sono delle situazioni che si sono ripetute in tutti i tempi e ancor oggi ci interpellano e influenzano la nostra vita. In questo sta 'la sua attualità.
    (Mauro, 17 anni)

    Secondo te, Gesù Cristo era una persona diversa o è solo una montatura?
    Gesù non è del tutto una montatura. Può essere sbagliato esaltarlo fino a una commedia, ma per me Gesù Cristo era in effetti una persona diversa dalle altre. Quello che ha fatto non si spiega diversamente.
    Per me è un assoluto. Quello che un uomo, nel subconscio, vorrebbe essere. Quasi perfetto. Un uomo al limite di quello che può raggiungere un uomo.
    Anche se volessi imitarlo al cento per cento non potrei mai raggiungerlo. È un esempio da seguire. Ma purtroppo al di là delle mie possibilità, oltre le forze dell'uomo. Non so se era Dio. Comunque era un uomo vicino alla perfezione, molto completo, riuscito. Ci sono aspetti e avvenimenti che possono far pensare che Gesù fosse anche Dio. Però non sono sicura.
    (Alessandra, 19 anni)

    ANALISI DELLE TESTIMONIANZE

    Qual è l'immagine di Gesù che emerge da questi documenti del mondo giovanile? Non è facile rispondere proprio perché il primo dato che sembra emergere è il pluralismo, la diversità delle risposte. I giovani non si sentono legati ad alcuno schema teologico o catechistico; rifiutano, nel rispondere, di rifugiarsi nelle etichette; sentono il bisogno di dare una risposta del tutto personale.
    Al di là di questo pluralismo è tuttavia possibile rintracciare alcune tendenze che, nel loro insieme, sembrano dare un quadro abbastanza unitario di ciò che i giovani pensano di Gesù Cristo.

    Raramente Gesù è l'elemento unificante

    Per la maggior parte dei giovani Cristo non sembra l'elemento unificante la trama della vita di ogni giorno, ciò che dà senso al tutto. Al massimo Gesù è uno stimolo, una provocazione, un modello di vita; quasi mai è il «determinante» ultimo della propria vita. Anche per quelli che parlano di Gesù come di un personaggio di rilievo, magari di primo piano, per capire chi è l'uomo, anche per costoro la proposta di Cristo è una proposta fra tante altre, sullo stesso piano. Si costata inoltre un accentuato relativismo: tutte le definizioni di Gesù sembrano andare bene; ognuno ha il diritto di pensarla a modo suo e nessuno ha il diritto di discutere la risposta degli altri.
    Un relativismo che per altro verso finisce per essere assolutizzazione della propria definizione, senza che si accenni alla necessità di confrontarsi con gli altri, con chi in particolare si dice «cristiano», con il Gesù storico dei vangeli.

    Un Gesù proiezione dei propri bisogni?

    Sembra che anche per i giovani si ripeta quel processo, così frequente nella storia, per cui invece che lasciarsi misurare da Cristo e dal suo messaggio, si confeziona un Cristo a propria misura e gli si fa indossare i propri panni: Gesù è l'amico, Gesù è un appiglio per le proprie insicurezze, Gesù è il rivoluzionario che conferma le proprie scelte...
    Difficilmente si arriva a chiedersi chi abbia voluto essere Gesù Cristo. Solo per alcuni il Cristo è «colui che mi mette in crisi» e mette in crisi un certo modo di pensare e di vivere.
    Parallelo e, in certi casi, conseguenza della tendenza a funzionalizzare Gesù, c'è un recupero della attualità di Gesù. Non si parla di lui come di un personaggio del passato, ma come di qualcuno che ha qualcosa da dire oggi, all'uomo d'oggi, qualcuno che può proporre una terapia per i problemi del nostro tempo. Questo recupero di significatività è normalmente di tipo orizzontale, non legato alla accettazione di Gesù come il «salvatore», e si estende in due direzioni: una significatività per il singolo (Gesù dice qualcosa a «me», mi indica come realizzarmi, non mi lascia sedere lungo la strada della vita) ed una significatività per la società nel suo insieme (lo schierarsi a fianco dei poveri, per esempio, è una indicazione rivoluzionaria per cambiare il mondo).

    Gesù è un uomo, anzi l'Uomo

    I giovani vedono in Gesù anzitutto l'uomo: il suo senso della libertà, il suo coraggio, la sua coerenza, il suo estremismo, la sua capacità di amare... Le scelte di Gesù sono quelle che ogni uomo dovrebbe fare. Se avvicinato con sincerità Gesù è sempre un personaggio sconcertante, provocante. Ed è in questo aspetto della figura di Cristo che molti si pongono l'interrogativo della sua identità, anche se in maniera non «ortodossa». «Non posso-non devo-non voglio chiamarti figlio di Dio, ma figlio dell'uomo...» canta De Andrè: il suo ritornello finisce per diventare un interrogativo che cerca di combinare due estremi inconciliabili laudate Dominum e laudate hominem, l'umano, come si esprime in un'altra canzone lo stesso De Andrè, e «l'inumano di chi rantola senza rancore perdonando con l'ultima voce chi lo uccide fra le braccia di una croce».
    L'umanizzazione di Gesù è in fondo leggibile in una duplice prospettiva: quella della riduzione di Gesù alla sola umanità e quella della incarnazione misteriosa del «divino» nell'umano. Certo prevalgono i toni che offuscano la trascendenza di Gesù, il suo proclamarsi figlio di Dio. Ma questo non deve far dimenticare la ricerca di esprimere in termini più nuovi e originali questa identità divina di Gesù.

    Il prevalere della dimensione etica su quella esistenziale

    È un aspetto che è già emerso implicitamente in quanto detto finora. Occorre tuttavia precisarlo.
    Per la maggior parte dei giovani, Gesù è un modello di comportamento più che uno che con la sua presenza attiva dà senso alla esistenza umana. Si parla di Gesù come qualcuno che con la sua vita indica che fare ma non perché fare, che prescrive delle norme ma non dà ragioni di vita.
    E non può essere che così dal momento che l'evento che spiega e dà senso alla vita di Gesù e alla nostra, la risurrezione, non riscuote molto interesse tra i giovani. Il terrenismo di molte dichiarazioni riduce la portata esistenziale del personaggio Gesù al tempo presente, alla storia che oggi si sta vivendo, dimenticando qualsiasi lettura escatologica.
    Tutt'al più compare una trascendenza di tipo mistico: Gesù è «perso» come uomo e «ritrovato» nella natura, nella musica, nell'amore. Anche in questo caso il problema del senso della vita, del superamento del limite della morte, della giustizia per chi è condannato dagli altri a non essere uomo non compaiono.

    La mancanza di confronto e di criticità

    Parliamo di mancanza di confronto in relazione al relativismo delle risposte che si danno sulla identità di Gesù e di mancanza di criticità in relazione al fatto che i giovani non si interrogano sull'origine delle loro risposte e sul perché si diano risposte tanto disparate.
    Molti credono di aver definito l'immagine di Gesù allo stato puro, senza rendersi conto delle scelte a monte che «condizionano» le possibili risposte. E così alcune testimonianze, pur nella originalità che le distingue, cadono negli stereotipi, sono un prodotto prefabbricato che i giovani consumano acriticamente. In molti casi si tratta di risposte abbastanza conformiste, magari proprio per la loro pretesa di originalità fuori di ogni schema.
    Il Cristo del dissenso che spesso compare nelle loro risposte non è meno conformista di altre immagini di Gesù.
    La mancanza di confronto tra le diverse definizioni e sui diversi modi di pensare l'uomo e la società che stanno a monte, unita alla scarsità di informazione storica, finiscono per dare l'impressione di definizioni standardizzate e poco interiorizzate.

    La dipendenza dal «Gesù laico»

    Il conformismo di certe definizioni acquista rilievo se queste vengono lette alla luce di un fenomeno relativamente nuovo nella nostra cultura e cioè il diffondersi di un «Gesù laico», fuori cioè da ogni mediazione ecclesiale. Mentre nel passato la chiesa era la sola interprete della identità di Gesù (quelli che contestavano tale immagine erano una minoranza élitaria distaccata dal popolo) oggi da molti lati e autonomamente rispetto alla chiesa si tenta un approccio diretto con i vangeli e con il personaggio Gesù, dandone una lettura libera da schemi «dogmatici».
    A riguardo il tentativo che più ci interessa è quello marxista, per i suoi evidenti influssi nel mondo giovanile. La interpretazione marxista prescinde dalla trascendenza di Gesù in senso stretto, per tentare una lettura in cui Cristo è il prototipo di ogni uomo perché con la sua vita ha testimoniato che l'uomo «è stato creato creatore». Cristo è colui che supera il fatalismo e avvia l'uomo a credere alla capacità di autorealizzarsi fino in fondo con le proprie mani, fino al raggiungimento dell'uomo totale o utopico, oggetto della speranza marxista. Il marxismo riesce così a delineare una immagine di Gesù per tanti versi affascinante ma riduttiva del Cristo della fede. Un'immagine tuttavia che trova molto successo tra i giovani e che, in parte, spiega il tono di certe testimonianze
    D'altra parte non si può negare che gli stessi giovani diano di Gesù una lettura spesso individualista che richiama l'esaltazione borghese della propria persona fuori da ogni riferimento a quelle che sono le vicende della società, del movimento operaio, della storia in genere.

    I pallidi riflessi del Gesù della catechesi

    Siamo al termine della analisi e ci tocca sottolineare nuovamente la distanza tra il Cristo dei giovani e quello della catechesi.
    Vediamone alcuni aspetti:
    - l'ambiguità, oltre che la scarsità, negli accenni alla trascendenza e al «di
    vino» di Gesù; spesso siamo di fronte ad una lettura puramente infrastorica e «terrena»;
    - il fatto che per molti Gesù è un personaggio importante, ma che nonostante tutto non fa problema e non è «determinante» per dare senso alla propria vita;
    - la mancanza di confronto con il Gesù della bibbia e con quello proclamato nella liturgia;
    - la separazione tra chiesa e Gesù; per molti in effetti vale lo slogan «Cristo
    sì, chiesa no!»; non si accetta di lasciarsi giudicare dall'esterno e si assolutizzail proprio giudizio;
    - la confessione della identità di Gesù è in genere fatta in maniera globale e arziale: difficilmente i giovani riescono a dare una definizione completa di chi è Cristo e che vuol dire essere cristiani;
    - l'assenza di riferimento alle mediazioni sacramentali, a parte quella del fratello», come l'eucaristia, la parola di Dio, l'assemblea cristiana.

    PROBLEMI ALLA PASTORALE

    L'analisi delle testimonianze ha evidenziato i pregi e i punti problematici del Gesù dei giovani e ci propone la domanda implicita nel cammino fatto finora: come condurre i giovani ad un approccio maturo a Cristo, come cioè integrare il «Gesù del giovani» ed il Cristo della fede.
    Occorre subito dire che non si tratta di convertire i giovani alla immagine «ufficiale» di Gesù. Il pluralismo di approcci a Gesù e perciò di definizioni della sua identità è una ricchezza, purché, evidentemente, venga rispettato il criterio basilare di lasciarsi continuamente giudicare dal Cristo e di confrontarsi con le altre immagini ecclesiali.
    Questo non vuol dire relativismo, ma soltanto decisione di rispettare i diversi approcci alla figura di Gesù. In fondo se da una parte abbiamo il dovere di annunciare Gesù, dall'altra abbiamo anche il dovere di non imporre i nostri schemi culturali e teologici ai giovani. In qualunque caso perciò portare i giovani ad un maturo incontro con Gesù non vuol dire obbligarli ad accettare il bagaglio culturale delle passate generazioni ma aiutarli a esprimere nella loro cultura e, più in generale, nella cultura moderna, quella fede in Gesù è che dato irrinunciabile per dare senso alla nostra vita. Per questo abbiamo il compito di giudicare l'immagine di Gesù che i giovani ci presentano per aiutarli a superare ogni riduzionismo cristologico, ma anche il compito di lasciarci giudicare dalla originalità del loro approccio e delle loro risposte alla domanda chi sia Gesù. Accettando tutti questi stimoli rimane tuttavia aperta la domanda essenziale: cosa vuol dire credere e annunciare Gesù Cristo?
    È questa una domanda che ne pone altre sia a livello teologico che pastorale. C'è infatti da chiedersi: quando si può dire di aver incontrato Gesù Cristo in modo maturo? cosa implica accettare Gesù come Salvatore? quali sono i criteri per definire la maturità della fede? come salvare l'unità ed il pluralismo delle diverse immagini?
    A livello operativo gli interrogativi sono ancor più concreti: che fare per condurre i giovani ad una matura accettazione e definizione di Gesù? Che itinerario percorrere? Quali sono i momenti e gli aspetti da privilegiare e a cui non rinunciare per non tradire la identità di Gesù?


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